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Corte di Cassazione, Sez. Unite Penali, sentenza 24 novembre 2016 – 10 febbraio
2017, n. 6296 Presidente Canzio – Relatore Bonito
Reato continuato-Giudice dell’esecuzione-Aumento di pena
Il giudice dell’esecuzione, in sede di applicazione della disciplina del reato continuato, non può
quantificare gli aumenti di pena per i reati-satellite in misura superiore a quelli fissati dal giudice
della cognizione con la sentenza irrevocabile di condanna.
***
Le Sezioni unite penali con sentenza n. 6296 del 10 febbraio 2017, sconfessando
l’orientamento maggioritario, hanno risolto il contrasto sorto in giurisprudenza relativo alla
possibilità da parte del giudice dell’esecuzione di quantificare, in sede di applicazione della
disciplina della continuazione, gli aumenti di pena previsti per i reati-satellite in misura superiore a
quelli inflitti da giudice della cognizione.
Per comprendere appieno i termini della questione occorre premettere, seppur sinteticamente, i
caratteri peculiari della disciplina sostanziale del reato continuato, per poi farne
applicazione in sede processuale e cogliere il contrasto giurisprudenziale sorto sul punto che ha
condotto alla pronuncia delle Sezioni Unite.
La fattispecie del reato continuato si configura in tutti i casi in cui il soggetto agente, con più
azioni o omissioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, commetta (anche in tempi diversi)
più violazioni della stessa o di diverse disposizioni di legge (art 81 comma 2 c.p.).
Dal punto di vista sanzionatorio, la legge prevede che al reato continuato si applichi il regime
del c.d. cumulo giuridico delle singole pene previste per i reati in continuazione. Il giudice cioè
dovrà procedere all’individuazione della pena prevista per il reato più grave e aumentarla poi fino
al triplo, in considerazione delle pene previste per i singoli reati-satellite (cioè per i singoli reati in
continuazione). La ratio della disciplina del reato continuato è presto detta: il più favorevole
trattamento sanzionatorio si giustifica in considerazione della minore riprovevolezza di chi
commette una pluralità di reati in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, così cedendo una
sola volta ai motivi per delinquere.
Ebbene il contrasto sorto in giurisprudenza che è stato oggetto della pronuncia delle Sezioni Unite
ha riguardato il potere del giudice dell’esecuzione di discostarsi dagli aumenti di pena
individuati dal giudice di cognizione in tema di reato continuato, quando in particolare
quelli previsti in sede di esecuzione siano superiori, riservando così al reo un trattamento
sanzionatorio deteriore rispetto a quello individuato in sede di cognizione.
Al riguardo si sono affermati in giurisprudenza due contrapposti orientamenti.
Secondo un primo e maggioritario indirizzo (Cass., Sez. I, n. 24117 del 19/02/2016; Sez. I, n.
29941 del 11/11/2015; Sez. I, n. 29939 del 29/10/2015, dep. 2016; Sez. V, n. 7432 del
27/09/2013; Sez. II, n. 43768 del 08/10/2012), il giudice dell’esecuzione (in sede di applicazione
della disciplina della continuazione) nel quantificare la pena relativa ai reati-satellite, incontra il
solo limite legislativo previsto dall’art. 671, comma 2, c.p.p.1, secondo cui la pena non può
1
Art 671 c.p.p.
1.Nel caso di più sentenze o decreti penali irrevocabili pronunciati in procedimenti distinti contro la stessa
persona, il condannato o il pubblico ministero possono chiedere al giudice dell'esecuzione l'applicazione della
disciplina del concorso formale o del reato continuato, sempre che la stessa non sia stata esclusa dal giudice
della cognizione. Fra gli elementi che incidono sull'applicazione della disciplina del reato continuato vi è la
consumazione di più reati in relazione allo stato di tossicodipendenza.
2. Il giudice dell'esecuzione provvede determinando la pena in misura non superiore alla somma di quelle
inflitte con ciascuna sentenza o ciascun decreto.
3. Il giudice dell'esecuzione può concedere altresì la sospensione condizionale della pena e la non menzione
della condanna nel certificato del casellario giudiziale, quando ciò consegue al riconoscimento del concorso
“essere superiore alla somma di quelle inflitte con ciascuna sentenza o ciascun decreto”.
L’opposto orientamento giurisprudenziale (Cass., Sez. I, n. 37618 del 01/06/2016; Sez. I, n.
3276 del 21/12/2015, dep. 2016; Sez. I, n. 31424 del 07/06/72015; Sez. I, 38331 del 05/06/2014)
invece, valorizzando il principio del favor rei e il conseguente divieto di reformatio in peius,
negava l’esistenza di un tale potere in capo al giudice dell’esecuzione.
Alla luce di tale contrasto sorto in giurisprudenza, la Prima Sezione penale della Corte di
Cassazione, con ordinanza n. 34205 del 22 giugno 2016, ha rimesso alle Sezioni Unite il
seguente quesito di diritto: "se, ai fini della quantificazione della pena in materia di reato
continuato, una volta individuato il reato più grave in applicazione del disposto di cui all’art 186
disp. att. c.p.p., il giudice dell’esecuzione possa quantificare l’aumento di pena relativo ai singoli
reati-satellite, già uniti in continuazione dal giudice di cognizione, in misura superiore a quella
originariamente indicata, quando il risultato finale della operazione si mantenga nei limiti fissati dal
comma 2 dell’art 671 c.p.p.”.
Discostandosi dall’orientamento maggioritario seguito dalla giurisprudenza sostenuto anche
nell’ordinanza di rimessione, le SU hanno ritenuto che non sussista un potere del giudice
dell’esecuzione di rettificare in misura superiore le pene previste per i reati-satellite
dal giudice di cognizione.
Le Sezioni Unite sono giunte a questa soluzione sulla base di una pluralità di argomenti.
1)In primo luogo, consentire al giudice dell’esecuzione di stabilire un trattamento sanzionatorio
deteriore rispetto a quello previsto dal giudice della cognizione, sarebbe in contrasto con la
stessa ratio della norma sostanziale prevista in tema di reato continuato cioè l’art 81
c.p., nonché con quella che disciplina sul piano processuale tale fattispecie di reato,
cioè l’art 671 c.p.p. Entrambe infatti sono ispirate alla logica del favor rei, che mal si concilia con
il potere del giudice dell’esecuzione di riformare in peius la pena prevista dal giudice di cognizione.
2)In secondo luogo, è la stessa natura del giudizio di esecuzione che impedisce al giudice
di applicare un trattamento sanzionatorio più grave, seppur limitativamente ai reatisatellite. Infatti, “il carattere sommario del processo esecutivo, il limitato contraddittorio che lo
caratterizza, i limiti istruttori riconosciuti dall'ordinamento al giudice della esecuzione, il quale
non può recepire i profili di conoscenza del fatto e della colpevolezza propri del processo
ordinario” rendono “incongrua una valutazione di maggiore gravità dei fatti portati in
continuazione (tanto presuppone l‘aumento delle relative sanzioni) rispetto a quella del
giudice della cognizione”.
Infine le SU, con un’argomentazione che coinvolge il dogma dell’intangibilità del giudicato,
osservano che il processo di scardinamento dello stesso (di cui è espressione l’art 671 c.p.p.) può
essere solo funzionale a far beneficiare il condannato di un trattamento sanzionatorio più
favorevole, e mai deteriore. Ne deriva che l’opzione favorevole alla possibilità di una
decisione in peius del giudice dell’esecuzione sarebbe contraria all’attuale fase
evolutiva del diritto penale e processuale in tema di giudicato.
Da ultimo, la Corte ritiene che non sia estendibile al caso de qua il principio di diritto
espresso dalle Sezioni Unite del 2014 (Cass., Sez. Un., 14 aprile 2014 n. 16208), secondo cui
“non viola il divieto di reformatio in peius (previsto dall’art. 597 cod. proc. pen.) il giudice
dell’impugnazione che, quando muta la struttura del reato continuato, apporta, per uno dei
fatti unificati dall’identità del disegno criminoso, un aumento maggiore rispetto a quello
ritenuto dal primo giudice, pur non irrogando una pena complessivamente maggiore”. Secondo
la Corte infatti si tratta di situazioni non assimilabili, in quanto nel caso oggetto della pronuncia
delle SU 2014 vengono in rilievo le funzioni e i poteri del giudice di secondo grado, che è un
giudice della cognizione, mentre, nel caso de qua, si discute dei poteri del giudice dell’esecuzione,
formale o della continuazione. Adotta infine ogni altro provvedimento conseguente.
il quale non ha la piena cognizione del fatto e della colpevolezza del processo ordinario.
Sulla base di tali argomentazioni, le Sezioni Unite hanno pronunciato il seguente principio di diritto:
“il giudice dell’esecuzione, in sede di applicazione della disciplina del reato continuato,
non può quantificare gli aumenti di pena per i reati-satellite in misura superiore a
quelli fissati dal giudice della cognizione con la sentenza irrevocabile di condanna”.