Pannelli solari made in China, dazi antidumping

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Transcript Pannelli solari made in China, dazi antidumping

Pannelli
solari
made
in
China,
dazi
antidumping
confermati
Il tribunale europeo conferma le misure per proteggere
l’industria del Vecchio Continente. E così l’Unione Europea dà
una mano al made in Italy
L’Unione Europea dà una mano al made in Italy e conferma in
toto i dazi antidumping e antisovvenzione per i pannelli
solari importati dalla Cina istituiti dal Consiglio UE nel
2013 per attenuare il danno causato all’industria del Vecchio
Continente da pannelli che arrivavano dall’Oriente sotto costo
e di dubbia qualità.
Con l’aumento della produzione di pannelli fotovoltaici e
solari termici, le aziende del settore italiano si sono viste
sorpassare dalle aziende cinesi. La Cina, infatti, esporta il
90% dei suoi pannelli fotovoltaici in Europa e negli Stati
Uniti, detenendo il mercato globale del fotovoltaico per oltre
il 60%. Basti pensare che in Italia sono presenti 5 colossi
industriali del fotovoltaico cinese, 10 aziende costruttrici
cinesi producono più di 1GW ciascuna e che la città di Pechino
ha finanziato con 30 miliardi dollari le sue industrie
produttrici del settore delle energie rinnovabili.
I pannelli fotovoltaici cinesi presentano un prezzo molto
economico ma molto spesso anche con livelli di qualità non
affidabili e con assenza di garanzie. In linea generale, i
pannelli fotovoltaici cinesi presentano un costo variabile tra
1-1,20 euro per watt e i 2,90 euro: in questo modo, si
assicurano la possibilità di proporre al proprio cliente dei
preventivi molto bassi e competitivi sul mercato.
Recentemente numerose imprese cinesi avevano chiesto al
Tribunale dell’Unione europea di annullare le misure
antidumping e antisovvenzione. I giudici, dopo attente
valutazioni, hanno decido di respingere tutti i ricorsi
presentati.
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tutte le informazioni e le linee guida utili in campo
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L’aggiornamento nell’edizione 2015 riguarda, tra l’altro, il
nuovo sistema di classificazione ed etichettatura delle
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In particolare, il Tribunale ha motivato che per determinare
il valore normale dei pannelli solari nel paese esportatore,
la nozione di “paese esportatore” non doveva necessariamente
essere definita nello stesso modo per l’insieme del prodotto,
indipendentemente dalla sua origine. Pertanto, le istituzioni
dell’Unione hanno potuto validamente considerare che, per le
celle e i moduli originari e provenienti dalla Cina nonché per
i moduli originari della Cina ma provenienti da Paesi terzi,
il paese esportatore corrispondeva al paese d’origine (la
Cina), mentre, per i moduli provenienti dalla Cina ma
originari di un paese terzo, il paese esportatore
corrispondeva non al paese di origine ma al paese
intermediario (ancora la Cina). Questa scelta delle
istituzioni può trovare giustificazione nel loro obiettivo di
esaminare l’esistenza di eventuali pratiche di dumping in Cina
e non in un altro paese, il che fa parte del loro ampio
margine di discrezionalità.
Peraltro, il Tribunale Ue afferma che correttamente le
istituzioni dell’Ue hanno considerato le celle e i moduli
fotovoltaici come un unico prodotto.
Altra questione: per il Tribunale l’aliquota dei dazi fissati
dal Consiglio non è eccessiva. Secondo i giuristi, infatti, le
istituzioni dell’Unione hanno valutato in modo corretto le
altre cause possibili di danno come, ad esempio, la riduzione
dei regimi di aiuto in alcuni Stati membri, il prezzo delle
materie prime, le importazioni di celle e di moduli dalla la
Cina da parte di produttori dell’Unione o, ancora, la crisi
finanziaria. Per il Tribunale dell’Ue, gli effetti di questi
fattori sulla situazione dell’industria dell’Unione sono stati
debitamente distinti e separati dagli effetti pregiudizievoli
delle importazioni oggetto del dumping, ma nessuno di essi è
stato considerato tale da spezzare il nesso di causalità
stabilito tra le importazioni oggetto di dumping originarie e
provenienti dalla Cina e il danno rilevante subito
dall’industria dell’Unione.
Leggi anche: L’impianto fotovoltaico più grande della Turchia
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