Transcript Paestum

Lezione XII
Il quadro sociale ed economico
della regio III nell’età del
Principato: sondaggi nella
documentazione
L’agricoltura nell’età del Principato:
le tendenze generali
• Un progressivo ampliarsi delle proprietà agricole, che spesso
formano veri e propri latifondi.
– Questi ultimi nel mondo romano non sempre si presentano nella
forma di grandi proprietà “continue”, ma possono anche essere
formati dalla somma di molti lotti, distanti tra di loro.
• In corrispondenza, prosegue un processo di evoluzione nelle
forme di occupazione del territorio già iniziato alla fine dell’età
repubblicana: diminuzione delle fattorie sparse e concentrazione
della popolazione in borgate, annesse a importanti villae.
• Un mutamento anche del quadro poleografico, con la crisi di
alcuni centri (Eraclea, Metaponto, Locri) e il consolidarsi di altri
(Potentia, Grumentum, Scolacium, Vibo Valentia, Reggio).
2
Le forme di sfruttamento del territorio: la
villa schiavile
• Nella prima parte del periodo la tradizionale villa, in cui la forza
lavoro è costituita soprattutto da schiavi, pare godere di buona
salute, nelle aree che ne avevano visto lo sviluppo già nella tarda
età repubblicana.
• Nelle strutture edilizie una tendenza ad un maggior sviluppo
della pars urbana.
• Figure chiave in questa forma di sfruttamento del territorio
agricolo rimangono il vilicus e la vilica, di cui ora conosciamo
anche qualche nome.
• Spesso distinta dalla figura del vilicus quella dell’actor, un
agente di condizione servile, cui il vilicus è sottoposto e che si
occupa soprattutto della contabilità dell’azienda agricola, per
conto di un dominus spesso lontano.
• Al lavoro dei diversi actores che agiscono in una regione
sovrintende talvolta un procurator, in genere un liberto.
3
Vilici
• AE 1985, 314 da Petelia: Euctus, publicus / Petelinorum, / vilicus,
vixit / an(nos) XXIIII.
– L’interessante caso di uno schiavo della comunità di Petelia, forse
fattore di una proprietà cittadina.
• CIL X, 25 da Locri: Quintioni, / Flacci vilico. / Philematium / sibi et
conser(vo) / de suo fecit.
– Il consueto riserbo femminile sul proprio mestiere consente di ipotizzare
un ruolo di vilica per Philematium, probabile compagna del vilicus
Quintio, che lavorava sulla proprietà di un non meglio noto Flaccus.
• Inscr. It. III, 1, 229 da Cosilinum: T(ito) Helvio Quarto, filio, / T(ito)
Helvio Hespero, priv[igno], / Helviae Secundae, coniugi, / Secundio.
Helviae Procu[l(ae)] / vilicus sibi et suis fecit / quod facer(e) filius /
patri debuit, [id]/circo filio fecit pat[er].
– La discreta posizione sociale di un vilicus, che, pur schiavo, ha sposato
una donna di libera condizione, ed ha un figlio anch’egli libero; il suo
discreto livello culturale, che lo induce a riportare un motto tipico
dell’epigrafia sepolcrale.
4
Actores
• CIL X, 284 = Inscr. It. III, 1, 223= AE 1965, 114 da Tegianum:
Aesculapio / sacrum. / Herculanius, / act(or), / ex voto.
– La dedica votiva di un actor, apparentemente di condizione schiavile,
testimonia le possibilità economiche di questi agenti e una vita
spirituale piuttosto vivace.
• AE 1998, 387 da Grumentum: D(is) M(anibus). / Sabidius, act(or?),
/ hic insitus est, / qui vixit an(nos) XXXVIII, / m(enses) VIII, d(ies) X.
– L’iscrizione sepolcrale di un actor (o di un actuarius?), il cui nome
unico formalmente è un gentilizio: ma si trattava con ogni probabilità di
uno schiavo; da notare la forma di registrazione della durata della vita.
• CIL X, 419 = Inscr. It., III, 1, 31 = ILS 6663 da Volcei: C(aio)
Bruttio D[i]/onysio, f(ilio) dul/cissimo, vi/xit ann(os) VIIII, /
mens(es) XI, d(ies) XVI, / Dionysius pat(er) / act(or).
• CIL X, 420 = Inscr. It. III, 1, 32 da Volcei: D(is) M(anibus) /
[B]ruttiae / Heliceni, / [c]oniugi in/[co]mpara/[bi]li, Dionysius /
act(or).
– Gli epitafi dei familiari di un actor alle dipendenze della grande
famiglia senatoria dei Bruttii Praesentes di Volcei.
5
Procuratores
• CIL X, 106 = ILS 4039 da
Crotone
(età
traianea):
Herae Laci/niae sacrum /
pro salute Mar/cianae,
sororis / Aug(usti), Oecius /
lib(ertus), proc(urator).
– La dedica a Marciana, sorella
di Traiano, lascia ipotizzare
che Oecius fosse un liberto del
principe, sovrintendente delle
proprietà
imperiali
nella
regione.
– A destra, ritratto di Marciana,
oggi al Metropolitan Museum
of Art di New York.
6
Procuratores
• CIL XIV, 161 = ILS 1427 da Ostia (seconda metà del II
sec. d.C.): Q(uinto) Calpurnio C(ai) f(ilio) / Quir(ina
tribu) Modesto, proc(uratori) Alpium, proc(uratori)
Ostiae / ad annonam, proc(uratori) Lucaniae, / corpus
mercatorum / frumentariorum per M(arcum) Aemilium
Saturum / et P(ublium) Aufidium Faustian(um), /
q(uin)q(uennales), / q(uaestoribus) M(arco) Licinio
Victore et P(ublio) Aufidio Epicteto. / L(ocus) d(atus)
d(ecreto) d(ecurionum).
– Un procurator di rango maggiore rispetto al precedente,
come dimostra la sua condizione di ingenuo e la sua brillante
carriera amministrativa.
– Un’iscrizione proveniente dal famoso Piazzale delle
Corporazioni di Ostia, fu infatti posta dall’associazione dei
commercianti di grano ad un personaggio che aveva rivisto
un ruolo importantissimo nell’annona.
7
Dal lavoro degli schiavi a quello degli
affittuari
• Nella seconda metà del II sec. d.C. anche nella regio III si assiste a
mutamenti nelle forme della proprietà e dello sfruttamento agricolo,
anche nelle aree più fertili, dove fino ad allora aveva dominato il modello
di conduzione diretta delle proprietà, nella forma della villa schiavile.
• Il progressivo abbandono di molte villae (il 40% di quelle presenti nel
Bruzio, nella stima di S. Accardo) e l’ingrandirsi di quelle superstiti;
sembrano resistere meglio le ville della parte meridionale del Bruzio.
• Nelle coltivazioni sembra che vi sia un ritorno ai cereali.
• Una trasformazione che non necessariamente significa declino: nel
Metapontino, dopo la crisi dell’età augustea (diminuzione nel numero
delle fattorie e delle ville e loro impoverimento) il II sec. d.C. segna una
ripresa.
• Tali mutamenti appaiono legati anche nella nostra regione allo sviluppo
del colonato.
8
Il colonato
• Il colonus: un fittavolo che affitta una porzione di una grande proprietà,
che coltiva con l’aiuto dei famigliari, dietro pagamento di una quota del
prodotto.
• Un sistema di conduzione della proprietà molto diffuso nelle province
(per esempio in Africa o in Egitto), ma che nel II sec. d.C. guadagna
terreno anche in Italia.
• Il profilo sociale dei coloni: nella maggior parte dei casi contadini di
libera condizione, ma anche qualche liberto e addirittura schiavi.
• I crescenti vincoli di ordine sociale dei coloni nei confronti del
proprietario terriero (che tuttavia non consentono di assimilare
completamente queste figure ai servi della gleba del mondo medievale).
• Tali vincoli, comuni ad ogni colono, finiscono comunque per attutire le
differenze di status giuridico tra ingenui, liberti e servi.
9
Le ragioni del successo del
colonato
• Il sistema di conduzione diretta attraverso il lavoro schiavile
poteva essere molto impegnativo:
– Comportava una stretta sorveglianza degli schiavi, per impedire
loro la fuga e obbligarli a lavorare duramente.
– Richiedeva sovrintendenti capaci e fidati (vilici ed actores).
• Tale sistema inoltre poteva risultare piuttosto costoso:
– In particolare il costo degli schiavi era molto maggiore che nel
periodo precedente, terminate le grandi guerre di espansione.
• In ultima analisi, tale sistema richiedeva un forte investimento
di tempo e di denaro da parte dei proprietari.
• La sfruttamento della proprietà tramite affittuari poteva
assicurare comunque buoni guadagni a fronte di un dispendio
assai minore.
10
Una trasformazione del paesaggio
agrario?
• Un’interessante ipotesi di G.B. Sangineto, da verificare
meglio sul terreno:
– Le ville superstiti si ingrandiscono e si abbelliscono nella
loro pars urbana, forse sfruttando le spoglie delle ville
abbandonate, per gli agi di un proprietario che non si occupa
più di agricoltura.
– Le ville abbandonate sono riconvertite a magazzini e
impianti produttivi: nel territorio di Scalea un impianto di
spremitura è creato in un ambiente pavimentato a mosaico.
– Attorno a queste ultime nascono piccoli villaggi di coloni.
• Un’ipotesi non sempre condivisa, nella tempestica: A.
Colicelli nega l’esistenza di una cesura alla fine del II
sec. d.C.
11
AE 1913, 210 da Crotone: un colono
piuttosto speciale
• Amethusi(!), / Caes(aris) n(ostri) ser(vus) / item colonus, /
vixit ann(os) [L]II, m(enses) II. / Olimpias cum filio /
coniugi b(ene) m(erenti) f(ecit). / H(ic) s(itus) e(st).
– Con ogni probabilità uno di quei servi quasi coloni che poteva
affittare un terreno, versando un affitto in natura o in denaro, dal
suo peculium.
– Uno schiavo che può trattenere i frutti del suo lavoro e che gode di
una certa autonomia gestionale e finanziaria.
– Lo stesso fatto che la piccola famiglia schiavile possa e voglia
permettersi un’iscrizione sepolcrale testimonia una certa agiatezza
economica e un qualche rilievo sociale.
– Ma anche un’interessante conferma dell’esistenza di proprietà
imperiali nel Crotoniate.
12
CIL X, 422 = Inscr. It. III, 1, 80 da Volcei: un
altro fittavolo di condizione servile?
• Ianuario, con[duct]ori(s?) / C(ai) Titi Rufi
[R]ecciani / servo, / vixit annos XXXVI; / fecit
Casinia Tallusa / pro meritis illius / carissimo
contuber/nali.
– Nell’interpretazione qui proposta il conductor sarebbe
piuttosto C. Titius Rufus Reccianus, apparentemente
uomo di libera condizione.
– Ma lo scioglimento conductori(s) non appare
strettamente necessario: in questa lettura alternativa è
Ianuarius, schiavo di Rufo Recciano, ad essere
conductor.
13
Le coltivazioni: i vigneti
• I riferimenti delle fonti letterarie:
– Strabone, Geografia, VI, 1, 14: le qualità dei vini di Lagaria e di
Thurii.
– Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, XIV, 69: le migliori zone
vinicole della Lucania e del Bruzio.
– Ibid., XIV, 39: vigneti tardivi dei colli di Thurii.
– Ateneo, Deipnosofisti, I, 48: nell’excursus sui vini italici attribuito
al medico Galeno si ricorda il vino Reggino, da consumare dopo
15 anni di invecchiamento, e il Busentino, asprigno e salutare per
lo stomaco.
• L’estratto del testamento del nobile petelino M’. Megonio
Leone (CIL X, 114 = ILS 6469) ricorda una vinea Aminea, da
identificare con il vitigno Aminaios dei Greci e l’Aminnium di
Catone.
14
Strabone, Geografia, VI, 1, 14: le qualità dei
vini di Lagaria e di Thurii
Meta; de; Qourivou~
La-gariva
frouvrion,
jEpeiou' kai; Fwkevwn
ktivsma, o{qen kai; oJ
Lagaritano;"
oi\no",
gluku;" kai; aJpa-lo;"
kai; para; toi'" ijatroi'"
sfovdra eujdoki-mw'n:
kai; oJ Qouri'no" de;
tw'n
ejn
ojnovmati
oi[nwn ejstivn.
• Dopo Turii viene la
fortezza di Lagaria,
colonia di Epeo e dei
Focesi, dove si produce il vino Lagaritano,
dolce e delicato e molto apprezzato dai medici; anche quello di
Turii è tra i vini rinomati.
15
Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, XIV,
69: le più famose zone vinicole della regio III
• Verum et longinquiora
Italiae ad Ausonio mari
non
carent
gloria,
Tarentina et Servitia et
Consentiae
genita
et
Tempsae,
Calabriae
Lucanaque antecedentibus
Thurinis. Omnium vero
eorum maxime inlustrata
Messalle Potiti salute
Lagarina, non procul
Grumento nascentia.
• Invero però anche i vini delle
regioni d’Italia dalla parte del
mare Ausonio non mancano di
fama: così i vini di Taranto, di
Servizia ed ancora quelli
prodotti a Cosenza, a Tempsa,
quelli della Calabria, nonché i
vini lucani. Ma i più famosi di
tutti questi, per aver guarito
Messalla Potito, sono quelli di
Lagaria, non lontano da
Grumento.
16
Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, XIV,
39: vigneti tardivi dei colli di Thurii
• Capnios et buconiates
et
tharrupia
in
Thurinis collibus non
ante demetuntur quam
gelaverit.
• La
capnea,
la
buconiate
e la
tarrupia, sui colli di
Turii,
non
si
vendemmiano prima
che abbiano sentito il
gelo.
17
Le coltivazioni: la frutticoltura
• Anche in età imperiale continuano a godere di buona fama
i meli cosentini: Plinio, Naturalis Historia, XVI, 115
riprende la notizia varroniana, attribuendo al malum
Consentinum un raccolto addirittura triplo.
– M. Varro auctor est vitem fuisse Zmyrnae apud Matroon triferam
et malum in agro Consentino (“M. Varrone sostiene che vi fosse
una vite che dava un un triplice raccolto a Smirne, presso il tempo
della Magna Mater, e così un melo nel territorio cosentino”).
• L’esistenza di una varietà di pera detta Bruttia (Plinio,
Naturalis Historia, XV, 55) lascia pensare che anche
questa frutta fosse coltivata nella regione.
• La produzione nel territorio di Vibo Valentia delle anfore
Dressel 21-22, contenitori caratteristici della frutta,
conferma la rilevanza di questa coltivazione.
18
Le coltivazioni: gli ortaggi
• Una certa fama avevano i cavoli Bruttiani, a
foglia grande, gambo sottile e sapore
intenso, che bene sopportavano il freddo
(Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, XIX,
140; Columella, X, 139).
19
Sfruttamento intensivo o
estensivo?
• La difesa delle forme di sfruttamento intensivo del
territorio che si trova nel manuale di agricoltura di
Columella si scontra con le esigenze dei grandi
proprietari assenteisti.
• La richiesta di minori investimenti e di minor lavoro, a
fronte di guadagni comunque buoni, spingeva in effetti
verso forme di sfruttamento estensivo: allevamento,
silvicoltura.
– La domanda di legname da costruzione fu incentivata, in età
augustea, dalle grande ristrutturazioni urbanistiche che
interessarono anche i centri della regione, come pure dallo
stanziamento di una base della flotta militare a Miseno.
20
La silvicoltura in età imperiale
• È questo il periodo di massima fama della pix bruttia, di
cui si ricordano i molteplici usi:
–
–
–
–
Per impermeabilizzare i contenitori ceramici.
Per sigillare dolia e anfore che contenevano il vino.
Nell’invecchiamento dei vini.
Per numerosi usi medici.
• Al I sec. d.C. risale anche una ben nota produzione di
contenitori da pece.
• Scarne le notizie sull’utilizzo del legname della regione: si
ipotizza anche per questo periodo, probabilmente a torto,
una forte deforestazione.
21
Strabone, Geografia, VI, 1, 9: l’assoluta
eccellenza della pece bruzia
th;n d j uJpe;r tw'n
povlewn
touvtwn
mesovgaian Brevt-tioi
katevcousi: kai; povli~
ejntau'qa Mamevrti-on
kai; oJ drumo;" oJ
fevrwn th;n ajrivsthn
pivttan th;n Brettivan,
o}n Sivlan ka-lou'sin,
eu[dendrov"
te
kai;
eu[udro", mh'ko~ eJptakosivwn stadivwn.
• L’entroterra di queste città
[Reggio e Locri] è
occupato dai Brettii; vi si
trovano la città e la foresta
che produce pece brettia,
la migliore che ci sia. La
foresta si chiama Sila; fitta
di alberi e ricca di acque,
si estende per 700 stadi .
22
Columella, XII, 22: l’uso della pece bruzia in
enologia
• ALTERUM
MEDICAMEN,
QUO[D] MUSTUM CONDIAS.
• Picis liquidae Nemeturicae metretam adde in labrum aut in
alveum, et in eodem infundito
cineri<s> lixivae congios duos,
deinde permisceto spatha lignea; cum requieverit, eliquato
lixivam. Deinde iterum tantundem lixivae addito, eodem pacto permisceto et eliquato; tertio
quoque idem facito. Cinis autem odorem picis aufert et eluit
spurcitiam.
• ALTRA
RICETTA
PER
CONDIRE IL MOSTO
• Versa in un catino o in un
calderone un metrete di pece
liquida nemeturica e aggiugivi due
congi di lisciva di cenere e poi
rimescola con una spatola di legno.
Quando il liquido avrà riposato,
versa e getta via la lisciva; poi
aggiungivi la stessa quantità di
lisciva nuova, mescola come prima
e versale. Per una terza volta fa’
ancora la stessa cosa. La cenere
serve per portare via il puzzo della
pece e togliere ogni sporcizia.
23
Columella, XII, 22: l’uso della pece bruzia in
enologia
• Post eodem addito picis Bruttiae, si
minus, alterius notae quam
purissimae et quam optimae X
pondo et resinae durae quam
purissimae quinque libras; haec
minute concidito et admisceto pici
Nemeturicae. Tum aquae marinae
quam vetustissimae, si erit, si
minus, ad tertiam partem recentis
aquae marinae decoctae congios
duos inicito, apertum labrum sinito
in sole[m] per Caniculae ortum et
spatha lignea permisceto quam
saepissime usque eo, dum ea, quae
addideris, in pice conliquescant et
unitas fiat; noctibus autem labrum
operire conveniet, ne inroretur.
• Poi aggiungi nello stesso recipiente 5
libbre di pece bruzia, oppure di
qualche altra qualità, purché sia
purissima; pestala minutamente e
aggiungila alla pece nemeturica;
aggiugivi due congi di acqua marina
vecchissima, se ne hai, e altrimenti
di acqua marina recente, bollita fino
a diminuire di un terzo. Lascia il
calderone aperto al sole nei giorni in
cui sorge la Canicola e rimescola più
spesso che puoi con una spatola di
legno, finché le sostanze che hai
aggiunto non si liquefanno nella
pece, formando un composto
omogeneo. Durante la notte però
converrà coprire il calderone, perché
non vi cada la rugiada.
24
Columella, XII, 22: l’uso della pece bruzia in
enologia
• Deinde, cum aqua marina,
quam addideris, sole consumpta videbitur, sub tectum
vas totum ferre curabis; huius
medicaminis quidam pondo
quadrantem in sextarios quadraginta octo miscere soliti sunt
et hac conditura contenti esse,
alii
cyathos
tres
eius
medicamenti adiciunt in totidem
sextarios, quot supra diximus.
• Poi, quando l’acqua marina che
vi ha aggiunto sarà stata fatta
evaporare dal sole, ti occuperai
di far portare il recipiente così
come sta dentro casa. Vi sono
alcuni che sono soliti mescolare
tre once di peso (80 g. ca.) di
questa ricetta in 48 sestari (27 l.
ca.) di mosto e accontentarsi di
questo condimento. Altri invece
in tanti sestari di mosto quanti
abbiamo detto sopra mettono tre
ciati (15 cl. ca.) della ricetta
indicata.
25
Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, XXIV,
37-39: i tanti usi medici della pece bruzia
• Pix quoque unde et quibus
conficeretur modis indicauimus et eius duo genera,
spissum
liquidumque.
Spissarum utilissima medicinae Bruttia, quoniam
pinguissima et resinosissima utrasque praebet utilitates.
• Anche della pece abbiamo
detto come si ricava e
quali sono i suoi due tipi,
densa e liquida. In ambito
officinale la più utile delle
peci dense è quella del
Bruzio, perché essendo sia
molto grassa, sia molto
resinosa, offre i vantaggi
sia della resina che della
pece.
26
Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, XXIV,
37-39: i tanti usi medici della pece bruzia
• picis natura excalfacit, explet.
aduersatur priuatim cerastae
morsibus cum polenta, item
anginae cum melle, destillationibus et sternumentis a pituita. auribus infunditur cum rosaceo, inlinitur cum cera. sanat
lichenas, aluum soluit, excreationes pectoris adiuuat ecligmate aut inlitis tonsillis cum melle;
sic et ulcera purgat, explet. cum
uua passa et axungia carbunculos purgat et putrescentia
ulcera; quae uero serpunt, cum
pineo cortice aut sulpure.
• Caratteristico della pece è riscaldare e cicatrizzare. Impiastrata con farinata d’orzo
è la cura specifica contro i morsi del ceraste e ugualmente - abbinata con miele combatte l’angina, i catarri e gli starnuti
causati dalla pituita. Nelle orecchie viene
instillata con olio di rosa ed impiastrata
con cera. Guarisce la fungosi, rilassa il
ventre e favorisce l’espettorazione, assunta in elettuario oppure applicata in impiastro con miele sulle tonsille. Impiastrata
allo stesso modo deterge e fa cicatrizzare
le piaghe; abbinata a uva passita e sugna
disinfetta le bolle nere e le ulcere inciprignite di pus; per le ulcere serpiginose
va usata però assieme a scorza di pino
oppure zolfo.
27
Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, XXIV,
37-39: i tanti usi medici della pece bruzia
• phthisicis cyathi mensura quidam
dederunt et contra ueterem tussim. rhagadas sedis et pedum panosque et ungues scabros emendat, uuluae duritias et conuersiones, item odore lethargicos.
strumas cum farina hordacea et
pueri inpubis urina decocta ad
suppurationem perducit. et ad
alopecias sicca pice utuntur, ad
mulierum mammas Bruttia ex uino
subferuefacta cum polline farraceo
quam calidissimis linteis inpositis.
• Certuni l’hanno somministrata, nella
dose di un ciato, ai tisici ed anche per
curare la tosse cronica. Guarisce inoltre
le ragadi dell’ano e dei piedi, gli ascessi e le unghie ronchiose, durezze e spostamenti dell’utero, nonché fatta odorare, la letargia. Bollita con farina d’orzo
e urina di bambino impubere, fa maturare la suppurazione delle scrofole. La
pece secca viene usata anche per curare
l’alopecia, mentre quella del Bruzio,
bollita appena un poco nel vino insieme a fior di farina di farro, cura le malattie delle mammelle femminili, a cui
si applica con pannicelli il più possibile
caldi.
28
Il collegio dei dendrofori e la silvicoltura della
regio III
• L’etimologia del nome di questa associazione (“i portatori
d’albero”) ha fatto sì che essa sia in genere vista in relazione al
taglio, al trasporto e vendita o alla lavorazione del legname: una
relazione che personalmente mi pare assai dubbia.
• Sicuro il ruolo religioso, nell’ambito del culto della Magna
Mater e di Attis.
– A partire da Claudio i dendrofori portavano in processione il 22 marzo
un pino sacro, l’albero sotto il quale Attis si era evirato ed era stato poi
trasformato.
– Nel 415 d.C., insieme ad altri collegi religiosi pagani, sono colpiti da
confische da una costituzione di Onorio (Codice Teodosiano, XVI, 10,
20, 2).
• Ipotizzato un ruolo come pompieri volontari e guardie civiche,
accanto alle corporazioni dei fabri e dei centonarii.
29
I documenti sul collegio dei
dendrofori nella regio III
• L’associazione è ricordata in alcune testimonianze
regionali, soprattutto in contesto funerario, tra le quali:
– CIL X, 445 = Inscr. It. III, 1, 8 da Laviano: Fadio Dextro / Fadia
Felicula / co(n)iugi bene mer/enti fecit HS XV milibus / in quo
opere de/dit collegius dendr/ophororum HS [---].
– CIL X, 8100 = Inscr. It. III, 1, 156 da Atina: [D(is)] M(anibus) /
Helvio / Edono / col(legium) den/drof(ororum) / b(ene) m(erenti)
f(ecit).
– CIL X, 8107-8108 = Inscr. It. III, 1, 33-34 da Volcei:
l’associazione cura la sepoltura di due suoi membri.
– CIL X, 451 = Inscr. It. III, 1, 5 da Eburum: una dedica
dell’associazione ad un notabile locale, di inizio IV sec. d.C.
30
CIL X, 7: una testimonianza reggina
sul collegio dei dendrofori
• V Idus April(es), / [Im]p(eratore) Vespasiano Caesar(e)
/ Aug(usto) VIIII co(n)s(ule), Tito Ves[pasiano
Caes]ar(e) / A[ug(usti) f(ilio) VII co(n)s(ule)]. // Ob
munificentiam earum / quae dendrophoros /
honoraverunt honos / decretus est eis q(uae) i(nfra)
s(criptae) s(unt): / Claudia Iusta, / [---]iva sac(erdos), /
S[---]ia Faustina sac(erdos), / Sicin[---]IVOCEPTA, /
Amullia Primigenia, / Satria Pietas, Claudia Ptolemais,
/ Terentia Athenais.
– Ritrovata a Pèllaro, quartiere meridionale di Reggio, oggi al
Museo Archeologico Nazionale di Reggio.
– Datata al 9 aprile del 79 d.C., questo documento è la più
antica attestazione del collegio a noi nota.
31
CIL X, 7: il monumento
32
I caratteri di CIL X, 7
• Un’iscrizione di carattere onorario, posta ad un gruppo di donne che si
erano rese benemerite per la loro munificentia nei confronti della
locale associazione dei dendrofori.
• Nel gruppo di donne primeggia Claudia Iusta, probabilmente di buon
livello sociale, seguono due sac(erdotes) o sac(ratae) e infine un
gruppo di donne la cui onomastica sembra denunciare uno status
inferiore (Primigenia, Athenais, Ptolemais).
• Probabilmente non casuale il giorno della dedica: dal 4 al 10 aprile si
celebravano a Roma i Ludi Megalenses dedicati alla Magna Mater.
• Sfugge tuttavia la relazione tra il collegio e il gruppo di donne (forse
associate al collegio?)
• Non è specificata la natura della munificentia e non si può quindi
precisare il suo eventuale legame con le attività professionali dei
dendrofori.
33
L’allevamento
• Singolarmente poco documentato dalle fonti
letterarie nell’età del Principato (a parte
qualche
allusione
di
Virgilio),
contrariamente alle notizie che abbiamo per
l’età repubblicana e quella tardoantica.
• Una
testimonianza
indiretta
sull’allevamento suino ci viene però dalle
fonti che trattano delle lucanicae.
34
Le lucaniche
• La ricetta di Apicio, De coquinaria, II, 4 prevede l’uso di un
impasto di carne porcina, grasso, erbe aromatiche, pepe intero,
pinoli, salsa di pesce, insaccato nel budello suino e affumicato.
• La ricetta del grande degustatore è probabilmente più sofisticata
di quella originaria.
• Un prodotto ricordato tra gli altri, per il periodo di cui stiamo
trattando, da Marziale e Stazio (ma prima di loro anche
Cicerone).
• Nell’Edictuum de pretiis, 4 la lucanica suina è registrata come il
tipo di salsiccia più pregiata e costosa.
• Una fama che divenne proverbiale: un Lucanicus è testimone
nello scherzoso Testamentum Porcelli.
• Oltre ai maiali, assai apprezzati anche i cinghiali della Lucania,
la cui caccia è spesso ricordata nelle fonti letterarie.
35
L’allevamento: il dato dei
depositi faunistici
• I depositi faunistici di età imperiale nel
Metapontino: S. Angelo Nuovo e S. Biagio.
• Una progressiva crescita dei caprovini a
scapito dei bovini: un segno del progressivo
passaggio dalle attività agricole a quelle
pastorali.
• Resta molto significativa la presenza di
suini.
36
La pesca e l’itticoltura
• Ovvia la sua importanza date le caratteristiche geografiche della
regione.
• Ma un’attività che resta mal documentata, se non per i cenni di
Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, XXXI, 94 all’eccellenza
della muria (salamoia di pesce) di Thurii e di Eliano, De natura
animalium, XV, 3 ai tonni del golfo Bibonikós (Vibo?).
• Alla pesca del tonno si è associato il ritrovamento di ancore in
assenza di relitti: pesi destinati a tenere tese le grandi reti delle
tonnare?
• Alla pesca del polipo si connettono i ritrovamenti di vasetti sul
fondo marino, nei quali questi animali tendevano a rifugiarsi.
• Alla pesca propriamente detta si può accostare l’itticoltura,
certamente praticata in almeno due siti della Lucania tirrenica, a
Santo Janni e Castrocucco e, nel Bruzio, a S. Irene di Briatico.
37
Gli impianti di itticoltura della regio III
• A S. Irene di di Briatico: due gruppi di vasche, uno per
l’allevamento del pesce, posto su uno scoglio a oltre 100 m dalla
riva, l’altro per la salagione del pesce, posto sulla spiaggia.
– Un impianto piuttosto antico, che sembra essere entrato in funzione già
nel II sec. a.C.
• A Santo Janni, un isolotto sulle coste di Maratea, vasche a cielo
aperto per la salagione del pesce, forse attiva dal I sec. a.C. fino al
VI sec. d.C.
– La presenza di anfore nel sito lascia pensare che vi si producesse
garum.
• Sotto il monte Castrocucco, nella costa antistante Santo Janni, una
villa romana con peschiera, i cui resti sono inglobati in un palazzo
del ‘600.
– La datazione proposta è analoga a quella dell’impianto di Santo Janni.
• Il generale innalzamento del mar Tirreno potrebbe aver cancellato le
tracce di altri impianti.
38
Vasche per l’allevamento del pesce a S. Irene
• L’impianto consta di 4 vasche comunicanti tra di loro e collegate da
due canaletti al mare aperto, bloccati da grate.
39
Le attività artigianali: la produzione
laterizia delle figlinae imperiali
• Ben attestata soprattutto la produzione di laterizi, nota in
particolare attraverso i bolli.
• Non poche figlinae appartenevano a personaggi della casata
imperiale:
– Caio e Lucio Cesari (CIL X, 8041, 1 da Nicotera e Vibo).
– Lepida M. Silani (CIL X, 8041, 19-21 da Nicotera e Vibo): forse da
identificare con Aemilia Lepida, una pronipote di Augusto e nipote di
Agrippa, moglie del console del 19 d.C. M. Iunius Silanus Torquatus.
– Agrippina (CIL X, 8041, 20 da Vibo): da identificare con Agrippina
maggiore o con la figlia Agrippina minore?
• Da notare il legame di tutti questi personaggi con M. Vipsanio
Agrippa.
40
Le figlinae dei privati
• Note anche alcune fabbriche di privati, tra i
quali possiamo ricordare:
– Gli Arrii nella Lucania tirrenica.
– I Laronii a Vibo Valentia
– I Titii di Vibo? (cf. CIL X, 8056, 354 a: A(uli)
Titi figul(inae).
– I Vinuleii a Copia
– I Vagellii a Locri (o forse a Vibo o ancora a
Reggio).
41
La produzione laterizia: i contenitori
• Si indirizza soprattutto verso i contenitori dei prodotti agricoli
regionali.
• A Vibo Valentia e nel territorio di Copia (Trebisacce) si segnala
una produzione di anfore Dressel 2-4, i caratteristici contenitori
dei vini dell’Italia tirrenica dell’età augustea e del I sec. d.C.
• Dalle stesse località viene anche una produzione di anfore
Dressel 21-22, sembra destinate al trasporto di frutta.
• Una produzione di anfore destinate al trasporto della pece, come
inequivocabilmente attestano i bolli pix Bruttia.
– Attestazioni di queste anfore nella Piana di Lamezia, a Trebisacce
e a Pompei, nella casa di C. Giulio Polibio.
– Il testo del bollo di Trebisacce: PIX BRVT VC C R S S: le ultime
lettere fanno forse riferimento al nome di un produttore.
– A Trebisacce sono stati rinvenuti altri esemplari di anfore da pece
non bollati, caratterizzati dall’ampia bocca, che consentiva di
attingere meglio il liquido.
– Una diversa forma sembrano invece presentare i contenitori del
Lametino e di Pompei.
42
La produzione laterizia: i materiali edili
• In questo ambito spicca la produzione della famiglia vibonese
dei Laronii.
– Una produzione già attestata per colui che fu l’iniziatore delle
fortune della famiglia: Q. Laronio, legato di Agrippa nel 36 a.C. e
console suffeto del 33 a.C.
– Cf. i bolli con il testo Q. Laronius, co(n)s(ul), imp(erator) iter(um).
• Anche se i rinvenimenti si concentrano nel Vibonese,
attestazioni si hanno anche a Capo Lacinio (tegole impiegate
nell’area del tempio di Era), dalla piana di Lamezia, dall’area di
Rosarno.
– Un impiego anche in costruzioni di carattere pubblico: il balneum
del santuario di Era Lacinia, gli acquedotti di Vibo e dell’area di
Rosarno.
• Dubbio se queste attestazioni dimostrino l’estensione delle
proprietà terriere dei Laronii e la presenza delle loro fabbriche
di laterizi in più di una località del Bruzio o se siano la
produzione di una sola fabbrica, da localizzare a Vibo.
43
La lavorazione dei metalli
• Un’attività
scarsamente
documentata
per
l’età
imperiale romana
• Attestate tuttavia alcune
produzioni
di
fistulae
plumbeae, condutture per
l’acqua in piombo.
– A Vibo le fistulae sono bollate
da un altrimenti ignoto P.
Ollius Cn. f. Felix.
– A Grumentum ritroviamo il
bollo
Fabr(ica)
Ap(pi?)
R(ulli?).
44
Le attività edilizie
• Oltre alla documentazione diretta fornita
dalla ricerche archeologiche, ha lasciato
testimonianza anche nelle fonti epigrafiche:
– AE 1975, 266 da Paestum: Q(uinto) Lautinio
P(ubli) f(ilio), arcitecto (!).
45
Le attività edilizie: l’anfiteatro di
Grumentum
46
Le attività edilizie: il tempio C di
Grumentum
47
Le attività edilizie: il teatro di Scolacium
48
Il settore tessile
• Le attività artigianali legate all’allevamento ovino
trovano una recente e singolare testimonianza dalla
villa di S. Pietro di Tolve (Potenza).
– Una fuseruola, parte del fuso che era utilizzato per
filare la lana, bollata con il nome L(uci) Domiti Cnidi.
– Il personaggio è stato suggestivamente connesso con
Domitia Lepida, zia di Nerone e madre di Messalina,
grande possidente terriera nel Mezzogiorno.
– Forse la villa era sede un’attività di filatura su scala
“industriale”: dal sito provengono altre fuseruole non
bollate.
49
La fuseruola iscritta di S. Pietro
di Tolve
50
Un’industria particolare: la produzione di
profumi
• Una produzione caratteristica di Paestum, dove sono
ricordati grandi rosaria, campi di rose.
• Viva testimonianza archeologica di questa industria una
bottega nell’area del Foro, esplorata in modo intensivo nel
1995.
• Una prima fase di occupazione, con una bottega creata
poco la creazione della colonia nel 273 a.C.
– La presenza in questi strati di frammenti di unguentaria qualifica
anche questa prima bottega come una profumeria.
• Una seconda bottega viene creata nel periodo 25-50 d.C.;
un letto di pressa vi viene collocato nella seconda metà del
I sec. d.C.
• La bottega e la pressa sembrano essere rimaste in uso fino
al III sec. d.C.
51
La
collocazione
della bottega
nel foro di
Paestum
52
La pianta
della
profumeria di
Paestum
53
Gli scavi della profumeria di
Paestum
54
La funzione della pressa di
Paestum
• La collocazione urbana della pressa consente di escludere
un suo uso per la produzione alimentare di olio o vino.
• Nello stesso senso depone l’accurata finitura dell’opera,
che non trova riscontro nelle grossolane presse agricole.
• Il confronto con installazioni simili a Delo e con
l’iconografia dell’area vesuviana consente di ipotizzare un
suo uso per ottenere lo speciale olio che costituiva la base
dei profumi, ottenuto dalla spremitura di olive ancora non
mature.
55
La pressa della profumeria di
Paestum
56
La pressa della
profumeria di
Via degli
Augustali a
Pompei
57
Ricostruzione
della pressa di
Paestum
58
Il commercio e i trasporti
• Questi settori economici sono documentati da
qualche rara iscrizione:
– CIL X, 143 = ILS 7293 da Potentia ci fa conoscere
un collegium mulionum et asinariorum.
– CIL X, 487 da Paestum è l’epitafio di un mercator
di nome M. Caedius M. l. Nicephor.
– V.
Bracco,
Il
macellum
di
Bussento,
«Epigraphica», 45 (1983), pp. 109-115 registra la
costruzione di un mercato alimentare nella cittadina
lucana, probabilmente in età augustea.
59
Le finanze
• Pur godendo di una certa autonomia finanziaria interna, in età
imperiale cessa la monetazione autonoma delle comunità locali
della regione.
• Non abbiamo purtroppo dettagli sulla vita finanziaria delle
comunità regionali della Lucania et Bruttii, se non poche
notazioni che emergono incidentalmente dalle fonti epigrafiche.
– L’attività dei funzionari imperiali addetti alla riscossione delle tasse
indirette, come per esempio L. Aurelius Stephanus, procurator Augusti
XX hereditatum (CIL X, 122 da S. Benedetto Ullano).
– L’applicazione in alcune comunità del programma di sovvenzioni
alimentari messo a punto da Traiano, grazie alle attestazioni di
appositi quaestores: CIL X, 20 = ILS 6465 da Locri e CIL X, 47 da
Vibo Valentia.
– I generosi donativi di M’. Megonius Leo alla sua città, Petelia, al
tempo di Antonino Pio.
60
CIL X, 20 = ILS 6465 da Locri
• Una pratica dimostrazione di come non ci si debba mai
fidare delle integrazioni e scioglimenti proposti nella
banca dati a http://www.manfredclauss.de:
– D(is) M(anibus) / C(aius) Corneli/us Troilus / IIIIvir
a(edilicia) p(otestate) IIIIvir / iur(e) dic(undo) Q(uintus)
p(ater?) p(ientissimus?) et / alimentari/ae vix(it) annis XXX
mensibus / V Sestia Pontice / filio dul/cissimo fec(it).
• La lettura corretta è ovviamente:
– D(is) M(anibus). / C(aius) Corneli/us Troilus, / IIIIvir
a(edilicia) p(otestate), IIIIvir / iur(e) dic(undo), q(uaestor)
p(ecuniae) p(ublicae) et / alimentari/ae, vix(it) annis XXX,
mensibus / V. Sestia Pontice / filio dul/cissimo fec(it).
61
M’. Megonio Leone e le finanze di Petelia
• Oltre a CIL X, 114 = ILS 6469 (che riguarda lasciti alla confraternita
degli Augustales) un altro estratto del testamento di Leone si conserva
in ILS 6468:
– Leone promette di donare alla città 100 mila sesterzi, in cambio
dell’erezione di una sua statua nel Foro.
– La donazione doveva fruttare 6 mila sesterzi all’anno: un interesse del 6%,
che lascia pensare ad un investimento del capitale nell’acquisto di terre.
– Terre da sfruttare direttamente, sotto la supervisione di un vilicus publicus
come il già ricordato Euctus, o da affittare?
– Gli interessi impiegati in modo improduttivo: una loro distribuzione tra le
varie componenti della società di Petelia per festeggiare ogni anno il
compleanno di Leone.
• Altri donativi di 100 mila sesterzi per celebrare il ricordo di Caedicia
Iris, madre di Leone (ILS 6471) e Lucilia Isaurica, moglie di Leone
(ILS 6470).
• Un dossier che dimostra quanto le deboli finanze delle comunità
romane dipendessero dalla generosità dei notabili locali (non solo in
forma di donativi, ma anche di interventi sull’edilizia).
62
I mestieri di servizio
• Secondo una tendenza caratteristica, sono
relativamente ben documentati, anche al di là del
loro effettivo rilievo, in particolare per quanto
concerne i servizi pubblici.
• In questo settore si segnalano:
– Uno scriba rei publicae Potentinorum (CIL X, 140 da
Potentia).
– Un arcarius Volceianorum (CIL X, 410 = Inscr. It. III,
1, 20 da Volcei).
– Un arcarius col(oniae) a Paestum (CIL X, 486),
talvolta identificato, credo a torto, con un arcarius
col(legii).
63
I servizi privati
• CIL X, 30 da Locri: D(is) M(anibus). / Ediste, nutrix dominorum
su/orum, vixit annis XXXV, men(sibus) III. / Caerellius Felicio,
maritus, / coiugi (!) pientissimae et [di]ciplinae integrissi[mae], / cuius et labori et c[---] / [---] et experienti[ae ---].
– L’epitafio di una balia che aveva allattato i figli del suo padrone.
– Un documento piuttosto eccezionale che celebra le virtù professionali di
una donna.
• CIL X, 499 da Paestum: D(is) [M(anibus)]. / Tullio Suce[sso], /
pistori piissimo / ac sanctissimo, / coniuci(!), qui vixit / ann(os)
LX, m(enses) VI, d(ies) XVI, / Optata b(ene) m(erenti) fec(it).
– Un breve epitafio che ci riporta alla normalità: piuttosto che le virtù
professionali del fornaio, sono celebrate la sua pietas e la sua sanctitas.
64
Gli spettacoli
• In modo caratteristico le menzioni dei mestieri dello spettacolo
riguardano soprattutto i gladiatori, nella regione sempre
ricordati in forma collettiva e anonima.
– Vedi per esempio CIL X, 228 = EAOR III, 36 da Grumentum: [--]tio L(uci) f(ilio) Pom(ptina) / [------] / [in nostra] colonia
omn[i]/[bus mun]eribus et princi/[palibus] honoribus innoc/[enter
fu]ncto, munerario / [egregiae] editionis familia[e] /
[gladiat]oriae, decurioni e[t] / [IIIIvir(o) sp]lend[id]ae civitatis /
[Reginor]um Iuliensium, / [ob animu]m eius onorific(um) (!) / [in
nos. Col]l(egium) Beneris (!) patrono / [opti]mo.
• Si può aggiungere la rara menzione di un arbitro dei giochi
gladiatorii, un summa rudis, in AE 1935, 27 = EAOR III, 64 da
Paestum.
65
Le arti liberali
• Anch’esse sono sovrarappresentate nella
documentazione epigrafica, per il prestigio
sociale che derivava dal loro esercizio.
• Per l’età del Principato si possono ricordare:
– Un grammaticus graecus a Grumentum (AE 1993,
546).
– Un librarius notarius che riceve sepoltura da un
paedagogus a Reggio (AE 1990, 213).
– Un medicus di condizione libertina che al
contempo è magister del culto di Mens Bona a
Paestum (AE 1975, 242).
66
Una società stratificata
• Nella società del Principato si distinguono numerosi
gruppi sociali, determinati non solo da fattori
economici (“classi”), ma anche:
– dall’ordo di appartenenza
– dalla condizione giuridica
– dalla posizione nei confronti della res publica.
• Gruppi sociali che non si trasformano mai in caste
chiuse, ma che mostrano una buona mobilità
sociale.
– La nostra documentazione privilegia i casi di ascesa
sociale, ma dobbiamo supporre anche un movimento
contrario.
67
La fondamentale divisione
sociale
• Una fondamentale divisione sociale attraversa
anche tutta la storia del Principato: quella tra
strati sociali superiori e strati sociali inferiori.
• Tale divisione viene codificata anche nelle
fonti romane, soprattutto di carattere giuridico,
a partire dalla metà del II sec. d.C. nella
divisione tra honestiores e humiliores.
– Una distinzione che ha particolare effetto nel
diritto, con una progressiva differenziazione delle
pene inflitte ai membri dei due gruppi.
68
I gruppi sociali superiori
• L’ordine senatorio.
• L’ordine equestre.
• L’ordine dei decurioni, ovvero l’èlite
dirigente locale.
69
L’ordine senatorio
• Un ordine ristretto: il numero dei senatori venne fissato a 600 da
Augusto e non aumentò di molto nei due secoli seguenti.
– Dell’ordo senatorius facevano parte anche le mogli e i figli dei
senatori.
• Un ordine con rigide qualificazioni patrimoniali: Augusto fissò
il censo minimo per un senatore a 1 milione di sesterzi.
– La ricchezza di molti senatori in realtà superava di parecchio
questo limite e si fondava sostanzialmente sulle grandi proprietà
terriere.
• Un ordine che aveva tendenze endogamiche (in parte
rintracciabili su base onomastica).
– Ma i numerosi matrimoni senza figli (o con figli morti
prematuramente), come la disgrazia che colpì molte famiglie
senatorie, comportarono un notevole ricambio nell’ordo, con il
continuo apporto di homines novi, provenienti specialmente
dall’ordine equestre, ma anche dalla nobiltà locale.
70
L’ordine senatorio e la carriera
politica
• L’ordine senatorio si caratterizza per il suo
impegno nella politica: nell’età del Principato
la classe dirigente dell’Impero è ancora in
larghissima misura composta da senatori.
• Un cursus honorum sempre più rigidamente
fissato, che determinava una gerarchia interna
all’ordo stesso.
– All’interno di questa gerarchia spiccava l’èlite dei
consulares, stretti collaboratori dell’imperatore.
71
Il cursus honorum senatorio
• XXvir (Xvir stlitibus iudicandis, IIIvir capitalis, IIIvir monetalis, IIIIvir
viarum curandarum).
• Un anno di servizio militare come tribunus militum laticlavius o VIvir
equitum Romanorum.
• Quaestor.
• Tribunus plebis / Aedilis.
• Praetor.
• Incarichi di rango pretorio, come legatus legionis, legatus Augusti pro
praetore o proconsul di una provincia di importanza minore.
• Consul.
• Incarichi di rango consolare, come curator operum publicorum,
legatus Augusti pro praetore o proconsul di una provincia di
importanza maggiore, praefectus Urbi.
• Non rispettavano un ordine cronologico fisso le grandi cariche
sacerdotali di augur, flamen, frater Arvalis, pontifex e XVvir sacris
faciundis.
72
L’ordine senatorio nella Lucania et Brutti
• Una regione che non ha dato molti membri al Senato di
Roma.
• All’interno della regio III prevalgono le gentes lucane.
• La sparuta rappresentanza di senatori della regio III ha
consigliato G. Camodeca a non trarre conclusioni al loro
riguardo.
• In realtà i caratteri delle gentes senatorie della regione che
possiamo osservare sono comuni al resto d’Italia:
– Provenienza dall’élite municipale.
– Un potere economico fondato sul possesso della terra, non solo nella
regione d’origine.
– Un successo spesso dovuto ad un’abile politica matrimoniale e ai
contatti con la casata imperiale.
73
L’ordine senatorio nella Lucania et
Bruttii: dall’età repubblicana ai GiulioClaudii
• Ancora in età repubblicana emergono:
– I Venuleii / Vinuleii di Copia.
– I Numonii Vaalae di Paestum.
• All’età triumvirale e augustea risalgono le fortune delle
famigli dei:
– Statilii Tauri, originari della Lucania, forse di Volcei.
– Laronii di Vibo Valentia.
• Nel periodo giulio-claudio possiamo ricordare:
– Gli Acerronii della Lucania (forse Potentia).
– I Vagellii di Locri, Vibo Valentia o Reggio.
74
L’ordine senatorio nella Lucania et
Bruttii: l’età dei Flavi e degli Antonini
• Nell’età dei Flavi emerge per la prima volta la
famiglia dei Bruttii di Volcei.
– Il massimo lustro è raggiunto con il matrimonio di
Bruttia Crispina nel 178 d.C. con il futuro imperatore
Commodo.
– La famiglia sopravviverà alla fine di Commodo e ne
possiamo seguire le tracce fino all’età di Costantino.
• Nell’età degli Antonini per un paio di generazioni
ha rilievo la famiglia degli Insteii, sempre da
Volcei.
75
I Bruttii di Volcei
• Anche se l’iscrizione nella tribù Pomptina rende probabile una
residenza della famiglia a Volcei, forse la sua origine è dalla
vicina Grumentum.
– Qui nel 57 a.C. è attestato un edile locale di nome C. Bruttius C. f. Ser(gia
tribu).
• Il primo esponente senatorio della famiglia attestato è L. Bruttius
Praesens, proconsole di Cipro nell’80-81 d.C.
– Sposa forse una esponente dei Fulvii Rustici della Transpadana.
• Il figlio C. Bruttius Praesens, dopo aver iniziato una carriera
senatoria che non sembrava molto promettente, sposa in seconde
nozze Laberia Crispina, figlia del lanuvino M’. Laberius
Maximus, console del 103 d.C. e stretto collaboratore di Traiano.
– Senza dubbio un impulso alla sua carriera, coronata dal consolato nel 139
d.C.
76
I Bruttii di Volcei
• Il figlio del console del 139 d.C. è il polionimo L. Fulvius
Rusticus C. Bruttius Praesens, che viene cooptato tra i
patrizi da Antonino Pio e raggiunge per due volte il
consolato, nel 153 e nel 180 d.C.
• Bruttia Crispina, figlia del precedente, sposa nel 178 d.C.
Commodo; viene esiliata a Capri e qui fatta uccidere.
• L. Bruttius Quintus Crispinus, fratello della precedente,
console nel 187 d.C.
• La famiglia sopravvive alla rovina di Commodo per
almeno altre tre generazioni.
77
Bruttia Crispina
• Busto di Bruttia
Crispina, 183 d.C.
circa, oggi a Parigi,
Museo del Louvre.
78
CIL X, 408 = Inscr. It. III, 1, 18 = ILS 1117 da
Volcei: la brillante carriera del padre di Crispina
• L(ucio) Fulvio C(ai) f(ilio) Pom(ptina) [Rustico C(aio)] /
Bruttio Praesenti Min[ucio] / [Lab]erio Maximo Pompeio
L(ucio) [---] / Valenti Cornelio Proculo [---] / Aquilio
Veientoni, co(n)s(uli) II, pr[aef(ecto) urbi, patri] /
[C]r[is]pinae
Aug(ustae),
so[ce]ro
Imp(eratoris)
[Caes(aris) Commodi Aug(usti), sodali] / [Ha]drianali,
sodali An[t]onin[iano, Veriano], / Marciano, comiti
Impp(eratorum) [A]nt[onini et Commodi Augg(ustorum)] /
ex[pe]ditioni[s] Sarmaticae, p[raet(ori)], [trib(uno)
pleb(is), quaes]/tori A[ug(usti)], t[r](ibuno) mil(itum)
leg(ionis) III Gallic[ae, adlec(to) inter patric(ios)] / ab
Imp(eratore) divo Antonino Aug(usto) P[io ---].
79
I caratteri di CIL X, 408
• Una lacunosa iscrizione onoraria, in cui spicca lo straordinario
sviluppo dell’onomastica del personaggio
– Grazie a questa pratica della polinomia siamo in grado talvolta di
ricostruire la politica matrimoniale delle famiglie senatorie.
• Si conserva buona parte del cursus honorum, che dopo la
cooptazione tra i patrizi, vide il nostro militare come ufficiale
nella III legione Gallica, questore, tribuno della plebe, pretore,
console per due volte, prefetto dell’Urbe.
• Grande evidenza è data ai rapporti con il princeps: l’adlectio tra
i patrizi da parte di Antonino Pio, l’essere stato comes di Marco
Aurelio e Commodo nelle campagne sarmatiche, la parentela
con Commodo.
• Nella stessa direzione vanno i sacerdozi dei defunti Adriano,
Antonino Pio, Lucio Vero, Marco Aurelio.
80
Le fortune dei Bruttii
• Le fortune economiche dei Bruttii, a quanto ne sappiamo, si fondavano
su vaste proprietà terriere in Lucania, nella vicina Apulia (Venusia) e
in altre regioni dell’Italia centro-meridionale (grazie ai legami coi
Laberii).
• Ne sono testimonianza le epigrafi di actores, liberti e schiavi dei
Bruttii nelle aree in questione.
• Nel territorio di Volcei sono note almeno 5 villae rusticae che sono
rimaste prive di attribuzione: suggestiva una relazione di almeno
alcune di esse con la potente famiglia locale.
• Lo schema più scontato nelle attività economiche dell’ordine senatorio.
• Da rilevare tuttavia per le gentes senatorie bruzie dei Venuleii /
Vinuleii, dei Laronii e dei Vagellii una documentata attività di figlinae.
81
CIL X, 285 = Inscr. It. III, 1, 259 da
Tegianum: la dedica a Bruttia Crispina
da parte di un suo actor
• Imp(eratore)
L(ucio)
Aurel(io)
[[Com[modo]]]
/
et
Quintillo
//
co(n)s(ulibus), // pro salute / Bru[tt]iae
[Crispi]n[ae], / Idaeus, act(or) [eius], /
[v(otum)]
l(ibens)
l(aetus)
m(erito)
[s(olvit)].
82
L’ordine equestre
• Numericamente più ampio rispetto all’ordine senatorio:
probabilmente intorno ai 20 mila membri ai tempi di Augusto.
• Un ordine parimenti identificato da una qualificazione
censitaria: un censo minimo di 400 mila sesterzi con Augusto.
• Un ordine meno compatto di quello senatorio, dal punto di vista
ideologico, economico e politico.
– Dal punto di vista economico, le fortune dei cavalieri potevano
essere determinate, oltre che dal possesso della terra, anche da
attività manifatturiere, commerciali e finanziarie, oltre che dal ben
retribuito servizio allo stato.
• Serbatoio dell’ordine senatorio, l’ordo dei cavalieri era aperto
verso il basso alle élites dirigenti cittadine, alla nobiltà delle
province (Arminio), a militari di professione, addirittura a liberti
(il medico Antonio Musa) o figli di liberti (il futuro imperatore
Pertinace).
83
L’ordine equestre e la carriera pubblica
• Non tutti i cavalieri intraprendevano una carriera pubblica a
livello centrale (che alla metà del II sec. d.C. prevedeva solo 550
posti circa): molti si astenevano dalla politica o esercitavano
solo cariche a livello locale.
• Il cursus honorum equestre era fissato meno rigidamente di
quello senatorio, ma in genere prevedeva:
– Comandi militari, in genere tre: praefectus cohortis, tribunus
militum angusticlavius, praefectus alae.
– Procuratele: di carattere finanziario (p. es. sulla vicesima
hereditatium), o di carattere amministrativo (p. es. la procuratelagovernatorato di una provincia alpina). Gradualmente si fissano i
ranghi, relativi allo stipendio, di sexagenarius, centenarius,
ducenarius, trecenarius.
– Il comando della flotta imperiale di Ravenna o Miseno, in qualità
di praefectus classis.
– Le grandi prefetture: praefectus vigilum, praefectus annonae,
praefectus Aegypti, praefectus praetorio.
84
L’ordine equestre nella Lucania
et Bruttii
• L’analisi complessiva dei dati è solo all’inizio: ma in
analogia con quanto osservato per l’ordine senatorio,
anche i cavalieri della regio III non sono molto
numerosi e si concentrano prevalentemente in Lucania.
• L’impressione è che prevalgano i cavalieri le cui
ambizioni politiche si limitavano sostanzialmente
all’ambito locale e alle cariche civili.
• Vi è tuttavia almeno un’eccezione: C. Mulvius Ofillius
Restitutus di Grumentum, che prima di divenire
magistrato cittadino ebbe una brillante carriera militare
(vd. diapo 96).
85
CIL X, 53: un notabile di Vibo
Valentia ascende all’ordine equestre
• Q(uinto) Muticilio Q(uinti) f(ilio) Aem(ilia) Sex(to)
Decciano, q(uin)q(uennali) c(ensoria) p(otestate), /
q(uaestori) p(ecuniae) p(ublicae), equo pub[l(ico)
ho]norato ab Imp(eratore) divo Hadriano, / allecto in
d[ecu]ri(i)s ab Imp(eratore) Antonino Aug(usto) Pio, /
patrono municipi, ob amorem patriae et [muni]ficentiam /
multaque merita eius ex consensu populi, cuius ob /
dedicationem iterum decurionibus HS VIII n(ummum),
Augu/stalibus HS VI n(ummum), populo viritim HS IV
n(ummum) dedit; / l(ocus) d(atus) p(ecunia) p(ublica)
d(ecreto) d(ecurionum).
86
I caratteri di CIL X, 53
• La promozione sociale di Q. Muticilio Decciano è legata al
favore imperiale:
– Adriano lo include tra i membri dell’ordine equestre, con la
concessione del cavallo pubblico.
– Antonino Pio lo coopta fra i membri delle 5 decurie da cui erano
estratti i componenti delle giurie dei tribunali di Roma.
• Una promozione sociale che forse è alla base di una brillante
carriera locale, con la questura, la quinquennalità, il patronato
della comunità.
• Formalmente un’iscrizione onoraria, decretata dal consiglio
municipale, con il consenso dell’assemblea, per la munificentia,
l’amor patriae e i multa merita dell’onorato.
• In occasione della dedica del monumento onorario, Decciano
rispose con una doppia distribuzione di denaro, come di
consueto in proporzione al prestigio sociale del diversi gruppi.
87
CIL X, 22: un
cavaliere patrono
di Locri
•
•
•
D(is) M(anibus) s(acrum) /
P(ublio) Vagellio P(ubli) /
fil(io) Pusillioni, / splendid(o) eq(uiti) / R(omano),
patron(o) mu/nici[pi]. Here/[des].
Un
personaggio
che
sembra ripiegato puramente nell’ambito locale,
anche se l’iscrizione è
lacunosa.
Un monumento sepolcrale
di non grandissimo pregio
(stele, sebbene in marmo),
forse
spia
di
una
condizione economica non
eccezionale.
88
CIL X, 483: un cavaliere
e sua moglie a Paestum
• Digitiae L(uci) f(iliae) Rufinae, /
ob eximiam castitatem, <f>i/dem
verecundiamque / eius, / M(arcus)
Tullius M(arci) f(ilius) Maecia
Cicero, / eq(ues) R(omanus),
L(aurens) L(avinas), p(atronus)
c(oloniae),
coniugi,
remis/so
sumptu publico, de suo / posuit. /
L(ocus)
d(atus)
d(ecreto)
d(ecurionum).
89
I caratteri di CIL X, 483
• La dedica di un cavaliere alla moglie, originariamente decretata a
spese pubbliche: come spesso accade, il nobile assunse l’onere del
costo.
• Il dedicante, cavaliere, fu patrono della stessa Paestum e Laurens
Lavinas.
– Un sacerdozio connesso con la celebrazione a Lavinium dei riti sacri in
onore dei Penati di Troia, connessi la fondazione di Roma: una carica in età
imperiale spesso legata all’ordine equestre.
• La gens Tullia è tra le più illustri e meglio attestate a Paestum; il
cognomen Cicero, portato di regola dai suoi esponenti maschili,
ha fatto supporre che si tratti di discendenti del grande oratore.
• Anche i Digitii, cui apparteneva la moglie di Cicero, facevano
parte dell’élite locale.
• Della donna si celebrano le consuete virtù femminili di castitas,
fides e verecundia.
90
L’ordine dei decurioni
• Costituiva l’élite dirigente a livello locale: propriamente l’ordo
decurionum era il senato locale, nel quale entravano a far parte gli exmagistrati.
• L’ordo decurionum era composto da un numero di membri
leggermente variabile tra città e città, anche se di norma erano circa
100.
– Poiché l’ingresso nel consiglio e la gestione delle magistrature era di fatto
ereditaria, dell’ordo in senso lato facevano parte anche le mogli e i figli
dei decurioni.
• Anche le qualifiche censitarie variavano: in una città di una certa
importanza come Comum il censo minimo era fissato a 100 mila
sesterzi, in alcune piccole città africane a 20 mila sesterzi.
• Soprattutto nelle città maggiori i decurioni più ricchi avevano la
qualifica censitaria sufficiente per far parte dell’ordine equestre: c’era
dunque una certa sovrapposizione fra i due ordini.
• Una fortuna prevalentemente determinata dal possesso terriero, ma
anche da attività manifatturiere e commerciali, specialmente in città
come Ostia o Aquileia.
91
La carriera politica locale: lo schema più
consueto
• 2 o più questori (quaestores)
• 2 edili (aediles o 2 dei IIIIviri, detti aedilicia potestate)
• 2 duoviri per l’amministrazione della giustizia (IIviri iure
dicundo o 2 dei IIIIviri, detti iure dicundo).
– Ogni cinque anni i massimi magistrati della comunità assumevano
compiti censorii, con il titolo di quinquennales.
– La massima magistratura cittadina poteva anche essere assegnata a
titolo onorario all’imperatore o a un membro della casata
imperiale; in tal caso le sue funzioni erano assolte da un
praefectus.
• Un cursus honorum che poteva prevedere eccezioni nella
denominazione delle cariche e nella successione delle stesse.
• Al di fuori della normale successione delle cariche i sacerdozi
locali: pontifex, augur, flamen.
92
I decurioni e l’evergetismo
• I membri dell’ordine dei decurioni (accanto a senatori e
cavalieri locali, come anche a qualche ricco liberto) furono i
principali protagonisti del fenomeno dell’evergetismo.
– Finanziamento della costruzione di opere pubbliche.
– Interventi a favore dell’annona locale, distribuzioni di alimenti o di
somme di denaro.
– Finanziamento di giochi e spettacoli.
• I decurioni sovvenivano alle finanze locali anche con il
versamento della tradizionale summa honoraria, nel momento in
cui assumevano una carica pubblica.
• Alla fine del periodo del Principato le difficoltà economiche che
colpirono l’ordo si ripercuotono sulle finanze locali.
93
Un grande notabile locale: M’.
Megonius Leo di Petelia
• Un personaggio noto da un singolare dossier epigrafico:
– ILS 6468: dedica a Leone da parte dei decuriones, degli
Augustales e del populus ed estratto del suo testamento, con
lasciti in favore della comunità di Petelia (vd. diapo 62).
– ILS 6471: una fondazione di Leone per celebrare la memoria
della madre Caedicia Iris.
– ILS 6470: una fondazione di Leone per celebrare la memoria
della moglie Lucilia Isaurica.
– CIL X, 113: dedica a Leone da parte dei decuriones, degli
Augustales e del populus.
– CIL X, 114 = ILS 6469: dedica a Leone da parte degli
Augustales ed estratto del suo testamento con lasciti,
soprattutto in favore degli Augustales stessi.
94
CIL X, 114 = ILS 6469: Megonio Leone
e gli Augustales
• Ma(nio) Meconio Ma(ni) f(ilio) / Cor(nelia) Leoni, / aed(ili), IIIIvir(o) leg(e)
Cor(nelia), / quaest(ori) pec(uniae) p(ublicae). / patrono municipi, /
Augustales patrono / ob merita eius; l(ocus) d(atus) d(ecreto) d(ecurionum).
// Kaput ex testamento. / hoc amplius rei p(ublicae) Petelinorum dari volo /
HS X(milia) n(ummum), item vineam Caedicianam cum / parte{m} fundi
Pompeiani, ita uti optima maxi/maq(ue) sunt finibus suis qua mea fuerunt.
Volo au/tem ex usuris semissibus HS(milium) X n(ummum) comparari
Augus/talium loci n(ostri) ad instrumentum tricliniorum du/um, quod eis me
vibo (!) tradidi, candelabra et lucerna[s], / bilychnes arbitrio Augustalium,
quo facilius strati[o]/nibus publicis obire possint. Quod ipsum ad utilitate[m]
/ rei p(ublicae) n(ostrae) pertinere existimavi, facilius subituris onus
Augu[s]/talitatis, dum hoc commodum ante oculos habent.
95
Un grande notabile locale: M’. Megonio
Leone di Petelia (CIL X, 114)
• Ceterum autem temporum usura[s] semisse[s] HS X(milium)
n(ummum) ad instr[u]/mentum Augustalium arbitrio ipsorum
esse volo, qu[o] / facilius munus meum perpetuum conservare
possint / neque in alios usus usuras quas ita a re p(ublica)
acceperint tra/ferri volo quam si necesse fuerit in pastinationem.
/ Vineam quoq(ue) cum parte fundi Pompeiani sic ut su/pra dixi
hoc amplius Augustalibus loci n(ostri) dar[i] / volo. Quam
vineam vobis, Augustales, idcirco dari / quae est Aminea, ut si
cogitationi meae, qua pro/spexisse me utilitatibus vestris credo,
consenseritis, / vinum usibus vestris, dumtaxat cum publice
epulas ex/ercebitis, habere possitis.
96
Un grande notabile locale: M’. Megonio
Leone di Petelia (CIL X, 114)
• Hoc autem nomine relevati in/pendis facilius prosilituri hi qui ad
munus Augustalit[a]/tis conpellentur. Locatio vineae partis Pompeiani
vin[e]/am colere poterint. Haec ita ut cavi fieri praestariqu[e] / volo.
Hoc amplius ab heredibus meis volo praestar[i] / rei p(ublicae)
Petelinorum et a re p(ublica) Petelinorum corpori Au/gustalium ex
praedis ceteris meis palum ridica[m] / omnibus annis sufficiens
pedaturae vineae / quam Augustalibus legavi. // [A v]obis autem,
Augustales, peto hanc voluntatem / meam ratam habeatis et ut
perpetua forma obser/vetis curae vestrae mandetis. Quo facilius autem
/ nota sit corpori vestro haec erga vos voluntas (!),/ totum loco kaput
quod ad vestrum honorem perti/net.
97
La carriera di Megonio Leone
• Aedilis
• IIIIvir iure dicundo lege Cornelia, con probabile
allusione allo statuto municipale di Petelia
• Quaestor pecuniae publicae, qui culmine della
carriera locale, come talvolta accade.
• Patrono della comunità di Petelia e della locale
confraternita degli Augustali.
• Una carriera che si dipanò intorno alla metà del II
sec. d.C.: da ILS 6468, ll. 14-15 si apprende che
l’epigrafe fu redatta regnante Antonino Pio.
98
I lasciti agli Augustales
• Una somma di 10 mila sesterzi, da mettere a frutto: gli interessi
del 6% dovevano essere impiegati per acquisto di candelabri e
lucerne, per illuminare due sale da pranzo donate dallo stesso
Megonio Leone alla confraternita, e in genere per il
mantenimento delle due sale (perpetuando così il dono di
Leone).
• La vigna Caediciana, piantata a uva Aminea, e parte del fundus
Pompeianus, per rifornire di vino i banchetti degli Augustali.
– I paletti di sostegno necessari alla vigna avrebbero dovuto essere
forniti dagli eredi di Leone.
– La vigna Caediciana doveva essere giunta in proprietà di Leone
grazie alla madre Caedicia Iris.
• L’epigrafe allude alla volontà di Leone di alleviare gli Augustali
dal pur modesto carico delle spese per l’illuminazione e le
bevande.
99
AE 1972, 148 da
Grumentum: la carriera
di C. Mulvius Restitutus
• [C(aio)] Mulvio C(ai) f(ilio) /
[P]om(ptina) Ofillio Rest[i]/[t]uto,
aed(ili), pr(aetori), IIvir(o) /
[q]uin(quennali),
q(uaestori),
praef(ecto) coh(ortis) I / [M]orinor(um)
et
Cersia/cor(um),
trib(uno) mil(itum) leg(ionis) II /
Adiutricis
P(iae)
F(idelis),
prae[f(ecto)] / alae I Vespasianae /
Dardanor(um),
praef(ecto)
/
fabr(um)
II.
/
Aug(ustales)
Herc(ulanei) patrono.
100
AE 1976, 176 da Blanda:
l’evergetismo di un
notabile locale
• M(arco)
Arrio
M(arci)
f(ilio)
Pom(ptina tribu) / Clymeno, IIviro
q(uin)q(uennali), / q(uaestori) p(ecuniae) p(ublicae), populus ex aer[e] /
conlato, ob munifice/ntiam eius posuit,
qu/od eis annonam cra/tuitam (!)
fr/umentum de suo prae/buerit, ob cuius
dedica/tionem epulum divisit decurionibus ((sestertios)) VIII n(ummos),
Aug(ustalibus) ((sestertios)) VI n(ummos), populo ((hedera)) viritim ((sestertios)) IIII n(ummos), mulieribus
((sestertios)) II n(ummos). L(ocus)
d(atus) d(ecreto) d(ecurionum). // Curantes (!) P(ublio) Stlammio / Simile et
T(ito) Vale/rio Fabricio.
101
I caratteri di AE 1976, 176
• Le dedica onoraria ad un magistrato locale votata dal
consiglio su richiesta dell’assemblea, per la sua
munificentia.
– Per una volta il generico termine si sostanzia: un intervento
per l’acquisto del frumento necessario all’annona locale.
• In occasione dell’inaugurazione del monumento la
consueta divisio di denaro, alla quale furono
esplicitamente ammesse anche le donne (con la somma
minore …).
• Un documento variamente datato tra la fine del I e la
fine del II sec. d.C.
102
EAOR III, 34 da Paestum:
l’evergetismo di un notabile
locale
• M(arco) Egnio M(arci) f(ilio) / Mae(cia)
Fortunatiano, / IIvir(o) iter(um) q(uin)q(uennali), huic splen/didissimus ordo
decuri/onum, postulante populo, ob /
praecipuam et insignem mu/nificentiam
erga patriam / statuam ponendam
decre/vit, quod, cum XXV(milibus) HS
ac/ceptis a<d> conparationem / familiae
gladiato-riae,
ma/iorem
quantitatem
au/xerit a<d> nobilium gladi/atorum
conductionem. / adiectis etiam ursis mi/rae
magnitudinis se<d> et / nox<i>o, omni
quoque / cultu a<p>paratuque aucto, /
diem sublimiter exornavit
103
I caratteri di EAOR III, 34
• Iscrizione di carattere onorario, su una base il cui lato superiore
conserva ancore le impronte dei piedi della statua dell’onorato.
• Una dedica posta ad un magistrato locale dall’ordine dei decurioni, su
sollecitazione dell’assemblea popolare.
• Motivata dal fatto che Fortunaziano aveva aggiunto, ai 25 mila sesterzi
stanziati dalla comunità per l’allestimento di giochi gladiatori, una
somma ancora maggiore.
• In questo modo era stato possibile ingaggiare gladiatori più prestanti e
famosi, organizzare una venatio di orsi giganteschi, e assicurarsi
l’eccitante spettacolo della messa a morte di un condannato (noxius).
• Si data alla metà del II sec. d.C., per paleografia e formulario.
104
CIL X, 54 da Vibo Valentia:
l’atto evergetico di una donna
• [---] Quinta / [---]ae, sacerdos per[petua?] / [divae
Fausti?]nae, exornatum pop[---] /, [imp]ensa sua et
aqua in id pe[rducta], / [decuri]onibus s(ingulis)
HS VIII n(ummum), August[alibus ---].
– Il lacunoso testo ci fa conoscere un intervento
evergetico di una donna, forse sacerdotessa della
defunta moglie di Antonino Pio, Faustina maggiore.
– Un intervento forse consistente nella costruzione di una
fontana pubblica o di un ninfeo, con le relative
condutture d’acqua.
– L’inaugurazione del monumento in suo onore fu
accompagnata dalla solita divisio di denaro.
105
I ceti medi
• La confraternita degli *Augustales.
• I militari
• I liberti
106
L’Augustalità come onore ad un liberto
di eccezionale valore: AE 2008, 441
• Le singolari circostanze di tradizione del testo di un decreto del
consiglio municipale di Copia (Senatusconsultum Copiensium).
• Una lastra marmorea reimpiegata, insieme ad altre, per
pavimentare una vasca delle terme locali, forse nel III sec. d.C.
• Nel V e VI sec. d.C. le lastre sono divelte per farne calce: ma
lasciano un’impronta nella malta nelle quale erano state alloggiate.
• Scoperta nel 2004, le difficili condizioni ambientali e in
particolare l’altezza della falda acquifera, non hanno consentito di
rimuovere l’impronta, della quale tuttavia sono stati presi calchi e
fotografie.
107
Il calco antico
del Senatus
consultum
Copiensium
(fotografia
riflessa)
108
Un documento con evidenti
problemi di lettura
• Oltre all’evidente singolarità di un testo noto solo
dall’impronta che ha lasciato, da segnalare:
– Un leggero slittamento al momento della posa in opera
della lastra ha provocato la deformazione dell’impronta
di alcune lettere.
– Altre impronte sono state distrutte al momento in cui la
lastra venne strappata.
– Nonostante l’acutissimo sforzo di Costabile, un testo
ritenuto ancora di incerta lettura e interpretazione.
109
AE 2008, 141 da Copia: il testo
•
Ti(berio) Claudio Caes[aris] / l(iberto)
Idomen<eo> <c>u{o}i de civi[tate] /
Copienses honoris caussa de s[e]n(atus)
[sen(tentia)] / deder(unt) ea quae infra
scripta s[u]nt. / P(ublius) Blaesius
Marianus, IIIIvir quinq(uennalis) [iure
dic(undo)] / iterum, M(arcus) Minucius
M(a)n(i) f(ilius) Sota praef(ectus) Ti(beri)
Caesaris Aug[usti] / cens[o]ria potestate,
VIII K(alendas) Apr(iles) senatum in cur[i]a
Vin[uleia] / consuluerunt. Scribendo
[a]dfuerunt T(itus) Albius Sabin[us ---], /
P(ublius) Sumettus Reginus, L(ucius)
Idumaeus Mela, Q(uintus) Vibu[l]enus
Agrippa [---. Q(uod)] / [v(erba)] f(acta) sunt
de honore Ti(beri) Claudi Caesar(is)
l(iberti) Idomen(e)i, q(uid) d(e) e(a) r(e)
f(ieri) p(laceret) d(e) e(a) r(e) i(ta)
censu[ere].
•
A Tiberio Claudio Idomeneo, liberto di
Cesare, al quale, a proposito della
cittadinanza, i Copiensi, per onorarlo,
su decreto del Senato, hanno accordato
quanto segue. Publio Blesio Mariano,
quattuorviro quinquennale per la
seconda volta, e Marco Minucio Sota,
figlio di Manio, prefetto di Tiberio
Cesare Augusto con poteri censorii,
l’ottavo giorno prima della calende di
aprile, hanno interpellato il senato nella
curia Vinuleia. Hanno partecipato alla
redazione Tito Albio Sabino, [---].
Publio Sumetto Regino, Lucio Idumeo
Mela, Quinto Vibuleno Agrippa.
Trattando degli onori da accordare a
Tiberio Claudio Idomeneo, riguardo ciò
che si doveva fare a proposito, così si è
deciso
110
AE 2008, 141 da Copia: il testo
• [Quod Ti(berius)] / C[l]audius
Idomeneus ita se gesserit annis
Copiae iis suae vitae cum servierit in
[municipio n(ostro)]: / <in>colis
magn[e]
pr[ae]cessit
summa
modestia, iust[it]ia{a}eque p(ublicum)
a(rgentum)
administrare
ex[pertus est] / et deinde liber factus
similem se <praestitit>; pristinae
clem[en]tia(e) fovendae placere huic
s[plendidissimo] / ordini [A]ugustalem eum in hunc annum ex{s}
decre[t]o nostro creare, qui honor
de A[ugustalitate] / ante hoc tempus
nulli ratus sit,
• Poiché Tiberio Claudio Idomeneo
coì si è comportato a Copia negli
anni della sua vita in cui è stato al
servizio del nostro municipio: ha
superato di gran lunga gli abitanti
per la sua grande modestia e ha
saputo amministrare con giustizia il
denaro pubblico e, in seguito,
divenuto libero, si è comportato
nello stesso modo; conformandosi
alla clemenza passata, il nostro
splendidissimo ordine conviene di
nominarlo Augustale per questo
anno, sulla base del nostro decreto,
onore dell’Augustalità che prima
d’ora non era stato accordato ad
alcuno;
111
AE 2008, 141 da Copia: il testo
• eumque
ordinem
<nostrum>
em[e]rere praeferrique cen[suere,
ex k(apite) --- de Aug(ustalitate)] /
legis, omnibus quos hoc [a]nno
senatus
f[ut]uros
Augusta[l]es
cens(uit), vere quo n[o]tius [sit in
eum studium r(ei) p(ublicae)] / et is
modes[t]iae
suae
praecepisse
fructum debitum merito videatur;
itaq[ue admirantes] / ceteri simili[s]
fortunae hominis periti vitae forte
merit[u]m, senatus am[plissimum] /
iudiciorum imitari eum velint.
• ha deciso che quest’uomo bene ha
meritato nei confronti del nostro
ordine e che deve essere posto,
sulla base del capitolo della legge
sull’Augustalità, prima di tutti
coloro che il senato ha destinato ad
essere Augustali per questo anno,
affinché veramente sia meglio noto
l’affetto della comunità nei suoi
confronti ed appaia come egli
abbia raccolto a ragione i frutti che
la sua modestia meritano; e
affinché tutti coloro che sono nella
sua stessa condizione, ammirando
l’eccezionale ricompensa accordata
alla vita di un uomo esperto – la
più magnifica delle decisioni del
senato – vogliano imitarlo. 112
Il problema della datazione
• Il testo è datato esattamente al giorno 25 marzo, dell’anno
in cui furono eponimi a Copia P. Blesio Mariano e M.
Minucio Sota.
• Il riferimento ad un Ti. Caesar Augustus, tra i diversi
membri della casata imperiale che portarono questo nome,
meglio si adatta a Tiberio, negli anni in cui fu imperatore
(14-37 d.C.).
• La mancanza del patronimico per il quattuorviro P. Blesio
Mariano potrebbe indicare il suo status di liberto: il testo è
dunque da datare prima del 24 d.C., quando la lex Visellia
proibì agli ex-schiavi di intraprendere una carriera politica?
113
La curia Vinuleia
• Nel prescritto interessante la definizione
della sede del consiglio come curia
Vin[uleia]: la sua costruzione può essere
attribuita al notabile locale L. Vinuleius
Brocchus.
• La curia è identificata con il noto edificio e
emiciclo di Copia.
114
Ti. Claudio Idomeneo e l’Augustalità
• Un personaggio che, prima da schiavo, poi da liberto, lavorò
negli uffici finanziari di Copia, segnalandosi per la sua
professionalità e onestà.
• La ricompensa per questo suo comportamento è la concessione
dell’Augustalità.
– Se a Copia l’elezione degli Augustales pare essere nelle mani dell’ordo
decurionum, la situazione pare essere differente in altre città e in altri
periodi, in cui è attestata per esempio la cooptazione da parte degli stessi
Augustales.
• L’eccezionalità dell’onore conferito a Idomeneo consiste
probabilmente nel fatto che venne aggiunto, in soprannumero, al
collegio già esistente.
• Il provvedimento è rubricato come de civitate: Idomeneo, con
l’Augustalità ricevette automaticamente la cittadinanza copiense,
mentre prima era solo un incola?
115
L’elemento militare
116
CIL XVI, 95 da Paestum: il diploma militare
di un pretoriano
117
CIL XVI, 95: il testo interno del diploma
militare di un pretoriano
• Imp(erator) Caes(ar) divi Hadriani f(ilius). divi Traiani / Parthic(i)
nep(os), divi Nervae pronep(os), T(itus) Ae/lius Hadrianus Antoninus
Aug(ustus) Pius, / pont(ifex) max(imus), trib(unicia) pot(estate) XI,
imp(erator) II, co(n)s(ul) IIII, p(ater) p(atriae), / nomina militum qui in
praetorio / meo militaverunt in cohortibus / decem I II III IV V VI VII
VIII IX X, item / urbanis quattuor X XI XII XIV, subieci / quibus
fortiter et pie militia fun/ctis ius tribuo conubii dumtaxat / cum singulis
et primis uxoribus, / ut etiam si peregrini iuris femi/nas matrimonio suo
iunxerint / proinde liberos tollant, ac si ex duo/bus civibus Romanis
natos. // Pr(idie) K(alendas) Mart(ias) / Iuliano et Torquato
co(n)s(ulibus). / Coh(ortis) II pr(aetoriae) / C(aio) Licinio C(ai) f(ilio)
Men(enia) Probo, Nuceria.
118
CIL XVI, 95: il testo esterno del diploma
militare di un pretoriano
• Imp(erator) Caes(ar) divi Hadriani f(ilius), divi Tra/iani Parthici nepos, divi
Nervae pro/nepos, T(itus) Aelius Hadrianus Antoninus / Aug(ustus) Pius,
pont(ifex) max(imus), trib(unicia) pot(estate) / XI, imp(erator) II, co(n)s(ul) II,II
p(ater) p(atriae), / nomina militum qui in praetorio / meo militaverunt in
cohortibus / decem I II III IV V VI VII VIII IX X, item / urbanis quattuor X XI
XII XIV, subie/ci, quibus fortiter et pie militia fun/ctis ius tribuo conubii
dumtaxat cum / singulis et primis uxoribus, ut eti/am si peregrini iuris feminas
ma/trimonio suo iunxerint, proinde / liberos tollant, ac si ex duobus ci/vibus
Romanis natos. Pri(die) K(alendas) Mart(ias) / L(ucio) Salvio Iuliano, / C(aio)
Bellicio Torquato / co(n)s(ulibus). / Coh(ortis) II pr(aetoriae) / C(aio) Licinio
C(ai) f(ilio) Men(enia) Probo Nuceria. / Descript(um) et recognit(um) ex tabula
(a)erea / quae fixa est Romae in muro post / templ(um) divi Aug(usti) ad
Minervam. // L(uci) Digiti Valentis, / P(ubli) Aeli Alexandri, / C(ai) Equiti
Rufini, / C(ai) Iuli Celeris, / L(uci) Fescennae Prisci, / M(arci) Ascani Domestici,
/ L(uci) Antoni Saturnini.
119
I caratteri di CIL XVI, 95
• Diploma rinvenuto nel 1931 in una delle tabernae sul lato
settentrionale del foro di Paestum, si conserva oggi nel locale museo.
• Composto da due tabelle bronzee, originariamente congiunte da
legacci sigillati, grazie ai fori praticate nelle tabelle stesse.
• Il documento si data al 28 febbraio 148 d.C.
• Il testo interno e quello esterno corrispondono: ma in quest’ultimo
appare anche la formula che precisa la natura del documento come
copia di un’originale conservato a Roma, e quello dei 7 testimoni,
garanti dell’autenticità.
• Il beneficiario è un ex pretoriano originario di Nuceria (probabilmente
la città campana), stabilitosi dopo il suo congedo a Paestum.
120
Bibliografia di approfondimento
• S. Accardo, Villae romanae nell'ager Bruttius. Il paesaggio rurale calabrese
durante il dominio romano, Roma 2000.
• C. Bossu, M'. Megonius Leo from Petelia (Regio III): A Private Benefactor
from the Local Aristocracy, «Zeitschrift für Papyrologie und Epigraphik»,
45 (1982), pp. 155-165
• J.-P. Brun, The Production of Perfumes in Antiquity: The Cases of Delos
and Paestum, «American Journal of Archaeology», 104 (2000), 2, pp. 277308.
• J.-P. Brun – N. Monteix, Les parfumeries de la Campanie antique,
«Artisanats antiques d'Italie et de Gaule. Mélanges offerts à Maria
Francesca Buonaiuto», a cura di J.-P. Brun, Naples 2009, pp. 115-133.
• G. Camodeca, Ascesa al senato e rapporti con i territori d'origine. Italia,
Regio I (Campania, esclusa la zone di Capua e Cales), II (Apulia e
Calabria), III (Lucania e Bruttii), «Atti del colloquio internazionale AIEGL
su Epigrafia e Ordine Senatorio. Roma 14-20 maggio 1981», II, Roma
1982, pp. 101-163.
121
Bibliografia di approfondimento
• P. Cavuoto, M. Arrius Clymenus duovir di Blanda Iulia, «Vichiana»,
7 (1978), pp. 268-279.
• G. Ceraudo, A proposito della base marmorea di Manio Megonio
Leone rinvenuta a Strongoli "in foro superiore”, «Studi di
Antichità», 8 (1995), 1, pp. 275-284.
• A. Colicelli, Paesaggio rurale e trasformazioni economiche nei
Bruttii in età romana, «Rivista di Archeologia», 22 (1998), pp. 113132.
• F. Costabile, Senatusconsultum de honore Ti. Claudi Idomenei,
«Minima Epigraphica et Papyrologica», 11 (2008), 13, pp. 71-160.
• A. De Carlo, I cavalieri e l'amministrazione cittadina nelle città
dell'Italia meridionale. La Campania e le regiones II e III,
«MEFRA», 117 (2005), 2, pp. 491-506.
• H. Di Giuseppe, Un'industria tessile di Domizia Lepida in Lucania,
«Ostraka», 5 (1996), pp. 31-43.
122
Bibliografia di approfondimento
• M. Gualtieri, La Lucania romana. Cultura e società nella
documentazione archeologica, Napoli 2003.
• Id., Villae e uso del territorio nell'alto Bradano (Regio III) tra
tarda repubblica e primo impero, «Agricoltura e scambi
nell'Italia tardo-repubblicana», a cura di J. Carlsen - E. Lo
Cascio, Bari 2009, pp. 341-267.
• A.B. Sangineto, Per la ricostruzione dei paesaggi agrari delle
Calabrie romane, «Storia della Calabria antica, II, l'età italica
e romana», a cura di S. Settis, Reggio Calabria 1994, pp. 559593.
• Id., Trasformazioni o crisi nei Bruttii fra il II sec. a.C. ed VII
d.C.?, «Modalità insediative e strutture agrarie nell'Italia
meridionale in età romana», a cura di E. Lo Cascio - A. Storchi
Marino, Bari 2001, pp. 203-246.
123
Bibliografia di approfondimento
• S. Segenni, Economia e società in età romana: la documentazione epigrafica,
«Storia della Calabria antica, II, l'età italica e romana», a cura di S. Settis,
Reggio Calabria 1994, pp. 665-667.
• P. Simelon, La Propriété en Lucanie depuis les Gracques jusqu'à l'avènement
des Sévères. Étude épigraphique, Bruxelles 1993.
• A. Small, L'occupazione del territorio in età romana, «Storia della
Basilicata. 1, L'antichità», a cura di D. Adamesteanu, Roma - Bari 1999, pp.
559-600.
• A. Zumbo, Un bollo laterizio di Q. Laronius dalla Piana lametina, «Tra
l'Amato e il Savuto, II, Studi sul Lametino antico e tardo-antico», a cura di G.
De Sensi, Soveria Mannelli 1999, pp. 253-269.
• Id., La gens Annelia a Copia-Thurii, «Vir bonus docendi peritus. Omaggio
dell'Università dell'Aquila al prof. Giovanni Garuti», a cura di A. Dell'Era A. Russi, San Severo 1996, pp. 139-161.
124