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Persinsala Teatro
Laura Sestini
febbraio 23, 2017
Liliana Cavani, famosa regista dai temi impegnati, porta in scena uno tra i
capolavori del maestro Eduardo De Filippo, Filumena Marturano.
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La commedia più famosa di Eduardo, datata 1946, portata in tournée in
tutto il mondo e tradotta in varie lingue, è stata scelta da Liliana Cavani
come primo esperimento di regia teatrale in quanti, dalle sue stesse
parole, “mai avrebbe pensato di potersi cimentare anche con il teatro”.
La Cavani, sin dalle sue prime pellicole, ha sempre trattato temi
socialmente impegnati e argomenti ardui da approfondire o scomodi,
specialmente nei suoi numerosi documentari giovanili a tema Stalin, il
Terzo Reich, le donne della Resistenza, la burocrazia.
Tematiche difficili, attraverso le quali indagare la vera natura dell’uomo, i
suoi istinti, le sue perversioni, le sue debolezze. La scelta di Filumena
Marturano, come suo primo lavoro teatrale, è sicuramente da avvicinare
al filone dei soggetti sociali e ai suoi numerosi anfratti. In questo caso è la
famiglia, o almeno il concetto filosofico della stessa, a muovere la curiosità
e il lavoro della regista.
Filumena non è una donna comune: arriva da un quartiere povero di
Napoli, dove ogni giorno anche un pasto frugale è una benedizione di Dio.
Figlia femmina di una famiglia numerosa, appena diciassettenne, per caso
o per necessità e soprattutto senza convinzione, si lascia andare a un
rapporto sessuale a pagamento, veloce espediente, nella sua condizione di
povera analfabeta, per raccogliere qualche lira contribuendo al sostegno
della famiglia. Si vergogna molto del suo gesto, ma a casa, con molto
sbigottimento, viene accolta come una dea, una salvatrice. Una vita
miserabile, fino al momento in cui arriva a casa, come governante, di uno
dei suoi abituali clienti, Don Mimì Soriano, interpretato brillantemente da
Geppy Gleijeses – in alcuni momenti somigliante per postura a Toni
Servillo. Dialetto napoletano stretto, forse troppo per la diversa tipologia di
spettatori nella sala di un teatro, la commedia scorre velocissima, con
battute serrate e rarissimi silenzi o rallentamenti, con molta ironia
tipicamente napoletana, che smorza con leggerezza la serietà
dell’argomento-cuore dell’opera eduardiana.
Filomena ha tre figli, avuti da uomini diversi e in una notte d’amore
comprato da Don Mimì, mentre crede alle parole di lui sussurrate forse per
scaldare ancora di più l’atmosfera: «Però ci vogliamo bene, vero?». Lei sì,
sente davvero quel sentimento, anche se lui, razionalmente, le fa più
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crescere quei figli in maniera decorosa – uno dei quali è proprio figlio di
Domenico Soriano, ignaro della loro esistenza e soprattutto della sua
paternità.
Il pensiero borghese, esemplificato in maniera emblematica da Don Mimì,
emargina le donne e, in special modo, coloro che non si conformano ai
comportamenti virtuosi della madre di famiglia e ai ristretti regimi morali
di fine Ottocento, dettati proprio dal ceto cardine della nuova società
capitalistico-industriale.
Don Mimì, single avvezzo alle giovani donne e alla vita da dandy,
disprezza Filumena e sta per sposarsi con una ventenne tutta svolazzi e
falsi convenevoli. Filumena, donna dal cuore impietrito dalle sofferenze
della vita, non ha più forza di resistere alla situazione.
In fondo, pur nei suoi numerosi difetti, ancora crede a quella specie di
verità amorosa che lui le proferì in gioventù. Adesso è il momento di
prendere una decisione per riscattare la propria vita. I figli ormai sono
uomini e lei non vuole più aspettare per raccontare loro la verità; una
verità che pare romperle il petto dalla voglia di amore e di protezione, che
la vita finora non le ha regalato. La paura, la determinazione di crescere
bene quei figli e il silenzio sopportato per tanti anni l’hanno trasformata in
una paladina dei valori della famiglia, la stessa che in fondo desidera
anche Domenico Soriano, smascherato dal desiderio di farsi chiamare
‘papà’ dai figli di Filumena -appena ripresosi dallo sgomento di essere
davvero il padre di uno di loro.
Una commedia tragica e comica, allo stesso tempo, in una eccellente
interpretazione di Mariangela D’abbraccio (Filumena). Ma anche seria e
commovente, che se mette al centro il problema dei figli illegittimi – vero
dilemma delle donne in tempi ormai superati – prende già posizione in
favore di un’idea di famiglia allargata, con una insospettabile anticipazione
del futuro nostro contemporaneo.
La famiglia, borghese o allargata, rimane sempre il nucleo primario della
società, argomento dibattutto e sempre attuale, che corre parallelo con
l’evolversi dei tempi.
Lo spettacolo è andato in scena:
Teatro De Filippo
via G. B. Vico, 1 Cecina (LI)
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Laura Sestini
febbraio 23, 2017
sabato 18 febbraio
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Filumena Marturano
di Eduardo De Filippo con Mariangela D’Abbraccio, Geppy Gleijeses, Nunzia Schiano, Mimmo Mignemi e
con Ylenia Oliviero, Elisabetta Mirra, Agostino Pannone, Gregorio Maria De Paola, Eduardo Scarpetta e
Fabio Pappacena scene e costumi Raimonda Gaetani musiche Teho Teardo regia di Liliana Cavani
produzione Gitiesse Artisti Riuniti
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