mia madre e mia sorella nella tragedia della prima

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Transcript mia madre e mia sorella nella tragedia della prima

ASSOCIAZIONE CULTURALE “AMICI PER LA STORIA VIGODARZERE”
MIA MADRE E MIA SORELLA NELLA TRAGEDIA DELLA
PRIMA GUERRA MONDIALE
Mia mamma Pedron Oliva è nata da Pedron Isidoro e da Giacomini
Giuseppina il 6/Aprile 1897 a Selvazzano Dentro (Padova), aveva una sorella Pedron Maria nata a Selvazzano Dentro (PD) da Pedron Isidoro e da
Giacomini Giuseppina il 13 agosto 1900 e da tre fratelli: Pedron Albano
nato a Selvazzano Dentro (PD) il 26 settembre 1904 da Pedron Isidoro e da
Giacomini Giuseppina, Pedron Florindo nato a Selvazzano Dentro (PD) il
21 agosto 1895 da Pedron Isidoro e da Giacomini Giuseppina e Pedron
Andrea - Gino nato a Selvazzano Dentro (PD) il 13 maggio 1909 da Pedron IsidoroI e da Giacomini Giuseppina.
I genitori Pedron Isidoro e Giacomini Giuseppina erano contadini fittavoli di un piccolo appezzamento di terreno agricolo e di una piccola casa
situata nella attuale via Pelosa n. 10 a Selvazzano1 dove frequentò la locale
scuola elementare fino alla seconda classe. Di quel periodo in particolare mi
raccontava, con un nodo alla gola, della sua compagna di banco che nel
1912, assieme alla sua famiglia, emigrò nella nuova colonia italiana in Libia. Piangendo e sospirando l’ho sentita più volte domandarsi che fine
avesse fatto quella famiglia di cui non si avevano avute più notizie.
Mio zio Cesaro Giulio, di Cesaro Giovanni e da Bano Caterina è nato a
Vigodarzere (PD) il 7 gennaio 1893, nel 1914 si iscrisse ad un corso festivo
di specializzazione nelle “Arti Decorative Industriali” al Regio Istituto
d’Arte “Pietro Selvatico” con sede nell’attuale Largo Meneghetti a Padova.
Si recava a piedi da Vigodarzere e vi si diplomò nel 1915 con ottimo profitto. Contemporaneamente lavorava come operaio alla “Fonderia Padovana”
situata ove attualmente si trova la via Andrea Palladio nella zona
dell’Arcella nella città di Padova. Nei primi tempi Giulio raggiungeva la
Fonderia a piedi, sempre partendo dall’abitazione di Vigodarzere e solo
nell’ultimo periodo, acquistando i vari pezzi, assemblò una bicicletta da
uomo, comprensiva di un fanale a carburo; così poteva raggiungere il lavoro
1
A quel tempo quella zona era chiamata: “Canton del diavolo” al passaggio della Madonna Pellegrina nel 1950 fu cambiato in “Canton della Madonna”. Per andare a scuola
a Selvazzano si percorreva una distanza, in andata e ritorno, di 6.200 metri
1
e la scuola con meno fatica. Il 9 giugno 1915, Giulio conseguì la patente di
guida di automezzi presso il Circolo Ferroviario di Verona. Giulio, durante
la trebbiatura del 1915, conduceva un locomobile che azionava una trebbia e
lavorando in via Pelosa a Selvazzano conobbe mia madre. Si innamorarono,
e si sposarono in chiesa e abitarono nella casa rurale ubicata nell’attuale via
Vittorio Veneto, n. 15 a Vigodarzere. Il matrimonio civile fu compiuto presso il municipio di Vigodarzere allora ubicato a Saletto il 4 novembre 1917.
Il 23 maggio 1915 l’Italia dichiarò guerra all’Austria-Ungheria e la “Fonderia Padovana” fu costretta a trasferirsi nella città di Pistoia in Toscana. Giulio fu militarizzato e pure lui dovette abitare in quella città; nel foglio matricolare militare si legge: “il 15 aprile 1918, Giulio Cesaro fa parte del 56°
Fanteria e comandato presso lo “Stabilimento” Fonderia Padovana Pistoia”.
In quegli anni, in casa Cesaro a Vigodarzere, mia madre, Oliva Pedron, viveva con gli anziani suoceri Bano Caterina e Cesaro Giovanni,
mentre i loro tre figli: Giulio, Ermenegildo e Vincenzo, a causa della guerra, erano militari e lontani da casa. Oliva Pedron, in Cesaro, doveva condurre l’azienda agricola di ettari 4,6 in affitto, una stalla di mucche, una cavalla
e vari animali da cortile. Ella mi ricordava che nel 1917, quando il nemico
sfondò a Caporetto, avvicinandosi pericolosamente alla pianura veneta per
evitare che qualcuno mandasse segnali al nemico, le campane furono silenziate legandone le corde e mi raccontava che nelle notti dell’inverno del
1917 a Vigodarzere si vedevano ben distinti i lampi delle esplosioni delle
granate e si udivano il continuo rumore delle esplosioni provenienti dal
Monte Grappa e commentando: “Voi non potete immaginare lo stato
d’ansia per il terrore di essere invasi dagli affamati soldati degli eserciti
nemici tedesco e austroungarico”. Dopo la disfatta di Caporetto e durante la
resistenza del nostro esercito nella linea del fiume Piave, persisteva il reale
pericolo dell’invasione del nostro territorio. I miei amici, Ivano Pasquetto
(1933) e Gianni Ranzato (1937), abitanti a Vigodarzere, mi documentarono
che le loro famiglie sotto il portico tenevano un carro agricolo carico con le
masserizie, pronti a partire per sfuggire all’invasore, per raggiungere la zona
oltre il fiume Po.
È necessario ricordare che in quel particolare periodo gli abitanti di Vigodarzere, anche per raggiungere l’ospedale o una farmacia nella città di Pa2
dova, dovevano essere muniti di un particolare “passaporto” 2.
Ricordo che mia madre mi raccontò che nel terreno a sud della casa
colonica situata nell’attuale via Vittorio Veneto 15, a Vigodarzere, si era accampata una compagnia di soldati scozzesi con il tradizionale “kilt” (gonnellino scozzese, allora rigorosamente indossato senza biancheria intima).
Con questi soldati mia madre barattò del latte appena munto con una grossa
pistola a tamburo e relative munizioni. Mia madre era determinata a difendere e a proteggere gli anziani suoceri e l’azienda agricola; mi disse che il
comportamento di quei soldati fu sempre corretto e che prima di allontanarsi
coprirono di terra la latrina, lasciando tutto in ordine3.
La Dr.ssa Ludovica Passi, comproprietaria della Certosa di Vigodarzere, anni fa mi disse che una sua lontana zia gli aveva raccontato che dopo
la disfatta di Caporetto (24 ottobre – 12 novembre 1917) la Certosa di Vigodarzere fu nottetempo occupata da una compagnia di soldati italiani fuggiti dalla zona del fronte di guerra e vi rimasero parecchie settimane provocando
parecchi danni. Oltre ad incidere sui muretti del chiostro con la baionetta il
gioco della “trea” picchiavano sui pavimenti e sui muri alla ricerca di eventuali vuoti che indicassero loro improbabili nascondigli, dove pensavano potessero celarsi i candelabri d'argento nascosti dai monaci; inoltre mi disse
che probabilmente si appropriarono dei piatti e del vasellame che la famiglia
De Zigno usava durante i soggiorni estivi nella Certosa.
Un altro fatto che mia madre mi raccontava, risalente sempre al tempo della tragica disfatta di Caporetto: i soldati italiani che erano titubanti ad
uscire dalle trincee e che durante l’attacco erano presi dal panico, quando
cercavano di tornare indietro erano presi di mira dai carabinieri. A questa
testimonianza che aveva ricevuto direttamente dai reduci della guerra, mi
sono sempre permesso di ribadire che mai e poi mai i nostri Carabinieri
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La prima farmacia a Vigodarzere fu aperta nel 1939 dal Dottor Porra ed era situata alla
fine di via Pisani nel vecchio palazzo degli Elardo tuttora esistente; testimonianze di
Ugo Elardo (nato nel 1931) e di Arrigo Schiavon (nato nel 1930).
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Quella grande pistola fu nascosta sul fondo di una cassapanca, nel 1935 mia sorella Antonietta la scoprì e sparò un colpo, il proiettile infranse un vetro della finestra della camera da letto dei miei genitori. Mia madre scavò una profonda buca e seppellì quella
pistola. Gli chiesi che mi indicasse il luogo ed ella mi rispose che mai me l’avrebbe rivelato.
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avrebbero sparato sui nostri soldati. Più volte ritornammo su questi fatti: mia
madre era convinta sulla attendibilità delle sue affermazioni mentre io mi
ostinavo a spiegarle l’infondatezza di quei fatti; lei con un nodo alla gola e
con gli occhi arrossati mi garantiva la veridicità di quei dolorosi eventi.
Questi contrasti di opinione si ripeterono più volte e, quando nel 1971 al cinema Astra di Padova vidi il film storico “Uomini Contro”, ebbi la certezza
che mia madre alla fine aveva ragione e che i reduci nel raccontare quei fatti
furono sinceri. Purtroppo preso dalle mie frenetiche attività lavorative e degli impegni sociali non me la sentii di dirle che lei aveva ragione.
Mia madre mi raccontò che alla fine del 1917, sotto il portico della
casa di Cesaro, si macellavano dei bovini per conto dell’esercito italiano e
che pur avendo a disposizione, a differenza di altri concittadini meno fortunati, carne fresca, non poteva cibarsene perché, essendo in gravidanza, il
forte odore di “freschìn” della carne macellata le provocava il vomito.
Il 17 agosto del 1918 mia madre diede alla luce una bambina che fu
battezzata nella chiesa di Vigodarzere il 25 agosto 1918 e la chiamarono
Lia. Mio zio Giulio fu colpito dall’influenza chiamata “Spagnola” e l’11 ottobre dello stesso anno morì a Pistoia senza sapere che era diventato papà.
In un cassetto dell’armadio della stanza da letto, dove mia madre conservava
i documenti di famiglia, trovai una lettera del frate cappuccino che lo assistette spiritualmente negli ultimi giorni di vita. Allegata a quella lettera furono inviati alla vedova i documenti e gli oggetti del defunto marito.
Al termine della guerra Oliva fu dichiarata vedova di guerra ma senza
nessuna pensione. Mia sorella Lia fu dichiarata orfana di guerra ma le fu
sempre negato ogni diritto di sussidio. Il fratello maggiore di mia madre,
Pedron Florindo, si fece tutta la guerra come artigliere di montagna, conduttore di muli e per cinque volte fu investito dalle slavine. In quelle condizioni ebbe i primi attacchi di epilessia, ma in quel tragico periodo di guerra
non gli rilasciarono alcun certificato medico e di conseguenza nemmeno a
lui fu riconosciuta la pensione di guerra. Nel primo dopo guerra, Pedron
Florindo da Selvazzano si recò a Vigodarzere per trovare la sorella Oliva.
Mia madre me lo descrisse: alto quasi due metri, aveva il viso bianco con le
guance molto rosse. La vita di Florindo durò poco perché nel 1920 fu stroncata da un attacco epilettico e nemmeno ai genitori fu riconosciuto il diritto
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alla pensione.
I Caduti in guerra del territorio comunale di Vigodarzere furono n. 96
(dalle lapidi dei Caduti della guerra 1915/18). Al ritorno a casa, diversi soldati portarono nelle loro famiglie la tubercolosi, l’influenza “Spagnola” e altre malattie infettive4.
Il 30 dicembre 1924 Oliva Pedron sposò Vincenzo Cesaro, fratello del
primo marito, ed ebbe tre figlie: Antonia nel 1925, Giovannina nel 1928 e
Tecla nel 1933. Nell’agosto del 1937 mi diede alla luce e in ricordo
dell’operaio soldato deceduto in servizio militare, mi chiamarono Giulio.
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Documentazioni rilevate nell’archivio parrocchiale S. Martino di Vigodarzere: i funerali dei cittadini nella parrocchia di Vigodarzere (a quel tempo la parrocchia di Vigodarzere comprendeva anche il territorio di Terraglione e di Bragni di Cadoneghe) furono: anno 1914 n. 39 - 1915 n. 70 - 1916 n. 51 – 1917 n. 53 - 1918 n. 72 - 1919 n. 52 - 1920 n.
43. “Soldati della parrocchia di Vigodarzere morti o scomparsi e durante la guerra
d’Italia contro l’Austria e la Germania e dei morti a causa della cosiddetta Spagnola durante lo stesso periodo si pongono in ordine di data della morte della stessa di notizia
ufficiale”. Seguono: cognome, nome, paternità, contrada e data della morte di 64 soldati residenti nel territorio della parrocchia di Vigodarzere” .
Altre notizie:
(a) Dove a Vigodarzere nel 2005 era ubicato il Magazzino dell’Aereonautica Militare nel
1916 c’era la “Cines”che produceva film muti. Alcuni ambienti furono requisiti e adibiti
ad ospedale. La notizia é riportata dal settimanale “La Difesa del Popolo” del 11 giugno
1916.
(b) Mio padre Vincenzo Cesaro, per tutto il periodo della prima guerra mondiale, fu militare nell’Artiglieria Costiera nell’isola di Caroman - Sottomarina (Venezia); mi raccontò
che nel 1918 fu aggredito dall’influenza chiamata “Spagnola”. A tutti gli ammalati fu distribuita una maglia di lana bianca, il suo vicino di letto non la indossò, perché voleva
donarla alla sua famiglia ma durante la notte morì soffocato dalla malattia e la maglia di
lana bianca le fu rubata.
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Anche negli ultimi anni di vita conservò e raccontò la memoria del
suo vissuto. Mia madre Oliva ha condiviso con le altre mamme di Vigodarzere tutte le sofferenze e i lutti della prima (1915/1918) e della seconda
guerra mondiale (1940/ 1945).
Andò “avanti” passando alla vita eterna nel 1981 all’età di 83 anni.
Petron Oliva nata 06/04/1897 a Selvazzano Dentro (PD) e Cesaro Giulio nato a Vigodarzere 07/01/1893 a Vigodarzere. Si sposarono il 04/11/1917.
Patente di guida di automobili e di locomobili conseguita da Cesaro Giulio senior
il 09/06/1915.
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Fanale a carburo per bicicletta.
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Padova 15 luglio 1916: diploma di Cesaro Giulio per avere frequentato il corso festivo presso
l’Istituto Pietro Selvatico a Padova.
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Nella foto: Alessi Antonio abitante a Tavo di Vigodarzere noto modellista di abitazioni
rurali, attrezzi, trattori agricoli e presepi, il locomobile della foto é funzionante. Fu il
primo motore a Vigodarzere che alleviava la fatica dei lavoratori agricoli. Non arava il
terreno, serviva per il traino e azionava la trebbiatrice. Da notare che nel 1919 terminata la prima guerra mondiale, l’Austria e l’Ungheria dovettero pagare i danni di guerra
provocati e consegnarono all’Italia in certo numero di locomobili di cui l’Ungheria era
specializzata nella produzione. Uno di questi locomobile con una trebbiatrice furono acquistate nel 1919 da Edoardo Ranzato di Vigodarzere.
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Gli sposi Cesaro Pedron abitarono nella casa ubicata all’inizio di via Certosa a
Vigodarzere (Padova).
Nel terreno a sud della casa Cesaro nel 1917 si era accampata una compagnia di soldati
scozzesi.
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Sotto il portico della casa Cesaro nel 1917 si macellavano i bovini per alimentare i soldati dell’ esercito Italiano.
Mia madre Oliva prima del matrimonio abitava in via Pelosa n. 10 a Selvazzano. Nella foto la casa restaurata .
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Cesaro Vincenzo mio padre Cavaliere dell’Ordine di Vittorio Veneto (fratello di Cesaro
Giulio senior) il 30 - 12-1924 sposò Pedron Oliva che, nell’ottobre 1918 era rimasta vedova di guerra con una figlia di due mesi.
Pedron Andrea chiamato Gino, ragazzo del 1899, a 17 anni fu chiamato alle armi, Cavaliere dell’Ordine di Vittorio Veneto è il fratello di Oliva Pedron Cesaro.
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Pedron Albano, Carabiniere, Cavaliere dell’Ordine di Vittorio Veneto è il fratello di Pedron Oliva Cesaro.
Pedron Albano in divisa da Carabiniere.
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Dalla vetta del Grappa si può ammirare la laguna di Venezia. Anche i soldati tedeschi e
austroungarici nel 1917 osservarono la pianura veneta con la bramosia di invaderla.
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Il Sacrario Militare di Cima Grappa, realizzato su progetto dell’architetto
Giovanni Greppi e dello Scultore Giannino Castiglioni, si sviluppa, da sud a
nord, sul costone di Cima Grappa a 1.776 metri di quota. Il complesso monumentale ospita i resti di 12.615 caduti italiani e 10.295 caduti austroungarici, conservati in due distinte strutture, perfettamente collegate tra
loro, al centro di una serie di costruzioni destinate a servizi per visitatori e
di monumenti commemorativo-religiosi.
La grande Scala Monumentale, in posizione centrale, si arresta all’altezza
del 4° Girone, dove è dislocata la Tomba del Maresciallo Gaetano Giardino,
Comandante dell’Armata del Grappa, deceduto il 21 novembre 1935. Da
quest’ultima, a mezzo di due scalinate laterali, si accede al 5° Girone, al
centro del quale è stato realizzato il Sacello della Madonna del Grappa. La
costruzione, di forma circolare, è realizzata in blocchi di pietra del Grappa,
al cui interno si trova la statua della Vergine con il Gesù Bambino tra le
braccia, consacrata solennemente nel 1901 da Papa Pio X (restaurata successivamente agli eventi bellici del 1917-1918). Le pareti interne sono rivestite in marmo, e sulle stesse spiccano una pregevole Via Crucis in bronzo
dello scultore Giannino Castiglioni, e un busto di Papa Pio X.
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Cippo dedicato ai partigiani del Monte Grappa: impiccati 171, fucilati 605,
prigionieri 3212, deportati 804, bruciati 285.
Il cippo, interamente in marmo, è dedicato ai tutti i Caduti delle formazioni
partigiane che operarono sul massiccio del Monte Grappa, in particolare a
quelli periti nel corso del rastrellamento nazifascista del settembre 1944. E’
ubicato all’ingresso della Galleria “Vittorio Emanuele III”, sulla cima Grappa
di Crespano.
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Cima Grappa giovedì 16 febbraio 2017 ore 06,11
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La Madonnina della cima del Grappa.
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Foglio matricolare di Cesaro Giulio nato a Vigodarzere classe 1893.
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Da destra: Ranzato Flavia, Pasquale, Severino, Antonio, Anna Bernardello, Pietro e Innocenza. La foto è stata conservata da Ranzato Gianni cl. 1937.
Retro della foto passaporto della famiglia di Ranzato Pasquale del 16/11/1917.
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Cesaro Lia figlia di Cesaro Giulio senior il 15/01/1944 sposò Ravazzolo Domenico che era
appena ritornato dal fronte di guerra russo. Porta il velo Cesaro Giulio junior.
Quella mattina accompagnai la sposa alla chiesa di Vigodarzere in carrozza trainata da
due cavalli. Cera una fitta nebbia e gli alberi erano decorati con una intensa brinata.
Ricordo che durante il tragitto piansi. (Lia mi aveva accompagnato alcune volte a Padova ad assistere alla proiezione di film e giustamente pensavo che non mi avrebbe più
accompagnato) Lia mi chiese il motivo e io risposi con una bugia, le dissi che piangevo
perché avevo tanto freddo.
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Padova - Corso del Popolo con vista sui giardini dell’Arena, da sinistra: Cesaro Lia e la sorella Antonia.
Cesaro Lia da nubile trasformò una stanza dell’abitazione Cesaro in un laboratorio di
sartoria per abiti da donna. Per illuminarlo usava una lampada a carburo; trasmise il
suo talento di sarta a diverse ragazze di Vigodarzere tra esse Teresina Pagetta, Zena
Marangon, Flora Cosma e Cesaro Giovannina.
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Sullo sfondo il vigneto Cesaro. Da sinistra: Pinton Claudio, Pedron Oliva e Ravazzolo Lucia.
Da sinistra: Pedron Oliva, in piedi Ravazzolo Franco, Ravazzolo Pia e Piergiulio; seduto il
genero Ravazzolo Domenico. In centro Cesaro Lia con accanto Lucia Ravazzolo.
Foto scattata a nella spiaggia di Iesolo – Venezia.
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Pedron Oliva accanto all’orto di famiglia
Nella foto del 1963 da sinistra Pinton Anna, Cesaro Antonia, Pedron Oliva Cesaro, Cesaro Giulio e Pinton Claudio.
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Foto del 1964, da sinistra: Ravazzolo Lucia, Pinton Anna, Ravazzolo Franco, Pedron Oliva
Ravazzolo Pia, Ravazzolo Lucia e Ravazzolo Piergiulio.
Matrimonio di Cesaro Giulio con Albertin Maria Rosa 01/06/1974 a destra la sorella Cesaro Lia.
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Da sinistra in piedi: Baldan Aldo, Cesaro Tecla, Cesaro Antonia, Pedron Oliva Cesaro,
Cesaro Vicenzo e Ravazzolo Domenico. Seduti da sinistra: Ravazzolo Franco, Baldan Valeria e Ravazzolo Pia.
Operai della vigna di Cesaro Antonia - settembre 1976.
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Pedron Oliva Cesaro con in braccio il nipote Cristiano
16. 06. 1974 - Foto del pranzo di battesimo di Cesaro Daniele – Da sinistra: Pedron Oliva, Albertin Maria Rosa con in braccio il neonato Cesaro Daniele, Businaro Angela e don
Luigi Contin parroco della chiesa di San Martino di Vigodarzere.
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Da sinistra seduti: Cesaro Cristiano e Daniele sopra: Cesaro Giulio e la sorella Lia
Da sinistra: Cesaro Cristiano, Cesaro Lia e Pedron Oliva Cesaro.
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Pedron Oliva Cesaro con il nipote Cesaro Cristiano
Da sinistra in piedi: Lissandron Marisa, Cesaro Lia. Albertin Maria Rosa Cesaro, Cesaro
Tecla, Baldan Valeria, Cesaro Gianna, e Cesaro Antonia. In centro: Cesaro Cristiano, Pedron Oliva Cesaro e Lissandron Alessandro. Foto del 1976.
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Riunione dei cugini: Baldan, Cesaro e Ravazzolo. Piazzola del Brenta 28/09/1997
Settembre 2012 - I figli di Pedron Oliva e di Cesaro Vincenzo. Da sinistra: Cesaro Antonia, Cesaro Giulio, Cesaro Gianna e Cesaro Tecla.
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Tavo di Vigodarzere - Domenica 08 – 11 – 2015: commemorazione del 4 Novembre anniversario della fine della prima guerra mondiale. Da sinistra: Lissandron Sergio, prof.
Francesco Vezzaro sindaco di Vigodarzere, Piccolo Francesco Presidente dei Combattenti e Reduci di guerra e Cesaro Giulio. Seduto: Esio Rizzato Presidente emerito dei
Combattenti, Reduci e Internati.
Rubano (PD) 24.12.2016 - Da sinistra: Bettin Sereno marito di Pedron Adriana, Cesaro
Giulio e Pedron Franco.
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12. 02. 2017 Caselle di Selvazzano (PD) Da destra: il Carabiniere Zuin Lorenzo con la moglie Pedron Luigina e Cesaro Giulio.
Da destra: Luigina Pedron con la sorella Rina.
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Da destra: Elena Pedron con accanto il papà Cavaliere dell’Ordine Cavaliere di Vittorio
Veneto Pedron Andrea chiamato Gino, vicino la moglie Gambato Maria, segue il figlio
Carabiniere Pedron Alfredo e la sorella Pedron Antonia.
05. 01. 2017 Vigodarzere (PD). Da sinistra: Ravazzolo Pia, Baldan Aldo, Ravazzolo Franco, Ravazzolo Lucia, Cesaro Tecla, Cesaro Giulio e Albertin Maria Rosa Cesaro.
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Recente riunione dei cugini Pedron presenti all’esequie di Pedron Antonia (prima della
cerimonia il sacerdote amministrò il sacramento della confessione comunitaria ai fedeli).
12/02/2017 - Chiesa di San Domenico Selvazzano Dentro (PD) Il nuovo parroco Don Luigi Bonetto (già parroco di S. Martino di Vigodarzere) inonda la sua chiesa con la musica
sacra (dopo di avere visionato la presente ricerca).
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IL SANTO MI HA SEMPRE PROTETTO
La seconda guerra mondiale era da diversi mesi terminata, mia madre Oliva progettò un viaggio a Padova. Ricordo quella mattina di buonora mi fece salire nell’unica
bicicletta da donna di casa Cesaro energicamente prese a pedalare verso Pontevigodarzere - Padova sino alla custodia delle biciclette, poi attraversammo il ricostruito ponte
stradale sul fiume Brenta e davanti alla chiesa di Pontevigodarzere salimmo sul tram che
ci portò al capolinea in piazza Garibaldi. A piedi raggiungemmo l’ambulatorio medico
del dr. Bottacin, ubicato nei pressi della Basilica del Santo. Ricordo che il medico mi auscultò i polmoni e poi eseguì un esame radiografico al torace. Al termine sentenziò che
anche se ero un po’ pallido, godevo di buona salute e mi raccomandò di mangiare spesso dei rossi d’uova di gallina, mi consegnò una confezione di ricostituente di estratto di
fegato e mi consiglio che tutte le mattine dovevo bere un cucchiaio di olio di fegato di
merluzzo.
Mia madre temeva che fossi affetto da tubercolosi e con il viso radioso di gioia mi condusse a ringraziare il Santo perché finalmente si poteva vivere senza l’angoscia dei
bombardamenti, senza la presenza dei soldati tedeschi ma sopratutto era contenta per
il giudizio rassicurante del medico. Sostammo in preghiera presso la tomba del Santo
poi mia madre si accosto al confessionale e devotamente partecipammo alla S.Messa
celebrata all’altare del Santo. Nel ritorno rimasi impressionato dalle tante macerie delle
abitazioni e i palazzi demoliti dai bombardamenti compiuti dagli aerei angloamericani.
Nei pressi della chiesa di S. Carlo da bordo del tram vidi un gruppo di uomini rincorrevano e lanciavano sassi all’indirizzo di un anziano sacerdote in bicicletta e in precipitosa
fuga. Nel riattraversare il ponte sul fiume Brenta un gruppo operai della fabbrica Breda
di Cadoneghe occupano il centro del ponte e rimasi sconvolto da una frase detta da un
scioperante: “Quanto tempo dovremmo aspettare ancora per l’arrivo dei soldati di liberazione russi?”. Rivolsi a mia madre una domanda di chiarimento: “Padova è già occupata dai soldati inglesi e quelli russi cosa verrebbero a fare?” Mia madre mi rispose seccamente: “Non dobbiamo fidarci di quelle persone”.
Cesaro Giulio presso la tomba del Santo – Padova.
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Foto di domenica 26 marzo 2017 – Incontro dei cugini Baldan, Cesaro, Lissandron,
Ravagnan e Ravazzolo.
Vedere su Internet la rassegna stampa fotografata da Cesaro Giulio nell’archivio
antico della Biblioteca Civica di Padova:
1914 -1923 GUERRE, RIVOLUZIONI, MORTI e MISERIA
-
L’Eco dei Lavoratori, settimanale del Partito Socialista e della Camera del
Lavoro di Padova.
- La Difesa del Popolo settimanale della Diocesi di Padova.
- La Provincia di Padova quotidiano liberale ma non massone.
- Il Veneto, quotidiano liberale e massone.
- La Libertà quotidiano della Diocesi di Padova.
Giulio Cesaro
Vigodarzere, BOZZA del 03/04/2017
www.giuliocesaro.it
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