Bastanoduelettere

Download Report

Transcript Bastanoduelettere

o
Bastano due lettere
Testo
Stefania Romani
Illustrazione
Alessandro Tota
Pugnalate emotive
pposte e complementari, sono la coppia di parole più secche e nette
in ogni lingua. Non è sempre facile pronunciarle. anche se social network e referendum le hanno
ormai rese un tormeNtoNe , nel quale inciampiamo tutti i giorni
AMICA - 121
Ricevere un rifiuto NElla vIta
come in Rete può essere
quanto un dolore
devastante
FISICO e causare SOFFERENzE
dalle quali non è facile RIPRENDERSI
J
ohn kenneth Galbraith,
economista e diplomatico canadese, consulente della Casa Bianca dai tempi
di JFK, schiacciava ogni pomeriggio un pisolino. E la governante Gloria sapeva bene che per nessuna ragione al mondo andava disturbato.
Così, quando chiamò Lyndon Johnson in persona, rispose che NO, non
poteva passarglielo. Aveva avuto ordini di non svegliarlo. “Ma io sono il
Presidente”. “Lo so, però io lavoro per Galbraith e non per lei”, replicò la
donna. Il giorno dopo Johnson chiese a Galbraith di lasciar libera Gloria, perché trasferisse i suoi servigi alla Casa Bianca.
SÌ e NO sono le due parole più brevi e più antiche. Sono pure quelle, come
sosteneva Pitagora, che richiedono maggior riflessione. Nei rapporti sociali, dire SÌ è molto più semplice, trasmette disponibilità, interesse, condiscendenza. Ma anche arrendevolezza: dopotutto, molti sono pronunciati
per compiacere o per evitare complicazioni. Il NO è già più impegnativo,
va dosato con diplomazia e convinzione. Implica accettare tutti i rischi che
si porta dietro, servono anni di esperienza prima di imparare a non dirlo
sussurrando o con titubanza, altrimenti sottintende un SÌ.
Da mesi, causa referendum, SÌ o NO sono diventati quasi un tormentone insostenibile. Tuttavia i progressi nella tecnologia, e soprattutto la
smania di rendere pubblico qualsiasi pensiero o giudizio, persino il più
banale, hanno fatto in modo che il rifiuto non fosse mai stato così facile
da distribuire con nonchalance ai quattro venti. Ogni giorno sempre
più persone si affannano a far sapere quale casella barrano. Va detto
che nell’era dei social network il NO è diventato meno faticoso, molto
meno imbarazzante, per il semplice motivo che si è trasformato in una
NON risposta, NON fornita standosene nascosti dietro un monitor,
NON affrontandosi vis-à-vis.
Nella vita nessuno è indenne dal ricevere i NO. Feriscono, come studiano alcuni scienziati, esattamente come un dolore fisico visto che
l’area del cervello, che in quel momento si attiva, è la stessa che registra un taglio, una frattura o un’ustione. E le pugnalate di sofferenza
emotiva possono essere tanto dolenti offline quanto quelle online. Si
twittano pareri sulle scelte di politici, sui risultati di Valentino Rossi
122 - AMICA
Pugnalate emotive
al MotoGP, su un libro appena uscito. Nella
selezione strategica degli hashtag da usare
come specchietto delle allodole, si elargiscono presunte pillole di saggezza sulle prossime
elezioni negli Stati Uniti, interventi militari,
legalizzazione di matrimoni omosessuali. Si
invadono selvaggiamente le bacheche di Facebook, Instagram e Pinterest con selfie e foto
di vacanze, compleanni, posizioni buffe del
cane, piatti di spaghetti alla carbonara del ristorante scoperto da poco, primi bagnetti dei
figli (mi rendo conto di essere, per scelta, un
dinosauro tecnologico e di provare una feroce idiosincrasia per tutto ciò). Ed ecco, dietro
l’angolo, il potenziale rifiuto, ovvero l’indifferenza... il fallimento. Sui social network il silenzio equivale a un secco NO.
equi, scatta
l’orgoglio personale, l’egocentrismo. Per attutire lo smacco, si cancella
il messaggio appena postato, perché non ha ricevuto sufficiente attenzione o almeno 97 “mi
piace”. Chi non lo fa, arriva perfino a monitorare ogni due secondi l’andamento della situazione, per vedere se qualcuno ha cambiato idea, se
si è finalmente degnato di commentare la foto
di quella scogliera dell’Isola d’Elba che lo ha
tanto emozionato. Aggiungete, poi, la fatica di
postarla con lo smartphone in tempo reale e in
un posto quasi senza campo.

La formula compromissoria
del mezzo e mezzo non porta da
Sempre meglio
nessuna parte.
riSpondere con deciSione
senza perdere troppo tempo
I
piccoli drammi
continuano anche sul
fronte Twitter: “Non capisco perché mai nessuno si è preso la briga di
ri-twittare il mio #SalviamoLeNutrieDelParcoLambro, quando la settimana scorsa il mondo aveva già ignorato #SagraDellaPorchetta2016.
C’eravamo divertiti tutti quanti, se non ricordo male”. Le mancate risposte, se qualcuno smette di seguirti su Twitter o ti cancella dai contatti, spesso vengono interpretate come un “NON mi interessa quello
che hai da dire”. A tal riguardo, ricercatori del Mit hanno scoperto che
nel mondo virtuale si tende a sopravvalutare il sentimento che gli altri
provano nei nostri confronti. Uno studio, infatti, condotto su un gruppo di 84 studenti tra i 23 e i 28 anni per stimare, con un punteggio da
uno a cinque, il rapporto che li legava, ha rivelato che in quasi un caso
su due l’affetto non è ricambiato. L’amicizia era sentita reciprocamente
nel 53 per cento dei casi, peccato che gli intervistati erano convinti che
lo fosse nel 94 per cento delle volte.
Secondo Vanessa Bohns, professoressa alla Cornell University nello Stato
di New York ed esperta di psicologia sociale del rifiuto, i millennial sono
più propensi a dire NO, ma l’attitudine è strettamente proporzionale
all’aumento della comunicazione digitale, dove le conversazioni avvengono tramite e-mail, whatsApp e social media vari. Se però, da una parte,
ha imparato a elargire NO e mancate risposte, risparmiandosi la sgradevolezza di farlo a tu per tu, la generazione Internet è ancora ben lontana
dall’incassare i NO con dignità o leggerezza. Ignora il fatto che, se qualcuno ti blocca su Twitter, è solo perché vuole un po’ di pulizia nella “timeline”, o non ti segue più in quanto ha optato per un’accurata selezione degli
hashtag che d’ora in poi leggerà.
la maggior parte delle volte
il rifiuto, anche se è pubblico e quindi fa più male, non è personale. Rimane
il fatto che un po’ di autoconsapevolezza non ha mai nociuto a nessuno: forse qualcuno finalmente ti ha bloccato perché non sopportava di
sentirti sbraitare se fosse il caso o meno di imporre la zona pedonale
in quella tal via. Nella popolazione, tuttavia, c’è una grande fetta di
124 - AMICA
Pugnalate emotive
dinosauri tecnologici rimasta attaccata alla
cara e vecchia abitudine di spiattellare un NO
in faccia (se poi è un po’ difficile, meglio farlo davanti a un bicchiere di vino). Ma non è
facile, anzi, non lo è per niente. La psicologa
Susan Newman, ha scritto persino un libro
intitolato The Book of NO: 250 Ways to Say It
(250 modi per dire NO): capita troppo spesso
di pronunciare un SÌ, quando si desidererebbe ardentemente proferire un NO.
rincarano la dose
alcuni ricercatori dell’University of California: la
qualità della nostra vita è legata all’attitudine
di dire NO e alla capacità di saperlo esprimere.
Non essere in grado può causare stress, fino a
raggiungere la depressione. Occorre puntualizzare, però, che un NO con troppa leggerezza
può provocare disastri. Walt Disney nel 1919
fu licenziato dal Kansas City Star in quanto,
secondo il suo editore, mancava di immaginazione, Marilyn Monroe venne rifiutata ripetutamente dalle agenzie di modelle perché
“adatta a fare la segretaria”, e anche Steven
Spielberg fu scartato per ben tre volte all’University of Southern California School of Theater, Film and Television.
Forse conviene rimanere nella più comoda via
intermedia, anche se il canonico MEZZO NO
implica troppe sfumature per suonare deciso.