Avviamento alla metrica italiana parte 4a
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Transcript Avviamento alla metrica italiana parte 4a
Avviamento
alla metrica italiana
parte 2a
a cura di
Tarcisio Balbo, Nicola Badolato, Lorenzo Bianconi
© 2003 Tarcisio Balbo
© 2009 Lorenzo Bianconi e Nicola Badolato
1. Rima, assonanza, consonanza
Rima
La più importante figura di relazione fra
segmenti sonori nella metrica romanza.
Mette in relazione fra loro due o più versi, di
norma la parte finale di essi.
Si fonda sull’identità dei suoni nella parte finale
di due parole, a partire dall’ultima vocale
accentata.
Da’ fortunati campi, ove immortáli
godonsi a l’ombra de’ frondosi mírti
i graditi dal ciel felici spírti,
mòstromi in questa notte a voi mortáli.
Ottavio Rinuccini, La Dafne
promitto e iúro
reggono tutti l’infinito futúro.
Spero,
Bacco,
tabacco e Vénere
riducono l’uomo in cénere.
Rime: terminazioni dal suono eguale
Le donne, i cavallier, l’arme, gli amori,
le cortesie, l’audaci imprese io canto,
che furo al tempo che passaro i Mori
d’Africa il mare, e in Francia nocquer tanto,
seguendo l’ire, e i giovenil furori
d’Agramante lor re, che si diè vanto
di vendicar la morte di Troiano
sopra re Carlo imperator romano.
Ludovico Ariosto
Orlando furioso, I, 1
Rima evitata
DEMO
Sei troppo, troppo, troppo frettoloso,
e se farai del mio parlar strapázzo,
la mia forte bravura
saprà spezzarti il cáORESTE
Oibò.
DEMO
Il cá-po in queste mura.
Giacinto Andrea Cicognini, Giasone
Rima evitata
GUGLIELMO Fermati.
FERRANDO
No, mi lascia.
GUGLIELMO
Sei tu pázzo?
Vuoi tu precipitarti
per una donna che non val due soldi?
Lorenzo da Ponte, Così fan tutte
Rima al mezzo
Nei versi divisibili in emistichi (semiversi) la
cosiddetta “rima al mezzo” mette in relazione:
il primo emistichio con la fine dello stesso verso
il primo emistichio con la fine di un altro verso
due emistichi di due versi distinti
Allegri!... beviámo. Nel vino cerchiámo
almeno un piacer!
Che resta al bandíto da tutti sfuggíto,
se manca il bicchier?
Francesco Maria Piave, Ernani
Pace t’imploro salma adoráta:
Isi placáta ti schiuda il ciel!
Antonio Ghislanzoni, Aida
Un esempio ricercato: versi ‘doppi’ composti
di un ottonario + un senario alternatamente
sdrucciolo e tronco
Lampi! tuoni! gorghi! turbi tempestosi e fulmini!
Treman l’onde, treman l’aure, treman basi e culmini.
Fende l’etra un trovo e cieco spirto di vertigine,
Iddio scuore il cielo bieco, come tetro vel.
Tutto è fumo! tutto è fuoco! l’orrida caligine
si fa incendio, poi si spegne più funesta, spasima
L’universo, accorre a valchi l’aquilon fantasima,
i titanici oricalchi squillano nel ciel.
Arrigo Boito, Otello
Rima interna
Si presenta in una divisione
diversa dall’emistichio
A sinistra una disposizione dei versi che sottolinea
la regolarità ritmica; a destra una disposizione che
evidenzia le rime interne
Se il mio paterno amóre
sdegna il tuo cuóre altero,
più giudice severo
che padre a te sarò.
E l’empia fellonia
che forse volgi in ménte,
prima che adulta sia
nascénte opprimerò.
Pietro Metastasio
Siroe, re di Persia
Rime interne in due endecasillabi
a minore
Questo Mar Rósso mi ammollisce e assidera
come se addósso mi piovesse in stille.
Giuseppe Giacosa e Luigi Illica, La bohème
Assonanza
L’identità fonica riguarda solo le vocali a partire
dall’ultima sillaba accentata
L’assonanza può anche essere limitata alla sola
vocale tonica
Non è di maggio questa impura ária
che il buio giardino straniéro
fa ancora più buio, o l’abbáglia
con cieche schiarite… questo ciélo
di bave sopra gli attici giallini
che in semicerchi immensi fanno velo
alle curve del Tevere, ai turchini
monti del Lazio…
Pierpaolo Pasolini, Le ceneri di Gramsci
Consonanza
Identità fonica che riguarda principalmente le
consonanti
Cantano i fanti: quante contumelie!
Rima ricca
L’identità fonica si amplia ’all’indietro’, e
comprende anche una o più consonanti che
precedono la sillaba accentata
Cantáre
Saltáre
Rima equivoca
Consiste nell’identità fonica tra parole diverse
(sotto il profilo lessicale e sintattico)
Il caso estremo è la rima identica: una parola
rima con sé stessa
La parola ‘parte’ sta per lato (v. 1), pezzo (v. 4), divide (v.
5), avvia (v. 8). La parola ‘luce’ è verbo al v. 2 (splende),
sostantivo al v. 3 (fiamma), 6 (vita), 7 (vista).
Quand’io son tutto vòlto in quella párte
ove ’l bel viso di madonna lúce,
et m’è rimasa nel pensier la lúce
che m’arde et strugge dentro a parte a párte,
i’ che temo del cor che mi si párte,
et veggio presso il fin della mia lúce,
vommene in guisa d’orbo, senza lúce,
che non sa ove si vada et pur si párte.
Francesco Petrarca
Funzioni della rima
Demarcativa
La rima è collocata al termine dell’unità metrica,
ossia del verso (o di una sua parte)
Ne rinforza la percezione
Strutturante
La disposizione delle rime in versi vicini è un fattore
primario dell’organizzazione in strofe (ossia
raggruppamenti regolari e simmetrici di versi)
2. Forme metriche
e schemi di rime correlati
Forme metriche
Si definiscono:
In base alla misura (o alle misure) dei versi
In base al principio che regola l’eventuale alternanza
di misure diverse
In base al principio che regola l’eventuale alternanza
di uscite diverse (piane, tronche, sdrucciole)
In base allo schema delle rime
Rima baciata
Detta anche accoppiata o a coppie, si basa
sulla sequenza AA BB CC …
La forma strofica elementare di questo tipo il
distico (strofa di due versi)
Nella Torre il silenzio era già álto.
Sussurravano i pioppi del Rio Sálto.
Giovanni Pascoli, La cavallina storna
Rima continuata
La rima di tipo AA può essere continuata lungo tutta
una strofa, che in tal caso si dice monorima. Il tipo
più importante è la quartina di alessandrini (settenari
doppi)
Bona çent, entendetelo, perqué ’sto libro ai fáto:
per le malvasie femene l’aio en rime trováto,
quele qe ver’ li omini no tien complito páto;
cui plui ad elle servene, plui lo tien fol e máto.
Proverbia quae dicuntur super natura feminarum
DANDINI
Or dunque seguitando quel discorso
che non ho cominciáto;
dai miei lunghi viaggi ritornáto
e il mio papà trováto,
che fra i quondam è capitomboláto,
e spirando ha ordináto
che a vista qual cambiale io sia sposáto,
o son diseredáto,
fatto ho un invito a tutto il vicináto.
E trovato un boccone delicáto,
per me l’ho destináto.
Ho detto, ho detto, e adesso prendo fiáto.
DON MAGNIFICO (sorpreso)
(Che eloquenza norcina!)
[…]
Jacopo Ferretti, La Cenerentola, ossia La bontà in trionfo
Rima alternata
Detta anche alterna, ha lo schema ABAB CDCD …
La forma più semplice caratterizza la quartina
I cipressi che a Bólgheri alti e schiétti
van da San Guido in duplice filár,
quasi in corsa giganti giovinétti
mi balzarono incontro e mi guardár.
Giosue Carducci, Davanti a San Guido
Ottava siciliana
La rima alternata continuata per 4 distici
(ABABABAB) dà origine alla cosiddetta ottava
siciliana
Una serie simile, divisa in due quartine (ABAB
ABAB), può costituire la prima parte di un
sonetto
Se la fortuna non mi muta córso,
sarò contento e morirò beáto;
e ben ch’io tenga in bocca un duro mórso,
in breve tempo l’averò spacciáto.
Delibero di far come fa l’órso,
quando da’ cani vien perseguitáto :
volendo non aver altro soccórso,
si volge intorno e fere d’ogni láto.
Anonimo del secolo XIII
Ottava toscana
L’ottava toscana, simile all’ottava siciliana,
combina sei versi a rima alternata con un distico
a rima baciata (ABABABCC)
È la forma strofica tipica del poema epicocavalleresco (Boiardo, Ariosto, Tasso, Marino.
ecc.)
Le donne, i cavallier, l’arme, gli amóri,
le cortesie, l’audaci imprese io cánto,
che furo al tempo che passaro i Móri
d’Africa il mare, e in Francia nocquer tánto,
seguendo l’ire, e i giovenil furóri
d’Agramante lor re, che si diè vánto
di vendicar la morte di Troiáno
sopra re Carlo imperator románo.
Ludovico Ariosto, Orlando furioso
Rima incrociata
Detta anche chiusa, ha la forma ABBA.
La serie ABBA ABBA può formare la prima parte di un
sonetto
Nell’opera del Seicento la quartina ABBA spetta spesso
ai prologhi, alle divinità, ai personaggi mitologici
Io la Musica son, ch’ai dolci accenti
so far tranquillo ogni turbato core,
ed or di nobil ira ed or d’amore
posso infiammar le più gelate menti.
Alessandro Striggio, La favola d’Orfeo
Rima incatenata
Schema caratteristico
della terza rima o
terzina dantesca
(ABA BCB CDC …)
Nel mezzo del cammin di nostra víta
mi ritrovai per una selva oscúra,
ché la diritta via era smarríta.
Ahi quanto a dir qual era è cosa dúra
esta selva selvaggia e aspra e fórte
che nel pensier rinova la paúra!
Tant’ è amara che poco è più mórte;
ma per trattar del ben ch’i’ vi trovái,
dirò de l’altre cose ch’i’ v’ho scórte.
Dante Alighieri, Divina commedia: Inferno
Rima replicata e rima invertita
Formula del tipo ABC ABC (usata, per esempio, nelle
terzine del sonetto) oppure ABC CBA
[…]
Et poi che ’l fren per forza a sé raccóglie,
i’ mi rimango in signoria di lúi,
che mal mio grado a morte mi traspórta:
sol per venir al lauro onde si cóglie
acerbo frutto, che le piaghe altrúi
gustando affligge più che non confórta.
Francesco Petrarca
Sonetto
Componimento composto da
14 endecasillabi
Diviso in due parti:
la prima di 8 versi (ottava o
ottetto)
la seconda di 6 versi (sestina o
sestetto)
Fin dal Duecento (dal dolce stil
novo), si afferma lo schema
ABBA ABBA per la prima
parte, che suggerisce una
articolazione in due quartine
Da qui, la possibilità di
considerare il sonetto come
formato da:
2 quartine
2 terzine
Or che ’l ciel et la terra e ’l vento tace
et le fere e gli augelli il sonno affrena,
Notte il carro stellato in giro mena
et nel suo letto il mar senz’onda giace,
vegghio, penso, ardo, piango; et chi mi sface
sempre m’è inanzi per mia dolce pena:
guerra è il mio stato, d’ira et di duol piena,
et sol di lei pensando ho qualche pace.
Così sol d’una chiara fonte viva
move ’l dolce et l’amaro ond’io mi pasco;
una man sola mi risana et punge;
e perché ’l mio martir non giunga a riva,
mille volte il dì moro et mille nasco,
tanto da la salute mia son lunge.
Francesco Petrarca
Canzone
Componimento formato da
un numero variabile di
stanze o strofe (per lo più
tra 4 e 6) composte di versi
endecasillabi e settenari.
La stanza è articolata in due
parti principali:
la prima parte consta di due
serie di versi dello stesso tipo
nello stesso ordine; tali serie
sono denominate piedi
la seconda parte, indivisibile,
è detta sirma (cioè ’coda’)
Nel Duecento si incontra un
altro tipo di divisione della
stanza:
come la prima parte in due
piedi, così la seconda si
articola in due volte, cioè due
serie di versi dello stesso tipo
nello stesso ordine.
La stanza risulta così
quadripartita.
Vergine bella, che, di sol vestita,
coronata di stelle, al sommo Sole
piacesti sì che ’n te sua luce ascose,
amor mi spinge a dir di te parole;
ma non so ’ncominciar senza tu’ aita
e di Colui ch’amando in te si pose.
Invoco lei che ben sempre rispose,
chi la chiamò con fede.
Vergine, s’a mercede
miseria estrema de l’umane cose
già mai ti volse, al mio prego t’inchina;
soccorri a la mia guerra,
bench’ i’ sia terra, e tu del ciel regina.
1° piede
2° piede
sirma
Vergine saggia, e del bel numero una
de le beate vergini prudenti,
anzi la prima, e con più chiara lampa;
o saldo scudo de le afflitte genti
contra colpi di Morte e di Fortuna,
Sotto ’l qual si triunfa, non pur scampa;
o refrigerio al cieco ardor ch’avampa
qui fra i mortali sciocchi;
Vergine, que’ belli occhi
che vider tristi la spietata stampa
ne’ dolci membri del tuo caro figlio,
volgi al mio dubio stato
che sconsigliato a te ven per consiglio.
Francesco Petrarca
Sestina
È un componimento formato da 6 stanze indivisibili
(ciascuna composta di 6 versi endecasillabi) e da un
congedo di tre versi.
Nessun verso rima all’interno della stanza, ma tutti trovano
corrispondenza di rima nelle altre stanze.
Le rime sono tutte parole-rima: tutti i versi che rimano fra loro
terminano con la stessa parola.
La posizione delle parole-rima è ruotata di strofa in strofa, secondo il
meccanismo della cosiddetta retrogradazione incrociata: i versi di ogni
stanza corrispondono a quelli della precedente secondo l’ordine 6°-1°5°-2°-4°-3°
Nel congedo di 3 versi ricompaiono tutte e sei le parole-rima: tre in fine
di verso e tre all’interno dei versi.
STANZA
Mia benigna fortuna e ’l viver lieto,
i chiari giorni e le tranquille notti
e i soavi sospiri, e ’l dolce stile
che solea resonare in versi e ’n rime,
volti subitamente in doglia e ’n pianto,
odiar Vita mi fanno e bramar Morte.
1
2
3
4
5
6
STANZA
Crudel, acerba, inesorabil Morte,
cagion mi dai di mai non esser lieto,
ma di menar tutta mia vita in pianto,
e i giorni oscuri e le dogliose notti;
i mei gravi sospir’ non vanno in rime,
e ’l mio duro martir vince ogni stile.
6
1
5
2
4
3
[…]
CONGEDO
Far mi po’ lieto in una o ’n poche notti:
E ’n aspro stile e ’n angosciose rime
prego che ’l pianto mio finisca Morte.
Francesco Petrarca
Ballata
Componimento in strofe o stanze di endecasillabi e
settenari, la cui struttura ricorda molto quella della
canzone.
Caratteristica essenziale è la presenza di una ripresa, cioè di
un ritornello che precede il testo.
Nell’esecuzione musicale il ritornello viene intonato fra una
stanza e l’altra (se le stanze sono più d’una) e alla fine
L’ultima rima della stanza riprende la rima finale (raramente
un’altra rima della ripresa).
Di conseguenza tutte le stanze della ballata terminano con la
stessa rima.
Che cosa è questa, Amor, che ’l ciel produce.
per far più manifesta la suo luce?
Schema metrico:
AA BC BC CA | DE DE EA
Ell’è tanto vezosa, onesta e vaga,
Ritornello.
legiadra e graziosa, adorna e bella,
Stanza
ch’a chi la guarda subito ’l cor piaga
con gli ochi be’, che lucon più che stella.
E a cui lice star fiso a vedella,
tutta gioia e virtù in sé conduce.
Ancor l’alme beate, che in ciel sono,
guardan questa perfetta e gentil cosa,
dicendo: ‹‹Quando fia che ’n questo trono
segga costei, dov’ogni ben si posa?››
E qual nel sommo Idio ficcar gli ochi osa,
vede come Esso ogni virtù in lei induce.
Francesco Landini
Madrigale trecentesco
Consiste mediamente di 8 endecasillabi, raggruppati in due
terzine concluse da un distico (talvolta da un verso isolato o
da una coppia di distici)
Lo schema delle rime prevalente è ABA BCB CC
Non al suo amante più Diana piacque,
quando per tal ventura tutta ignuda
la vide in mezzo de le gelide acque,
ch’a me la pastorella alpestra e cruda
posta a bagnar un leggiadretto velo,
ch’a l’aura il vago e biondo capel chiuda;
tal che mi fece, or quand’egli arde ’l cielo,
tutto tremar d’un amoroso gielo.
Francesco Petrarca
Madrigale cinquecentesco
Forma libera di endecasillabi
e settenari (mediamente da 6
a 12)
Rime a schema libero.
Non tutti i versi hanno
l’obbligo della rima
Tuttavia è frequente la rima
baciata nei versi conclusivi.
Un esempio dallo schema
ABbCcDcdEE
(le maiuscole indicano gli
endecasillabi, le minuscole i
settenari)
«T’amo, mia vita», la mia cara vita
dolcemente mi dice; e ’n questa sola
sì soave parola
par che trasformi lietamente il core,
per farmene signore.
O voce di dolcezza e di diletto!
Prendila tosto, Amore,
stampala nel mio petto,
spiri solo per te l’anima mia.
«T’amo mia vita» la mia vita sia.
Battista Guarini
Ode-canzonetta e Aria
Componimento strofico, con strofe eguali per:
formula sillabica (stesse misure di versi nello stesso ordine)
schema di rime
L’aria d’opera, soprattutto tra il 1670 e il 1770 circa, ha
la forma metrica dell’ode canzonetta, generalmente di
due sole strofe
Di regola, le strofe hanno in comune almeno la rima
dell’ultimo verso (perlopiù tronco)
Se il mio paterno amore
sdegna il tuo cuore altero,
più giudice severo
che padre a te sarò.
E l’empia fellonia
che forse volgi in mente,
prima che adulta sia
nascente opprimerò.
Pietro Metastasio
Siroe, re di Persia
Indicazioni bibliografiche
P. G. BELTRAMI, La metrica italiana, Bologna,
Il Mulino 1991
F. LIPPMANN, Versificazione italiana e ritmo musicale,
Napoli, Liguori 1986
A. MENICHETTI, Metrica italiana. Fondamenti metrici,
prosodia, rima, Padova, Antenore 1993
M. RAMOUS, La metrica, Milano, Garzanti 1984
L. BIANCONI, Sillaba, quantità, accento, tono,
«Il Saggiatore musicale», XII, 2005, pp. 183-218
<http://www.saggiatoremusicale.it/rivista/XII_2005_1.php>