La rassegna di oggi

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RASSEGNA STAMPA CGIL FVG – mercoledì 1° marzo 2017
(Gli articoli di questa rassegna, dedicata prevalentemente ad argomenti locali di carattere economico e sindacale, sono
scaricati dal sito internet dei quotidiani indicati. La Cgil Fvg declina ogni responsabilità per i loro contenuti)
ATTUALITÀ, ECONOMIA, REGIONE (pag. 2)
Timida ripresa in Friuli. Il Veneto mette il turbo (M. Veneto)
A Trieste i contribuenti più ricchi del Nordest (Piccolo)
Donnet: «Generali pronte a crescere in Europa» (Piccolo)
L'imprenditore Zamò camuffato da operaio a "Boss in incognito" (M. Veneto)
Sì ai referendum per la fusione di cinque Comuni (M. Veneto)
Lo strappo finale di Pegorer e Sonego: «Rotta da rifare» (Piccolo)
CRONACHE LOCALI (pag. 8)
Segreteria generale Cgil, Vallan succede a Pigozzo (M. Veneto Pordenone, 2 articoli)
Cgil, Pigozzo in pensione. Vallan prende il timome (Gazzettino Pordenone)
Coop di Potenza estromette la Croce rossa (M. Veneto Pordenone)
Banche alla svolta, scattano esuberi e tagli di sportelli (Gazzettino Pordenone)
La storia infinita del comandante. Salta ancora il concorso (M. Veneto Udine)
No all'assemblea, gioca la Juve (Gazzettino Udine)
Slittano gli stipendi, proteste in ospedale (M. Veneto Udine)
I dipendenti della Fantoni solidali con i terremotati (M. Veneto Udine)
Si aggrava la crisi del Gal, dipendenti senza stipendio (M. Veneto Udine)
Eataly apre la caccia a macellai e panettieri. Raffica di colloqui (Piccolo Trieste)
Ex Ite, il futuro si fa roseo: “blindati” i 37 posti di lavoro (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
NoBiomasse, nuovo esposto in Procura (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
Rinviata la liquidazione di 770mila euro a Pipistrel (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
1
ATTUALITÀ, ECONOMIA, REGIONE
Timida ripresa in Friuli. Il Veneto mette il turbo (M. Veneto)
di Elena Del Giudice - La congiuntura relativa alla fine del 2016 chiude in terreno positivo. Il trend
da «timido risveglio» ha interessato pressoché tutti i settori, dal manifatturiero al commercio,
dall’ospitalità alle costruzioni passando dal vitivinicolo. Ma se si raffronta l’andamento del Friuli
Venezia Giulia con quello del Veneto, è palese come la nostra regione arranchi rispetto ad una
maggiore velocità registrata in Veneto. Venendo ai dati, «la manifattura conferma la propria marcia
positiva, iniziata nel 1° trimestre del 2015); il commercio incrementa per l’ottava volta consecutiva
le vendite (+1,9%); l’ospitalità che, pur restando in positivo risente del periodo in esame; l’edilizia
che prosegue nel suo incoraggiante, seppur lento risveglio». Così Giovanni Pavan, presidente di
Unioncamere Fvg, riassume il trend emerso dall’indagine congiunturale trimestrale elaborata da
Questlab su un campione di circa 1.500 imprese regionali. Nel riferire del quadro di riferimento
internazionale, Unioncamere segnala il rallentamento degli Usa mentre l’area euro conferma un
percorso di crescita, seppur con ritmi moderati. C’è attesa per le politiche economiche che assumerà
la nuova amministrazione statunitense: «potrebbero essere attivate azioni che avranno un impatto
espansivo (gli annunciati interventi in materia di politica di bilancio), ma anche essere messe in atto
misure di restrizione commerciale». In Italia si rafforza la ripresa del manifatturiero cui si associano
un miglioramento del potere d’acquisto delle famiglie e un incremento degli investimenti. «Anche
secondo la nostra indagine congiunturale proseguono i segnali positivi nella manifattura. In Italia,
nel 4° trimestre 2016, l’indice della produzione industriale ha segnato un aumento di +1,3% rispetto
al 3° trimestre». Altro indicatore importante, è la fiducia dei consumatori, in recupero nell’ultima
parte dello scorso anno, e in lieve flessione a gennaio 2017. Il consuntivo 2016 per la manifattura
vede un rallentamento: +0,4% la produzione (positiva dal 1° trimestre 2015), +0,45% gli ordini
interni, +0,21% quelli esteri, +0,8% l’occupazione. In territorio negativo il fatturato estero (-2% un
dato che trascina in area negativa anche quello complessivo che presenta una variazione tendenziale
di -0,5%). Sempre su livelli elevati il grado di utilizzo degli impianti, che sfiora il 70%, mentre
risulta sempre molto significativa la propensione all’export: la quota di export sul totale fatturato
dalle imprese manifatturiere è pari al 39,6%, sfiora il 70% nella meccanica, e raggiunge il 70,7%
nella grande industria. Per quel che riguarda le prospettive per il 2017, prevale stabilità e flessione
per il legno-arredo, stabilità e crescita per la meccanica. Il commercio al dettaglio anche il 4°
trimestre 2016 ha registrato un aumento delle vendite (+1,9%), indicatore positivo da ben otto
trimestri. Crescono le vendite negli esercizi di media e grande dimensione: +3% nei negozi da 10 a
49 addetti, +9,6% in quelli da 50 a 249 addetti e +15% nei grandi attività commerciali. Restano in
difficoltà i piccoli negozi (-0,4% la variazione tendenziale nel 4° trimestre 2016). Stabile
l’occupazione. Nei servizi all’ospitalità i dati a consuntivo riflettono la forte stagionalità di questo
comparto regionale, restano in area positiva le vendite (nel 4° trimestre 2016: +0,4% la var.
tendenziale), in leggera flessione l’occupazione (-0,65%), crescono i prezzi di vendita (+0,6%), i
costi totali (+2,9%). Nel 4° trimestre 2016 l’edilizia presenta indicatori congiunturale piuttosto
interessanti; rispetto all’anno precedente sono cresciuti le commesse (+0,7%), ed il fatturato
(+0,4%) positivo per il secondo trimestre consecutivo. In flessione la produzione (-1%) e
l’occupazione (-5,7%). Nell’andamento congiunturale emergono diversi segnali positivi: riguardano
la produzione, le commesse ed il fatturato, dinamica che dura da tre trimestri consecutivi. Bene il
vitivinicolo che chiude l’anno con il segno più per fatturato estero, produzione e ordini esteri; in
flessione gli ordini interni.
2
A Trieste i contribuenti più ricchi del Nordest (Piccolo)
di Diego D’Amelio - Trieste è la provincia più ricca del Nordest. Questo dicono le dichiarazioni dei
redditi 2016, secondo i dati forniti ieri dal ministero dell'Economia e delle Finanze, che confermano
la percezione di un benessere diffuso, sebbene in assenza di un forte sviluppo imprenditoriale. Se il
reddito complessivo medio del Friuli Venezia Giulia si alza di 400 euro rispetto al 2015,
attestandosi a 21.575 euro (un anno prima erano 21.176 euro), gli oltre 180mila contribuenti
triestini dichiarano in media 22.499 euro di imponibile, contro i 22.157 del 2015. Cifre che si
riferiscono ovviamente ai guadagni dell'anno che precede la dichiarazione. Trieste è l'ottava
provincia a livello italiano, dietro a una serie di realtà del Nord Italia, da Milano (27.166) a Monza
(24.054), da Bologna (23.763) a Roma (23.728), da Lecco (23.274) fino a Parma (23.215) e Varese
(22.515). La rielaborazione delle cifre fornita da Ires Fvg, dice che la regione si colloca al nono
posto della classifica italiana, ultima del Nord dopo il Veneto: la Lombardia si conferma ancora una
volta il territorio più ricco per quanto riguarda i numeri contenuti in modelli unici e 730, con una
media di 24.524 euro dichiarati, seguita da Lazio (22.706), Emilia Romagna (22.681), Piemonte
(22.254), Liguria (22.128), Val d'Aostra (22.046), Trentino Alto Adige (21.958) e Veneto (21.627).
Il fanalino di coda è rappresentato invece della Calabria con i suoi 14.780 euro annui. Se il Fvg
perde una posizione nella graduatoria nazionale, Trieste è di contro la provincia più ricca del
Nordest per reddito imponibile medio, davanti a Bolzano (21.875 euro), Padova (21.623) e Vicenza
(21.005). Chiudono la graduatoria Gorizia (19.983), Belluno (19.937) e Rovigo (18.212). Per
quanto riguarda invece la ricchezza all'interno della dimensione regionale, il capoluogo giuliano è
davanti ai 230mila contribuenti della provincia di Pordenone (20.393), ai 400mila di quella di Udine
(20.375) e ai 108mila di quella di Gorizia (19.980). In linea con l'andamento demografico, il
numero di contribuenti del Fvg risulta ad ogni modo in costante diminuzione, con una riduzione di
oltre 50mila unità in un decennio, come attesta il passaggio dai 971mila contribuenti del 2008 ai
meno di 920mila del 2016. La flessione complessiva è del 5,3% ed è proseguita, con rari momenti
di pausa, a un ritmo inesorabile di circa 5mila persone in meno all'anno. Per quanto riguarda invece
gli scaglioni di reddito, i dati dicono che in regione 1 contribuente su 4 si colloca al di sotto dei
10mila euro, mentre chi dichiara fra 10mila e 15mila euro ammonta al 13% del totale. La fascia più
nutrita è quella dei redditi lordi compresi fra 15mila e 26mila euro, pari al 34,2%. Cospicuo anche il
segmento che sta fra 26mila e 55mila euro: il 23,2%. Calano invece drasticamente i redditi superiori
a tale soglia, posto che quelli da 55mila euro interessano il 4,1% del totale, equivalente a 38mila
contribuenti su una popolazione regionale di circa 1,2 milioni di persone. All'interno della fascia dei
più benestanti sono infine poco più di 5mila quelli che possono vantare guadagni lordi superiori a
120mila euro. Le percentuali dei triestini sono tutte spostate verso l'alto: i redditi sopra i 55mila
euro sono ad esempio il 5,6%, mentre tra 26mila e 55mila euro si colloca il 26,6% dei contribuenti,
con un + 3,4% rispetto alla media nazionale. Guardando i singoli comuni, è quello di Moruzzo
(25.500) a confermarsi il più ricco del Fvg, seguito da Pagnacco (24.760), Udine (24.187), e
Campoformido (23.890). La top ten continua con tre comuni della cintura triestina - Sgonico
(23.873), Duino Aurisina (23.827) e Monrupino (23.471) - a propria volta seguiti da Pordenone
(23.429), Tricesimo (22.903) e Roveredo in Piano (22.823). Gli ultimi posti sono invece occupati
dalla zona delle Valli del Natisone, come nel caso dei comuni di Drenchia (12.248), Savogna
(14.513), Grimacco (14.546), Stregna (14.731): a incidere in questo caso è soprattutto la quota dei
redditi da pensione, vista l'alta incidenza di anziani.
3
Donnet: «Generali pronte a crescere in Europa» (Piccolo)
di Piercarlo Fiumanò - Chiuso il sipario sulla sfida virtuale con Intesa SanPaolo, le Generali di
Donnet accelerano sul piano industriale. Il dna internazionale del gruppo resta quello si cui puntare:
«Vogliamo ulteriormente rafforzarci in Europa» dice il Ceo a un convegno di Deloitte. Il gruppo
triestino ora deve dare risposte convincenti ai mercati. Dopo un mese di rumors su possibili
offensive di Axa e dopo essere state oggetto di “case study” da parte di Intesa, le Generali guardano
avanti. Il Ceo francese non commenta la lunga fase di tensione dopo la proposta di «combinazione
industriale» lanciata da Cà de Sass: «Non posso commentare qualcosa che non è mai successo». Le
Generali però si ritrovano azioniste importanti di una quota della prima banca italiana acquistata
come mossa difensiva: come emerso ieri dall'aggiornamento sull'azionariato di Intesa, il gruppo
triestino possiede ora ufficialmente il 3,4% dopo avere smaltito una quota pari all'1,08% frutto di
parte del prestito titoli. Il Leone prende tempo sulla destinazione di questa partecipazione:
«Rappresenta un valore e vedremo cosa farne», dice Donnet. Il Ceo francese si sta molto
impegnando per cancellare l’immagine percepita delle Generali come una facile preda. Di fatto oggi
la compagnia capitalizza 23 miliardi, un bottino insufficiente a sventare il pericolo di ipotetiche
scalate. Donnet tiene barra dritta sugli obiettivi: una generazione di cassa di 7 miliardi e dividendi
cumulativi di 5 miliardi grazie al piano di riduzione dei costi. «Le prospettive vanno benissimo,
come vedremo il 16 marzo», ha detto il Ceo alla vigilia della presentazione dei conti 2016.
L’obiettivo primario diventa quello di rafforzarsi sul fronte internazionale anche razionalizzando,
come annunciato all’Investor Day londinese, la presenza del gruppo sui mercati globali. Le attività
estere, come ha precisato di recente l’ex Axa Frederic de Courtois, Ceo delle Global Business
Lines, valgono il 66% dei premi e poco meno del 60% del risultato operativo. Italia (vale il 35% dei
premi di gruppo), Francia, Germania (in forte crescita) e i Paesi della vecchia Mitteleuropa sono la
base da cui partire per aumentare la stazza e la redditività del gruppo triestino. Come questo accadrà
è stato in parte già annunciato: il gruppo, oggi presente in ben 60 Paesi, uscirà da quei mercati dove
non si sente più leader di mercato e considerati poco profittevoli. Sul piano di dismissioni, che sarà
completato entro il 2018, non filtrano altri particolari. Le Generali usciranno da una ventina di Paesi
che complessivamente rappresentano l’1% dei premi e dove la compagnia non vede una grande
prospettiva di sviluppo. Da queste dismissioni Trieste conta di ricavare circa 1 miliardo che servirà
al lancio della fase due: la crescita organica nel Centro Europa e nei paesi emergenti ad alto tasso di
sviluppo come la Cina (le Generali sono state la prima compagnia a sfondare la Grande Muraglia),
India, Vietnam, Malesia, Indonesia, America Latina: «Abbiamo fatto una scelta - ha spiegato l’ad di
Generali. Puntiamo sull’internazionalità perchè per noi la diversificazione internazionale è un modo
per mitigare il rischio». Il manager francese al convegno di Deloitte ha spiegato la visione
gepolitica che sta ispirando le sue scelte: «Il motore dell'Europa non può più essere fatto solo da
Francia e Germania. É un modello superato che non funziona più. Di certo ci vuole più Italia. E si
chiede: «Come si fa ad avere una moneta unica senza una politica economica unica, senza una
politica sociale unica, senza una politica fiscale unica?». La realtà, aggiunge, «è che non si può
fare». Secondo Donnet «l'unico modo per andare avanti, l'unica strada, è andare verso una maggiore
integrazione, almeno all'interno della zona Ue e fra i principali paesi dell’Eurozona».
4
L'imprenditore Zamò camuffato da operaio a "Boss in incognito" (M. Veneto)
di Mattia Pertoldi - Operaio per un giorno, anzi, per una settimana per verificare, sul campo, lo stato
dell’arte delle aziende che controlla. Il tutto, camuffato da neofita lavorativo, e sotto lo sguardo
attento delle telecamere della tv di Stato. Di chi parliamo? Del friulano Pierluigi Zamò che ieri è
stato il protagonista della popolare trasmissione di Rai 2 “Boss in incognito”, il popolare format
condotto da Nicola Savino in cui il titolare di un’azienda viene abilmente camuffato e inserito come
neo-dipendente come personale di servizio. Una proposta, quella di cambiare vita per sette giorni,
che Zamò ha accettato perché «le nuove sfide vanno affrontate e voglio vedere, dal vivo, quello che
sta succedendo». L’imprenditore guida la sua Ilcam dal 1975 e quindi, pur con il core business
dell’azienda fissato a Cormons, è andato “in scena” in due stabilimenti secondari a San Quirino di
Pordenone e in Slovenia. E così, dopo una trasformazione che ha scatenato le risate della moglie e
del figlio Tommaso, Zamò si è tuffato nel lavoro che i suoi dipendenti svolgono tutti i giorni. Tra
colleghi-aiutanti, più o meno pazienti e simpatici, muletti, bancali e tanta fatica manuale. La
trasmissione “Boss in incognito” si rifà nella concezione a quella inglese “Undercover Boss”
ispirata, come spesso accade, a un fatto realmente accaduto. Tutto nasce da Stephen Lambert,
ideatore e produttore del format britannico, mentre stava leggendo alcuni articoli dei giornali inglesi
in cui di discuteva dei problemi di British Airways in relazione alla prossima apertura del nuovo
terminal passeggeri a Heathrow. Un giornalista, tra gli altri, lanciò la teoria secondo la quale se il
numero uno della compagnia di Sua Maestà avesse lavorato in prima persona nelle attività svolte
dai suoi operai – check-in, relazioni con il pubblico, fino allo smistamento dei bagagli da e per gli
aeroplani – avrebbe potuto correggere, ma pure prevedere, alcuni dei problemi con cui le
compagnie aeree si trovano spesso a che fare. Il nocciolo della questione, in questo caso, era però
legato al fatto che i dipendenti avrebbero con ogni probabilità riconosciuto il loro boss e qui
Lambert ebbe l’illuminazione: creare un format in cui un proprietario di azienda si sarebbe dovuto
camuffare e lavorare come un neo-dipendente. Un successo assicurato considerato come da Channel
4 il programma si è poi diffuso in Francia, Spagna, Olanda, Australia e Germania. Fino a sbarcare,
appunto, in Italia su Rai 2 dove ieri è toccato a Pierluigi Zamò cimentarsi nelle vesti del neooperaio. Zamò, assieme al fratello Silvano, è il numero uno della Ilcam che, nella sola Cormons,
gestisce uno stabilimento da 66 mila metri quadrati con 500 dipendenti, ramificazioni all’estero
(Romania e Slovenia) e un’impresa diventata leader continentale nella produzione di frontali per
l’industria del mobile. Per gli amanti del vino, inoltre, il nome dell’imprenditore isontino è anche
sinonimo di altissima qualità visto che, sempre assieme al fratello, ha in mano anche la pregiata
azienda agricola “Le vigne di Zamò”.
5
Sì ai referendum per la fusione di cinque Comuni (M. Veneto)
di Michela Zanutto - Ammissibili i referendum per la nascita dei Comuni di Fiumicello Villa
Vicentina e il nuovissimo Treborghi del Friuli (o Castelliere del Friuli). Lo ha stabilito ieri l’Ufficio
di presidenza del Consiglio regionale che venerdì esaminerà anche la richiesta di fusione dei
Comuni di Villa Santina, Lauco e Raveo. Prorogati i termini per i Comuni di Ligosullo e Treppo
Carnico. Le delibere approvate ieri riguardano i Comuni di Fiumicello e di Villa Vicentina che
vorrebbero fondersi per l’istituzione del nuovo Comune Fiumicello-Villa Vicentina, e i Comuni di
Flaibano, Mereto di Tomba e Sedegliano. In questo caso il referendum consultivo determinerà
anche la scelta tra le due denominazioni proposte per il nuovo Comune: Treborghi del Friuli oppure
Castelliere del Friuli. Le delibere saranno discusse dal Consiglio regionale il 14 marzo. Come
accennato, l’Ufficio di presidenza di venerdì prenderà in esame l’ammissibilità del referendum per
la fusione dei Comuni di Villa Santina, Lauco e Raveo, promossa con disegno di legge
dell’esecutivo, mentre per quanto riguarda la fusione dei Comuni di Ligosullo e Treppo Carnico,
anch’essa oggetto di delibera della giunta, è stata concessa una proroga dei termini per
l’acquisizione del parere, come richiesto dai rispettivi sindaci. Insomma, la Regione spinge il piede
sull’acceleratore delle fusioni. E oltre che con un pressing politico lo fa anche con uno strumento
specifico che da due anni utilizza per provare a spingere i Comuni ad aggregarsi tra loro: gli
incentivi economici a favore delle fusioni. Fondi – di durata complessiva quinquennale – contenuti
all’interno del Programma 2017 delle fusioni dei Comuni e al cui interno c’è la quantificazione
delle risorse destinate ai nuovi Municipi aggregati. Il documento parla di un’assegnazione
finanziaria valida per cinque anni che oscilla fra 100 e 300 mila euro per i Comuni nati da fusione
con una popolazione fino a 5 mila unità, da 300 a 400 mila per i Municipi sino a 15 mila persone,
da 400 a 500 mila per quelli fino a 30 mila e da 500 a 800 mila per gli enti locali che supereranno
questo tetto. I criteri per determinare l’importo dell’ammontare sono legati, oltre alla popolazione
complessiva, dal territorio inteso come espansione in chilometri quadrati e dal numero di Comuni
che partecipano alla fusione. Incentivi che si fermano davanti allo scarso favore dimostrato dai
cittadini consultati: a giugno sono state bocciate le ipotesi di accorpamento tra Monfalcone, Ronchi
dei Legionari e Staranzano, quella tra Tramonti di Sopra e di Sotto e quella tra Codroipo e Camino
al Tagliamento. Flop ripetuto a novembre sulla chance di unione tra Manzano e San Giovanni al
Natisone.
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Lo strappo finale di Pegorer e Sonego: «Rotta da rifare» (Piccolo)
di Marco Ballico - Non solo Carlo Pegorer. Tra gli scissionisti del Pd del Friuli Venezia Giulia che
se ne vanno c'è anche Lodovico Sonego. Pegorer era stato molto chiaro già dalla scorsa settimana.
Sonego, in conferenza stampa, aveva invece parlato di uscita temporanea dal Pd. Una scelta un po'
meno netta, ma ieri pure lui, senza tentennamenti, è comparso nella foto che riunisce gli
appartenenti al nuovo gruppo dei Democratici e Progressisti, la minoranza dem che non ha
sopportato il renzismo, non più, e ha infine deciso di uscire dal partito nel quale erano entrati dieci
anni fa, senza peraltro forse mai digerire la difficile convivenza con gli ex Dc e Margherita. «Sul
piano personale e politico non è stato un passaggio ordinario - commenta Pegorer -. Non posso
nascondere che, guardando la fotografia dei 14 tra senatori e senatrici che fanno parte del
movimento Dp, ho provato una certa emozione. Un sentimento che fa il paio con il gravoso
impegno che ci attende, quello di contribuire in Parlamento e sui territori a ricreare un largo campo
del centrosinistra». Il tema è quello già delineato dal senatore friulano nella newsletter in cui spiega
al popolo democratico i motivi della sua scelta. «Abbiamo cercato, in tutte le sedi preposte e con
tutta la nostra determinazione, di convincere il gruppo dirigente, oggi in carica nel Pd, che un
cambio di rotta era necessario per riannodare i fili del nostro rapporto con le fasce popolari e con il
ceto medio impoverito dalla crisi - le parole di Pegorer. Il Pd negli ultimi tre anni ha mostrato infatti
gravi lacune nell'interpretare il moderno conflitto che attraversa le società occidentali e l'Italia
stessa; il partito non è riuscito a declinare, nell'attualità, la straordinaria domanda di protezione e
sicurezza dei ceti più deboli, cioè di coloro che, sconfitti dai risvolti più drammatici della
globalizzazione, si sono trovati da soli in una società cambiata in peggio». Con questa convinzione
il nuovo soggetto «dovrà puntare a interpretare e rappresentare le difficoltà in cui trovano in tanti, a
partire dai giovani, persone che stanno pagando il prezzo della crisi. Il nostro sguardo - insiste
Pegorer - sarà rivolto a quella parte di Paese che soffre maggiormente in questa fase economica e
sociale». Sonego, da parte sua, usa meno parole per raccontare il passo d'addio: «Cambiato gruppo,
di fatto esco dal Pd, lo statuto dice questo. Comincio un lavoro nuovo, convinto di poterlo fare bene
e di poter dare un contributo. Un ripiego? Alla mia età non si ripiega». Se Sonego ha deciso in
maniera chiara, nel giorno in cui nascono i Dp sia alla Camera che al Senato nessun altro dem del
Fvg si è fatto tentare. La deputata Gianna Malisani continua a non spiegare le sue intenzioni,
qualche altro può essere in crisi con il renzismo ma non al punto da abbandonare il partito. Si
continua, dunque, verso il congresso. Un impegno che già sta interessando il Pd regionale, non solo
per la raccolta firme per la presentazione dei candidati nazionali. Venerdì 3 marzo, conferma il
presidente Salvatore Spitaleri, si riunirà la direzione regionale con all'ordine del giorno l'elezione
della commissione incaricata delle operazioni di istruttoria delle primarie di fine aprile. Su un altro
fronte è invece avviata la campagna di costruzione dei temi che andranno a concretizzare il
programma elettorale delle prossime tornate. Un lavoro che occupa la rinnovata segreteria Grim,
quella senza bersaniani dopo l'uscita dell'ex sindaco di Staranzano Lorenzo Presot.
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CRONACHE LOCALI
Segreteria generale Cgil, Vallan succede a Pigozzo (M. Veneto Pordenone)
di Giulia Sacchi - Flavio Vallan è il nuovo segretario generale di Cgil Pordenone. Eletto ieri ad
ampia maggioranza, ossia con 86 voti a favore, uno contro e tre astenuti, prende il posto di Giuliana
Pigozzo. Il cinquantaseienne Vallan milita in Cgil dalla metà degli anni Ottanta, quando ha iniziato
la propria esperienza in Fiom come delegato della Safop di Porcia. Dopo un’esperienza quasi
ventennale nel sindacato dei metalmeccanici, di cui è stato segretario prima provinciale e poi
regionale, ricoprendo anche l’incarico di coordinatore nazionale per il gruppo Electrolux, nel 2006 è
approdato alla Cgil provinciale. Quindi è entrato nella segreteria della Camera del lavoro con delega
all’organizzazione. Il primo posto tra gli obiettivi dichiarati dal neosegretario nel suo discorso
programmatico figura il consolidamento della presenza della Cgil nei posti di lavoro. «Quello di
Pordenone è uno dei territori a maggiore tasso di sindacalizzazione in Italia: un abitante su nove è
iscritto alla Cgil, che nella Destra Tagliamento conta 34 mila aderenti tra lavoratori e pensionati –
ha detto il neonominato –. Dobbiamo però rafforzare questa presenza sia nel lavoro tradizionale sia
puntando a un allargamento della rappresentanza tra i lavoratori discontinui e precari». Da qui
l’importanza della mobilitazione promossa dalla Cgil a sostegno della sua proposta di legge
costituzionale denominata “Carta dei diritti universali del lavoro”, che punta a rinnovare e
rafforzare lo statuto dei lavoratori. «Una campagna di cui sono parte integrante i due referendum
per l’abrogazione dei voucher e il ripristino della responsabilità solidale tra committente e datore di
lavoro nella catena degli appalti – ha aggiunto –. Se riusciremo ad arrivare al voto, potremo puntare
ad arrestare i processi di deregolamentazione del lavoro e dei diritti, avendo soprattutto l’occasione
di parlare al vasto mondo dei lavoratori non rappresentati». Cgil punta anche ad aprire nuovi
sportelli e recapiti sul territorio della Destra Tagliamento, «per migliorare la nostra capacità di
rispondere ai problemi legati ad aumento della precarietà e perdita di reddito e diritti, che colpisce
molte famiglie di lavoratori e pensionati», ha messo in evidenza il nuovo segretario generale. Dando
continuità alle battaglie che hanno caratterizzato il mandato di Pigozzo, la Camera del lavoro di
Pordenone proseguirà nell'impegno a sostenere il welfare pubblico, «a partire da una sanità dove
contrastare i tagli non basta, perché servono anche nuovi investimenti sul territorio, in difesa di
scuola e pensioni, nella consapevolezza che la modifica della riforma Fornero è condizione
indispensabile anche per il rilancio dell’occupazione giovanile – ha concluso –. Su questi temi,
continueremo a cercare alleanze e sinergie nel territorio non soltanto tra sindacati, ma anche con i
soggetti e le associazioni che si pongono i medesimi obiettivi e condividono con noi i valori della
solidarietà e del lavoro». Per la nuova guida della Cgil Pordenone sono tanti gli obiettivi da
raggiungere e il lavoro da fare, in primis assieme agli altri componenti del suo gruppo.
«E’ stata una mia scelta, ma resto a disposizione»
Ha scelto di farsi da parte nel nome del ricambio tanto invocato anche all'interno delle
organizzazioni sindacali. Nessuna imposizione dall'alto: Giuliana Pigozzo, da 43 anni impegnata nel
mondo delle forze sociali, ha deciso di lasciare spazio ad altri. Il testimone della segreteria generale
della Cgil Pordenone è passato quindi a Flavio Vallan, eletto ieri nell'assemblea della sigla. «E' stata
una mia scelta – ha spiegato Pigozzo, in pensione dall'anno scorso –. Lo statuto della Cgil non
impone ai pensionati di farsi da parte: ho deciso io di restituire l'incarico, dopo 43 anni di impegno
sindacale e nell'ottica anche di favorire quel rinnovamento tanto auspicato a livello istituzionale e
anche nel mondo delle forze sociali». Ma cosa farà ora Pigozzo, protagonista di tante importanti
battaglie che hanno interessato il territorio della provincia, e non soltanto, donna dinamica ed
energica? «Mi concederò un lungo periodo di riposo», ha dichiarato. D’altronde il lavoro dei
sindacalisti impone di essere sempre sul pezzo: il riposo per Pigozzo è più che meritato. Non un
addio, comunque, al sindacato: l'ex segretaria generale ha assicurato che continuerà a seguire da
vicino la Cgil e soprattutto a tenere monitorate le situazioni di difficoltà che vedono protagonisti i
lavoratori. «Resterò comunque all'interno del sindacato – ha detto –, a disposizione per qualunque
necessità». Al nuovo vertice della segretaria generale, Vallan, sono arrivati da Pigozzo i migliori
8
auguri per il percorso che si appresta a intraprendere, in continuità anche con quanto realizzato da
chi lo ha preceduto. (g.s.)
Cgil, Pigozzo in pensione. Vallan prende il timome (Gazzettino Pordenone)
Ottantasei voti favorevoli su 90 votanti, con 3 astenuti e un solo voto contrario. È una maggioranza
larghissima quella con cui l'assemblea generale tenutasi ieri ha eletto Flavio Vallan nuovo
segretario generale della Cgil Pordenone, in sostituzione di Giuliana Pigozzo, approdata alla
pensione. Vallan, 56 anni, milita in Cgil fin dalla metà degli anni Ottanta, quando incominciò la sua
esperienza nella Fiom da delegato della Safop di Porcia. Dopo una militanza quasi ventennale nel
sindacato dei metalmeccanici, di cui è stato segretario prima provinciale e poi regionale, ricoprendo
anche l'incarico di coordinatore nazionale per il gruppo Electrolux, nel 2006 Vallan è entrato nella
Cgil provinciale. Al primo posto tra gli obiettivi dichiarati dal neosegretario nel suo discorso
programmatico quello di consolidare la presenza della Cgil nei posti di lavoro: «Quello di
Pordenone queste le parole di Vallan è uno dei territori a maggior tasso di sindacalizzazione in Italia
e 1 abitante su 9 è iscritto alla Cgil, che nella Destra Tagliamento conta 34mila aderenti tra
lavoratori e pensionati. Dobbiamo però rafforzare questa presenza, sia nel lavoro tradizionale sia
puntando a un allargamento della rappresentanza fra i lavoratori discontinui e precari». Da qui, per
Vallan, l'importanza cruciale della mobilitazione promossa dalla Cgil a sostegno della sua proposta
di legge costituzionale battezzata Carta dei diritti universali del lavoro, che punta a rinnovare e
rafforzare lo Statuto dei lavoratori.
Coop di Potenza estromette la Croce rossa (M. Veneto Pordenone)
di Laura Venerus - Cambio di gestione per l’hub della Monti: ieri, in Prefettura, c’è stata
l’assegnazione, anche se ancora in via provvisoria, del servizio di gestione dei profughi nell’ex
caserma. La vincitrice è la Cooperativa sociale Senis Hospes di Senize, in provincia di Potenza. La
nuova realtà aggiudicataria subentra alla Croce rossa, comitato di Pordenone, che gestisce la
struttura dallo scorso agosto, momento della sua apertura. Mentre nel 2016 l’unica busta pervenuta
per svolgere il servizio all’hub era stata quella della Cri, in quest’occasione le realtà che hanno
partecipato sono state sei. Quattro sono state escluse dalla gara per la mancanza di documentazione
mentre la Croce rossa e la Semis Hospes sono arrivate fino in fondo al lungo e dettagliato esame
effettuato dalla commissione giudicatrice presieduta dalla capo di gabinetto Gianpaola Modolo. «Il
lavoro della commissione, con l’individuazione della graduatoria provvisoria, è concluso – ha
spiegato Modolo –. Ora tutto torna in capo alla stazione appaltante, che è la Prefettura». Ora si apre
la fase di verifica sulla vincitrice secondo le procedure di legge e per questo la gestione del servizio
è stata prorogata di un altro mese alla Cri: entro questo lasso di tempo saranno sbrigati tutti gli
adempimenti e sarà possibile effettuare il passaggio di consegne. Alla luce dell’esito della
selezione, il presidente della Croce rossa Giovanni Antonaglia non nasconde il rammarico per
questo risultato. Il sodalizio aveva dato molto per questa attività e aveva anche garantito lavoro ad
alcune persone: il coordinatore della struttura, quattro operatori full time e due part time, un
mediatore culturale e un insegnante di italiano ai quali si aggiunge la decina di volontari impegnati
nella gestione. Ed va proprio ai lavoratori il pensiero di Antonaglia, che spera possano essere
inseriti nella nuova gestione per non perdere così il lavoro. La Senis Hospes, che ha sede legale in
provincia di Potenza e sede amministrativa a Bari, «è una società cooperativa sociale – si legge nel
sito internet del sodalizio – nata nel 2008 per perseguire l’interesse della comunità finalizzata alla
promozione umana e all’integrazione sociale». Si occupa di attività di gestione in molteplici settori,
tra cui i centri di accoglienza per immigrati (attualmente è gestore, tra gli altri, del Cara di Mineo, in
provincia di Catania), servizi domiciliari di assistenza, educazione e formazione sociale. Svolge
servizi in diverse zone d’Italia, in particolare al sud, e gestisce 15 Sprar (Sistema di protezione per
richiedenti asilo e rifugiati).
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Banche alla svolta, scattano esuberi e tagli di sportelli (Gazzettino Pordenone)
Davide Lisetto - È un vero e proprio terremoto - anche se sta avvenendo un po' sotto traccia - quello
che ha colpito anche il sistema bancario territoriale. Una autentica rivoluzione nella mappa della
presenza di agenzie, filiali e sportelli. Le parole d'ordine di questo tsunami del credito sono: esuberi
tra gli addetti, taglio di sportelli, filiali digitali (che significa di fatto quasi senza personale) e home
bancking (sempre più clienti che fanno tutto da casa senza mettere piede in filiale), nuove
assunzioni ma con contratti ibridi, cioé metà dipendente e metà collaboratore. Stando alle previsioni
di alcuni analisti il sistema bancario nazionale (del Nordest in particolare) nel giro di un paio d'anni
perderà almeno il 30 per cento degli addetti. E se oggi la provincia di Pordenone conta circa 1.600
bancari tra un paio d'anni circa 500 tra questi rischia di essere espulso dal sistema, seppure
attraverso le uscite soft previste dai Fondi esuberi che quasi tutti i gruppi bancari stanno attivando.
Già nel novembre scorso era stata FriulAdria-Crédit Agricole ad attivare il fondo per una
cinquantina di addetti da prepensionare entro quest'anno. Poi è stata la volta di Unicredit: una
cinquantina sono le eccedenze sul territorio e quattro e cinque le filiali da chiudere. Si comincerà
con lo sportello di Brugnera - nel cuore del Distretto del mobile dove la crisi dal 2008 ha colpito in
modo durissimo - per poi proseguire con gli altri tagli dove il maxi-piano del colosso bancario
ritiene ci sia troppa vicinanza tra più filiali. Il business dello sportello - come deciso dal
management Unicredit del territorio - che sarà chiuso entro fine mese sarà dirottato nella filiale di
Prata che dista cinque chilometri. C'è poi il dossier che riguarda le due popolari venete finite l'anno
scorso nella bufera: Veneto Banca e Popolare di Vicenza saranno destinate a fondersi perciò
sarebbero già stati individuati degli sportelli di troppo che saranno tagliati. Non immuni dalla
rivoluzione in atto sono anche i due istituti del credito cooperativo. Bcc Pordenonese e FriulOvest
Banca prenderanno strade diverse: la prima entrerà a fare parte della holding romana, la seconda
confluirà nel gruppo delle bcc di Trento. Ma non sono escluse riorganizzazione nelle rispettive reti
in provincia. Ma cambiamenti sono in vista anche nella rete della Cari Fvg (Gruppo
IntesaSanpaolo) dove a livello di gruppo si stanno sperimentando i contratti ibridi: il nuovo
personale sarà assunto a tempo indeterminato, ma part-time solo per i primi due giorni la settimana,
mentre gli altri tre giorni il dipendente si trasformerà in partita Iva e lavorerà a provvigione.
Operazione rivoluzionaria sul mercato del lavoro, secondo il sindacato dei bancari, volta a ridurre i
costi e non immune da rischi. Insomma, il futuro per gli attuali 189 sportelli dei circa 25 istituti
presenti sul territorio è destinato a cambiare. E anche piuttosto velocemente.
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La storia infinita del comandante. Salta ancora il concorso (M. Veneto Udine)
di Giacomina Pellizzari - Non c’è pace per gli agenti della polizia locale del comando di via
Girardini. Dopo il rebus dell’indennità, come un fulmine a ciel sereno piomba il rinvio della prova
orale per la selezione del nuovo comandante. I candidati che hanno superato lo scritto avrebbero
dovuto sostenerla il 9 marzo. Il condizionale è d’obbligo perché, ieri, sul sito internet dell’Uti
(Unione territoriale intercomunale), è stato pubblicato l’avviso che annuncia il rinvio della prova a
data da destinarsi. Solo in serata il sindaco di Campoformido, Monica Bertolini, delegata alla
Polizia locale, ha chiarito che è stato impossibile far coincidere la disponibilità dei commissari con
la data fissata. «Non siamo riusciti a chiudere il cerchio - ha aggiunto Bertolini -, al rientro del
direttore completeremo la procedura». In ballo c’è anche il rispetto delle quote rosa. Insomma il
rinvio non è frutto di una decisione politica bensì tecnica. Si tratta del secondo rinvio subìto dal
concorso per la selezione del comandante della polizia locale. Ieri, la notizia ha fatto il giro della
città anche perché, in prima battuta, nessuno conosceva le motivazioni del nuovo stop. Tutti
cercavano il direttore, ma Giuseppe Manto era in ferie e aveva il telefono spento. Solo in serata
sono stati chiariti i dettagli e il sindaco di Campoformido ha potuto fare chiarezza. A questo punto i
candidati devono tener d’occhio il sito. Ecco l’annuncio: «La data della nuova prova orale sarà
pubblicata a breve sul sito internet dell’Uti “Friuli Centrale”, all’indirizzo
www.friulicentrale.utifvg.it, analogamente all’elenco dei candidati ammessi alla stessa. Coloro che
hanno presentato domanda di partecipazione sono tenuti a consultare costantemente il sito dell’Uti
Friuli Centrale per verificare il nuovo calendario della prova». La polizia locale di Udine da mesi
attende un comandante a cui affidare la gestione del comando di via Girardini e di tutte le polizie
dei Comuni confluiti nell’Uti. Prenderà il posto di Sergio Bedessi.
No all'assemblea, gioca la Juve (Gazzettino Udine)
La Cgil: «Rischio danno d'immagine, non vorremmo un altro caso Pompei - testo non disponibile
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Slittano gli stipendi, proteste in ospedale (M. Veneto Udine)
di Alessandra Ceschia - È bastato un giorno di blocco degli stipendi dell’Azienda sanitaria
universitaria integrata di Udine per preoccupare centinaia di dipendenti, infermieri e operatori
sociosanitari. Le prime segnalazioni sono arrivate alla Rsu lunedì mattina, quando degli accrediti
non c’era traccia. «Non ci saremmo preoccupati se non si fosse trattato di persone che, a causa di
situazioni familiari difficili, scadenze e mutui a carico non potevano aspettare oltre» premette
Massimo Vidotto, segretario Rsu dell’Asui Ud con Fabrizio Oco . «Le richieste sono partite in
primo luogo dai dipendenti che percepiscono gli stipendi più bassi e che quindi fanno più fatica a
far quadrare il bilancio familiare specie se hanno mutui da pagare o se rappresentano l’unica entrata
stipendiale dell’intera famiglia – aggiunge Vidotto –. In alcuni casi i dipendenti erano indisposti e
preoccupati e sinceramente direi che il loro stato d’animo è comprensibile». Non essendoci mai stati
precedenti simili, sia nell’Ass4 sia nell’Azienda ospedaliero Universitaria, hanno chiesto
chiarimenti direzione. Si è appreso così che all’origine dei disguidi vi erano problemi tecnici. La ha
assicurato che entro un giorno avrebbe accreditato gli stipendi. Ad surriscaldare gli animi una
situazione di difficoltà che nel tempo si è acuita. «Dopo anni di stipendi non solo bloccati, ma
addirittura diminuiti per effetto dei tetti e dei tagli imposti al trattamento accessorio del personale
dai vari Governi, si respira una certa tensione – spiegano i rappresentanti dell’Rsu – specie se
pensiamo allo spirito di abnegazione con cui moltissimi dipendenti fanno i conti quotidianamente
per garantire la funzionalità dei servizi, facendo doppi turni, straordinari e, talvolta, anche
rinunciando alle ferie per sopperire alla carenza di personale. L’Azienda ha fatto sapere che «si è
trattato di un problema tecnico nel trasferimento dei dati degli accrediti dall’azienda all’istituto
bancario che eroga i compensi». È per questo che i 5.300 dipendenti del nosocomio friulano non
hanno ricevuto gli accrediti alla scadenza concordata. Ma se per i camici bianchi il ritardo non ha
suscitato apprensione, per alcuni operatori sanitari e infermieri alle prese con scadenze da onorare
non è andata così. «Quando il sistema di controllo dei trasferimenti – precisano dall’ospedale –
aveva segnalato un errore. Gli uffici si sono prontamente attivati per risolvere il problema tecnico».
Nel pomeriggio di ieri gran parte del personale aveva ricevuto l’accredito fatta eccezione per una
piccola percentuale, compresa tra il 5 e il 10%, che ancora erano in attesa. Emergenza in buona
parte rientrata anche se ha sollevato il velo su una situazione professionale, quella di infermieri e
operatori sanitari, piuttosto complessa. (ha collaborato Davide Vicedomini)
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I dipendenti della Fantoni solidali con i terremotati (M. Veneto Udine)
Dall’area produttiva di Rivoli di Osoppo arriva un aiuto alle zone terremotate del centro Italia, ma
accompagnato da un invito a far ripartire l’economia locale. L’esperienza del terremoto friulano non
si dimentica, neanche dopo che sono passati quarant’anni: lo sanno bene i lavoratori della Fantoni
che, anche con il contributo della direzione dell’azienda, hanno raccolto 15 mila euro che ora
saranno messi a disposizione di Cessapalombo, un piccolo paese in provincia di Macerata che conta
650 abitanti, tanti quanti i lavoratori della Fantoni. Sono state le Rsu ad aver avviato nei mesi scorsi
una raccolta fondi nel corso della quale i dipendenti dell’azienda di Rivoli hanno ceduto una loro
ora di lavoro. L’iter ha richiesto i tempi necessari affinché gli uffici della Fantoni facessero i relativi
conteggi e in seguito l’azienda ha fatto la sua parte. «Grazie alla collaborazione della Protezione
civile di Magnano in Riviera – spiegano Dario Cracogna e Stefano Barachino, referenti Rsu di Uil e
Cisl – abbiamo individuato una realtà locale del centro Italia colpita dal terremoto in cui potevamo
intervenire senza andare a sovrapporci ai tanti interventi di solidarietà che si stanno svolgendo. In
seguito abbiamo contattato il sindaco di quel paese perché vogliamo che i fondi raccolti siano messi
a disposizione del Comune, il quale saprà certamente utilizzarli con iniziative finalizzate a far
ripartire l’economia. I soldi li consegneremo di persona». Come molte altre realtà che si sono mosse
in Friuli per aiutare i terremotati, anche gli operai della Fantoni ci tengono ad andare di persona (lo
faranno nei prossimi giorni) per verificare che quanto raccolto non si perda, come purtroppo a volte
accade, nei rivoli della burocrazia: «Come è successo qui 40 anni fa – sostengono Cracogna e
Barachino –, noi pensiamo che un amministratore locale sappia quali sono gli interventi necessari
per far ripartire il proprio territorio». Del resto, come è noto, nel ’76 in Friuli le prime a essere
ricostruite furono proprio le fabbriche, e dai lavoratori della Fantoni il grande augurio per il centro
Italia è proprio quello. Questa iniziativa sarà presto seguita da una successiva a favore delle zone
terremotate, ma realizzata direttamente dai grandi gruppi industriali locali. (p.c.)
Si aggrava la crisi del Gal, dipendenti senza stipendio (M. Veneto Udine)
Il Torre Natisone Gal è economicamente al collasso, scoperto di una cifra superiore ai 90 mila euro
(che dovrebbe erogare la Regione) e impossibilitato di conseguenza a pagare i suoi due dipendenti,
che da giugno non percepiscono lo stipendio. «La situazione è tesa da tempo – dice Mauro Veneto,
dal 2012 presidente del Gruppo di azione locale –, ma ora si sta esacerbando, anche per il caos
generato dal passaggio di competenze fra ex Comunità montane e Uti. Finché c’era l’ente montano,
era questo, se necessario, ad anticiparci i fondi che ci spettavano in quanto decretati dalla Regione.
Da quando le funzioni sono transitate all’Uti, invece, tale processo si è interrotto. E il risultato è la
paralisi». La questione è stata posta con interrogazione all’assemblea regionale, alla quale sono
chiesti lumi su vari elementi, a partire dalla posizione nella graduatoria nazionale della
programmazione 2014-2020, alias delle strategie di sviluppo locale. Corrisponde al vero,
domandano i firmatari del testo, i consiglieri Fvg Novelli e Riccardi, che è risultata penultima in
Italia? Se così fosse, proseguono, sarebbe spiegato almeno in parte il perché il Gal versi in
condizioni «così compromesse», sia per l’attuazione dei progetti, sia per le funzioni finanziarie,
«pesantemente indebolite dal pagamento di interessi bancari molto elevati». Altro quesito riguarda
il portale Agea, su cui vanno avviate le pratiche relative all’attuazione della strategia di sviluppo
locale: non è praticabile, circostanza che rende impossibile avviare gli interventi pianificati. E si
tocca, poi, la citata questione Uti, il cui subentro alle Comunità montane sta ostacolando
l’operatività dei Gal (strutture preziose, si evidenzia, anche perché hanno il compito di «farsi carico
delle necessità di piccoli operatori e aziende, puntando a raggiungere obiettivi territoriali di rete»).
Fra i principali nodi del sistema, nel caso del Torre Natisone Gal, vi è l’interruzione dei programmi
Interreg Italia Slovenia 2007-2013: «Il mancato incasso di certe somme, corrispondenti a spese già
sostenute – si rimarca –, ha costretto a pagare cospicui interessi bancari e rende impossibile erogare
gli stipendi ai dipendenti». (l.a.)
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Eataly apre la caccia a macellai e panettieri. Raffica di colloqui (Piccolo Trieste)
di Silvio Maranzana - Cercansi macellai disperatamente. È l’appello che lancia Eataly a quaranta
giorni dall’apertura del tempio della gastronomia. Sarà per le tendenze vegane e vegetariane sempre
più diffuse oppure per qualche altra fatalità, fatto sta che il colosso di Oscar Farinetti per poter
piazzare un macellaio dietro al bancone all’ex Magazzino vini ha dovuto importarlo da fuori città.
Ora ci riprova e se le posizioni ancora da coprire sono teoricamente ben quattordici, il reparto
macelleria in prima istanza e in seconda anche quello di panetteria presentano le maggiori urgenze.
Lo dimostra anche l’annuncio a pagamento fatto pubblicare domenica sul Piccolo in cui si chiede:
“Hai esperienza come panettiere o macellaio? Ti piacerebbe crescere e lavorare con noi? Mandaci la
tua candidatura attraverso il sito www.eataly.it alla sezione Lavora con noi”. «Stiamo facendo
colloqui a Trieste anche in questi giorni per assumere un’altra decina di persone - fanno sapere dal
quartier generale di Eataly -. Cerchiamo giovani che amino il mestiere, che abbiano voglia di essere
formati, che adoperino lo storytelling, l’arte di raccontare i prodotti del territorio. Ciò è
estremamente difficile nell’ambito dei prodotti di macelleria, ma anche nella panetteria e financo
nell’enoteca perché se molti oggi conoscono il vino non sono avezzi alle tecniche dell’allestimento
e della vendita». Due macellai e due panettieri, se reperiti, saranno i primi a rimpolpare l’organico.
Sul sito si legge che Eataly utilizza «solo le carni de “La Granda” razza piemontese, Presidio Slow
Food e pollame, ovini e suini selezionati con la stessa cura. La Granda - si specifica - è un’azienda
sostenibile dove gli animali pascolano liberi e sono trattati in modo umano e attento». Nella
panetteria «un grande forno a legna con piastra rotante sforna a tutte le ore il pane preparato davanti
ai clienti». Oggi Eataly Trieste conta già 84 dipendenti che a breve diventeranno 94 grazie a una
decina di nuove assunzioni. Sul sito web, le posizioni scoperte risultano per l’esattezza essere 14. Si
tratta di un addetto alla ristorazione nel reparto birra, un cassiere, due cuochi, un addetto
all’enoteca, un addetto rifornimento scaffali, un macellaio, un addetto alla logistica, un addetto alla
vendita pane, un panettiere, un pizzaiolo, un addetto rosticceria, un addetto salumi e formaggi e un
addetto sala. In fase di selezione, evidentemente, c’è qualche ricalibratura. «Anche a Trieste l’età
media dei neosassunti è di 24-26 anni - fanno ancora sapere i responsabili - in leggera prevalenza
sono maschi. Di solito inizialmente facciamo contratti a tempo determinato, perlopiù di otto mesi,
con la prospettiva però di una possibile stabilizzazione. Siamo aperti sette giorni su sette fino a
tarda sera: questo fa sì che si presentino molti universitari che non hanno problemi a lavorare nei
weekend. Quando vanno in Erasmus oppure si avviano alla professione per cui hanno studiato ci
lasciano e ciò determina un certo turn-over costante. Al contrario, la necessità di dover lavorare con
turnazioni anche il sabato e la domenica allontana persone già formate nei rispettivi mestieri e rende
più difficile la nostra ricerca».
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Ex Ite, il futuro si fa roseo: “blindati” i 37 posti di lavoro (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
di Francesco Fain - Un riquadro. Un annuncio a piè di pagina pubblicato sull’edizione de “Il
Piccolo” di ieri che - di fatto - contiene notizie importanti per l’ex Ite. A fornire la chiave di lettura
autentica di quell’avviso è Livio Menon, segretario della Fiom-Cgil. La Site che aveva affittato il
ramo d’azienda della ex Ite, è intenzionata ad acquistarlo. Definitivamente. Il commissario
liquidatore, infatti, ha ricevuto una non meglio definita “offerta di acquisto” del ramo d’azienda,
attualmente in affitto con contratto in scadenza il 23 aprile prossimo. Nell’inserzione non c’è scritto
da chi è stata formulata l’offerta. Ma a “svelarla” è Menon. Si tratta della Site. «Peraltro, la sua
gestione in tutti questi mesi - sottolinea il segretario della Fiom - è stata positiva. Gli stipendi
vengono retribuiti regolarmente e tutto sta funzionando bene. Siamo soddisfatti». Ovviamente, c’è
lo spazio per offerte migliorative che andranno recapitate entro le 11 del 4 aprile. Gli “ingredienti”
sono i seguenti: beni mobili strumentali, giacenze di magazzino, contratti in essere, personale
(assunzione con contratto a termine dei 37 dipendenti assunti dalla affittuaria e precedentemente in
forza alla concedente Ite), crediti e debiti. Il corrispettivo è di 760mila euro. L’immobile di via
Fermi 45 «non è compreso - si legge nell’avviso - nella vendita del ramo aziendale ma viene dato in
uso senza stipula di contratto di locazione per un periodo massimo di quattro mesi». E ora una
rapida cronistoria. Ite (che contava complessivamente 74 lavoratori) era stata messa in liquidazione
amministrativa coatta, con 19 lavoratori già fuoriusciti scegliendo la mobilità. Già da qualche anno,
però, la situazione della cooperativa non era più così rosea a causa di riduzioni contrattuali
effettuate dai committenti e del taglio degli appalti. Tanto che la Ite era stata costretta a ricorrere
agli ammortizzatori sociali, dalla cassa integrazione ordinaria a quella straordinaria, fino alla
mobilità. Che la Ite non stesse attraversando un periodo positivo, era emerso già nel corso del 2014.
Fu Fabio Baldassi (sempre della Fiom-Cgil) a lanciare l’sos: era stato lui, nei mesi scorsi, a seguire
molto da vicino l’evolversi della situazione. «Da un paio d’anni - raccontò il sindacalista al nostro
giornale - l’azienda ha dovuto far uso di ammortizzatori sociali: sia cassa integrazione ordinaria, sia
straordinaria, sia mobilità volontaria. Tutto ciò a causa di perdite di mercato dovute a riduzioni
contrattuali effettuate dai committenti, attraverso tagli di costi e tagli di appalti specifici,
riparazioni-guasti in cabina, gestione di centraline, posatura e scavi, e chi ne a più ne metta».
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NoBiomasse, nuovo esposto in Procura (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
di Francesco Fain - No alla centrale a biomasse in mezzo alle abitazioni dei quartieri di
Sant’Andrea, Sant’Anna e Campagnuzza, a fronte di una zona industriale «desertificata e alla
disperata ricerca di un senso e di un ruolo». C’era da aspettarselo. Sì, era prevedibile che la notizia
data in esclusiva da “Il Piccolo” dell’imminente avvio dei lavori per la realizzazione della prima
delle due centrali a biomasse da parte della Rail Service (gruppo Roitz) scatenasse il putiferio. Il
Comitato di cittadini NoBiomasseGO si è rimesso subito in moto. E ha presentato un’ulteriore
segnalazione alla Procura della Repubblica ad integrazione della precedente consegnata alla fine del
2015. Insomma, la lotta continua. «La segnalazione - ha spiegato la portavoce Martina Luciana
durante una conferenza stampa – prende spunto dalle proroghe richieste da Rail Service rispetto le
date di inizio e fine lavori della centrale sud e della centrale nord, osservando anche che le
motivazioni indicate nelle istanze di proroga non corrispondevano alle ipotesi espressamente
previste dalla legge, né le rispettive proroghe concesse dal dirigente della Provincia contenevano
valutazione delle motivazioni addotte, ai sensi dell’art. 3 della legge 241/1990. Per la centrale Sud
la motivazione riguarda le difficoltà economiche che hanno costretto il proponente (Roitz, ndr) ad
uno slittamento dei termini per la realizzazione delle opere. Per la centrale Nord, la motivazione
riguarda la mancata attivazione dei registri per l’accesso agli incentivi previsti per la produzione di
energia da fonti rinnovabili». Parallelamente, il Comitato sollecita nuovamente la Direzione
centrale ambiente energia della Regione, dopo lo scioglimento delle Province e il passaggio delle
relative competenze in materia ambientale alla Regione. «Quest’iniziativa imprenditoriale ammonisce il Comitato - è mossa da un interesse puramente imprenditoriale e privato, travestito da
green economy. Il progetto, inizialmente, era stato spacciato come utile a creare 40 posti di lavoro,
una centrale a biomasse funzionale ad alimentare un impianto per il trattamento e recupero di rifiuti
di alluminio (industria insalubre) ed un’altra centrale necessaria in parte alle esigenze del
trattamento rifiuti e in parte disponibile a produrre calore per un impianto di teleriscaldamento». Il
Comitato, approfittando della campagna elettorale, ha chiesto ieri mattina se la politica locale
intende replicare nel futuro «questa esperienza di ponderazione degli interessi in cui quelli diffusi
non sono stati adeguatamente considerati e se ritengano rappresenti uno standard l’esercizio della
discrezionalità amministrativa pieno di ombre e di mancati chiarimenti. Anche i cittadini, la loro
salute, la loro vita quotidiana, i loro figli fanno parte del limite ecologico. Quante centrali a
biomasse si pensa di lasciar costruire all’interno della cinta urbana sottovalutando gli impatti
ambientali e senza curarsi dell’utilità sociale dell’iniziativa imprenditoriale e delle istanze dei
cittadini? Basta una millantata offerta di 40 posti di lavoro per sacrificare le esigenze di tutela della
salute dei cittadini e dell’ambiente in cui essi vivono, soprattutto dopo aver verificato che i quaranta
posti di lavoro non esistono e nessuna compensazione effettiva è prevista per la collettività? In quali
programmi elettorali stanno scritte a chiare lettere le buone intenzioni per una crescita della città
sostenibile per le persone e per l’ambiente, per zero consumo di suolo, per il miglioramento delle
prestazioni ambientali e per una progettazione partecipata con la cittadinanza?», i quesiti formulati
da Martina Luciani. Stefano Cosolo, dal canto suo, ha invocato una «visione sostenibile» per lo
sviluppo di Gorizia. «Abbiamo una zona industriale che langue e si dà il via libera alla realizzazione
di una centrale a biomasse vicino alle abitazioni. Pazzesco».
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Rinviata la liquidazione di 770mila euro a Pipistrel (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
di Francesco Fain - Incartamenti regolari. Lavori eseguiti rispettando i cronoprogrammi. Nessuna
contestazione. Doveva essere una passeggiata per “Pipistrel” la riunione dell’altro pomeriggio della
Giunta camerale integrata della Cciaa Venezia Giulia (nata dalla fusione degli enti camerali di
Gorizia e Trieste). Veniva data per scontata, viste le premesse, la liquidazione del contributo
complessivo di 770mila euro. In realtà, il diavolo ha voluto metterci la coda. Per l’ennesima volta.
«Abbiamo deciso di rinviare la liquidazione del contributo erogato dal Fondo Gorizia - spiega
Pierluigi Medeot, segretario generale della Cciaa -. Il motivo? Dobbiamo approfondire il rapporto
fra la Pipistrel e la società consortile che gestisce l’aeroporto Duca d’Aosta». Il vicepresidente della
nuova Cciaa Gianluca Madriz, dal canto suo, fa il pompiere e risfodera il suo inguaribile e ormai
proverbiale ottimismo. «È solo uno stop di natura tecnica. Non c’è nessun problema. Tutto va
avanti. La Pipistrel ha svolto tutti i lavori e non ci saranno conseguenze negative». Il servizio antiincendio Ma cos’è successo? Qual è il nodo del contendere? Trattandosi di problematiche tecniche,
cercheremo di semplificare al massimo in maniera da essere comprensibili a tutti. Tutto ruota
intorno al servizio anti-incendio, conditio sine qua non per arrivare alla riapertura dell’aeroporto
con decolli e atterraggi di aeroplani. «La Pipistrel ha presentato tutte le carte che avevamo richiesto
per poter procedere con la liquidazione. Sia i cronoprogrammi sia la perizia asseverata sono regolari
e inappuntabili», spiega Medeot. E, allora, dove si è inceppato il meccanismo? «I tecnici non hanno
potuto dichiarare che l’attività industriale è iniziata. È stato specificato che la produzione inizierà
sessanta giorni dopo la riapertura dell’aeroporto. Peraltro, Pipistrel ha evidenziato che questa
situazione è determinata da motivazioni indipendenti dalla sua volontà». E così si arriva al vulnus: il
servizio anti-incendio, fondamentale anzi decisivo per riaprire al volo l’aeroporto. «La società
consortile - spiega il vicepresidente della Cciaa Venezia Giulia, Gianluca Madriz - sostiene che
deve essere la Pipistrel a garantirlo visto un accordo siglato già parecchio tempo fa con Enac. Ma
l’azienda slovena dice l’esatto contrario: deve essere la società presieduta da Ariano Medeot ad
occuparsi di questa impellenza. Sullo sfondo, poi, ci sarebbe una comunicazione dell’Ente
nazionale per l’aviazione civile (Enac) che darebbe ragione alla Pipistrel. Di fronte a queste due
verità, si è deciso di rinviare la decisione». Intervento ad ostacoli Entro una ventina di giorni, «forse
anche prima» rimarca Madriz, verrà riconvocata la Giunta camerale integrata con lo stesso punto
all’ordine del giorno. «Fatte le doverose verifiche - aggiunge Madriz - procederemo con la
liquidazione dello stanziamento alla Pipistrel. Era doveroso prendersi un po’ di tempo per fare
chiarezza su questo punto contestato». La riunione della giunta si è caratterizzata per l’arrivo di
mail sino all’ultimo secondo: come quella dell’avvocato Damijan Terpin (legale della Pipistrel) che,
di fatto, ha determinato la decisione di rinviare ogni decisione. Nei giorni scorsi, come si ricorderà,
si registrò un altro sviluppo piuttosto importante. «Al momento, il committente non ha ancora
messo a disposizione alcuna documentazione per il rilascio del certificato di agibilità». Era questo
uno dei passaggi, forse il più importante, della risposta del ministro delle Infrastrutture e dei
Trasporti Graziano Del Rio all’interrogazione presentata dalla senatrice goriziana Laura Fasiolo
inerente proprio il caso Pipistrel, l’azienda slovena che ha scelto Gorizia per investire.
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