ecco il nuovo Notiziario, leggilo

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Transcript ecco il nuovo Notiziario, leggilo

CADOM
ti racconta
n. 1 - 8 marzo 2017
CADOM
ti racconta
n. 1 - 8 marzo 2017
Le donne crescono e cambiano
Nel 1994 un gruppo di 12 donne ha aperto a Monza un Centro
antiviolenza sull’esempio di quello di Milano. L’utenza iniziale si
formò con il passaparola, visto che il Cadom non aveva i mezzi per
pubblicizzare la propria presenza e il nuovo modo di accogliere le
donne, basato sull’ascolto e il non giudizio. Le prime donne accolte
erano di origine italiana, alcune con gravi maltrattamenti alle spalle,con
scarse, se non nulle,conoscenze dei propri diritti e della gestione
delle risorse economiche.Tanto che una delle prime azioni del
Cadom fu quella di pubblicare una brochure con schede sul diritto
familiare ed organizzare una serie di incontri sulla gestione del denaro.
La presenza del Centro, grazie anche al lavoro di “esportazione
“di informazioni, fatto da tutte le volontarie su diversi territori di
appartenenza, lentamente ma costantemente è diventato sempre
più forte. Con la conseguenza che il numero delle donne è diventato
sempre più significativo. Inizialmente donne di mezza età, italiane,
appartenenti a fasce sociali molto diversificate sia culturalmente che
economicamente. Nell’arco degli anni alle italiane si sono aggiunte
le donne straniere, con una forte predominanza, inizialmente, delle
donne latino americane. A loro si sono aggiunte in tempi più recenti
quelle dei Paesi dell’Est: le donne che incontriamo oggi sono più
informate, più consapevoli e coscienti delle difficoltà presenti in un
percorso di uscita dalla violenza. E il nostro lavoro continua ad essere
quello dell’affiancamento, dell’accettazione di ogni diversità, della
costruzione di un percorso con la donna, del rispetto dei tempi e
delle decisioni di ciascuna di loro. Dalle 54 donne accolte nel 1994
siamo arrivate, oggi, ad accoglierne una media di 300 all’anno. E
questo si deve sicuramente alla forza della Rete che, negli anni,
abbiamo costruito sul territorio, ma anche alla maggiore conoscenza
delle donne dei servizi presenti e ad una maggiore fiducia nel nostro
lavoro. Ma se sono cambiate le donne, ancor più lo sono le volontarie
che le accolgono. Inizialmente poche, spinte dalla consapevolezza
che il maltrattamento era molto diffuso anche in Brianza ma anche
da una militanza politica, che le portava a scendere in campo per
difendere diritti negati. Poco preparate ad affrontare un problema
così complesso, hanno sentito subito la necessità di un corso
di formazione che desse loro una più profonda conoscenza del
maltrattamento. La formazione è diventata una costante nella crescita
dell’associazione, cosi come la conoscenza del territorio, il continuo
aggiornamento, il continuo scambio di buone prassi con altri Centri,
più strutturati e con maggiore esperienza. Alle volontarie, sin dall’inizio,
si sono affiancate avvocate e psicologhe professioniste, alcune molto
giovani tanto da laurearsi negli stessi anni in cui facevano esperienza
nell’associazione. Lentamente l’associazione si è strutturata,
crescendo come numero di volontarie, con più professioniste a
disposizione, inizialmente in modo assolutamente volontaristico.
Partecipare a bandi, progettare corsi di formazione a livello territoriale,
rivolti prevalentemente ad operatori socio-sanitari, entrare nelle scuole
con delle forti azioni di prevenzione ha portato ad una maggiore
professionalizzazione delle volontarie, che hanno sempre condiviso
il lavoro delle professioniste e hanno gestito in prima persona
situazioni particolari come azioni di sensibilizzazione articolate in
diversi contesti o i corsi che, periodicamente, vengono riproposti
per acquisire nuove volontarie. Tutto questo rende il Cadom
un’associazione estremamente dinamica non solo per il numero
dei suoi componenti (attualmente circa 40), ma per i ruoli,
gli interessi, e le capacità che sono cresciute negli anni.
Diritti, a che punto siamo?
Non c’è diritto che sia acquisito per sempre. Lo sanno
particolarmente le donne che, periodicamente, sono costrette
a guardarsi le spalle dalla politica (e dai politici) che rimettono
in discussione passi avanti che si davano per definitivi, e invece
no. Lo sanno le donne polacche che lo scorso ottobre sono state
a un passo dal veder cancellata la legge che consentiva l’aborto
e quelle irlandesi che, il prossimo 8 marzo, scenderanno in
piazza per difendere il loro diritto a disporre, legalmente, del
loro corpo e del loro diritto alla maternità che qualcuno vorrebbe
trasformare in dovere. Ma questo non è purtroppo l’unico
esempio di passi avanti che sembravano ormai fatti e per cui, al
contrario, è ancora necessario difendere. Il 26 gennaio, nella
Russia di Putin, la Duma, ha approvato un disegno di legge
che depenalizza alcune forme di violenza domestica. L’obiettivo
è quello di degradare da penali ad amministrativi i reati sugli
abusi domestici che provochino “solo” lesioni che non necessitano
cure ospedaliere o congedi dal lavoro, sia da parte di genitori nei
confronti dei figli, che tra coniugi. Il disegno di legge prevede
che le violenze costituiscano reato solo se chi le ha commesse è
già stato condannato per lo stesso motivo. Altrimenti, potranno
essere punite con una multa o con l’arresto fino a 15 giorni.
Allargando lo sguardo sul resto del mondo scopriamo poi che la
violenza domestica è ampiamente giustificata in molti Paesi. In
Indonesia, ad esempio, nonostante il governo si professi contrario
al femminicidio e alla violenza sulle donne una Commissione
Nazionale di vigilanza ha scoperto che il numero degli “incidenti”
domestici segnalati è quasi triplicato tra il 2010 e il 2014. L’Unicef
riporta che in Bangladesh, India, Libano le donne vengono
uccise per salvaguardare l’onore della famiglia. Per qualunque
ragione: presunto adulterio, relazione prematrimoniale (con o
senza rapporti sessuali), stupro subìto, relazione disapprovata
dalla famiglia sono motivi sufficienti per usare violenza sulla
donna. L’Egitto è uno dei Paesi in cui maggiormente donne e
ragazze vengono sottoposte alla mutilazione genitale per volere
della famiglia. Secondo il Ministero della Salute egiziano si parla
del 90 per cento della popolazione femminile tra i 15 e i 49
anni. Secondo una denuncia di Amnesty International, poi, in
Iran alcune leggi “hanno riportato i diritti delle donne indietro
di decenni. Le autorità iraniane stanno promuovendo una
pericolosa cultura in cui le donne vengono viste come macchine
da riproduzione piuttosto che come esseri umani dotati del diritto
fondamentale di fare scelte sul loro corpo e sulla loro vita”. Non va
meglio per la popolazione femminile di Afghanistan e Pakistan.
Qui ‘’picchiare in modo delicato’’ la propria moglie
non rappresenta una violenza, ha sostenuto il presidente
pakistano del Consiglio di ideologia islamica (Cii). Nel dettaglio,
Maulana Sherani ha detto che è lecito ‘’colpirla con qualcosa di
leggero, come un fazzoletto, un cappello o un turbante, ma non
va colpita sul volto o sulle parti intime. E non bisogna causare
alcun danno fisico o graffi’’. Come se anche solo il gesto non
costituisse violenza. Nell’illuminata Danimarca la legge
sulla violenza domestica non comprende i casi in cui la coppia
non sia sposata: se il partner picchia la compagna, ma non
è suo marito, la legge non prevede una punizione.
Mamma Erasmus
una tenace battaglia per l’equiparazione dei titoli
universitari ottenuti in altri Paesi nel mondo o, almeno,
in Europa. Per 18 lunghi anni Corradi tempestò di
promemoria sull’utilità del suo progetto i responsabili
degli atenei italiani ed europei e finalmente il 14 maggio
del 1987 il Consiglio dei ministri dell’Unione Europea
varò la nascita di un programma di studi all’estero.
Ci sembra giusto rendere merito a questa donna
che si è spesa con tanta tenacia per ottenere un
risultato che si sta dimostrando un motore potente
per una buona carriera lavorativa ed un eccezionale
strumento di pace e di conoscenza. Una nota
divertente: in questi trent’anni dai tre milioni e mezzo
di universitari che hanno girato l’Europa per studiare,
sono nati un milione di figli…di Erasmus.
In questi giorni il progetto Erasmus compie trent’anni
e probabilmente nessuno degli studenti che in tutti
questi anni ha partecipato al progetto conosce il nome
di chi lo ha ideato e fortemente voluto. Erasmus,
acronimo di European Region Action Scheme, uno
dei grandi successi dell’Unione europea, è il progetto
grazie al quale uno studente può frequentare, per un
periodo variabile da nove mesi a due anni, l’università
di un altro paese. In trent’anni tre milioni e mezzo di
studenti e 120mila insegnanti hanno avuto la possibilità
di vivere in un altro paese, studiare in una lingua
diversa e fare un’esperienza di studi e di vita insolita
e preziosa. Fu un italiano, Domenico Leonarduzzi, che
lavorava alla direzione degli Affari sociali
dell’Unione Europea, a convincere i politici
dell’utilità del progetto. L’intuizione
era però nata da una brillante studiosa
italiana, Sofia Corradi, che negli anni
Sessanta, studentessa dell’ultimo anno di
giurisprudenza, vinse una borsa di studio
negli Stati Uniti, alla Columbia University,
dove conseguì un master. Tornata in
Italia chiese il riconoscimento della
specializzazione, ma ottenne un sonoro
rifiuto e una sequela di insulti.
Ferita da quel rifiuto e convinta invece
che l’esperienza di studio all’estero fosse
un’opportunità da far vivere al maggior
numero possibile di studenti, cominciò
Femminismo 2.0
“Io non sono femminista, per me il femminismo è
come il maschilismo, significa che la donna è superiore
all’uomo” è l’incipit dirompente del film documentario
Femminismo!, uno sguardo sul femminismo di ieri e
di oggi, scritto e diretto dalla giornalista e regista Paola
Columba che C.A.DO.M., in collaborazione con
Non Una Di Meno Monza, ha proiettato lo scorso
28 febbraio nell’ambito delle iniziative Verso 8 marzo e
dintorni. Un viaggio nel tempo scandito da interviste
a ragazze ed attiviste e donne che hanno combattuto
per ottenere i propri diritti, da Lidia Ravera a Dacia
Maraini, da Emma Bonino a Lea Melandri, a molte
altre voci, e che sottolinea come molti stereotipi hanno
agito e agiscono contro il femminismo al punto che la
parola stessa ha acquistato un retrogusto di sconfitta e
viene liquidata come residuo di battaglie e di linguaggi
senza significato. Le giovanissime sembrano convinte
che la condizione di libertà che hanno ereditato sia
un dato certo e non piuttosto il risultato di un lungo
scontro ancora in atto. Cos’è successo ? Cosa non
è stato trasmesso alle giovani generazioni? Emerge
potente dalle voci delle protagoniste qualcosa che
sembra essersi perso e che ha rappresentato la grande
intuizione del femminismo degli anni ’70 ed insieme
il grande
slancio:
l’esperienza
forte,
attraverso
l’intrecciarsi
di una
relazione con
altre donne,
di vedere
nell’altra
quello che
da sole
non siamo
in grado
di vedere
di noi. Il
femminismo,
dice Luisa
Muraro,
ha avuto il
grande merito
di far scoprire
le donne alle donne. In conclusione, dice l’autrice, ci
troviamo ad affrontare i problemi di trent’anni fa e
l’unica via sembra quella della nascita di un grande
movimento delle donne che si ponga pochi obiettivi
chiari e condivisi e che faccia tesoro di quello che è
stato lo slancio vero del femminismo: la forza che nasce
dal mettere al centro la relazione tra donne. Insieme
a Lea Melandri ci siamo chieste se sia Non Una Di
Meno il “soggetto imprevisto” capace di riprendere i
fili di quel discorso iniziato tanti anni fa e se questa
nuova marea di donne, giovani e determinate, non sia il
segno tangibile che una nuova rivoluzione è alle porte.
... e donne
a braccia
conserte
Se le nostre vite non valgono,
allora ci fermiamo!
A cento anni dalla rivolta
delle operaie di Pietrogrado
dell’8 marzo 1917, in
diverse parti del mondo ed
anche in Italia le donne si
mobiliteranno per il primo sciopero sociale globale contro
la violenza fisica, psicologica, culturale, economica che
ogni giorno subiscono sui loro corpi e nella loro vita. Il
significato è chiaro: se delle nostre vite si può disporre
(fino a provocarne la morte) perché ritenute di poco
valore, se il nostro quotidiano lavoro di cura e riproduzione
non vale nulla e se il nostro lavoro produttivo è sfruttato
o sottopagato, allora vi sfidiamo a vivere, produrre,
organizzare le vostre vite senza di noi. Lo sciopero sarà
articolato sulle 24 ore e riguarderà ogni attività, ogni
ambito, pubblico o privato perché, indipendentemente
dal nostro profilo, siamo coinvolte in molteplici attività
che sfruttano le nostre capacità e rinforzano la nostra
subalternità. Sarà uno sciopero in cui riaffermare la nostra
forza a partire dalla nostra sottrazione: una giornata
senza di noi. Ciascuna può trovale il proprio modo
particolare per partecipare allo sciopero globale: non
andare al lavoro, non fare la spesa, non lavare, stirare,
cucinare e non accendere gli elettrodo-mestici, non
portare i figli a
scuola, palestra,
inglese,
pianoforte,
non andare
in posta, in
comune o in
lavanderia.
Ogni
comportamento che
porti in sé il
rifiuto manifesto
di fare il lavoro
pagato e
quello non
pagato, quello
di cura e
domestico,
quello che
secondo la
società è
“compito
delle donne”, e tuttavia non viene riconosciuto. E per le
persone che proprio non possono lasciare i loro compiti
perché precarie, ricattate, oppure sole a occuparsi di
figli e anziani, alle 18 ci sarà un momento comune in tutti
i luoghi, potranno anche solo affacciarsi simbolicamente
alla finestra e sbattere le pentole e adottare il dress code
della giornata, abiti neri con un drappo viola/ fucsia,
colori simbolo della protesta. Anche noi di NON UNA
DI MENO MONZA saremo in Piazza San Paolo dalle
17 di quella giornata per riprenderci con la bellezza
e l’entusiasmo lo spazio pubblico, per fare marea e
conquistare visibilità pubblica nella nostra città.
“7 minuti”: ispirato a
una storia vera, affronta il tema dell’erosione
dei diritti dei lavoratori, delle donne, di tutti
coloro che non possono
permettersi di abbassare la guardia, anche
solo per sette minuti.
“The Help”: ispirato
al romanzo omonimo
di Kathryn Stockett,
con splendido cast al
femminile, al servizio
di una storia su un
passato non del tutto
passato; “Il giardino di
limoni”: il conflitto tra
Israele e Palestina visto
con gli occhi di una
donna coraggiosa che
non rinuncia alla sua
terra; “Frida”: La vita
e gli amori della pittrice Frida Khalo. “We
want sex (equality)”:
nel 1968, Rita O’Grady
guidò lo sciopero delle
187 operaie della fabbrica Ford nell’Essex
(Inghilterra), riuscendo
a porre le basi per la
legge sulla parità di
diritti e di salario tra
uomo e donna.
PARTECIPO... Eventi con le donne come tema centrale
GUARDO... Film sul lavoro delle donne, storie e figure femminili di rilievo
LEGGO... Piccola selezione di libri sul tema della donna
“Mi chiamo Lucy Barton”
(E. Strout); in una stanza
d’ospedale, una madre e una
figlia, parlano con intensità.
Non si vedono da anni, ma
il flusso delle parole sembra
poter cancellare il tempo e
coprire il rumore del non detto.
“Orfani bianchi” (A. Manzini); dagli occhi di una donna
straniera, costretta a vivere
lontana da suo figlio, il ritratto
di come siamo fatti, il sentimento della nostra epoca.“Il
potere delle donne”(L. Hay):
intuizioni su come le donne
di tutte le età e di qualsiasi
origine possano provare autostima, amore per sé, auto-apprezzamento.“Le leggi delle
donne che hanno cambiato
l’Italia” (Fondazione Nilde
Iotti): le leggi che hanno
avuto le donne come principali
protagoniste e il contenuto di
quelle più importanti. “Ventun
donne all’Assemblea” (Grazia
Gotti): 21 donne si sono fatte
portavoce dei diritti delle donne per ottenere norme innovative a favore di tutte, nonostante la loro rappresentanza
in Costituente fosse esigua (21
su 556). “Storie della buonanotte per bambine ribelli”
(E. Favilli e F. Cavallo). Al
posto delle principesse, le storie di 100 donne straordinarie
ma realmente esistite.
Teatro Binario 7, 8 marzo
ore 21: “La metafisica
dell’amore”: spettacolo
comico che parla dell’amore come sentimento
universale; Teatro Binario 7, 31 marzo ore
21: “Nella gioia”: il
viaggio di una donna
nella Storia, nella guerra,
nell’amore, nei conflitti
sociali. La costruzione di
un’educazione sentimentale, erotica, politica ed
umana; Biblioteca del
Carrobbiolo a Monza - 8
marzo ore 21: “Che cosa
possiamo e dobbiamo
imparare dalle donne”:
come parlare della donna
senza esprimere punti
di vista pregiudiziali e
oggettivanti, senza soffermarsi su discorsi ideologici o perdersi in fatti di
cronaca? “Un’altra festa
della donna” il 12 marzo
a Monza in sala Maddalena (via Santa Maddalena
7), Laura Lepetit alle
16.30 parla di “Femministe distratte”.
SOSTIENICI...
C.A.DO.M.
Centro di Aiuto alle Donne Maltrattate
Via Mentana 43 - 20900 Monza (MB) - Tel. 039 2840006 Fax 039
2844515 - [email protected] - www.cadom.it
La newsletter che stai leggendo è scritta da:
Anna F., Antonella, Betty, Cristina R. e Mimma.
Grazie a Matteo che l’ha impaginata.
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violenza non è un fatto privato
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“ si -può-fa-re !” e la Tessera Amici C.A.
DO.M. 2017. Presentando la TESSERA
AMICI C.A.DO.M. 2017 presso alcuni
esercizi commerciali del territorio avrai
diritto ad alcune agevolazioni.
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