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Luigi Ciotti
L’eresia della verità
Introduzione
L’idea di questa raccolta di testi – scritti tra l’inizio del 2014 e la fine del 2016 –
nasce dall’avere colto, rileggendone alcuni, un tratto comune.
Si tratta infatti di pagine che affrontano temi diversi con forme e registri diversi
(perché un conto è rispondere a un’intervista, un altro scrivere una prefazione o un
articolo) ma partendo tutti da un identico presupposto etico.
Questo presupposto potremmo chiamarlo – ma poco importa definirlo, importa
praticarlo, viverlo – “responsabilità della parola”.
Ma cos’è una parola responsabile?
È quella parola che non si ferma al giudizio perché cerca la comprensione, la parola
che non scaccia via i dubbi ma li accoglie come parte essenziale della propria ricerca,
che non ha paura del diverso e dell’ignoto e che nel silenzio, nella riflessione e nello
studio, trova modo di rigenerarsi e rimettersi in cammino.
Inutile dire come questa responsabilità sia tanto più importante in un’epoca in cui il
potenziamento dei mezzi e delle reti di comunicazione ha esteso la comunità dei
parlanti e degli scriventi, con esiti non sempre positivi. Beninteso, il diritto di
espressione è sacrosanto, è una conquista di civiltà che dobbiamo tenerci stretti. Ma
quando è svincolato dall’etica della parola, della scrittura e della lettura (grave
problema del nostro Paese, ci ricordava il compianto Tullio De Mauro, è
l’analfabetismo di ritorno) rischia di trasformare i discorsi in mezzi di offesa, i
giudizi in etichette umilianti, le parole in veicoli non di verità ma di menzogna.
Di esempi se ne potrebbero fare molti, ma è sufficiente osservare il grado di volgarità
e di violenza che ha segnato in questi anni – non solo nel nostro Paese – il dibattito
sull’immigrazione, per rendersi conto del divorzio fra parola e responsabilità, tra
parola e verità. Se questa raccolta di scritti ha un’aspirazione, è quella di contribuire
nel suo piccolo a ridurre la frattura, affrontando con parole magari appassionate ma
oneste, temi oggetto di retorica, di demagogia, se non di manipolazione.
Un’ultima cosa voglio aggiungere riguardo al titolo, che si richiama appunto alla
parola verità associandola a un’altra che ne rappresenta in teoria la negazione: eresia.
Nel tempo delle verità addomesticate o, come si usa dire delle “post-verità” (nate da
false credenze, da saperi indiretti e approssimativi, ma anche dalla volontà di
marchiare e screditare) la verità – sempre più indifesa e abbandonata – tende a
traslocare dalle parole ai fatti, che nella loro semplice, sobria evidenza non hanno mai
bisogno di troppe parole, di sfarzose cornici retoriche o, come si dice oggi, di
“narrazioni”.
Ma l’eresia della verità non è un fenomeno solo dei nostri giorni. Da sempre la verità
è eretica (e dunque errante) perché non si accontenta del riscontro delle parole, dei
testi, delle leggi, ma vuole anche quello delle vite, delle scelte, dei comportamenti.
Da sempre eretica perché mossa da un desiderio di sapere che agita e cambia le nostre
vite, rendendole proprio così degne di essere vissute. Eretica perché impegna la
nostra coscienza non meno della nostra intelligenza, intrecciando la ricerca del vero e
la costruzione del giusto come facce di una medesima medaglia.
Nella speranza che gli amici a cui sono rivolte trovino in queste pagine tracce di tale
eresia, voglio ringraziare Fabio Anibaldi, amico e collaboratore di lunga data, che ne
ha curato la redazione e la pubblicazione.
Luigi Ciotti, L’eresia della verità, Edizioni Gruppo Abele, 2017, pp. 7-9.