Testo Lia Ferrari Foto Helenio Barbetta Roberto

Download Report

Transcript Testo Lia Ferrari Foto Helenio Barbetta Roberto

ALBum

Stile

146

Libero

Roberto Baciocchi abita qui: una dimora storica con tanto di torre del Trecento a Arezzo. «Ho comprato questa casa perché mi piace, lungi da me volerla cambiare», dice l’architetto dandy. Il nuovo entra in campo con l’arredo, una sofisticata Babele di epoche e stili difficile da etichettare: «Per favore, non inquadratemi in una formula.

Io voglio essere solo me stesso» Testo Lia Ferrari Foto Helenio Barbetta

Come nel resto della casa, anche le porte del soggiorno sono state sverniciate per fare affiorare i colori originari.

Dietro il divano rivestito di velluto grigio perla, un armadio creato dallo stesso Baciocchi, montando dei quadri al posto delle ante. Attorno al tavolo, sedie anni Cinquanta di Carl Jacobs

«Per favore, non mi inquadrate in uno stile. Non mi interessa appartenere a un gruppo, io non voglio somigliare a nessuno». Uno e unico, Roberto Baciocchi, proprio come la sua casa di Arezzo. È una dimora storica costruita a più riprese: la torre nel Trecento, gli altri corpi di fabbrica qualche secolo dopo. In tutto sono quasi 500 metri quadrati. E ci vivono in due: l’architetto e sua moglie, Rossella. I nani da giardino all’ingresso sono un regalo che lui ha fatto a lei per Natale. Eolo, Brontolo, Pisolo… Come reagisce, chi li vede per la prima volta? «Nessuno ha mai osato dirmi niente. Uno spazio che ha una personalità forte incute soggezione e qui non ti muovi certo nella banalità». Baciocchi alla banalità non è mai stato abituato. Racconta che la casa dov’è cresciuto, sempre ad Arezzo, era costruita su fondamenta etrusche, e che nell’orto si potevano trovare veri reperti archeologici. La vocazione di esteta l’ha ereditata da suo padre, un geometra appassionato d’arte. Poi ha studiato architettura a Firenze: «Erano gli anni della contestazione, se fossi rimasto a casa avrei risparmiato tempo. Ho imparato più cose nelle botteghe degli artigiani che all’università». Il suo studio adesso impiega una trentina 151

Nel corridoio, nani da giardino degli anni Sessanta (sopra).

Le pareti dell’ingresso sono state dipinte da un amico artista. Sedie e cassettoni degli anni Cinquanta sono di Gio Ponti. A soffitto, lampada anni Settanta di Gianni Celada per FontanaArte (sopra, a sinistra). Volte affrescate e dettagli design nel salotto al primo piano. Poltrona Ekstrem, design Terje Ekström, Varier (nella pagina accanto)

La cucina secondaria è uno spazio coperto da volte. Il lavabo è di pietra antica, la lampada Taraxacum un originale di Achille e Piergiacomo Castiglioni, oggi nel catalogo Flos (sopra). La casa conserva intatti i segni del passato, come la nicchia affrescata nella corte interna (sopra, a destra)

di persone. Progettano architettura, interni, oggetti ma soprattutto negozi di lusso. Tutti quelli del marchio Prada – eccetto New York, Tokyo e Rodeo Drive – li hanno fatti loro.

Dalla Toscana al mondo senza lasciare Arezzo. Baciocchi dice di non averci neanche mai pensato: «Per quale motivo dovrei andarmene da qui? In Toscana si sta benissimo.

È un concentrato di qualità incredibile. L’ideale, per me che devo produrre oggetti: ho a portata di mano artigiani che lavorano tutti i materiali in maniera magistrale, dall’oro alla pietra». È alto artigianato anche il restauro conservativo di questa abitazione. Per Baciocchi, un atto necessario: «Non vedo perché avrei dovuto snaturare una casa antica, piuttosto me ne sarei costruito una nuova. Ho comprato questa perché mi piace, lungi da me volerla cambiare». Si è limitato ad adattatare gli impianti, per il resto ha lavorato sulle superfici: ha tolto gli ultimi strati di vernice dalle porte e ha studiato un sistema per riprodurre i colori originari delle pareti, fatti di una miscela di macinati e calce. Un dettaglio che fa la differenza: «Colori come questi, non riflettenti, creano atmosfere ed emozioni particolari. Se invece usi gli intonaci tirati a piombo un ambiente risulta 152

NON VEDO PERCHÉ AVREI DOVUTO SNATURARE UNA CASA ANTICA.

L’HO COMPRATA PERCHÉ MI PIACEVA, LUNGI DA ME VOLERLA CAMBIARE

Un’altra stanza nel segno dell’eclettismo. Il tavolo è degli anni Quaranta, mentre il lampadario della serie Fun è stato disegnato da Verner Panton negli anni Sessanta. Addossata alla parete, una libreria Multiuse di Angelo Mangiarotti per Poltronova

Atmosfere antiche e suggestioni anni Settanta nella camera da letto.

Il guardaroba di metallo è un pezzo unico disegnato da Roberto Baciocchi con l’artista Giuseppe Friscia, esposto a Miart nel 2014. La lampada da terra è la Toio di Achille e Pier Giacomo Castiglioni per Flos, il letto un design del francese Pierre Paulin. Alla parete è appesa una bandiera giapponese

asettico. Potrebbe essere in Toscana come a Zurigo. Perde l’identità». Se l’architettura rispetta la storia, il nuovo entra in campo con l’arredo. Una sofisticata Babele di epoche e stili: «Negli accostamenti non seguo un criterio stilistico ma di puro piacere personale.

Ho fatto questa casa per me e per mia moglie. Gli oggetti disposti nelle stanze esprimono la loro e la nostra personalità». Si spazia dal mobile svedese all’antica sedia orientale: «Non colleziono, sono un accumulatore. Se in un mercatino trovo due insegne Renault le prendo, poi magari ci faccio una lampada. Le mode non le seguo: i cassettoni di Gio Ponti ce li ho dagli anni Ottanta, quando non li comprava nessuno». Altra sua grande passione, oltre agli oggetti di carattere, sono i libri di cucina: «Non mi sento un grande chef, so fare poche cose, ma da buon toscano sono un bravo rosticciere. Cucino pollame, arrosti… Di libri di ricette ne ho una parete piena perché mi appassionano gli stili di vita che raccontano, più delle ricette». In una casa che di cucine ne ha addirittura due, uno si immagina grandi ricevimenti, ma Baciocchi ci smonta subito: «Abbiamo pochissimi amici. E anche quelli li invitiamo molto raramente».

156

Roberto Baciocchi davanti al ‘passaggio segreto’ che ha creato nel soggiorno. Quando è chiuso, sembra l’anta di un armadio (sopra, a sinistra). Un’infilata di stanze (sopra).

Pareti e soffitto del bagno sono rivestiti con specchi antichi comprati a Venezia.

Non sono incollati ma fissati con un sistema di ganci. I sanitari sono pezzi italiani dei primi anni Sessanta.

Vasca Tinoccia, 1975, di Antonia Campi per Pozzi-Ginori (nella pagina accanto)