Craxi: la magistratura sapeva da anni dei soldi ai partiti

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Craxi: la magistratura sapeva da
anni dei soldi ai partiti
di Bettino Craxi
Il sistema di finanziamento
della politica si presentava nel suo insieme come un sistema complesso
per il quale bisognava tenere conto di livelli, responsabilità e
causali diverse. Vanno tenuti in conto infatti i livelli
amministrativi e gestionali delle strutture nazionali delle
organizzazioni periferiche regionali, provinciali e cittadine, delle
associazioni e strutture collaterali, associative, di carattere
culturale, sociale, sindacale, giovanile ed altro.
A questo si debbono aggiungere le attività editoriali, gli organi di
informazione politica, lo spettacolo politico, gli strumenti di
formazione e di orientamento, le attività internazionali, ideali,
politiche, di solidarietà concreta verso soggetti singoli e verso
organizzazioni. L’attività politica dei partiti comprende convegni
tematici, di settore, di categoria, convegni giovanili, femminili,
Congressi locali, regionali, nazionali, internazionali.
Un livello fondamentale è fissato dalle scadenze elettorali. Elezioni
politiche nazionali, regionali e locali, elezioni europee, elezioni
amministrative parziali che risultavano sovente particolarmente
impegnative perché normalmente assumevano il valore di test e di sfide
di carattere nazionale.
Bisognava tener conto dei candidati e dell’alto grado di competitività
che si stabiliva tra loro, dalle spese che si gonfiavano insieme alle
ambizioni ed alle illusioni, o alla ricerca di successi personali da
raggiungersi in termini particolarmente clamorosi in modo da poterli
far valere poi sul mercato politico delle cariche maggiori.
Allo stesso modo bisognava tener conto degli eletti che sono per
vocazione e per giusta natura sempre tendenzialmente rieleggibili e
che quindi sono portati a costruirsi strutture di sostegno permanenti
specie quando la loro rielezione non poteva dipendere da una
vincolante designazione dipendente dagli organi e dalla burocrazia del
Partito.
Anche nella struttura democratica così come essa si è venuta definendo
nella democrazia repubblicana si è venuto formando un vero e proprio
ceto politico ed amministrativo professionale, o semiprofessionale.
Il
suo
lavoro
politico
sostituisce in tutto o in parte il suo lavoro professionale, sovente
creando dei vuoti nelle disponibilità complessive di reddito. Questi
vuoti vengono coperti o da vantaggi indiretti ricavati da una
influenza politica o anche da contributi e finanziamenti di carattere
politico personale, sempre per rimanere al di qua della frontiera che
separa un finanziamento di natura e scopo politico dai veri e propri
reati contro la Pubblica Amministrazione.
Come già ho sottolineato, nella realtà politica e partitica si era
diffusa e radicata la esistenza di “clan” e di correnti, entro le
quali si erano venute stabilendo solidarietà ed interessi che molto
spesso andavano al di là dei legami con l’entità Partito anche se si
mantenevano e si muovevano all’interno ed entro le istituzioni, i
simboli e le formule proprie dell’entità Partito. I rapporti tra tutte
queste articolazioni si sono naturalmente presentate in forma diversa
nei diversi partiti. Ciò che appariva in generale sempre più evidente
era la tendenza verso un indebolimento progressivo delle capacità e
delle possibilità di un controllo centrale sugli altri livelli.
Le realtà periferiche, i gruppi, le posizioni consolidate di influenza
gestionale e clientelare, potevano sempre di più sfuggire alla
direzione ed al controllo del livello centrale e ciò non solo sotto il
profilo dei mezzi e metodi di finanziamento ma spesso, in molti casi,
anche sotto il profilo della stessa direzione politica.
Più di altri sfugge invece a questa tendenza il PCI e poi il PCI- PDS,
almeno negli anni iniziali della sua prima strutturazione. Il Partito
Comunista ed il Partito ex-Comunista si sono, per ideologia e natura,
formati su schemi centralizzati che, pur modificando nel tempo la loro
rigidità originaria, avevano mantenuto una loro validità ed efficacia
che naturalmente, anch’essa, si veniva indebolendo e sgretolando.
Sotto questo profilo mentre da un lato risulta più evidente, anche in
materia di finanziamenti, il controllo centrale e quindi la
consapevolezza e la responsabilità dei maggiori dirigenti politici,
dall’altro prendono avvio e maggiore consistenza fenomeni propri di
una più vivace dialettica politica interna, con un seguito di
iniziative di gruppo e di corrente.
Diversamente, in altri partiti, molti candidati, in occasione delle
campagne elettorali, ricevono contributi diretti dal Partito in
ragione del loro ruolo, altri si avvalgono di solidarietà di gruppo,
altri ancora organizzano in proprio il reperimento di fondi, ed altri
infine fanno tutte e due o tutte e tre le cose contemporaneamente.
La struttura centralizzata consentiva invece una certa disciplina e
comunque un maggiore controllo anche su questo tipo di spese. Va
detto, infine, che, sempre in materia di raccolta di fondi per le
spese elettorali, non di rado il nome del Partito e dei suoi vertici
più conosciuti e più autorevoli veniva utilizzato senza tanti scrupoli
e complimenti anche da chi non era minimamente autorizzato a farlo.
Del millantato credito, di cui erano spesso vittime i dirigenti più
conosciuti, in moltissime occasioni era vittima lo stesso Partito, in
nome del quale venivano abusivamente avanzate richieste, ricevute
offerte, raccolti contributi di genere e provenienza varie, e di cui
le organizzazioni amministrative responsabili di Partito non avevano
in realtà il benché minimo riscontro o ne avevano un riscontro del
tutto parziale, il più delle volte indiretto o casuale.
Le entrate del Partito
erano costituite da tutte le voci presenti e dichiarate nei bilanci e
da contributi che non venivano dichiarati.
Per esempio la raccolta dei fondi indirizzati al Partito Socialista a
vario titolo veniva fatta direttamente dall’amministrazione,
dall’Amministratore o suoi collaboratori diretti, a questo consegnate
da altri dirigenti del Partito o da persone che venivano considerate
alla stregua di collaboratori di fiducia. La modalità di questi
versamenti venivano decise dall’Amministrazione. Ciò avveniva nella
gran parte dei casi, in relazione alle situazioni concrete che si
presentavano. I contributi che venivano versati al Partito erano di
varia natura.
Di natura politica e cioè a dire erogazioni di sostegno fatte
esclusivamente o prevalentemente per ragioni di adesione o di
convinzione e valutazione politica.
Contributi che potevano essere invece definiti come prova e ricerca di
“buone relazioni” e cioè dati senza un concreto e specifico
riferimento ma assicurati solo allo scopo di stabilire o mantenere con
l’entità Partito un rapporto che potesse essere considerato amichevole
e quindi suscettibile di una attenzione da parte degli esponenti del
Partito presenti in varie sedi istituzionali.
Contributi raccolti e versati da singoli esponenti del Partito
nell’ambito della loro responsabilità. Contributi versati in funzione
di ottenere specifiche sollecitazioni ed interventi favorevoli ai
finanziatori.
A questi contributi di natura varia si aggiungevano entrate di
carattere pubblicitario ed entrate derivanti da sponsorizzazioni in
cambio delle quali veniva comunque fornito un servizio commerciale
generalmente adeguato specie in occasione di Congressi e di grandi
iniziative e manifestazioni pubbliche che costituivano un veicolo di
indubbia importanza ed interesse di carattere locale, nazionale ed
internazionale.
Su questo stato di cose è stato avviato, organizzato, sviluppato ed
esteso a tutto il Paese un processo di criminalizzazione strumentale
che ha manipolato e mistificato la realtà dei fatti, le circostanze
storiche in cui i fatti si sono verificati, il contesto generale delle
responsabilità democratiche che erano state assolte da forze politiche
che avevano garantito il quadro delle libertà democratiche, la
stabilità politica, lo sviluppo dell’economia, la crescita dei valori
e delle opportunità sociali, la presenza ed il dinamismo della vita e
della dialettica democratica, l’alto ruolo internazionale raggiunto
dalla nazione tanto nel contesto europeo che in quello mondiale.
La classe politica dei Partiti ed in generale tutta la classe politica
era quindi, come non è difficile dimostrare, mentre sarebbe
difficilissimo dimostrare il contrario, ben consapevole della natura
del finanziamento politico, dei metodi seguiti, delle pratiche che
erano diffuse, costanti e sistematiche.
C’è semmai da chiedersi se, essendo queste le condizioni, come sia
possibile credere o far credere che la magistratura ed altri apparati
dello Stato ignorassero ciò che avveniva anche sotto i loro occhi, non
nel caso di una particolare stagione, ma addirittura nel corso di
decenni.
C’è semmai da chiedersi perché questo sia avvenuto. C’è da chiedersi,
se si ricorda a memoria, come sia stato possibile che nell’arco di
quasi un ventennio raramente è stato aperto un caso.
In ogni caso non risulta che si siano mai svolti processi e non si
siano mai pronunciate sentenze di condanna per lo specifico reato di
finanziamento illegale.
C’è da chiedersi come sia stato possibile che mentre per bocca della
stessa magistratura questa pratica veniva definita “notoria e
costante”, contemporaneamente non veniva promossa l’azione penale per
le violazioni della legge sul finanziamento dei partiti.
Nessuno lo impediva, nessuno poteva impedirlo, nessuno ha denunciato
un caso nel quale ad un magistrato è stato impedito di compiere il
dovere che la legge gli avrebbe imposto di compiere. Probabilmente
anche questo è avvenuto, e magari anche in più casi, ma nessuno
protestò e picchiò i pugni sul tavolo sino a farsi sentire.
Ciò che è singolare invece è che improvvisamente, in forme violente ed
anche e soprattutto discriminatorie, si siano scoperchiate parti
significative del sistema di finanziamento illegale dei Partiti e
delle attività politiche, e si sia dato vita ad un processo di
criminalizzazione con ritmi crescenti, seguendo sovente cadenze
proprie di una orologeria politica, con un particolare accanimento
diretto soprattutto e in primo luogo verso alcune direzioni, mentre ad
altre veniva riservato un trattamento ben diverso e molte cose
venivano sottaciute, ignorate, o addirittura sfacciatamente oscurate e
protette. Il trionfo della regola dell’ingiustizia consistente
nell’uso di “due pesi e due misure”.
Ciò che è singolare è che nel 1989, quando cadevano i muri e non si
sapeva che cosa si sarebbe potuto ritrovare tra le macerie, in fretta
e furia il Parlamento italiano varò una amnistia, nella quale fu fatto
comprendere il finanziamento illegale alla politica. L’amnistia non
incontrò di certo forti ostacoli. Passò diritta filata, alla
chetichella e sembra neppure con un voto di Aula ma addirittura con un
voto in Commissione. Una amnistia lampo.
Parliamo di qualcosa che è diventata invece, dopo d’allora, solo a
nominarla, una specie di peccato mortale, di offesa alla civiltà del
diritto, di scandalosa distorsione della giustizia. Non ci furono
allora alti lai di eguale natura. La piazza non si scompose, i Palazzi
non si scomposero, i grandi moralizzatori di professione non entrarono
in campagna.
Il colpo di spugna invece ci fu. Fu rapido, efficace, risolutivo. Il
grande crimine riguarda invece allora gli anni ’ 89-’ 92.
Incredibile ma vero. Spesso è dalla categoria degli amnistiati dell’
89 che vengono poi i censori più spietati e i demagoghi più sfacciati.
La campagna contro i finanziamenti illegali della politica,
trasformata nella maggior parte dei casi in un fenomeno di corruzione
e di reati ancora più gravi, ha assunto così toni e metodi di tale
violenza demagogica e finalità strumentali ad una lotta di potere che
è dilagata nel Paese. Talvolta vi abbiamo riconosciuto trampolini di
lancio per esibizionistiche ambizioni ma, nel quadro più generale, si
è fatta avanti una corsa pseudo- rivoluzionaria in veste di nuovo
potere egemone della società e dello Stato.
FINE