guida alla città - Liceo Scientifico Statale "Filippo Lussana" di Bergamo

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Transcript guida alla città - Liceo Scientifico Statale "Filippo Lussana" di Bergamo

GUIDA ALLA CITTÀ
E
INTRODUZIONE
cco a voi un’innovativa guida sulla splendida capitale partenopea.
Il capoluogo campano offre a tutti i turisti un fantastico soggiorno
all’insegna del divertimento, della cultura e del buon cibo. Proprio
per questo all’interno troverete indicazioni e suggerimenti su luoghi da
visitare, di svago, ristoranti e molto altro per organizzare al meglio il vostro viaggio a Napoli.
È necessario iniziare il manuale con un cenno storico alle origini di Napoli, passando per i cambiamenti tra ieri e oggi di tutta la Campania. È
presente poi una dettagliata descrizione del centro della città con i monumenti più belli e di una delle componenti più importanti, il Vesuvio e
i Campi Flegrei. Per un viaggio intenso e completo non si possono tralasciare l’antico centro storico di Caserta, la Reggia di Caserta e Pompei.
Perfino il celebre Johann Wolfgang Goethe scrive “Siehe Neapel und stirb!”
(Vedi Napoli e poi muori!) per indicare che la visita a Napoli è un’esperienza che ognuno dovrebbe vivere almeno una volta.
Vi auguriamo un magnifico viaggio in compagnia della nostra guida.
INDICE E REDAZIONE
Introduzione ................................................................................ Pagina 2
Campania Felix ............................................................................ Pagina 4
Città di Napoli ............................................................................ Pagina 10
Caserta ........................................................................................ Pagina 20
Pompei ........................................................................................ Pagina 24
Vesuvio ....................................................................................... Pagina 28
Mappa ....................................................................................... Pagina 34
GRAFICA:
Paolo Montevecchio, Jean Michel Falgari, Simone Milesi
INTRODUZIONE:
Paolo Montevecchio, Laura Crotti
CAMPANIA FELIX:
Lorenzo Fumagalli, Sara Balbo, Sara Carminati, Ferruccio Piziali, Francesca Poggi.
CITTÀ DI NAPOLI:
Eleonora Foglieni, Alessandra Colpani, Francesca Della Casa, Anna Dinardo,
Caterina Mager.
CASERTA:
Martina Savoldelli, Giulia Creanga, Elena Daldossi, Aurora Melchionne , Giulia
Trapletti.
POMPEI:
Marco Bresciani, Lorenzo Bracci, Luca Cattaneo, Leonardo Marzetti, Matteo
Rigamonti, Marco Vailati.
VESUVIO:
Chiara Pagliaroli, Giovanni Boffetti, Laura Crotti, Francesco Ghilardi,
Ana Iulia Pop.
FONTI DELLE IMMAGINI:
Le immagini riportate hanno solo scopo didattico e non pubblicitario.
Copertina - www.bimag.it, pag.2 - www.wikipedia.org, pag.3 - www.historyhiker.com, pag.7
- www.vesuviolive.it, pag.8 - www.istitutoduesicilie.blogspot.it, pag.9 - www.indipendent.
tv, pag.10 - www.comeedove.com, pag 12 - www.napolipost.com, pag.15 - www.comeedove.
com, pag.19 - www.10cose.it, pag20 - www.culturaacolori.it, pag.21 - www.charmenapoli.it,
pag.23 - www.suditalia.it, pag.24 - www.pompeiitransfercar.com, pag.26 - www.lastoriadelcalcio.forumcommunity.net, pag.27 - www.vacanzattivajournal.com, pag.28 - www.newsroom24.it, pag.33 - www.ilmeridianonews.it, pag.34 - www.google.it, pag.35 - www.google.it.
2 | GUIDA ALLA CITTÀ DI NAPOLI
GUIDA ALLA CITTÀ DI NAPOLI | 3
CAMPANIA FELIX
I
l nome "Campania Felix" indicava originariamente il territorio della città di Capua antica
nel periodo romano e, in seguito,
anche le pianure dei diversi municipi confinanti. Era una zona molto vasta se confrontata con le altre
città italiche del periodo romano
e pre-romano: si estendeva infatti dalle pendici del monte Massico
fino a lambire a sud i Campi Flegrei
e l'area vesuviana.
Il nome di questa zona, Campania,
deriva probabilmente dagli abitanti
di Capua, chiamati Capuani. Questo termine, poi, si trasformerà in
Campani e, da qui, il nome della
regione. L'aggettivo felix è invece
dovuto alla fertilità della zona, bagnata dal fiume Volturno.
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La Campania Felix, insieme al Lazio, costituiva la Regio I, cioè la
prima delle undici regioni in cui
Augusto aveva suddiviso l'Italia,
pertanto possiamo dedurre che
avesse con Roma rapporti molto
stretti.
L'impero romano era attraversato
da una fitta rete stradale che collegava la capitale con tutte le province, anche le più lontane. Per questo
la Regio I era dotata di molte vie.
Le principali erano:
• la via Salaria, che risaliva la valle
del Tevere;
• la via Appia, che usciva da Roma
dall'omonima porta (oggi porta
San Sebastiano). Scavalcava i colli
Albani, attraversava le paludi Pontine, raggiungeva il mare a Terraci-
CAMPANIA FELIX
na, toccava quindi Fondi, Formia,
Sessa Aurunca (tramite il Ponte
Aurunco, detto "Ponte Ronaco", I
e II secolo d.C.), Sinuessa per poi
giungere a Capua virando all’interno. La via poi si inoltrava nelle
montagne del Sannio per arrivare a
Brindisi.
• la via Latina, che scavalcava i colli Albani a nord attraverso il passo
dell'Algido. Percorreva poi la valle
del fiume Trerus (Sacco) per giungere a Fregellae, Casinum (Cassino), Teanum, Cales e Capua. Quindi si ricongiungeva alla via Appia.
La Regio I poteva vantare anche
numerosi porti che, per ragioni
orografiche, si trovano per la gran
parte in Campania. Particolarmente conosciuti sono quelli di Misenum, porto militare che dal 12 a.C.
ospitò la flotta imperiale del Tirreno (la Classis Misenensis) e Puteoli
(Pozzuoli), il principale porto fino
all'avvento di Ostia, dal quale partivano carichi con gli apprezzati
prodotti della terra campana quali
il vino ed il prodotto delle industrie
vetrarie e ceramiche.
Come sempre nell'antichità, la
risorsa principale era costituita
dall'agricoltura e dall'allevamento.
Da questo punto di vista la Regio I
era privilegiata rispetto ad altre per
le grandi aree pianeggianti e quindi
coltivabili.
La Campania, nel corso dell’ascesa
di Roma, è stata uno dei principali
granai dell’impero, anche se sostituita gradualmente nel periodo tardorepubblicano e nella prima età
imperiale dalle province d’Africa e
d’Egitto, orientandosi quindi verso
le più redditizie coltivazioni della
vite e dell’ulivo.
Dal punto di vista manifatturiero in
Campania particolarmente sviluppate erano le lavorazioni di vetro,
ceramiche, metalli ed argilla.
Come testimoniano le tante residenze, anche imperiali, rinvenute
nel golfo di Napoli, le coste della
Campania avevano anche un'altra risorsa economica: il turismo.
Infatti nel periodo estivo le coste
campane erano affollate da villeggianti in cerca di refrigerio dalla
calura di Roma. Tra i più noti si ricordano gli imperatori Tiberio, che
si trasferì per molti anni a Capri, e
Claudio, che invece preferiva Baia.
La transizione dall’età romana a
quella medievale è stata particolarmente difficile per la città, tormentata dalle invasioni barbariche
e dai tentativi di conquista da parte
dell’Impero bizantino. Con il dominio dei Normanni, degli Svevi e
degli Angiò, Napoli raggiunse un
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CAMPANIA FELIX
grande sviluppo politico e amministrativo. Con la monarchia angionina e il trasferimento della capitale da Palermo a Napoli la città
crebbe di importanza: nuovi edifici
abbellirono il suo volto e numerosi
architetti francesi vi giunsero per
erigere chiese gotiche.
Napoli anticamente era denominata la “città dei sette castelli” per la
presenza di queste costruzioni:
• Castel Capuano, eretto dal re normanno Guglielmo I sulle rovine di
un’antica costruzione ducale. Inizialmente il castello ospitava nobili,
in seguito fu trasformato in palazzo
di giustizia con carceri.
• Castel dell’Ovo, costruito sotto Guglielmo il Malo su una precedente fortificazione di monaci.
Secondo la leggenda, il nome del
castello deriva dal fatto che Virgilio avrebbe posto sotto l’isolotto di
Megaride un uovo chiuso in una
gabbietta. La sorte di Napoli è nelle
mani di questo uovo: resta al sicuro
solo se esso rimane intatto.
• Castel Nuovo, o Maschio Angioino, fatto costruire da Carlo I d’Angiò quando trasferì la capitale del
regno da Palermo a Napoli. I sotterranei del castello comprendono
la fossa del coccodrillo, il deposito
del grano della corte aragonese e la
prigione dei Barone, nella quale si
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trovano le bare dei nobili che presero parte alla congiura dei Barone
appunto.
• Castel Sant’Elmo, castello medievale che domina la collina del Vomero. Durante la Rivoluzione Napoletana fu conquistato dal popolo
e occupato dai repubblicani. Caduta la Repubblica divenne la prigione dei più importanti protagonisti
della rivoluzione.
• Castello del Carmine, o Sperone,
costruito da Carlo III di Durazzo
nella parte meridionale della cinta
muraria cittadina.
• Castello di Nisida, costruito dal
vicerè Don Pedro de Toledo. Con la
terribile peste del 1626 fu adibito a
lazzaretto per accogliere gli ammalati, mentre con i Borbone divenne
carcere per i prigionieri politici.
Oggi ospita la Colonia di Redenzione per i Minorenni.
• Fortezza di Vigliena.
Nel 1442 Napoli divenne possedimento aragonese. Il sovrano Alfonso il Magnanimo privilegiò la città,
spostando la capitale dell'Impero
da Barcellona a Napoli. In questo
periodo Napoli ampliò la rete di
scambi culturali nel Mediterraneo,
coinvolgendo i territori partenopei
nel giro degli scambi strettissimi
con gli altri territori della corona aragonese e chiamando in città
CAMPANIA FELIX
artisti catalani e spagnoli, tra cui
spiccò la presenza del caposcuola
valenciano Jaume Baço, del maestro francese Jean Fouquet e del
veronese Pisanello. Sul finire del secolo, grazie all'alleanza politica con
Lorenzo il Magnifico, si ebbe un ingresso diretto di opere e maestranze fiorentine, che comportarono
una più omogenea adozione dello
stile rinascimentale con la chiesa di
Sant'Anna dei Lombardi e la difesa
muraria della città con le annesse
porte, quali Porta Capuana e Porta
Nolana.
A partire dal 1501, invece, Napoli
perse la sua indipendenza e passò sotto la dominazione spagnola.
Il lungo dominio spagnolo viene
generalmente considerato dalla
storiografia un periodo oscuro e
di regresso. Fu in questo periodo
storico che Napoli e il suo territorio
dovettero subire, oltre alla terribile
eruzione del Vesuvio del 1631 e alla
suddetta rivolta di Masaniello del
1647, anche la gravissima epidemia
della peste che si diffuse nel 1656.
Napoli nel 1734 è conquistata da
Carlo di Borbone, che dà un profondo slancio innovatore alla città:
essa diventa capitale, grazie ad una
classe dirigente compatta. È alla
pari delle altre metropoli europee,
con intellettuali come Intieri, Galiani, musicisti come Rossini e un
intenso slancio progressista. Si costruisce la reggia di Caserta, il teaGUIDA ALLA CITTÀ DI NAPOLI | 7
CAMPANIA FELIX
tro di San Carlo, si scoprono Pompei ed Ercolano e nasce la scuola
archeologica. Nonostante questo,
nelle campagne i baroni e il clero dominano ancora, e ribadire la
centralità dello Stato sarà uno degli obiettivi del successore di Carlo,
Ferdinando. È durante il suo regno
che si realizza un'importante riforma dell’istruzione: vengono allontanati i gesuiti, che controllavano il
sistema scolastico, e se ne realizza
uno pubblico. È in questi anni che
Goethe visita la città rimanendone meravigliato e apprezzandone
l’organizzazione, migliore di quella
di Roma. Nel 1799 i rivoluzionari
prendono il potere ma, nonostan8 | GUIDA ALLA CITTÀ DI NAPOLI
te le idee ammirevoli, non sono in
grado di governare. La loro esperienza finisce per opera del popolo, che a loro preferisce i Borbone.
Essi riprendono il regno, attuando
però una profonda repressione nei
confronti della classe alto borghese
rivoluzionaria, la quale spacca il regno in due. Nel 1806 il regno cade
nelle mani di Napoleone, che crea
la Repubblica Partenopea, ben diversa dalla prima: si fanno riforme
importanti ed incisive, che modernizzano il regno. Anche il successore di Francesco I, Ferdinando II,
continua a modernizzare il regno,
creando nuove fabbriche, ferrovie,
palazzi. Il regno ha un nuovo slancio, essendo coinvolto dalla rivoluzione industriale. La seconda guerra di indipendenza pone però fine
al periodo borbonico, perché essi
non erano stati in grado di evolversi in tempo: difendevano il loro
assolutismo, anche alla vigilia del
trionfo della borghesia. È la fine di
un regno che è stato davvero amato e grande, nonostante tutti i suoi
problemi.
Nel 1861 entra in Campania l'esercito dei Mille , che però non riesce
ad ottenere l’appoggio del popolo,
troppo devoto alla dinastia che nel
bene e nel male aveva regnato per
più di un secolo, donando speran-
CAMPANIA FELIX
za, amarezza, ma anche felicità ai
napoletani. I piemontesi pensano di
poter governare Napoli a distanza
ma la formula non funziona. Con
l’appoggio del re Francesco nasce il
brigantaggio nel mezzogiorno, movimento di ribellione contro il regime dei Savoia. I Savoia, sebbene
consapevoli del rilievo di Napoli sul
piano nazionale, si limitano a reprimere queste rivolte con estrema
irruenza e non creano sviluppo nel
mezzogiorno che rimane un passo
indietro rispetto al resto d’Italia. I
Savoia preferiscono investire le risorse del Nord Italia, considerando
il Sud più un peso che un vantaggio. Si perde l’idea di uno stato napoletano, che aveva unito le genti
del mezzogiorno per vari secoli e
si abbraccia l’idea di un Italia unita
di cui i napoletani non si sentono
parte. È in questo periodo che sono
da ricercare le cause del divario tra
Nord e Sud che esiste ancora oggi.
Nonostante le numerose notizie
diffuse riguardo alla Camorra, organizzazione mafiosa tipica campana nata intorno al XIII secolo, la
Campania è ancora oggi una delle
regioni più sviluppate del Sud Italia, soprattutto dal punto di vista
del turismo balneare e culturale.
Particolarmente rinomata è la costiera amalfitana e ingente è il flusso di turisti diretti verso Napoli,
capoluogo della regione e ricca di
musei e monumenti d’interesse storico, artistico e culturale.
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CITTÀ DI NAPOLI
N
apoli è una delle più grandi
ed incantevoli città d’arte
del Mediterraneo. Capoluogo della regione Campania è, per
grandezza, il terzo comune italiano
dopo Roma e Milano. La città domina l’omonimo golfo, che si estende dalla penisola sorrentina all’area
vulcanica dei Campi Flegrei ed offre una vista molto suggestiva, con
l’imponente vulcano Vesuvio e, in
lontananza, tre magnifiche isole
- Capri, Ischia e Procida - che sembrano piccoli gioielli sorti dal mare.
Oltre ai suoi splendidi paesaggi,
Napoli deve la sua meritata fama
anche al fascino di un centro storico
che racconta 2500 anni di storia ed
è stato inserito nel 1995 nel World
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Heritage List dell’UNESCO.
Napoli è una città dove le stratificazioni storiche e archeologiche creano itinerari di visita del tutto peculiari e incantevoli. Poco sopravvive
di “Partenope”: la città greca delle
origini è rintracciabile, ad esempio,
nelle mura greche che passano per
via Mezzocannone. Le rovine romane sono, invece, più numerose:
tra le tante è situata in pieno centro
l’area archeologica di San Lorenzo
Maggiore, che ospita parte dell’agorà greca del V sec. a.C. e molti
reperti romani di un'epoca in cui la
città era già una ‘metropoli’.
La vita quotidiana e artistica di Napoli si snoda per le sue vie e i suoi
quartieri brulicanti di vita e di mo-
CITTÀ DI NAPOLI
numenti, dalla Sanità e dai quartieri spagnoli realizzati nel ‘500, zona
popolare ricca di colori e folklore,
agli itinerari che si snodano lungo
le vie principali. Prendendo l’arteria stradale detta “Spaccanapoli”
(perché divide in due la città antica), i visitatori potranno partire
dalla Chiesa del Gesù Nuovo, con
la sua facciata recuperata da un palazzo signorile del ‘400, passare per
la Basilica di San Domenico Maggiore di epoca angioina e arrivare,
risalendo via Duomo, alla magnifica Cattedrale. Ristrutturato più
volte per riparare ai danni sismici,
il Duomo si sovrappone a edifici
preesistenti e deve lo slancio verticale dell’odierna facciata ad Enrico
Alvino, architetto dell’Ottocento.
All’interno è da visitare la Cappella del Tesoro di San Gennaro che
custodisce, fra le altre cose, reliquie
del sangue del santo. SPACCANAPOLI
Spaccanapoli è una delle strade più
celebri di Napoli, dove arte, tradizione, storia e cultura napoletana si
coniugano alla perfezione. Il significato del nome di questa famosa
via cittadina può essere compreso
se si osserva una foto della città
scattata dall’alto: si nota immediatamente come tale tracciato ne
divida il centro storico con precisione quasi geometrica. Essa è insieme con il decumano maggiore e
il decumano superiore, una delle
tre strade principali dell’impianto urbanistico progettato in epoca
greca e che attraversavano in tutta
la loro lunghezza l’antica Neapolis. Data l’origine, sarebbe dunque
più opportuno parlare di plateia e
non di “decumano”, denominazione di epoca romana che per convenzione ha sostituito l’originaria.
Il decumano inferiore divenne tra
il Medioevo e l’Ottocento importante sia per i conventi degli ordini religiosi sia per le abitazioni di
uomini potenti che vi vissero. La
strada è anche volgarmente chiamata “Spaccanapoli” in quanto divide nettamente, con la sua perfetta
linearità, la città antica tra il nord e
il sud. In origine il tracciato sorgeva
dalla piazza San Domenico Maggiore e proseguiva fino a via Duomo.
In epoca romana, la via si allungò
e inglobò anche la zona dell’attuale piazza del Gesù Nuovo come
testimoniano i resti delle terme romane ritrovate sotto il chiostro della basilica di Santa Chiara. Durante
il rinascimento la via subì enormi
cambiamenti, le strutture gotiche
vennero rimaneggiate, oppure si
realizzarono edifici sui suoli di anGUIDA ALLA CITTÀ DI NAPOLI | 11
CITTÀ DI NAPOLI
tichi palazzi demoliti. I principali
architetti del rinascimento napoletano furono Giovanni Francesco
Mormando e Giovanni Francesco
di Palma che progettarono il Palazzo Marigliano e il Palazzo Pinelli. Durante il Cinquecento, il Viceré Don Pedro de Toledo avviò un
processo di espansione territoriale
verso la collina di San Martino e
allineò il decumano con un’arteria
dei Quartieri Spagnoli, in modo da
collegarli con il centro della città
per favorire gli spostamenti. Tra il
Seicento e il Settecento gli edifici
privati e di culto subirono ulteriori rimaneggiamenti. Nell’Ottocento
alcuni palazzi vennero di nuovo ripristinati nelle forme originali per
la loro importanza mentre, solo nel
secolo scorso, a causa della seconda
guerra mondiale, la chiesa di Santa
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Chiara riprese la sua struttura gotica celata dagli stucchi settecenteschi.
Su Spaccanapoli si affacciano numerosi edifici di culto di significativa importanza, centri della cristianità napoletana. Tra i principali vi
sono:
• la chiesa del Gesù Nuovo
• la chiesa di Santa Chiara • la chiesa di San Domenico Maggiore
• la chiesa di Santa Maria ad ogni
bene dei sette
• la chiesa di Santa Maria del Presidio
• Il complesso di Santa Maria dello
Splendore
Il nome Spaccanapoli è stato in realtà attribuito dagli stessi napoletani al suddetto tracciato, proprio
CITTÀ DI NAPOLI
per il fatto che divide la città in due.
Esso è costituito da ben sette strade:
- Via Pasquale Scura (la parte più
alta, nei Quartieri Spagnoli, fino
all’incrocio con via Toledo)
- via Maddaloni
- Via Benedetto Croce (che attraversa Piazza del Gesù Nuovo fino
a Piazzetta Nilo) - Via San Biagio dei Librai (antico
decumano, nel cuore del centro
storico, fino a via Duomo)
- Via Vicaria Vecchia, Via Forcella,
Via Giudecca Vecchia (nel cuore
di Forcella)
DUOMO DI SAN GENNARO
Il duomo di Napoli, situato nell’omonima via, si tratta di una delle
più importanti e grandi chiese della
città, sia da un punto di vista artistico, essa è di fatto la sovrapposizione di più stili che vanno dal gotico
puro del Trecento fino al neogotico
ottocentesco, che sotto un profilo
culturale, ospitando infatti tre volte
l'anno il rito dello scioglimento del
sangue di san Gennaro.
La costruzione del Duomo di San
Gennaro (o Duomo di Santa Maria
Assunta) comincia nel XIII secolo
per volontà del re angioino Carlo II
di Napoli. Il progetto prevedeva di
edificare la nuova struttura attor-
no al Battistero di San Giovanni in
Fonte e alla Basilica di Santa Restituta, luoghi di culto di età paleocristiana (il lavoro fu commissionato
a degli architetti francesi), mentre
un’altra antica basilica, conosciuta
col nome di Stefania (costruita tra
il 409 e il 501 per volere del vescovo Stefano I ed era dedicata al Salvatore), fu sacrificata. All’inizio gli
artisti coinvolti erano soprattutto
di origine francese, ma ben presto le lavorazioni furono affidate a
rappresentanti dell’arte locale o italiana. Finalmente nel 1314 la Cattedrale fu solennemente dedicata
all’Assunta dal’Arcivescovo Umberto d’Ormont.
La storia del Duomo è assai travagliata, già nel secolo successivo
alla sua costruzione, nel 1349, un
terremoto distrusse il campanile e
la facciata. Quest’ultima fu eretta
nuovamente nel XV secolo, questa
volta in stile gotico, ma la sfortuna
si abbatté ancora sulla nuova basilica che, a metà secolo, vide crollare
parti della navata centrale in seguito ad un altro terremoto. Anche la
navata fu prontamente ricostruita,
avviando il duomo verso gli abbellimenti che caratterizzeranno gli
anni tra il '400 e l'800.
Infatti, già a cavallo del 1500, venne
costruita la Cappella del Succorpo,
GUIDA ALLA CITTÀ DI NAPOLI | 13
CITTÀ DI NAPOLI
abbellita da decorazioni di Tommaso Malvito. Un secolo dopo, invece,
Francesco Grimaldi realizzò, proprio di fronte alla Basilica di Santa Restituta, la Reale Cappella del
Tesoro di San Gennaro per onorare
il voto che i napoletani avevano affidato al santo durante la peste del
1526.
Circa un secolo dopo, nel 1621, il
tetto a capriate venne coperto da un
cassettonato in legno, mentre tra il
1688 e il 1708 il Duomo subì una
ristrutturazione di tutte quelle parti
danneggiate durante vari terremoti.
Altre decorazioni (in stucco e marmo) in stile barocco vennero aggiunte nel 1688, mente nel 1932,
sempre nel progetto di ristrutturazione, furono ricostruiti i transetti
e l’abside. Qualche anno più tardi,
nel 1788, anche la navata fu ristrutturata e realizzata in uno stile che
richiama molto quello gotico. Così,
anche la facciata fu rivista in stile
neogotico dall’architetto Enrico Alvino.
Durante la Seconda Guerra Mondiale alcuni bombardamenti alleati danneggiano la Basilica e, per
questo motivo, furono necessari
altri restauri tra il 1969 e il 1972.
Durante questi lavori, alcuni scavi
portarono alla luce antichi resti romani greci e dell’alto medioevo che
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CITTÀ DI NAPOLI
hanno permesso di riportare alla
luce anche il cassettonato ligneo del
Cinquecento.
PALAZZO REALE
Il Palazzo Reale di Napoli fu fondato nel Seicento per ospitare i Re
di Spagna, su commissione del Viceregno spagnolo, ma diventò da
allora fulcro del potere monarchico di Napoli, ospitando anche i re
Austriaci, i Borbone e fu anche casa
della dinastia dei Savoia dopo l’Unità d’Italia. La Reggia rappresentò una delle quattro residenze della
dinastia dei Borbone di Napoli (le
altre tre sono la Reggia di Capodimonte, la Reggia di Portici e la Reggia di Caserta).
Questa imponente e maestoso Palazzo che domina tuttora la celebre
piazza del Plebiscito fu realizzato
nel 1600 da Domenico Fontana su
commissione del vicerè Fernando
Ruiz de Castro, che voleva ospitare
in una sede spaziosa e confortevole
il re Filippo III di Spagna in visita
ufficiale a Napoli, capitale del viceregno. Un’occasione che non si
realizzò mai, data la volubilità di re
Filippo III che decise di annullare
la visita. Ma Napoli si ritrovò, quasi per caso, ad avere finalmente un
Palazzo Reale che, da quel momento, diventò una delle residenze reali
più prestigiose, ricca di capolavori
d’arte e preziosi oggetti appartenuti
ai reali di quattro dinastie.
Palazzo Reale, progettato in origine dall’architetto Domenico Fontana, fu poi rifinito da Luigi Vanvitelli e da Gaetano Genovese che,
su commissione di Ferdinando II
di Borbone, restaurò e rimodernò
l’intera struttura dopo l’incendio
del 1837 che danneggiò la Reggia.
Fu proprio Genovese a ristrutturare l’imponente Scalone d’Onore
marmoreo, situato all’ingresso della Reggia, e ad aggiungere la celebre Ala delle feste che, attualmente,
ospita la Biblioteca Nazionale.
All’interno di Palazzo Reale si
può visitare l’Appartamento Storico, adibito a museo, che racchiude,
tra le tante sale, il Teatrino di Corte,
la Sala del Trono, la Sala di Mariacristina di Savoia e la Cappella Reale, che racchiudono capolavori d’arte prestigiosi realizzati dai più noti
pittori del periodo borbonico quali
Guercino, Andrea Vaccaro, Mattia
Preti, Massimo Stanzione, Francesco De Mura, Battistello Caracciolo, Luca Giordano, Filippo e Nicola
Palizzi e Consalvo Carelli.
La lunga facciata esterna di Palazzo Reale è caratterizzata dalla presenza delle celebri otto maestose
statue dei sovrani che regnarono a
Napoli, la cui collocazione all’interno delle nicchie esterne è stata
voluta da re Umberto I di Savoia
nel 1888. Le statue sono posizionate in ordine cronologico con la
precisa intenzione di non includere nessun esponente della dinastia
GUIDA ALLA CITTÀ DI NAPOLI | 15
CITTÀ DI NAPOLI
dei Borbone. Si possono ammirare,
da sinistra verso destra, le statue di
Ruggero il Normanno, primo vero
re di Napoli, Federico II di Svevia,
Carlo I d’Angiò, Alfonso V d’Aragona, Carlo V d’Asburgo, Carlo III
di Spagna, Gioacchino Murat ed
infine Vittorio Emanuele II, la più
grande aggiunta stesso da Vittorio
Emanuele II che, formalmente, non
fu mai re di Napoli ma d’Italia.
BASILICA DI SANTA CHIARA
La basilica di Santa Chiara, con
l’annesso complesso monastico, entrambi conosciuti anche come monastero di Santa Chiara è un edificio
di culto edificato tra il 1310 e il 1340,
su un complesso termale romano
del I secolo d.C., nei pressi della
cinta muraria occidentale, a Napoli.
La basilica si trova in piazza del
Gesù Nuovo di fronte alla chiesa
del Gesù e faceva parte del convento anche l’adiacente complesso
delle Clarisse, oggi luogo di culto a
sé. Si tratta della più grande basilica gotica della città.
Voluta da Roberto d’Angiò e sua
moglie Sancia di Maiorca, fu chiamato all’edificazione della chiesa
l’architetto Gagliardo Primario che
avviò i lavori nel 1310 e li terminò
nel 1328, per aprire al culto definitivamente nel 1330. La chiesa, co16 | GUIDA ALLA CITTÀ DI NAPOLI
struita in forme gotiche provenzali,
assurse ben presto a una delle più
importanti di Napoli. Nella basilica
di Santa Chiara, il 14 agosto 1571,
vennero solennemente consegnate
a don Giovanni d’Austria, il vessillo
pontificio di Papa Pio V ed il bastone del comando della coalizione
cristiana prima della partenza della
flotta della Lega Santa per la battaglia di Lepanto contro i Turchi
Ottomani. Lepanto, una delle più
grandi battaglie navali della storia,
fu un momento fondamentale per
la salvezza della Cristianità e del
mondo occidentale.
Tra il 1742 e il 1796 venne ampiamente ristrutturata in forme barocche da Domenico Antonio
Vaccaro e Gaetano Buonocore. Gli
interni furono abbelliti con opere
di Francesco de Mura, Sebastiano
Conca e Giuseppe Bonito; mentre Ferdinando Fuga eseguì il pavimento decorato.
Durante la seconda guerra mondiale un bombardamento degli Alleati del 4 agosto 1943 provocò un incendio durato quasi due giorni che
distrusse l’interno della chiesa quasi interamente, perdendo così tutti
gli affreschi eseguiti nel XVIII secolo. Nell’ottobre 1944 Padre Gaudenzio Dell’Aja fu nominato “rappresentante dell’Ordine dei Frati
CITTÀ DI NAPOLI
Minori per i lavori di ricostruzione
della basilica”, alla cui ricostruzione
partecipò in prima persona. In seguito, i massicci e discussi lavori di
ristrutturazione riportarono la basilica all’aspetto originario trecentesco omettendo in questo modo il
ripristino delle aggiunte settecentesche. I lavori terminarono definitivamente nel 1953 e la chiesa fu
riaperta al pubblico.
La basilica di Santa Chiara sorge
sul lato nord-orientale di Piazza del
Gesù Nuovo ed ha il suo ingresso
su via Benedetto Croce. Questo è
costituito da un grande portale gotico del XIV secolo, con arco ribassato e lunetta priva di decorazioni,
sormontata da un’unghia aggettante di lastre di piperno. Il sagrato antistante la chiesa è recintato da un
alto muro.
La facciata presenta una struttura a
capanna ed è preceduta da un pronao a tre arcate ogivali, di cui quella
centrale inquadra il portale di marmi rossi e gialli con lo stemma di
Sancha. In alto, al centro, si apre
il rosone, il quale è stato in gran
parte reintegrato durante la ricostruzione.
Alla sinistra della chiesa, si eleva
la torre campanaria trecentesco, in
seguito restaurata in stile barocco.
Il campanile è a pianta quadrata e
si articola su tre ordini separati da
cornicioni marmorei. Mentre l’ordine inferiore ha un paramento in
blocchi di pietra, i due superiori
sono in mattoncini con lesene marmoree, tuscaniche in quello inferiore e ioniche in quello superiore.
MUSEO ARCHEOLOGICO
Il Museo archeologico nazionale di Napoli (MANN) è un museo
archeologico, tra i più importanti
della città di Napoli. Vantando il
più ricco e pregevole patrimonio di
opere d'arte e manufatti di interesse
archeologico in Italia, è considerato
uno dei più importanti musei archeologici al mondo se non il più
importante per quanto riguarda la
storia dell'epoca romana. Ha una
superficie espositiva complessiva di
12.650 mq.
L'edificio che attualmente ospita il museo è stato costruito
nel 1585 come "caserma di cavalleria". Il palazzo rappresenta una certa rilevanza architettonica essendo
infatti uno dei più imponenti palazzi monumentali di Napoli. Esso
insiste sull'area di un'antica necropoli della greca Neapolis: la necropoli di Santa Teresa.
Il museo è formato da tre sezioni principali: la collezione Farnese (costituita da reperti provenienti
GUIDA ALLA CITTÀ DI NAPOLI | 17
CITTÀ DI NAPOLI
da Roma e dintorni), le collezioni
pompeiane (con reperti provenienti dall'area vesuviana, facenti parte
soprattutto delle collezioni borboniche) e la collezione egizia che, per
importanza, si colloca in Italia al
secondo posto dopo quella del museo egizio di Torino. Sia questi tre
settori che altri del museo sono
costituiti da collezioni private acquisite o donate alla città nel corso
della storia, come per esempio, oltre alle già citate collezioni Farnese e Borbone, la collezione Borgia,
la Santangelo, la Stevens, la Spinelli ed altre.
I reperti mai esposti al pubblico riguardano la sezione Magna Grecia,
quella Cumana (costituita da vasi
greci), l'epigrafica ed una ricca parte della statuaria pompeiana. Si stima che i pezzi in deposito siano in
quantità tre volte superiore rispetto
a quelli esposti e che gli stessi occupino allo stato attuale tre livelli dei
sotterranei del palazzo ed un piano
del sottotetto.
Dal 2005 nella sottostante stazione
"Museo" della linea metropolitana
è stata aperta la stazione Neapolis,
in cui piccoli ambienti che si succedono tra loro espongono i reperti
archeologici rinvenuti durante gli
scavi della metro ed entrati a far
parte del patrimonio museale.
18 | GUIDA ALLA CITTÀ DI NAPOLI
PIAZZA DEL PLEBISCITO
Piazza Plebiscito è la piazza per
antonomasia per i Napoletani. E'
ubicata nel cuore della città, attorno alla piazza si affacciano edifici
importanti quali la Basilica di San
Francesco di Paola, il Palazzo Reale, il Palazzo della Prefettura e
il Palazzo Salerno. Oggi è una delle
mete fisse dei turisti, completamente pedonalizzata, si presta spesso ad
ospitare manifestazioni di massa o
concerti. Inizialmente giungevano
fino a questo spiazzato, che non
era nient'altro che uno slargo parecchio irregolare, le mura dell'antica Palepoli, andate poi distrutte a
fine XIV secolo per la costruzione
di vari conventi e monasteri. Il primo di questi fu quello di S. Croce,
dove si diceva era sepolto il piccolo
Carlo Martello. Di fronte a questo
convento ne sorse un altro, dedicato allo Spirito Santo. Attorno a
questo monastero si andarono poi
ad agglomerare case che formarono quello che poi venne chiamato Borgo del Santo Spirito. Nel 1482
giunse a Napoli un monaco la cui
santità si era diffusa rapidamente dovunque, era San Francesco di
Paola, che espresse il desiderio di
costruire, proprio nel largo di Santo
Spirito, un suo convento. Il convento fu dedicato a San Giovanni, ma
CITTÀ DI NAPOLI
fu chiamato dell'Orto dei S.. Luigi e
Martinello. Nel 1500 con l'inizio del viceregno
spagnolo occorreva una reggia per
il vicerè, fu così costruito il Palazzo Vecchio. Nel 1600, a distanza
di un secolo, venne poi costruito
il Palazzo Reale, firmato dall'architetto reale Domenico Fontana, detto Nuovo per distinguerlo dal Palazzo Vecchio. La piazza nel 1602,
a Palazzo Reale costruito, cambiò
completamente volto ed abitudini,
e prese il nome di largo di Palazzo.
Nella piazza furono celebrate da allora numerose feste popolari e giochi di soldati. Famosa era la Cuccagna, con cui si poneva fine ai giochi
e alle feste popolari. Essa consisteva
in una riproduzione in cartapesta
e legno di una collina, un castello,
una villa, un galeone o altro, tutto ripieno di ogni sorta di cibarie
e viveri (compresi animali vivi) e
che dopo lo scoccare delle 22, con
due colpi di cannone, si dava il via
all'assalto del popolo partecipante,
alla ricerca di arraffare quanta più
roba possibile.
La piazza fu anche teatro di lotte per
la libertà del popolo napoletano.
Nel 1647 il duca d'Arcos, inseguito dai lazzari di Masaniello, si salvò prendendo rifugio nel convento
di S.Luigi, salvandosi disperdendo
monete d'oro durante la fuga. Un
colpo di fucile in piazza, inoltre,
non si sa da chi sparato, diede inizio al massacro del 15 maggio 1848.
GUIDA ALLA CITTÀ DI NAPOLI | 19
CASERTA
CASERTA
spopolamento, avvenuto nel XVI
secolo. Oggi, tradizione culturale,
ristoranti ed una grande accoglienza fanno della località un luogo di
grande attrazione turistica, soprattutto durante le manifestazioni folcloristiche dell’estate e del mese di
settembre.
S
ituata ai piedi del Subappennino campano e ai margini
di una fertile pianura, la città
di Caserta si sviluppa attorno alla
storica Reggia Reale del XVIII secolo, elencata dall’UNESCO come
Patrimonio dell’Umanità. La città
è amministrativamente composta
da diverse frazioni, tra cui anche
San Leucio e Caserta Vecchia, tra le
aree storicamente più interessanti.
CASERTAVECCHIA
Casertavecchia è il nucleo originale
di Caserta, da cui dista pochi chilometri, situato in cima ad una collina di 450 metri d’altezza. Dichiarato monumento nazionale italiano
sin dal 1960, il piccolo centro ha
20 | GUIDA ALLA CITTÀ DI NAPOLI
origini antiche ma incerte: secondo
alcuni storici benedettini nasce con
il nome di “Casa Hirta” nel IX secolo, con i Longobardi, e si sviluppa
successivamente con il conte Pandolfo di Capua, un piccolo feudatario della zona. L’atmosfera odierna
è ancora medievale: un agglomerato di case e viuzze, caratterizzato
da edifici dai tipici colori giallastri
del travertino, un antico castello,
un Duomo e circondato da un paesaggio brullo ed affascinante. Il
cielo sembra essere sempre azzurro
a Casertavecchia e l’orizzonte è tanto limpido che la vista sul Golfo di
Napoli diventa più spettacolare che
mai. Il borgo ha conservato la sua
fisionomia medievale sin dal suo
DUOMO DI CASERTAVECCHIA
Il Duomo di Casertavecchia merita molta attenzione: dalle viuzze del
borgo si intravedono gli scorci della stupenda cattedrale, della cupola, del campanile, nel complesso un
esempio di composita architettura
arabo-normanna. Secondo la tradizione, la chiesa nacque dalla cattedrale dell’antica Calatia, una città di
origine osco-romana un tempo esistente lungo la Via Appia e poi andata distrutta durante le incursioni
saracene. La sua edificazione risale
al XII secolo, per volontà del vescovo Rainulfo, un periodo che vide lo
sviluppo urbano dell’abitato sotto i
Normanni. L’edificio è a tre navate,
in tufo grigio campano e con un’architettura in stile siculo-romanico,
con chiari elementi di tipo paleocristiano e bizantino. In particolare l’interno, è molto suggestivo: un
complesso di arcate a tutto sesto,
colonne, capitelli corinzi ed una
grande cupola centrale. Si ammirano inoltre il grande campanile di
32 metri, del 1234, gli affreschi e le
sculture interne.
Nota storica
Nel XVI secolo, l’allora conte Giulio Antonio Acquaviva spostò la
propria residenza giù nella pianura,
in un piccolo villaggio conosciuto
come Torre (l’attuale Caserta), dal
nome di un’antica torre di avvistamento longobarda. Nel 1752, con la
GUIDA ALLA CITTÀ DI NAPOLI | 21
CASERTA
costruzione della Reggia di Caserta
ebbe inizio il lento abbandono del
piccolo borgo, culminato nel 1842
con il trasferimento della diocesi
vescovile ed il conseguente abbandono della cattedrale. Il villaggio
di Torre andò sviluppandosi come
sede di un grande mercato e come
nuova residenza dei conti di Acquaviva, i quali fecero costruire un
palazzo fortificato, abbellito da eleganti giardini. Nel frattempo, Napoli, nel Settecento, si confermava
come una delle più grandi capitali
d’Europa, raggiungendo il suo apice culturale durante il regno di Carlo di Borbone, che in seguito divenne Carlo III di Spagna e quindi re di
Napoli e di Sicilia. In questo stesso
periodo il feudo degli Acquaviva
passò ai Borboni, con i quali ha inizio la storia della famosa Reggia di
Caserta.
REGGIA DI CASERTA
La Versailles d’Italia, come viene
spesso chiamata, nasce nel 1752 e si
sviluppa nell’arco di 22 anni in un
immenso complesso Barocco disegnato da Luigi Vanvitelli per il re
Borbone di Napoli, e costruito per
rivaleggiare la grande corte dei dintorni di Parigi. L’edificio ha pianta
rettangolare ed occupa una superficie di 45 mila metri quadrati. Si svi22 | GUIDA ALLA CITTÀ DI NAPOLI
luppa in cinque piani, è alto 36 metri ed ospita quattro cortili interni.
In totale sono presenti 1220 stanze,
a differenza di quelle di Versailles
che sono 700. A circondarlo, l’immenso Parco Reale di Caserta di
122 ettari, ricco di fontane ornate di
splendide statue e piccole cascate,
che dolcemente si riversano giù per
il pendio collinare. Anche il parco
venne disegnato dal Vanvitelli e si
caratterizza per il lungo asse centrale di tre chilometri che digrada
dalla collina. I giochi d’acqua sono
una delle caratteristiche principali
di questa grande area verde, scaturiscono da monumentali fontane e
si riversano in grandi o strette vasche per tutto il parco e lungo l’asse centrale. Durante la passeggiata
all’interno del Parco della Reggia, si
scelga la direzione che attraversa il
Bosco Vecchio, lasciando alle spalle
il piccolo castello, costruito come
teatrino di divertimenti per i principi Borboni, e il piccolo stagno
dove venivano inscenate finte battaglie navali per divertire i membri
della corte reale. Oltre alla Fontana
dei Delfini e la Fontana di Diana
e Atteone, un incantevole gruppo
scultoreo preceduto da una vasca
con 12 piccole cascate, si trova una
delle sezioni più belle del parco: il
Giardino Inglese, impreziosito da
CASERTA
un piccolo lago e finte rovine antiche. Curato da Andrew Greafer,
il giardino è anche ricco di fiori e
piante esotiche. Nel suo interno
è compreso il cosiddetto “Criptoportico”, che ospita alcune statue
provenienti dagli scavi di Pompei
e parte della collezione Farnese. Il
Giardino Italiano è invece caratterizzato dalla Peschiera Grande, una
grande vasca un tempo usata per
l’allevamento dei pesci, abbellita da
un padiglione centrale.
Nella parte interna, destinata agli
appartamenti reali, si ammira in
particolare la maestosa scalinata
principale, i cui 116 scalini sono
stati tutti scolpiti da un gigantesco
blocco, in una perfetta armonia di
marmi pregiati ed eleganti prospettive. Si incontrano quindi il salone
degli Alabardieri, il salone delle
Guardie, la sala di Alessandro Magno e la Sala del Trono, quest’ultima situata nel cosiddetto Appartamento Nuovo, in stile Neoclassico
e affrescato da Antonio Galliano.
L’Appartamento del Re comprende
la Sala del Consiglio ed è adiacente alla Sala di Marte. Quello che è
conosciuto come Appartamento
Vecchio, fu inizialmente abitato da
Ferdinando IV e consorte Maria
Carolina d’Austria Asburgo-Lorena. Di questa stanza si notino in
particolare le pareti rivestite in seta.
Procedendo, si incontrano le quattro sale delle Stagioni, decorate con
eleganti affreschi allegorici, ed una
Biblioteca di circa 10.000 libri antichi. Non si perda inoltre la visita
alla Sala Ellittica, nella quale sono
custodite oltre 1000 figure da presepe del Settecento napoletano, e
alla Pinacoteca.
GUIDA ALLA CITTÀ DI NAPOLI | 23
POMPEI
P
ompei è una città dell’età antica, la cui storia ha origine
nel IX secolo a.C. per terminare nel 79, quando, a seguito dell’eruzione del Vesuvio, fu ricoperta
da coltre di ceneri e lapilli alta circa
sei metri. Gli scavi della città, iniziati nel 1748, hanno riportato alla
luce un sito archeologico, entrato
a far parte della lista dei patrimoni
dell’umanità dell’UNESCO nel 1997
e secondo monumento italiano per
visite dopo il sistema museale di
Colosseo, Foro Romano e Palatino.
IL TERREMOTO DEL 62
Il 5 febbraio del 62 Pompei e la piana circostante furono colpite da un
violento terremoto, con epicentro
nella vicina Stabiae. Ne risultarono
numerosi danni e crolli che furo-
24 | GUIDA ALLA CITTÀ DI NAPOLI
no a tal punto disastrosi da essere
addirittura dipinti negli affreschi
della casa di Giocondo; in particolar modo si notano i danni a porta
Vesuvio, al Castellum Aquae, al foro
ed al tempio di Giove. Il terremoto
cambiò radicalmente la vita cittadina: le figure più infuenti della città, infatti, temendo per la propria
incolumità, si trasferirono altrove;
il commercio calò bruscamente.
La città stessa divenne quindi un
cantiere dove l’attività principale
era quella della ricostruzione: non
mancano esempi di speculazione
edilizia e molti si arricchirono con
gli affitti o con gli appalti dei lavori
di restauro; non si è a conoscenza se
gli imperatori Nerone e Vespasiano
abbiano in qualche modo finanziato
la ricostruzione, ma sta di fatto che
POMPEI
le ricchezze accumulate nel corso
degli anni dagli abitanti favorirono l’edificazione di edifici lussuosi,
spesso rivestiti di marmi: in poco
tempo furono restaurate le regioni
VI e VIII, quelle a più alta densità
residenziale, oltre al tempio di Iside, grazie alle offerte di un liberto.
Nel decennio a seguito del terremoto non mancarono tuttavia disordini di tipo politico e amministrativo:
Vespasiano infatti fu costretto ad
inviare a Pompei un tribuno , per
risolvere alcune situazioni legate al
possesso abusivo di terreni municipali da parte di privati.
L’ERUZIONE DEL 79
Non erano ancora stati completati
i lavori di ristrutturazione quando,
in un periodo compreso tra agosto
e novembre del 79, una violenta
eruzione del Vesuvio pose definitivamente fine alla vita di Pompei:
anticipata dai giorni precedenti da
scosse di terremoto, una nuvola a
forma di pino si alzò dalla sommità del vulcano, fino a che, un boato annunciò la rottura del tappo
di magma solidificato che ostruiva
il cratere, dando inizio ad una incessante pioggia di ceneri e lapilli
sulla città, la quale in circa cinque
ore raggiunse l’altezza di un metro,
provocando i primi crolli dei tetti;
quando l’altezza del materiale vulcanico era pari a due metri, un flusso piroclastico raggiunse le mura
di Pompei: a questo ne seguì un
bissato pochi minuti dopo, ed un
ultimo, più potente, causando definitivamente la morte di tutti quelli
che erano sopravvissuti. Alle 10 la
furia eruttiva iniziò ad indebolirsi,
anche se la pioggia di ceneri continuò per altri quattro giorni, poi
l’evento terminò definitivamente:
Pompei fu seppellita sotto una coltre di circa sei metri di materiale
vulcanico, dal quale affiorarono
solo resti di colonne e la parte più
alta degli edifici. Non si conosce
il numero preciso di abitanti della
città nel 79; secondo alcune stime
questi variano da seimila a ventimila ed il numero di vittime ritrovate
si aggira intorno a 1150: a questo
dato va comunque aggiunta la parte
di città ancora da esplorare e si calcola che in totale le vittime possano
essere circa 1600; è da considerare
inoltre che la maggior parte della
popolazione è riuscita a mettersi
in salvo, scappando, ai primi stadi
dell’eruzione. Terminata l’eruzione, il Vesuvio si presenta con una
nuova forma, ossia due cime ed un
nuovo cono: tutta la zona circostante a Pompei venne ricoperta da
una coltre bianca, il fiume Sarno a
GUIDA ALLA CITTÀ DI NAPOLI | 25
POMPEI
stento riusciva a scorrere e la linea
di costa si era modificata, protraendosi verso il mare. L’imperatore
Tito inviò in Campania una delegazione di soccorsi ed interdette
la zona al transito: inoltre dispose
che tutte le proprietà rimaste senza
eredi fossero smantellate ed i materiali riutilizzati per la costruzione,
permettendo quindi il recupero di
marmi, tubature di piombo, statue
e ogni sorta di ricchezza che venne ritrovata, attraverso lo scavo di
cunicoli; non mancano comunque
episodi di sciacallaggio che si susseguono nei periodi immediatamente dopo l’eruzione. Intorno al
120 venne ripristinata nei pressi di
Pompei la viabilità verso Stabiae e
Nocera per volere di Adriano, ma
la città non venne più ricostruita,
anzi il territorio dove sorgeva inizia
26 | GUIDA ALLA CITTÀ DI NAPOLI
a ricoprirsi di vegetazione, scomparendo definitivamente.
IL SITO
I primi scavi nella zona dell’antica
Pompei si sono svolti nel 1748, a
seguito della scoperta di Ercolano,
per volere della dinastia borbonica,
impiegando gli ingegneri Roque
Joaquín de Alcubierre, Karl Jakob
Weber e Francisco la Vega: i primi
ritrovamenti avvengono nella zona
dell’Anfiteatro, anche se gli esploratori sono convinti di essere sulle
tracce dell’antica Stabia; si capirà
di essere a Pompei solo nel 1763
quando viene ritrovata un’epigrafe
sulla quale viene chiaramente fatto
riferimento alla Res Publica Pompeianorum. Le prime esplorazioni
vengono fatte tramite l’utilizzo di
cunicoli sotterranei ed è solo con la
POMPEI
salita al trono di Ferdinando I delle
Due Sicilie che avvengono i primi
scavi a cielo aperto. All’inizio del
XIX secolo, a seguito di disordini
di ordine politico, le indagini vengono sospese ed un nuovo impulso
sarà dato solo dall’arrivo di Gioacchino Murat: è proprio la moglie
di questi a cominciare un’opera di
pubblicizzazione del sito in tutta
Europa, tant’è che Pompei diventa
una tappa obbligata del Grand Tour.
L’ultimo periodo di dominazione
borbonica è segnato da una stasi
nell’attività di scavo; questa viene
ripresa solamente con l’unità d’Italia: sono, infatti, archeologici come
Giuseppe Fiorelli, Vittorio Spinazzola ed Amedeo Maiuri a riportare
alla luce la città nella sua quasi totale interezza, poi la continua mancanza di fondi porta per lo più alla
conservazione del patrimonio recuperato che a nuovi a scavi; i bombardamenti della seconda guerra
mondiale provocano, in alcuni casi,
ingenti danni alle rovine, mentre
nel 1997, l’area archeologica, insieme a quella di Ercolano ed Oplonti, viene dichiarata, dall’UNESCO,
patrimonio dell’umanità. Nel 2012
parte il Grande Progetto Pompei,
che mira al restauro e alla messa
in sicurezza del sito. Tutti i ritrovamenti di reperti, a cui si aggiungono le pitture ed i mosaici staccati
in epoca borbonica, vengono originariamente conservati alla Reggia
di Portici, per poi essere trasferiti
nella collezione di antichità all’interno del museo archeologico nazionale di Napoli; altri reperti sono
ospitati nell’antiquarium di Pompei
e nell’antiquarium di Boscoreale.
GUIDA ALLA CITTÀ DI NAPOLI | 27
VESUVIO
I
l Vesuvio, che domina il golfo di
Napoli, è l’unico vulcano attivo
dell’Europa continentale ed è
uno dei più studiati nonché uno tra
i più pericolosi.
Con un’altezza, al 2010, di 1.281
m, il vulcano sorge all’interno di
una parziale caldera di circa 4 km
di diametro, caldera che è la parte
restante di un precedente edificio
vulcanico, l’attuale Monte Somma,
dopo che la grande eruzione del
79 ne determinò il crollo del fianco sud in corrispondenza del quale
si sarebbe formato il cono attuale
col suo cratere. Per questo l’intero
complesso vulcanico, detto Somma-Vesuvio, è classificato come
“vulcano a recinto”, e col nome Ve-
28 | GUIDA ALLA CITTÀ DI NAPOLI
suvio ci si riferisce comunemente al
cono interno, o Gran Cono.
Le origini tra miti e leggende
Forse a causa della abbondanza
di vigneti che adornavano tutta la
collina vulcanica e fin quasi alla
vetta, in epoca romana il Vesuvio
fu ritenuto consacrato all’eroe semidio Ercole. Il figlio di Zeus dominava quell’area e venne quindi a
lui dedicata la bellissima città posta
ai piedi del Vesuvio: HERCULANEUM, ossia la città di Ercole figlio di Zeus e di Alcmena. Uno dei
nomi di Giove era Υης (Ves): veniva
così chiamato per essere il dio della pioggia e del fuoco. Così Ercole
divenne Υησουυιος (Vesouuios), il
figlio di ves. Questa potrebbe essere
VESUVIO
la semplice spiegazione del termine
VESUVIO. La montagna diventò
sacra in quanto dedicata al semidio.
Il poeta latino Claudiano avvolge il
Vesuvio nell’affascinante atmosfera
del mito: sotto il vulcano vive un
gigante in catene, dal nome particolare, quasi difficile da pronunciare, Alcìoneo. Ma la figura non
è nuova e vanta l’interesse di molti autori: anche il poeta Pindaro la
ricorda nella quarta Nemea e nella
sesta Istmica. Ancor oggi, la figura
del gigante non è estranea al Vesuvio, anzi s’identifica con lo stesso
monte, che viene spesso designato
come il gigante buono.
In quanto alle leggende sulla sua
formazione però la più conosciuta è
di Matilde Serao scritta nel suo “libro d’immaginazione e di sogno”:
Vesuvio era un giovane nobile di
Napoli, follemente innamorato di
una giovane di una “casa nemica”,
la famiglia Capri. Ma il loro amore era così avversato dalle proprie
famiglie, che la fanciulla, fatta imbarcare su una nave diretta verso una terra straniera, sentendosi
“strappar l’anima”, si gettò in mare,
«donde uscì isola azzurra e verdeggiante». Il cavaliere, «quando seppe
della nuova crudele, cominciò a gittar caldi sospiri e lacrime di fuoco,
segno della interna passione che l’a-
gitava: e tanto si agitò che divenne
un monte nelle cui viscere arde un
fuoco eterno di amore. […] Così
egli è dirimpetto alla sua bella Capri e non può raggiungerla e freme
di amore e lampeggia e s’incorona
di fumo e il fuoco trabocca in lava
corruscante…»
L’attività del Vesuvio
Lo studio storico dell’attività eruttiva è di fondamentale importanza
per comprendere il comportamento futuro di un vulcano .
Nella storia eruttiva del Vesuvio
distinguiamo un’attività antica fino
all’eruzione pliniana del 79 d.C.,
un’attività compresa tra il 79 e il
1631, ed un’attività successiva che
termina con l’eruzione del 1944. Le
eruzioni antecedenti al 79 sono evidentemente le più forti che il vulcano abbia subito, cioè le pliniane, dal
momento che le eruzioni più deboli
lasciano tracce lievi. Prima di Pompei sono state individuate le eruzioni di Codòla (25.000 a.C.), delle
pomici di base (19.000 a.C.), delle
pomici verdoline (15.000 a.C.), delle pomici di Mercato (7.900 a.C.),
e infine delle pomici di Avellino
(3.700 a.C.).
Dopo il 79 le più forti eruzioni che
si conoscano sono accadute nel 472
e nel 1631. Esse furono a carattere fortemente esplosivo ed emisero
GUIDA ALLA CITTÀ DI NAPOLI | 29
VESUVIO
grandi volumi di materiali piroclastici.. L’ultima fase dal 1631al 1944
mostra un’attività semipersistente;
alla fine del 1944 il vulcano, a seguito dell’ostruzione del condotto,
ha perso il pennacchio di fumo,
entrando in uno stato di quiete.
Quella del 79 d.C. è certamente l’eruzione più famosa ed anche la prima documentata. Di essa rimane
la testimonianza delle due lettere
scritte da Plinio il Giovane allo storico Tacito Le notizie di un imminente risveglio del vulcano furono
riportate da Seneca che scrisse del
terremoto del 63 d.C. che ebbe effetti disastrosi a Pompei, Ercolano,
Stabia.
Si è stimato che durante l’eruzione
del 79 d.C., la colonna eruttiva fosse alta 30 km. Pompei fu ricoperta
da 7 m di materiale piroclastico;
circa 3000 furono le persone che
morirono sotto la pioggia di ceneri. Ercolano, invece, fu sepolta sotto
23 m di ceneri depositate. Dell’attività vulcanica successiva all’eruzione del 79 d.C. si hanno solo scarse
notizie
Nel periodo 1631-1944 le ricostruzioni delle eruzioni del Vesuvio
sono principalmente su dati storici.
Quelle del 1631 rappresenta l’eruzione più catastrofica dopo quella
del 79 d.C.; numerosi villaggi fu30 | GUIDA ALLA CITTÀ DI NAPOLI
rono distrutti, e le vittime furono
almeno 4.000. Dopo il 1631, il vulcano entrò in uno stato di attività
persistente con numerose eruzioni
esplosive ed effusive.
L’ultima eruzione è avvenuta il 18
Marzo del 1944 in seguito all’ostruzione del condotto vulcanico. Il
volume totale di lava eruttata fu di
circa 21 milioni di mc, e distrusse
parte delle abitazioni di San Sebastiano e di Massa di Somma.
Le eruzioni future
Secondo gli scienziati, il primo
evento sarà un immenso boato prodotto da un colpo talmente forte da
scagliare una colonna di cenere e
pietre alta kilometri. Affermano
inoltre che i detriti incandescenti
cominceranno a cadere a terra, rendendo le acque bollenti e ricoprendo il terreno di uno spesso strato di
cenere.
Dopo l’ultima eruzione del 1944, il
vulcano è entrato misteriosamente
in una fase di sospensione. Le scansioni però hanno rivelato un insolito livello sismico a circa 8-10 km
di profondità. Fonti dell’Osservatorio Vesuviano interpretano questo
dato come movimenti della camera
magmatica che potrebbe produrre
esplosioni pliniane su larga scala.
Piani di evacuazione
La zona circostante al vulcano Ve-
VESUVIO
suvio è divisa in 3 zone di pericolosità (zona rossa, zona gialla, zona
blu) che, in caso di pericolo vengono sottoposte a procedure divere
per l’evacuazione. Innanzi tutto bisogna premettere che l’eruzione di
un vulcano non è improvvisa ma è
preceduta da segnali premonitori,
vengono così ideati quattro allarmi
diversi (base, attenzione, preallarme, allarme).
Livello base: quello attuale. Nessuna variazione significativa dei parametri.
Fase di attenzione: quando si verificano importanti variazioni dei
parametri fisico-chimici del vulcano l’Osservatorio Vesuviano deve
allertare la protezione civile e informare la Commissione Nazionale
per la Previsione e la Prevenzione
dei Grandi Rischi che deciderà se
dare lo stato di preallarme. In questa fase tuttavia la situazione potrebbe tranquillamente ristabilizzarsi.
Fase di preallarme: in questa fase la
situazione passa a livello nazionale
e viene annunciato lo stato di emergenza. I cittadini possono lasciare
volontariamente le proprie abitazioni se lo vogliono attenendosi
però ai protocolli e alle normative
del proprio comune e cercando di
non intralciare i soccorsi che entre-
ranno gradualmente in azione per
presidiare il territorio. In questa
fase vengono messe in atto anche
le procedure per la salvaguardia
dei bei immobili e delle opere con
grande valore culturale.
Fase di allarme: in questa fase l’eruzione è considerata quasi certa.
L’allarme arriva circa 1 settimana
prima dell’ipotetica eruzione in minimo 72 ore l’intera zona rossa viene evacuata e isolata. Ognuno dei
18 paesi della zona rossa è gemellato con una regione italiana che è
pronta nella necessità ad ospitare
la sua popolazione. Nella zona gialla invece la popolazione viene ospitata in centri di accoglienza nella
regione Campania.
Zona rossa: il territorio con maggior rischio ovvero quello circostante al vulcano.
Zona gialla: area con minor pericolo ovvero quella soggetta alla caduta di ceneri e lapilli.
Zona blu: sotto sezione della zona
gialla che a differenza di essa presenta un pericolo maggiore in
quanto può essere in pericolo di alluvioni (Conca di Nola).
L’ultima esercitazione risale al 2006
e una è in programma nel 2017 che,
alla luce degli ultimi grandi eventi sismici nel centro Italia, sembra
davvero necessaria.
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VESUVIO
L’efficacia dei piani di evacuazione
Ma nel caso in cui ciò avvenisse,
siamo pronti ad affrontare un’eruzione del Vesuvio? No, non siamo
preparati ad affrontarla. Non oggi.
Non ci sono i piani comunali, senza
i quali il piano nazionale può risultare una sorta di scatola vuota. Nessuno dei 700 mila residenti nell’area
di rischio, tanto meno quelli delle
aree circostanti, sa cosa dovrebbe
fare se scattasse l’allarme. Certo è
stato stilato un elenco dei comuni
italiani gemellati con i 25 a rischio,
ma come si potranno raggiungere
nella sventurata ipotesi di un allarme eruzione? Nelle poche prove
di evacuazione effettuate anni fa,
qualche decina di finti sfollati furono caricati a bordo di autobus e
portati in giro per l’Italia. Tempo
perso se si considera quante sono
le persone da evacuare in caso di
allarme. Attenzione, anche in caso
di un allarme al quale non segua
davvero un’eruzione. Comunque,
per trasferire 700 mila persone occorrono 8.750 autobus da 80 posti, i
più grandi. Che dovrebbero affluire
nella zona vesuviana non si sa bene
da dove e dove. Ma immaginate:
scatta l’allarme e qualcuno – chi? –
si mette al telefono per trovare migliaia di pullman. Assolutamente
inverosimile. «Ma considerate – ha
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fatto notare a Le Scienze Edoardo
Cosenza, professore di ingegneria
della Federico II e assessore regionale ai Lavori pubblici – che nella
zona sono immatricolate 300.000
automobili private. Quindi se si
impone di usare una macchina per
almeno due persone, cioè l’autista
e almeno un passeggero, significa
che almeno 600.000 si evacuano
da sole. Per gli altri, al massimo
100.000 persone, è allo studio l’ipotesi di indirizzarli verso le stazioni
ferroviarie, così la necessità di autobus dovrebbe poter essere coperta
dalla sola Regione Campania».
Fenomeni legati al Vesuvio: il bradisismo
Il bradisismo è un fenomeno legato
al vulcanesimo secondario per cui
il livello del suolo subisce periodicamente un innalzamento o un
abbassamento. Esso avviene lentamente (mediamente 1cm per anno)
ma è abbastanza visibile lungo le
rive del mare.
Attualmente non si sanno precisamente le cause, quella più probabile
è che la variazione di temperatura
nel sotto suolo causi un cambiamento della pressione del vapore
acqueo contenuto nelle falde freatiche con conseguenti deformazioni
della crosta superficiale.
Questo fenomeno è caratteristi-
VESUVIO
co dell’area dei Campi Flegrei in
Campania, soprattutto della zona
del golfo di Pozzuoli. Il bradisismo
flegreo lungo la storia è stato classificato come ascendente o discendente.
• dal II secolo a.C. al IX secolo: discendente
• dal X secolo fino al XVI secolo:
ascendente
• dal XVII secolo fino al 1970: discendente
• dal 1970 al 2005 : fase di alternanza di innalzamenti e abbassamenti
• dal 2005 a oggi : ascendente
Il movimento più macroscopico in
assoluto è avvenuto il 28 settembre
1538 sulla costa di Pozzuoli, nell’imminenza dell’eruzione del Monte
Nuovo: intorno alle ore 12.00 infatti il mare si ritirò improvvisamente di circa 370 m, lasciando sulla
riva moltissimi pesci agonizzanti; è
stato calcolato che questo ritiro repentino corrispondesse ad un moto
bradisismico ascendente di almeno
7,40m. Ora lo strumento utilizzato
per le misurazioni è il GPS, ma in
passato sono stati le colonne del cosiddetto Tempio di Serapide a Pozzuoli, che fino al 1983 si trovavano
parzialmente sommerse dal mare
ed oggi si ritrovano al di sopra del
livello del mare.
Nello scorso secolo più volte si è intensificato il fenomeno.
Durante gli anni della crisi all’inizio
degli anni ‘70 il terreno si è alzato
complessivamente di 150-170 cm,
mentre tra il 1980 e il 1983 di 180
cm. Nel 1983 oltre ai vari terremoti
di lieve intensità, si è verificato una
scossa di quinto grado. In entrambi
i casi si sono messe in atto diversi
piani di emergenza per evitare danni gravi agli abitanti.
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za titolo
MAPPA
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Centrale
anico
o
- INGV
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2 aA (a.s. 2016/2017)
Liceo Scientifico “F.Lussana” - Bergamo