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Sommario
Percorsi
Welfare e premi di produttività
Welfare aziendale: disciplina e ambito di applicazione
581
Giovanni Di Corrado
Approfondimenti
Controllo a distanza e utilizzazione di impianti Gps
585
Matteo Di Francesco
Licenziamento collettivo per esigenze tecnico-produttive dell’impresa
588
Salvatore Servidio
Fondi pensione
Impatto del bail in sulla previdenza complementare
599
Giuseppe Rocco
Inserto
Autotrasporto: vigilanza e nuove sanzioni
III
Pierluigi Rausei
Contrattazione
Dirigenti - Magazzini generali
Accordo di rinnovo 23 dicembre 2016
603
Giurisprudenza
Rassegna della Cassazione
Conversione del contratto a termine e risarcimento del danno
Cass. sez. lav. n. 17866 del 9 settembre 2016
Nullità del patto di prova: conseguenze del licenziamento
Cass. sez. lav. n. 17921 del 12 settembre 2016
607
607
Nei numeri di marzo
Welfare e premi di produttività
di Giovanni Di Corrado
n. 9
4 marzo 2017
Premi di risultato
Benefici e novità fiscali
n. 10
Welfare aziendale
Disciplina e ambito di applicazione
n. 11
Novità fiscali
Welfare e riflessi sulla normativa fiscale
n. 12
Contrattazione collettiva
Il fondamentale ruolo della contrattazione collettiva e decentrata
11 marzo 2017
18 marzo 2017
25 marzo 2017
Diritto & Pratica del Lavoro 10/2017
579
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00135032_2017_10_SOMMARIO.3d
Sommario
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Principio di non contestazione e preclusioni difensive
608
Cass. sez. lav. n. 17966 del 13 settembre 2016
Prolungamento pattizio del preavviso in caso di dimissioni
609
Cass. sez. lav. n. 18122 del 15 settembre 2016
Tfr di dicembre
Periodo
Dal 15 gennaio al 14 febbraio 2017
Indice
Istat
Delta
% indice
Rateo
1,5
75% delta
indice
Coefficiente
di rivalutazione
100,6
0,299103
0,125
0,224327
0,349327
Si segnala che le opinioni espresse da dirigenti e funzionari pubblici non sono vincolanti per le Amministrazioni di appartenenza.
SETTIMANALE DI AMMINISTRAZIONE,
GESTIONE DEL PERSONALE,
RELAZIONI INDUSTRIALI
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Wolters Kluwer Italia S.r.l.
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Eufranio Massi, Michele Miscione, Pierluigi Rausei,
Francesco Rotondi, Angelo Sica,
Gianluca Spolverato
REDAZIONE
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Claudia Faravelli, Massimo Mutti
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Diritto & Pratica del Lavoro 10/2017
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Percorsi
Vantaggi e diffusione
Welfare aziendale: disciplina
e ambito di applicazione
Giovanni Di Corrado - Consulenti del lavoro
Con l’espressione “welfare aziendale” si deve fare riferimento, per lo più, ad un insieme di iniziative oppure ancora a pacchetti di beni e di servizi, che vengono erogati in modo gratuito, da parte delle imprese, ai loro dipendenti.
Questo è quantomeno quel che si evince dall’esperienza imprenditoriale di questi ultimi anni
quando ci si riferisce alla misura del welfare
aziendale.
Come premesso, possono costituire oggetto di
welfare aziendale i benefits, che vengono concessi dal datore di lavoro ai propri lavoratori dipendenti al fine di soddisfare parte dei loro bisogni
di natura previdenziale ed assistenziale, e quei
beni e quei servizi che l’azienda può benissimo
mettere a disposizione dei dipendenti stessi.
L’utilità del welfare aziendale
A fronte dei ritmi sempre più pressanti che continuano ad essere adottati all’interno di ogni contesto lavorativo, al fine di fare in modo che la produzione possa essere sempre al passo coi tempi,
è diventato decisamente più complicato, se non
per certi versi quasi impossibile, conciliare la vita lavorativa con quella privata ed in particolare
è diventata una mera utopia quella di poter dedicare del tempo al proprio benessere psico-fisico.
Pertanto si diventa spesso, purtroppo, soggetti a
patologie derivanti da stress da lavoro e capita di
sovente che numerose tensioni si ripercuotano all’interno dell’ambiente lavorativo.
Nasce dunque l’esigenza di apportare un miglioramento all’interno dell’ambiente di lavoro e tale
obiettivo può certamente essere realizzato mediante l’adozione di misure, e soprattutto di vere
e proprie strategie di tipo organizzativo che possano essere in grado di favorire un clima lavorativo più sereno partendo proprio dalla tutela del
benessere fisico e psicologico di tutti i lavoratori
che operano nei vari contesti lavorativi.
Diritto & Pratica del Lavoro 10/2017
Utilizzando strumenti o misure innovative e moderne, come quella appunto del welfare aziendale, si apporta un notevole intervento all’interno
delle aziende, volto ad incentivare quello che è
l’equilibrio tra la vita lavorativa e la vita privata
dei propri lavoratori dipendenti.
Mediante l’offerta, ad esempio, da parte dell’impresa ai propri dipendenti, di servizi di assistenza
o di previdenza, è fuori discussione che si contribuisce ad accrescere il loro benessere personale,
con la naturale conseguenza che uno stato d’animo più sereno ed un livello di soddisfazione
maggiore da parte loro, si ripercuote in maniera
certamente positiva sull’azienda, la quale vedrà
aumentare di sicuro il proprio livello di produttività, molto probabilmente, oltre che da un punto
di vista quantitativo, anche da un punto di vista
qualitativo.
Il welfare dunque, analizzato da questa prospettiva, ha lo scopo di incentivare il “work-life balance”, ossia la conciliazione, appunto, tra lavoro e
vita privata.
Inoltre, anche il fatto dell’insorgere di nuovi bisogni connessi alle esigenze di vita privata, quali
ad esempio anche quello di cura parentale e di
assistenza agli anziani, ha indotto gli imprenditori ad avvicinarsi allo strumento del welfare
aziendale onde evitare il rischio che molti lavoratori, trovandosi in difficoltà, abbandonassero il
proprio posto di lavoro non riuscendo a trovare il
modo di gestire situazioni familiari spesso molto
gravi.
Dunque il rapporto di lavoro in quest’ottica, non
viene inteso più soltanto come uno scambio tra
lavoratore e datore avente come oggetto una prestazione lavorativa, poiché viene finalmente attribuita importanza alla persona del lavoratore.
581
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Percorsi
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L’evoluzione normativa
in materia di welfare aziendale
Già con la legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge
di stabilità 2016), era stata reintrodotta la possibilità per i lavoratori, di effettuare una conversione dei premi di risultato (soggetti ad una imposta
pari al 10% in sostituzione dell’Imposta sul reddito delle persone fisiche e dell’addizionale regionale e comunale) in benefits oppure in servizi
che potevano essere utilizzati anche a favore del
nucleo familiare dei lavoratori stessi oppure ancora per l’assistenza dovuta ad essi.
I benefits potevano consistere anche in voucher
per i quali non era prevista alcuna tassazione.
Dunque nessuna tassazione doveva applicarsi se
si sceglieva di convertire il premio di risultato
(allora dell’importo massimo pari ad euro
2.000,00 oppure ad euro 2.500,00 ove vi fosse
stato il coinvolgimento paritetico dei lavoratori
in azienda) in misure di welfare aziendale.
A beneficiarne, però, potevano essere soltanto
quei lavoratori dipendenti, appartenenti al settore
privato, che nell’anno precedente avevano ottenuto un reddito da lavoro dipendente non superiore ad euro 50.000,00.
La legge di bilancio 2017 è intervenuta poi nuovamente nell’ambito dei premi di produttività e
del welfare aziendale, rendendo la nuova detassazione ancora più “accattivante”.
Infatti, occorre premettere che viene anzitutto aumentato l’importo dei premi di produttività soggetti all’imposta sostitutiva del 10%, venendo infatti quest’ultimo elevato ad euro 3.000,00 nella
generalità dei casi e ad euro 4.000,00 ove si sia
in presenza di un coinvolgimento paritetico dei
lavoratori all’interno del contesto aziendale.
Ma, cosa altresì fondamentale, è che a beneficiare della tassazione agevolata o, nel caso del welfare aziendale, della totale detassazione, sono
adesso anche quei lavoratori aventi un reddito da
lavoro dipendente, nell’anno precedente quello di
percezione delle somme, di importo non superiore ad euro 80.000,00.
Viene aumentato, pertanto, il numero dei lavoratori destinatari delle misure di welfare aziendale,
tra i quali vengono fatti rientrare adesso molti lavoratori che prima, essendo previsto un limite di
reddito inferiore, erano invece esclusi.
Dunque se ne deduce che la legge n. 232/2016
ha tra i suoi obiettivi principali, quello di incenti-
582
vare l’utilizzo del welfare aziendale da parte delle aziende.
Il fine della detassazione è quello di ridurre quello che è l’onere fiscale che grava con riferimento
al lavoro subordinato.
Infatti i lavoratori dipendenti non si vedranno
operare alcun tipo di tassazione all’interno della
loro busta paga e nello stesso tempo i datori di
lavoro otterranno un notevole vantaggio economico lì dove gli stessi andranno incontro ad un
enorme risparmio, evitando il versamento della
contribuzione che si riferisce a quelle voci presenti in busta paga ma non soggette a tassazione.
È importantissimo effettuare una precisazione
però, lì dove la normativa vigente stabilisce che,
perché si possa operare una sorta di conversione
tra i premi di produttività, eventualmente spettanti al lavoratore, in misure di welfare aziendale, è
necessario che lo scambio tra beni e servizi debba essere previsto dai contratti aziendali o territoriali, i quali devono considerare tale possibilità
di scelta per i lavoratori. Altra cosa essenziale è
che i suddetti contratti aziendali o territoriali devono essere sottoscritti da associazioni sindacali
comparativamente più rappresentative sul piano
nazionale o dalle loro rappresentanze sindacali.
Giova ricordare che il benefit che va a sostituire
il premio può essere anche rappresentato da una
somma di denaro, nell’eventualità in cui ciò venga previsto dal Testo unico delle imposte sui redditi, così come può essere erogato mediante voucher.
Possono costituire oggetto di misure di welfare
aziendale, e come tali non essere soggetti dunque
ad alcun tipo di tassazione, i beni, le prestazioni
ed i servizi elencati all’interno dell’articolo 51,
Testo unico delle imposte sui redditi, e precisamente al comma 2 ed all’ultimo periodo del
comma 3, tra i quali possono annoverarsi le opere ed i servizi aventi finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o
culto; le somme, le prestazioni e i servizi di educazione ed istruzione, nonché per la frequenza di
ludoteche e di centri estivi ed anche per borse di
studio; o ancora le somme e le prestazioni per
servizi di assistenza ai familiari anziani oppure
non autosufficienti, oppure ancora, a seguito dell’introduzione, con la legge di bilancio 2017, della lettera f-quater) al comma 2, articolo 51, Testo
unico delle imposte sui redditi, non sono sottoposti a tassazione quei contributi e quei premi ver-
Diritto & Pratica del Lavoro 10/2017
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sati dal datore per prestazioni, anche in forma assicurativa, aventi ad oggetto il rischio di non
autosufficienza nelle azioni quotidiane.
Quali sono i vantaggi
del welfare aziendale
Alla luce di quanto detto pertanto, si può decisamente considerare il welfare aziendale come una
specie di strumento bivalente.
Esso, infatti, da una parte risulta essere vantaggioso per l’impresa perché è in grado di favorire
concretamente un notevole aumento della produzione, dunque un incremento di quelli che sono i
risultati economici dell’impresa, dall’altro risulta
essere alquanto vantaggioso anche per i lavoratori dipendenti, poiché garantisce servizi, come
quelli assistenziali e previdenziali, e forme di tutela che molto spesso lo Stato stesso non è in
grado di assicurare.
Inoltre, non è da trascurare un altro aspetto: se
non si può negare che scegliendo l’opzione di ricevere premi di produttività, si ha diritto al beneficio di una tassazione di tipo ridotto (imposta
pari al 10% in sostituzione dell’Imposta sui redditi delle persone fisiche), d’altra parte bisogna
tener conto dell’enorme vantaggio che comporta
la scelta di utilizzare misure di welfare aziendale.
Infatti, optando per l’erogazione di somme e valori non concorrenti alla determinazione del reddito imponibile, le somme non saranno assolutamente sottoposte ad alcun tipo di tassazione,
dunque si andrà incontro ad un totale azzeramento del cuneo fiscale, così come indicato anche
dal comma 2 e dal comma 3, articolo 51, Testo
unico delle imposte sui redditi, il quale prevede
che le somme non concorrono alla formazione
del reddito da lavoro dipendente, nel rispetto di
quelli che sono i limiti indicati e pertanto non sono soggette nemmeno ad una imposta sostitutiva.
Nel momento in cui si sceglie di procedere con
l’erogazione di somme di denaro come premi di
produttività, invece, saranno comunque dovuti i
contributi di tipo previdenziale, assistenziale ed
assicurativo.
Se ne deduce inoltre che si può considerare il
welfare come una misura conveniente per i lavoratori anche per il fatto che, così operando, è
consentita la massimizzazione del valore netto
delle risorse che vengono stanziate dalle aziende
Diritto & Pratica del Lavoro 10/2017
Percorsi
grazie appunto al secco abbattimento del cuneo
fiscale.
Diffusione della misura
del welfare aziendale
All’interno del mercato lavorativo italiano, che è
sempre in evoluzione, lo strumento del welfare
aziendale viene dunque considerato come un valido ausilio all’imprenditoria.
Purtroppo, però, tale strumento al momento continua ad essere soltanto appannaggio di poche
realtà imprenditoriali all’interno del nostro Paese; in particolar modo, infatti, esso viene utilizzato all’interno delle aziende più grandi o quantomeno di medie dimensioni poiché vige ancora, a
riguardo, una sorta di pregiudizio o comunque
un senso di diffidenza.
È stato riscontrato, in particolare, che ad assumere questo atteggiamento di diffidenza sono soprattutto i lavoratori dipendenti all’interno delle
aziende.
Malgrado un notevole ampliamento di quelli che
sono i servizi inseriti tra le misure di welfare
aziendale, gli stessi lavoratori continuano a nutrire pregiudizi spesso infondati nei confronti del
welfare aziendale.
Al contrario, si registra un forte interesse nonché
un avvicinamento, da parte delle imprese, al welfare aziendale.
Infatti, dai dati scaturenti dal “Rapporto Welfare
2016” elaborato da OD&M Consulting, società
di Gi Group, è emerso che tra le varie aziende
che hanno preso parte alla rilevazione, ben il
44% di esse ha proceduto all’attuazione di un
piano di welfare aziendale, mentre il 41% di queste ha manifestato chiaramente l’intenzione di attivarlo almeno entro un termine di tempo mediobreve.
Dunque il welfare aziendale ha suscitato l’interesse di addirittura l’85% delle imprese intervistate.
Una notevole percentuale delle imprese che hanno manifestato di voler avviare, in un lasso di
tempo breve, un piano di welfare aziendale, ha
chiaramente asserito che il loro interesse nei confronti dello stesso welfare, è derivato in gran parte dalle novità introdotte dalla legge del 2015.
Se, dunque, da una parte vi è un forte interesse
da parte delle imprese alla misura del welfare
aziendale, come innanzi anticipato, la stessa cosa
583
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Percorsi
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non si può dire per quanto concerne i lavoratori
dipendenti.
Lo scetticismo da parte di questi è dovuto al fatto
che essi ritengono che l’interesse verso il welfare
aziendale da parte delle imprese nasca, in realtà,
dalla volontà di conseguire un contenimento del
costo del personale e una maggiore motivazione
al lavoro da parte dei lavoratori (con un conseguente aumento e miglioramento in termini di
produzione), e non, invece, dalla volontà di soddisfare quelli che sono i loro bisogni e le loro
esigenze.
Considerando i servizi oggetto di welfare aziendale che sono stati maggiormente attivati dalle
imprese in questi ultimi anni, si deve fare riferimento prevalentemente al settore della ristorazione, all’assistenza sanitaria, alla previdenza, alla
flessibilità in entrata e uscita, al part-time, ecc.
Effettuando invece una breve analisi su quelli
che sono i servizi che vengono preferiti dai lavoratori, si riscontra in particolare la loro preferenza in merito alle agevolazioni ed ai rimborsi per
il viaggio casa-lavoro, ai buoni carburante, al
servizio di trasporto aziendale, ecc.
Come anticipato, fino ad oggi, dunque, il welfare
aziendale rimane uno strumento utilizzato soltanto dalle imprese di più grandi dimensioni, tra le
quali ad esempio si possono citare la Barilla, l’E-
584
nel, l’Unicredit, la Luxottica ed altre grandi ed
importanti realtà aziendali.
Con specifico riferimento al caso Luxottica, si
può ricordare che nel 2009 lo stesso colosso aveva proposto alle organizzazioni sindacali la realizzazione di un programma di welfare aziendale
che potesse essere rivolto agli operai e anche agli
impiegati. Nel dicembre del 2009, a seguito di
un accordo sindacale, venne riconosciuta la necessità impellente di dare un valido sostegno a
quello che era il potere di acquisto dei dipendenti, attraverso forme di remunerazione di tipo
complementare alle forme di remunerazione tradizionale e proprio per tale ragione fu istituito un
Organo bilaterale di rappresentanza aziendale e
sindacale al quale fu affidato l’importante compito di studiare e progettare misure di welfare
aziendale.
Ad ogni modo, alla luce di quelle che sono le
considerazioni effettuate sin qui e di quelli che
sono i dati raccolti sino ad ora, e considerando
anche la possibilità di poter utilizzare misure di
welfare aziendale mediante l’emissione di voucher, è auspicabile che lo strumento del welfare
aziendale possa finalmente trovare concreta applicazione altresì all’interno delle medie e delle
piccole imprese, considerati gli enormi vantaggi
che da tale strumento ne derivano.
Diritto & Pratica del Lavoro 10/2017
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Approfondimenti
Tutela della privacy
Controllo a distanza
e utilizzazione di impianti Gps
Matteo Di Francesco - Avvocato
Dopo la recente sentenza della Corte di cassazione n. 19922 del 5 ottobre 2016 in tema di monitoraggio dei dipendenti via Gps (c.d. “Geolocalizzazione”), ritenuto un sistema di controllo generalizzato che non può essere usato per verificare la condotta irregolare del dipendente e per legittimarne il licenziamento, sono arrivate da parte dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro le istruzioni operative sull’utilizzazione degli impianti
di localizzazione satellitare.
L’Ispettorato Nazionale del Lavoro (“INL”) ha,
infatti, emanato il 7 novembre 2016, la circolare
n. 2/2016 in materia di installazione e uso di apparecchiature di geolocalizzazione su auto aziendali.
Per le imprese si tratta di un chiarimento molto
rilevante, perché chiarisce in che limiti l’istallazione di apparecchiature di localizzazione satellitare Gps sia soggetta alle garanzie previste dall’art. 4, comma 1, legge n. 300/1970, che vieta
l’uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori.
I chiarimenti dell’Ispettorato Nazionale
del Lavoro
In particolare, l’INL ha chiarito che i sistemi di
geolocalizzazione rappresentano (ordinariamente) un elemento aggiunto agli strumenti di lavoro, non utilizzati in via primaria ed essenziale
per l’esecuzione dell’attività lavorativa ma per rispondere ad ulteriori esigenze.
Questo significherebbe che anche i sistemi di
controllo via Gps rientrerebbero nel campo di applicazione del comma 1, art. 4, legge n.
300/1970 e pertanto le relative apparecchiature
potrebbero essere installate solo previo accordo
stipulato con la rappresentanza sindacale ovvero,
in assenza di tale accordo, previa autorizzazione
da parte dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro.
Diritto & Pratica del Lavoro 10/2017
Va ricordato, infatti, che il recentissimo D.Lgs.
24 settembre 2016, n. 185 ha modificato proprio
l’art. 4, Statuto dei lavoratori, eliminando il riferimento alle Direzioni territoriali del lavoro o, in
caso di aziende nazionali, al Ministero del lavoro, riservando tali autorizzazioni alla sola competenza delle sedi territoriali o della sede centrale
dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro.
Risulta di immediata evidenza come la circolare
in oggetto rivesta particolare importanza in quanto permette di porre alcuni punti fermi in materia
di controlli a distanza.
Il provvedimento ritiene necessario individuare
esattamente quando l’installazione di apparecchiature di localizzazione satellitare Gps sia
strettamente funzionale a “... rendere la prestazione lavorativa ...”, tenuto conto che l’interpretazione letterale del disposto normativo porta a
considerare quali strumenti di lavoro quegli apparecchi, dispositivi, apparati e congegni che costituiscono il mezzo indispensabile al lavoratore
per adempiere la prestazione lavorativa dedotta
in contratto, e che per tale finalità siano stati posti in uso e messi a sua disposizione.
In linea di massima, e in termini generali, l’INL
ritiene che i sistemi di geolocalizzazione rappresentino un elemento “aggiunto” agli strumenti di
lavoro, non utilizzati in via primaria ed essenziale per l’esecuzione dell’attività lavorativa ma,
per rispondere ad esigenze di carattere assicurativo, organizzativo, produttivo o per garantire la
sicurezza del lavoro.
Per tale motivo, ne consegue che la fattispecie
rientri nel campo di applicazione di cui al comma 1, art. 4 e le relative apparecchiature possano
essere installate solo previo accordo stipulato
con la rappresentanza sindacale ovvero, in assenza di tale accordo, previa autorizzazione da parte
dell’INL.
585
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Approfondimenti
Solo, quindi, in casi del tutto particolari - qualora
i sistemi di localizzazione siano installati per
consentire la concreta ed effettiva attuazione della prestazione lavorativa (e cioè la stessa non
possa essere resa senza ricorrere all’uso di tali
strumenti), ovvero l’installazione sia richiesta da
specifiche normative di carattere legislativo o regolamentare (es. uso dei sistemi Gps per il trasporto di portavalori superiore a € 1.500.000,00,
ecc.) - si può ritenere che gli stessi finiscano per
“trasformarsi” in veri e propri strumenti di lavoro
e, pertanto, si possa prescindere, ai sensi di cui al
comma 2, art. 4, sia dall’intervento della contrattazione collettiva che dal procedimento amministrativo di carattere autorizzativo previsti dalla
legge.
Le pronunce del Garante
sugli smartphone
Il provvedimento assume, inoltre, ancora maggiore rilevanza seguendo alcune recenti pronunce
del Garante in materia di controlli a distanza installati negli smartphone dei dipendenti.
Si ricorderà, infatti, che con il provvedimento
dell’8 settembre 2016, il Garante autorizzava l’utilizzo di un software installato sugli smartphone
dei dipendenti, come alternativa all’ordinario sistema di timbratura del cartellino e della rilevazione delle presenze; sistemi, quelli, che prevedono appunto l’utilizzo di un sistema di geolocalizzazione e che sono sottoposti alla verifica preliminare del Garante.
In quei casi, il Garante ha espressamente rammentato l’obbligo della preliminare effettuazione
della notificazione ai sensi dell’art. 37, comma 1,
lett. a), Codice della privacy (D.Lgs. 30 giugno
2003, n. 196), ma, soprattutto, ha rammentato
l’imprescindibile necessità di fornire ai dipendenti informazioni chiare e complete, cioè un’informativa comprensiva di tutti gli elementi (tipologia dei dati, finalità e modalità del trattamento,
tempi di conservazione, natura facoltativa del
conferimento, soggetti che possono venire a conoscenza dei dati in qualità di responsabili o incaricati del trattamento) e di adottare tutte le misure di sicurezza previste dalla normativa per
preservare l’integrità dei dati e l’accesso a persone non autorizzate.
Nella pronuncia sugli smartphone, l’Autorità prescriveva alle società di perfezionare il sistema
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nella prospettiva della “privacy by design” (privacy sin dalla progettazione) - applicando il principio di necessità e anche alla luce dei possibili
errori nell’accuratezza dei sistemi di localizzazione - precisando che la società avrebbe dovuto:
a) configurare il sistema in modo tale che sul dispositivo fosse posizionata un’icona che indicasse che la funzionalità di localizzazione fosse attiva;
b) adottare specifiche misure idonee a garantire
che le informazioni presenti sul dispositivo mobile visibili o utilizzabili dall’applicazione installata fossero riferibili esclusivamente a dati di
geolocalizzazione nonché volte ad impedire l’eventuale trattamento di dati ultronei (es. dati relativi al traffico telefonico, agli sms, alla posta
elettronica o altro).
Risulta evidente come - al fine di adottare all’interno dell’azienda adeguati sistemi di geolocalizzazione - le indicazioni e precisazioni sopra esaminate, tanto quelle fornite nella circolare n.
2/2016 dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro
quanto quelle del Garante, dovranno essere congiuntamente prese in considerazione.
Regolamento Ue 2016/679
Vale infine la pena di rammentare che la questione trattata, come d’altronde ogni altra problematica d’attualità relativa al trattamento dei dati
personali, andrà aggiornata, confermata, integrata
o rivista alla luce del nuovo Regolamento Ue
2016/679 sul trattamento dei dati personali, che
abroga la precedente Direttiva 95/46/Ce e si prefigge l’obiettivo di disciplinare in modo vincolante e uniforme per tutti gli Stati membri dell’Unione europea il trattamento e la libera circolazione dei dati personali, tenendo conto di tutte
le novità tecnologiche che si sono susseguite dal
1995 ad oggi.
In particolare, per ciò che concerne l’implementazione e gestione dei sistemi di localizzazione,
verrà eliminato con ogni probabilità il già citato
obbligo di notifica al Garante, ma contemporaneamente dovranno essere predisposte informative maggiormente precise e puntuali.
Inoltre, il nuovo Regolamento prevede fra i suoi
pilastri il principio di “accountability” (che potrebbe essere tradotto in “responsabilizzazione e
obbligo di rendicontazione”), un forte riconoscimento a livello normativo di un principio già ri-
Diritto & Pratica del Lavoro 10/2017