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Pubblicato il 20/02/2017
N. 00071/2017 REG.PROV.COLL.
N. 00162/2016 REG.RIC.
R E P U B B L I C A
I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo
sezione staccata di Pescara (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 162 del 2016, proposto da:
Associazione Polisportiva Dilettantistica "Beach Sports Club", in persona del
legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Mosè Ferretti,
Paolo Nicola Muratore, domiciliata ex art. 25 cpa presso Tar Pescara
Segreteria in Pescara, via A. Lo Feudo, 1;
contro
Comune di Vasto, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e
difeso dall'avvocato Nicolino Zaccaria, domiciliato ex art. 25 cpa presso Tar
Pescara Segreteria in Pescara, via A. Lo Feudo, 1;
per l'annullamento
dell'ordinanza n. 51/2016 del 28 gennaio 2016 con la quale il Dirigente del
Settore Urbanistica del Comune di Vasto ha ingiunto all'associazione
ricorrente la rimozione dello strato di sabbia e il ripristino dello stato dei
luoghi; di ogni ulteriore atto prodromico, consequenziale e connesso ivi
compreso il verbale di sopralluogo prot. n. 41928 del 17.09.2015 redatto dalla
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P.M. Nucleo Edilizia e Ambiente, la nota prot. n. 56349 del 17.12.2015 di
comunicazione di avvio del procedimento.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Vasto;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 gennaio 2017 il dott. Alberto
Tramaglini e udito l'avv. Paolo Nicola Muratore per la parte ricorrente;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1 - Si espone in ricorso che in data 8 agosto 1997 il Comune di Vasto
concedeva in locazione a Big Bamboo S.r.l., l’immobile denominato
“PALAHISTONIUM” con relative aree di pertinenza con scadenza 12
settembre 2017. Essendo prevista dal contratto (art. 16) la possibilità di
sublocazione, in data 14 settembre 2015 la ricorrente acquisiva la conduzione
della struttura fino al 30 agosto 2017 e vi collocava, al di sopra della
pavimentazione esistente, uno strato di sabbia facilmente rimovibile per
consentirne l’utilizzazione sportiva.
A seguito di sopralluogo del 16 settembre 2015 veniva contestata la
violazione della normativa edilizia, a cui seguiva l’avvio del procedimento, le
osservazioni dell’interessata e l’ordinanza n. 51/2016 del 28 gennaio 2016
notificata il 18 febbraio 2016, di rimozione dello strato di sabbia e ripristino
dello stato dei luoghi.
Il provvedimento sarebbe illegittimo per violazione dell’art. 35 del d.p.r. n.
380/2001, non essendo, quelle contestate, opere edilizie richiedenti il
permesso di costruire. Si tratterebbe, invece, di intervento di manutenzione
ordinaria ex art. 3, comma 1, lett. a) del d.p.r. n. 380/2001, in quanto volto a
rinnovare e preservare, seppure in modo provvisorio, una finitura preesistente
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(manto in erba sintetica e sabbia) e, come tale, da ricondurre nell’attività
edilizia libera o, al limite, agli interventi di manutenzione straordinaria.
Costituitosi in giudizio il Comune, evidenziate le caratteristiche e gli sviluppi
del rapporto, di natura concessoria, con la dante causa della ricorrente,
osserva sul punto che “non sembra revocabile in dubbio che anche l’attività
di spargimento di diverse centinaia di metri cubi di sabbia sull’area di gioco
della palestra (misurate circa mq 1048,58) che ne era precedentemente priva,
con conseguente modificazione della destinazione d’uso pattuita in
concessione, sia soggetta a permesso di costruire, non rientrando l’opera …
né tra gli interventi di manutenzione ordinaria né tra gli interventi di
manutenzione straordinaria”.
3 – Va osservato che il provvedimento impugnato si regge su una unica
essenziale considerazione: “le opere abusive accertate rientrano nella
fattispecie prevista dall’art. 35 del DPR 380/2001 in quanto trattasi di
interventi su immobili di proprietà comunale ed in assenza del relativo titolo
abilitativo”, sicché deve essere disatteso il rilievo comunale secondo cui
l’ordinanza conterrebbe passaggi dotati di autonomia motivazionale che non
sono stati impugnati. L’atto ha in definitiva ritenuto che, anche qualora non
fosse richiesto il permesso di costruire, il carattere abusivo dell’intervento lo
sottopone comunque alla sanzione data dall’ordine di ripristino ex art. 35,
conclusione oggetto delle censure in esame.
Come sostenuto dalla ricorrente, si tratta di conclusione che non trova
conferma nella disposizione richiamata, a norma della quale tale sanzione è
riferita unicamente a “interventi in assenza di permesso di costruire, ovvero in totale o
parziale difformità dal medesimo, su suoli del demanio o del patrimonio dello Stato o di
enti pubblici” nonché “agli interventi edilizi di cui all'articolo 22, comma 3, eseguiti in
assenza di denuncia di inizio attività, ovvero in totale o parziale difformità dalla stessa”,
sicché è evidentemente illegittima l’estensione della sanzione ad interventi
diversi da quelli contemplati dalla norma.
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Va infatti escluso che i lavori in questione possano essere annoverati tra “a) gli
interventi di nuova costruzione; b) gli interventi di ristrutturazione urbanistica; c) gli
interventi di ristrutturazione edilizia…”, e cioè tra uno degli “interventi di
trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio … subordinati a permesso di costruire”
di cui all’art. 10 t.u. cit.
Esclusa la nuova costruzione, non trattandosi di realizzazione di un nuovo
organismo edilizio o di uno qualsiasi degli interventi elencati nei punti e.1)e.7) dell’art. 3, comma 1, del t.u., sembra del pari evidente che quello in
questione è un intervento su edificio esistente che non raggiunge la soglia
della ristrutturazione edilizia, non essendo la collocazione dello strato di
sabbia idonea a determinare la trasformazione dell’immobile mediante un
insieme sistematico di opere incidenti sulle caratteristiche preesistenti
(volume, sagoma, prospetti, destinazione d’uso). Quanto a quest’ultimo
aspetto, il fatto che l’intervento sia funzionale a consentire la pratica di uno
sport diverso (beach volley) da quello precedente (calcetto) non determina
modifiche urbanisticamente rilevanti dell’uso originario, restando l’immobile
comunque destinato ad un uso sportivo compatibile con il tipo di struttura.
In assenza di scopi conservativi e non potendosi configurare un “insieme
sistematico di opere” che abbiano interessato parti dell’edificio, si è del resto
anche al disotto della soglia di cui alla lett. c) art. 3 cit.
L’intervento non può essere dunque collocato in una categoria superiore alla
lettera b) del citato art. 3, anche se la mera collocazione di materiale per un
tempo contrattualmente determinato non sembra implicare né rinnovazione
né sostituzione di una parte dell’edificio.
In ogni caso, tanto a considerarlo nell’ambito degli “interventi non riconducibili
all'elenco di cui all'articolo 10 e all'articolo 6” (art. 22, co. 1), sanzionati ex art. 37, o
di quelli di cui all’art. 6, comma 2, lett. a) ed e-bis) [“… previa comunicazione …
possono essere eseguiti senza alcun titolo abilitativo i seguenti interventi: … a) gli interventi
di manutenzione straordinaria di cui all'articolo 3, comma 1, lettera b), ivi compresa
l'apertura di porte interne o lo spostamento di pareti interne, sempre che non riguardino le
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parti strutturali dell'edificio; … e-bis) le modifiche interne di carattere edilizio sulla
superficie coperta dei fabbricati adibiti ad esercizio d'impresa, sempre che non riguardino le
parti strutturali, ovvero le modifiche della destinazione d'uso dei locali adibiti ad esercizio
d'impresa”, per i quali è prevista la sanzione pecuniaria pari a 1.000 euro (co.
7), si tratterebbe in ogni caso di tipologia di intervento per il quale non è
richiesto il permesso di costruire e che non è quindi sanzionabile ai sensi
dell’art. 35 cit.
Il che porta all’accoglimento del suddetto motivo di ricorso.
Quanto al rilievo dell’ordinanza che fa riferimento alla mancanza di
autorizzazione del “Settore Demanio e Patrimonio”, lo stesso semmai
legittima, come sostenuto dalla ricorrente nel terzo motivo, l’esercizio degli
eventuali poteri pubblicistici connessi al rapporto sottostante, ma è di per sé
inidoneo a giustificare l’applicazione della sanzione edilizia di cui all’art. 35 cit.
Il ricorso va quindi accolto con annullamento dell’atto impugnato.
Le spese di giudizio vanno compensate, salvo il diritto della ricorrente al
rimborso del contributo unificato.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Abruzzo sezione staccata di
Pescara, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie e
per l’effetto annulla l’atto impugnato. Spese compensate come da
motivazione.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Pescara nella camera di consiglio del giorno 13 gennaio 2017
con l'intervento dei magistrati:
Amedeo Urbano, Presidente
Alberto Tramaglini, Consigliere, Estensore
Massimiliano Balloriani, Consigliere
L'ESTENSORE
Alberto Tramaglini
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IL PRESIDENTE
Amedeo Urbano
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IL SEGRETARIO
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