Thinking day: Il pensiero di R.B. Powel tradotto in tutte le lingue del

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Thinking day: Il pensiero di
R.B. Powell tradotto in tutte
le lingue del mondo
UNA PROPOSTA EDUCATIVA
DESIDERIO DI PUREZZA, BELLEZZA, POESIA
CHE
SOLLECITA
Viviamo nell’era
dell’informazione e della post-verità e non è per niente
facile stabilire relazioni plausibili tra fatti, cose e
proclami; ciò che conosciamo del mondo assomiglia più ad un
sogno che alla realtà, appannato com’ è da tante conoscenze di
cui poche certe.
Che ci piaccia o no, la ricerca della verità è un compito
arduo per chi attraversa, come me, questo millennio, e
altrettanto arduo è il compito di chi è chiamato ad educare le
nuove generazioni, impegnate, in primis, a costruire una
realtà migliore da conoscere.
Tra le numerose filosofie educative in cui mi sono imbattuta
in questi anni, con la curiosità di madre, sono rimasta
piacevolmente colpita da quella adottata dalle associazioni
scautistiche: un paradigma educativo ben strutturato e dotato
di una sorta di upgrade congenito (periodico e automatico) che
dimostra di sapersi adattare ai mutamenti in atto, e lo fa da
un centinaio di anni.
L’immaginario collettivo, pregno dello stereotipo del “giovane
esploratore che canta a messa, porge l’altra guancia e aiuta
l’anziana signora ad attraversare la strada”, ci ha portato
negli anni a non farci troppe domande sul loro modus operandi.
E ci siamo persi qualcosa.
Il
progetto
educativo degli scout, presenti in circa 170 paesi nel mondo,
si fonda sulla progressione personale del ragazzo a partire
dall’ esplorazione delle sue attitudini personali; ma non
basta lo sviluppo delle competenze, occorre trasferirle a
favore della realtà circostante, sporcarsi le mani in prima
persona. Infatti, la proposta didattica scout, rivolta ai
ragazzi dagli 8 ai 21 anni, si risolve in tre momenti
formativi che si susseguono ciclicamente – scoperta,
competenza e responsabilità – e rivela il legame intimo tra
conoscenza ed esperienza, restituendo ai ragazzi il senso e il
desiderio della ricerca della verità.
Ask the boy (Chiedi al ragazzo), suggeriva R. Baden-Powell ai
capi per preparare attività coinvolgenti. Altro che classi,
materie studiate a memoria e verifiche, B. P., considerato il
padre morale degli scout, agli albori del ‘900, aveva già
compreso che gli unici obiettivi che contano sono quelli che
il ragazzo stesso si propone di raggiungere, nell’ambito che
considera più interessante o utile per sé stesso, e che i
tempi per realizzarli non sono uguali per tutti. Concetti di
sicuro per niente nuovi ai cultori delle ritrovate filosofie
steineriane, libertarie e montessoriane e a tanti educatori
che ancora faticano a riconoscere nelle associazioni
scoutistiche dei soggetti fortemente impegnati ad educare
intere generazioni con senso civico, empatia e curiosità.
Un’interessante
sfida che le organizzazioni scautistiche si apprestano ad
affrontare, in particolare quelle ancorate alla fede cattolica
e cristiana, è la dimensione confessionale della loro proposta
educativa che precluderebbe la partecipazione di ragazzi
provenienti da famiglie dichiaratamente atee, agnostiche o di
altro credo. La prossima Conferenza mondiale dello scautismo,
che si terrà in Azerbaijan nel 2017, sarà chiamata a
pronunciarsi proprio su questo attualissimo tema, “Duty to
God”, ovvero sulla necessità di eliminare il riferimento a Dio
nel testo della “promessa” scout.
La secolarizzazione dei nostri tempi impone
riflessione lucida e minuziosa sull’utilizzo
“Dio”, oggi strumentalizzata e violata ma,
dimensione spirituale ha reso la proposta scout
campo educativo.
di certo una
della parola
di fatto, la
un unicum nel
Cosa si può fare di più che rendere un ragazzo protagonista
della sua stessa crescita, che renderlo un buon cittadino? Ad
esempio, spingerlo a interrogarsi non solo sul come ma anche
sul perché della sua esistenza, della sofferenza, dell’amore,
della morte.
“Esiste una potenzialità intrinseca nello scoutismo, una
capacità di suscitare nel cuore di un ragazzo che contempla le
stelle davanti al fuoco o mentre porge le mani per bere a una
fonte, dicevo una capacità di suscitare un desiderio di
grandezza, di purezza, di bellezza che può inspirare tutta
l’esistenza” (R. Cociancich). E un desiderio di poesia,
aggiungo io.