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Intervista
f
accia abbronzata, capelli
striati dal sole, denti perfetti. L’aria
rilassata di chi vive al mare.
Non è un modello ma Nick Fouquet,
creatore di cappelli. oggi
anche per uno storico brand italiano
Ispirato dalla strada e dall’oceano
Nick Fouquet, 33 anni, nel suo atelier di
cappelli artigianali a Venice, Los Angeles.
the
milliner
Testo
Alessandra de Pinto
nemmeno se diventasse
davvero il presidente degli Stati Uniti d’America. No, Donald Trump non sarà mai
un cliente di Nick Fouquet, il cappellaio di Venice, California, che ama
le star (Madonna e Pharrell Williams, per esempio) e le persone comuni. Purché abbiano una testa. Lo abbiamo incontrato a Milano, dove
ha presentato la sua capsule realizzata in collaborazione con Borsalino.
Perché ha scelto di fare proprio cappelli?
Li ho sempre visti come una categoria di nicchia, un mercato sottovalutato, non molto competivo. Tutti gli altri accessori si erano modernizzati, mentre il design dei cappelli era lo stesso da anni, classico e sicuramente elegante, ma un po’ noioso: cappello nero, gros-grain nero.
Pensavo a qualcosa di più colorato, divertente, più attuale. Avevo fatto scarpe, giacche e oggetti che erano estensione della mia creatività.
I cappelli hanno reso famoso il mio brand e voglio continuare così.
Ma non sono un format con tanti limiti?
Il cielo è il limite. Quante volte puoi rifare una giacca o una T-shirt?
L’ispirazione viene dal viaggiare, dalla musica, dai vecchi film o sempli-

AMICA - 187
Inver vi sta
Il fiammifero che dà stile
Piume, colore, impunture a contrasto. E sempre
un fiammifero, tag di Nick Fouquet.
“Mi piace lavorare
CON IL
FELTRO
ma anche con la paglia,
SONO MATERIALI
duttili.
Su entrambi si possono INSERIRE
elementi di INNOVAZIONE”
cemente camminando per la strada: vedi qualcosa su una persona e pensi “come lo porta bene”. Se apri gli occhi scopri tanto. Per esempio, una
collezione può nascere in laboratorio o per ispirazione divina. Una volta
terminata ti chiedi come sei stato capace di farla e non te lo sai spiegare.
Si dice che sia stato folgorato da un cowboy con lo Stetson.
Sì, è stata l’illuminazione che mi ha spinto a disegnare il primo cappello,
ero affascinato dal design, mi interessava il materiale, come era fatto.
Solo dopo ho scoperto che lo aveva realizzato lui stesso. È allora che ho
pensato: ok si può fare. E anche in modo molto innovativo.
Parliamo della collezione per Borsalino. Che percezione aveva di questo
brand? È stato difficile entrare nelle sue corde?
Assolutamente no. Quando mi hanno contattato ho avuto carta bianca per creare quello che volevo. Questo marchio storico aveva bisogno
di qualcosa di più contemporaneo, una forma classica non può restare tale per sempre. È stato un grande privilegio, e anche una sfida.
Che cosa vuol dire contemporaneo parlando di fedora, trilby, bombetta?
Viviamo in un’epoca in cui i giovani vogliono indossare cappelli, ma i
loro, non quelli dei loro nonni. Vogliono colore, una spilla, una cucitura.
Tutti possono portare un cappello?
Certo, è un pinnacolo di eleganza. Oggi chi lo indossa è una persona sicura di sé, ha qualcosa di speciale, ha carattere, non si cura di cosa pensa
la gente. Insomma, un tipo interessante.
188 - AMICA
Potrebbe vivere e lavorare in un posto diverso
da Venice?
No, mi piace Los Angeles per il clima, la geografia, il mood. Non potrei mai stare a New York,
città straordinaria ma non fa per me.
Che cosa le mancherebbe di più?
L’oceano. Adoro surfare, ma anche nuotare, andare in barca a vela, è qualcosa che mi salva.
Si sente più stilista o più artigiano?
Tutti e due. Penso sia importante avere l’abilità
manuale ma anche la visione stilistica.
Che effetto le fa vedere una persona comune con
una sua creazione?
È una sensazione piacevole. Proprio qualche
giorno fa, mentre aspettavo il taxi, ho visto una
donna e ho pensato che aveva un cappello veramente bello. Poi mi sono reso conto che era mio.
Da che cosa l’ha capito? Sui suoi modelli non c’è
un logo così evidente.
Dal fiammifero, il mio segno identificativo.
La collaborazione con Borsalino continuerà?
Vedremo, non conosco il futuro, ma sono molto
contento della collezione. Del resto questo incontro era scritto nel mio destino, sentivo che
mi avrebbero chiamato. Un buon feeling.
E se smettesse di fare questo mestiere?
Vorrei fare il reporter per National Geographic.
Macchina fotografica al collo e viaggi nei luoghi
più selvaggi.
Per chi le piacerebbe disegnare un cappello, anche non famoso?
Papa Francesco.
Non proprio una persona qualunque.
Non proprio (e mentre lo dice sorride).