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Ing. Giovanni Scarano
Via Costa d’Argento 13 - 06132 Perugia - Tel..336/760547 - Email: [email protected]
Separatore idrodinamico
1. Acque meteoriche di dilavamento
Secondo un rapporto del National Water Quality Inventory (U.S. EPA 1990) almeno il 30 % dei casi
identificati di degrado dei corpi idrici è attribuibile allo scarico, diretto o attraverso fognature, delle
acque meteoriche di dilavamento delle superfici scoperte. Ciò spiega il proliferare, sia in Italia che
all’estero, di campagne di monitoraggio e relativi studi intesi a valutarne grado di inquinamento.
Quasi tutti questi lavori sono dedicati alle acque meteoriche di dilavamento delle strade urbane ed
extra urbane e delle relative pertinenze (aree di servizio con annesse stazioni di rifornimento, aree
di parcheggio, ecc.) per via della loro rilevanza quantitativa rispetto alle acque di altra natura.
1.1 Fonti di inquinamento
Le principali fonti di inquinamento delle acque meteoriche di dilavamento, con particolare riguardo
alle infrastrutture viarie, sono: a) l’interazione dell’acqua piovana con gli inquinanti di origine
naturale e antropica presenti nell’atmosfera; b) il dilavamento delle sostanze inquinanti depositate
sulla superficie scolante durante il tempo asciutto; c) il trascinamento di sedimenti accumulati nelle
condotte fognarie ove esistenti. Il risultato di tale inquinamento è sintetizzato nella tabella 1.
Tabella 1 - Fonti di emissione degli inquinanti
Agenti inquinanti
Principali fonti di emissione
Sedimenti
Deposizione atmosferica, usura pavimentazione stradale e opere di manutenzione.
Azoto e fosforo
Deposizione atmosferica, fertilizzanti usati in terreni circostanti.
Idrocarburi
Sversamenti/perdite oli lubrificanti o benzina/petrolio, bitume.
Zinco
Usura gomme, corrosione strutture metalliche zincate (guard-rail, tettoie, grondaie, ecc.).
Piombo
Gas di scarico, consumo freni, perdite oli lubrificanti e grassi, consumo cuscinetti.
Rame
Usura freni, carrozzeria e componenti motore, insetticidi e pesticidi usati in terreni circostanti.
Ferro
Rilascio ruggine da carrozzerie veicoli e strutture metalliche (guard-rail, segnaletiche, ecc.).
Cadmio
Usura pneumatici.
Cromo
Usura carrozzeria veicoli, consumo freni e frizione.
Nichel
Rilascio gas di scarico veicoli, perdite oli lubrificanti, consumo freni, deterioramento asfalto.
Manganese
Usura componenti motore.
Bromo
Rilascio gas di scarico veicoli.
Cloruri/solfati
Prodotti antigelo.
Gomma/amianto
Consumo pneumatici, freni e frizione.
1
1.2 Parametri di inquinamento
In un rapporto dell’EPA (Fundamentals of Urban Runoff Management Technical and Institutional
Issues - 2007) sono riportati i dati di 10 anni di monitoraggio effettuati presso 200 municipalità
americane sui parametri di inquinamento delle acque meteoriche di dilavamento delle superfici
scoperte urbane ed extra urbane nell’ambito del progetto National Stormwater Quality Database.
Questi dati sono riportati nella tabella 2 unitamente ai limiti di emissione disposti dall’allegato 5 alla
parte terza del D.Lgs n. 152/2006 relativamente allo scarico delle acque reflue industriali in corpo
idrico superficiale (tabella 3) e sul suolo (tabella 4).
Tabella 2 - Concentrazioni e limiti normativi di emissione delle acque meteoriche di dilavamento
Concentrazioni (mg/l)
Inquinanti
Limiti di scarico (mg/l)
zone
residenziali
zone
commerciali
sedi
stradali
aree
industriali
spazi
aperti
in corpo idrico
sul suolo
Solidi sospesi
48
43
99
77
51
80
25
BOD5
9
12
8
9
4
40
20
Azoto
1,4
1,6
2
1,4
0,6
-
15
Fosforo
0,3
0,2
0,25
0,3
0,25
10
2
Oli minerali(1)
3,9
4,7
8
5
1,3
5
assente
Zinco
0,07
0,15
0,2
0,2
0,04
0,5
0,5
Piombo
0,01
0,02
0,025
0,025
0,005
0,2
0,1
Rame
0,01
0,02
0,035
0,02
0,005
0,1
0,1
(1) Concentrazioni maggiori degli idrocarburi sono stati rilevati nei parcheggi (15 mg/l) e nelle stazioni di servizio (22 mg/l).
Confrontando le concentrazioni degli inquinanti ai relativi limiti di emissione si evince quanto segue.
Sostanze organiche e nutrienti
I valori del BOD5 e delle concentrazioni di azoto e fosforo nelle acque meteoriche di dilavamento
sono ampiamente ricompresi nei limiti normativi di emissione per cui l’inquinamento da tali
sostanze può ritenersi irrilevante.
Solidi sospesi
La concentrazione dei solidi sospesi nelle acque meteoriche di dilavamento delle aree urbanizzate
e delle strade extra urbane dipende prevalentemente dai rifiuti che si accumulano sulle superfici
impermeabili nei periodi di tempo secco, che poi contribuiscono alla formazione dei solidi sospesi
presenti nelle acque, e quindi dalla entità delle attività antropiche che interessano le dette superfici.
2
Sorprende quindi che l’inquinamento da solidi sospesi è maggiore nelle strade extraurbane rispetto
alle aree urbanizzate. La spiegazione è che quest’ultime sono sottoposte a pulizia periodica che
riduce notevolmente la quantità di rifiuti presenti sulla sede stradale all’atto dell’evento meteorico.
In inverno, per l’utilizzo di sostanze antigelo, nelle strade extraurbane si può registrare un aumento
dei solidi sospesi, dovuto alla corrosione del manto stradale, e alte concentrazioni di cloruri e solfati.
Le Autorità americane prescrivono normalmente una rimozione dei solidi sospesi non inferiore
all’80% che, stante la legislazione italiana rappresentata nella tabella 2, consentirebbe di rientrare
nei limiti normativi di emissione anche per lo scarico delle acque sul suolo.
Idrocarburi
Il punto 2.1dell’allegato 5 alla parte terza del D.Lgs n. 152/2006 dispone il divieto di scarico sul
suolo e nel sottosuolo di una serie di inquinanti fra cui gli oli minerali persistenti e idrocarburi di
origine petrolifera persistenti, precisando che tali sostanze devono risultare assenti ossia in
concentrazioni non superiori ai limiti di rilevabilità delle attuali metodiche di analisi. Pertanto, stanti
le concentrazioni degli oli minerali riportate nella tabella 2, lo scarico sul suolo delle acque
meteoriche di dilavamento è ammesso, quale che sia la loro provenienza, solo se le acque
vengono trattate fino alla completa rimozione degli oli.
Nel caso di scarico in corpo idrico superficiale, si rende comunque necessario un trattamento di
disoleazione dell’acqua in grado di operare, almeno nelle situazioni di maggior carico (parcheggi,
stazioni di servizio), una rimozione degli oli minerali non inferiore all’80 %.
Metalli
Come si evince dalla tabella 1, le concentrazioni dei metalli, fra tutti zinco, piombo e rame, presenti
nelle acque meteoriche di dilavamento, dipendono dal rilascio dei gas di scarico e dall’usura
gomme e freni risultanti dal traffico veicolare nonché dalla corrosione delle strutture metalliche
presenti in zona con particolare riguardo a quelle zincate.
Le strade urbane sono interessate da un traffico veicolare decisamente superiore rispetto a quelle
extraurbane, pur tuttavia le concentrazioni rilevate di piombo e rame nelle acque meteoriche di
dilavamento sono all’incirca le stesse. Il motivo è che, come nel caso dei solidi sospesi, le aree
urbanizzate sono sottoposte a pulizia periodica che, per quanto non particolarmente efficace nella
rimozione delle particelle fini quali sono i metalli pesanti, riesce in qualche modo a contenere la
loro concentrazione nelle acque meteoriche di dilavamento. Per quanto riguarda lo zinco, si può
ritenere che la quantità di materiale rilasciato da tettoie e grondaie nelle zone urbanizzate sia
comparabile a quella derivante dai guard-rail nelle strade extraurbane.
In ogni caso, le concentrazioni dei metalli pesanti presenti nelle acque meteoriche di dilavamento
sono dello stesso ordine di grandezza in tutte le possibili situazioni e sono abbastanza inferiori ai
limiti normativi di emissione sia per lo scarico delle acque in corpo idrico superficiale sia per lo
scarico sul suolo. Pertanto, a meno di situazioni del tutto particolari, il problema della rimozione dei
metalli pesanti dalle acque meteoriche di dilavamento non sussiste.
3
1.3 Portata di progetto
La portata di afflusso delle acque meteoriche di dilavamento alla postazione dell’impianto di
trattamento varia durante l’evento meteorico con un andamento (idrogramma) che cresce con il
tempo fino ad un valore di picco che rappresenta la portata di progetto dell’impianto di trattamento.
L’idrogramma che viene preso a riferimento per il calcolo della portata di picco si basa sull’ipotesi
che la durata dell’evento meteorico sia uguale al tempo di corrivazione intendendo con tale termine
l’intervallo di tempo impiegato dalla particella liquida più lontana per arrivare alla postazione
dell’impianto. Tale intervallo può essere calcolato mediante la formula di Kirpich:
l 0,77
tc = 0,000325 ────
p0,385
(1)
dove:
tc è il tempo di corrivazione in h;
l
è la lunghezza del tratto percorso della particella d’acqua più lontana dall’impianto in m;
p
è la pendenza media del suddetto tratto in m/m.
La portata di picco si calcola tramite la relazione (4) della norma UNI EN 858-2 di seguito riportata:
Qr = ψ A i
(2)
dove:
Qr è la portata di picco dell’acqua meteorica di dilavamento in l/s;
A
è l’area che raccoglie le precipitazioni (superficie scolante) misurata orizzontalmente in ha;
ψ è un coefficiente di afflusso dimensionale che dipende dalle condizioni di deflusso superficiale
della superficie scolante (si assume 1 per le superfici impermeabili e 0,3 per lo stabilizzato);
i
è l’intensità della pioggia di progetto in l/s x ha che, stante il punto 4.3.5 della UNI EN 858-2,
deve essere determinata in conformità ai regolamenti locali.
In ottemperanza alla suddetta norma, l’intensità della pioggia di progetto viene calcolata tramite la
curva di probabilità pluviometrica espressa dalla seguente relazione:
i = 2,78 a δn-1
(3)
dove δ = tc è la durata della pioggia espressa in ore e i parametri a ed n dipendono dalla zona
geografica di installazione dell’impianto e dal tempo di ritorno tr inteso come l’intervallo di tempo,
espresso in anni, nel quale l’evento meteorico viene mediamente eguagliato o superato.
Se si assume un tempo di ritorno tr = 5 anni, valore ragionevole se impiegato per il
dimensionamento dell’impianto di trattamento, i parametri a ed n usualmente adottati su tutto il
territorio nazionale per piogge di durata inferiore a 1 h sono:
a = 37,23 mm/hn
4
;
n = 0,423
(4)
Tramite le relazioni (1) - (4) è quindi possibile calcolare la portata di picco delle acque meteoriche
di dilavamento addotte all’impianto di trattamento che viene assunta come portata di progetto.
Può succedere però che, prima del termine della pioggia di progetto, all’impianto sia pervenuta una
quantità di acqua piovana complessivamente pari a quella classificata come prima pioggia1.
Nel qual caso è lecito parzializzare il flusso entrante nell’impianto di trattamento mediante
l’installazione a monte di uno sfioratore. Questa situazione si può verificare laddove il tempo di
corrivazione è molto elevato come ad esempio nel caso delle sedi stradali.
Ipotizzando come da letteratura (Rational Method Runoff Hydrographs) che la portata addotta
all’impianto di trattamento cresca linearmente da zero al valore di picco, la portata del flusso
passante nello sfioratore Q1p può essere calcolata mediante la sottostante relazione risultante dal
bilancio della massa entrante nell’impianto.
Q1p =
20 h1p A Qr
(5)
3,6 δ
dove:
Q1p è la portata massima dell’acqua piovana in l/s corrispondente al trattamento completo delle
acque di prima pioggia;
h1p è la massima altezza di precipitazione in mm (in genere 5 mm).
Nelle situazioni in cui risulta Q1p < Qr la portata di progetto dell’impianto di trattamento può essere
assunta pari a Q1p. In tal caso, la differenza Qr - Q1p rappresenta la portata dell’eccesso di flusso
che viene sfiorato e scaricato tal quale nella condotta di piena collegata allo sfioratore.
2. Separatore idrodinamico
La separazione idrodinamica è una tecnica di rimozione delle sostanze inquinanti dalle acque
meteoriche di dilavamento delle superfici scoperte che, per quanto sviluppata da poco tempo, si
sta diffondendo rapidamente soprattutto negli Stati Uniti dove una diecina di aziende hanno già
immesso sul mercato questo tipo di impianto. In Italia, stanti le norme europee UNI EN 858-1 e 2, il
trattamento delle acque meteoriche di dilavamento viene operato mediante la separazione statica.
La differenza sostanziale fra la tecnica europea e quella americana è che gli impianti statici
rimuovono le sostanze inquinanti (tipicamente fanghiglia e oli) ad opera della sola gravità naturale
(sedimentazione delle sospensioni pesanti e flottazione di quelle leggere) mentre quelli
idrodinamici accelerano i processi separativi a spese dell’energia cinetica dell’acqua entrante.
1
Le acque di prima pioggia sono definite come le prime acque meteoriche di dilavamento fino ad una certa altezza massima di
precipitazione (in genere 5 mm), uniformemente distribuiti sull’intera superficie scolante, relativamente ad ogni evento meteorico
preceduto da un certo intervallo di tempo asciutto (in genere almeno 48 ore). Tali acque contengono le sostanze inquinanti
trascinate nel dilavamento della superficie scolante e quindi devono essere separate dalle successive (seconda pioggia) e, ove
non recapitate in fognatura nera, devono essere assoggettate a particolare trattamento prima del loro scarico.
5
Ne consegue che, a parità di condizioni del carico gravante sull’impianto, il relativo volume e quindi
il costo di costruzione si riducono drasticamente.
2.1 Configurazione costruttiva
La configurazione costruttiva del separatore idrodinamico è raffigurata nello schema sottostante.
Il
separatore
è
contenuto
in
una
vasca
monoblocco prefabbricata in cemento armato
vibrato a pianta circolare (1) al cui interno è
posizionato un deflettore cilindrico disassato (2),
anch’esso realizzato in cemento, che delimita la
camera a vortice nonché vano di raccolta del
fango flottato (3). La condotta di entrata
dell’acqua inquinata (4) è innestata a filo con la
parete perimetrale del deflettore per cui si
immette tangenzialmente nella camera a vortice
che si affaccia direttamente sul fondo della
vasca adibito a deposito fanghi (7).
Il meato periferico di uscita dell’acqua trattata (5), delimitato dalla vasca di contenimento e dal
deflettore, comunica con la camera a vortice attraverso il bordo inferiore del deflettore ed è
collegato con la condotta di scarico dell’acqua trattata (6). Quest’ultima, che determina il livello
dell’acqua nell’impianto, è ribassata rispetto al bordo superiore del deflettore in modo da
scongiurare ogni possibile tracimazione del fango flottato nel meato periferico e da questo nella
condotta di scarico. La vasca, che è normalmente interrata, viene sopraelevata fino al piano di
campagna mediante una struttura di rialzo e copertura (8), carrabile o pedonale, provvista di
apertura con relativo chiusino in ghisa di classe adeguata che consente l’ispezionamento e lo
spurgo/pulizia dell’interno vasca.
2.2 Funzionamento
Così conformato, il separatore idrodinamico opera come segue. Le acque meteoriche di
dilavamento entrano direttamente nella camera a vortice attraverso la condotta ad innesto
tangenziale. Nella camera si instaura un moto rotatorio a spirale che trascina con un prolungato
percorso le particelle solide (inquinanti) verso il centro della camera dove si forma una zona di
relativa calma. Questa favorisce l’azione delle forze di gravità per cui le particelle pesanti
(tipicamente la fanghiglia) tendono a depositarsi sul fondo della vasca mentre quelle leggere
(tipicamente gli oli) risalgono in superficie. L’acqua depurata dalle particelle inquinanti lambisce il
bordo inferiore del deflettore e risale lungo il meato anulare fino a imboccare la condotta di scarico.
6
Questo scenario si verifica durante un evento meteorico. Nell’intervallo fra due precipitazioni
successive, le particelle solide residue migrano per gravità naturale verso lo strato di fango
sedimentato e quello dell’olio galleggiante. Periodicamente, ogni qualvolta che lo spessore di tali
strati diventa eccessivo, è necessario svuotare l’intera vasca tramite autospurgo.
2.3 Prestazioni
I separatori idrodinamici immessi sul mercato americano dalle varie aziende produttrici sono tutti
configurati e funzionano come sopra descritto differenziandosi esclusivamente per le modalità
costruttive della camera a vortice. Fra questi si evidenzia l’impianto prodotto dalla Aqua-Swirl
Stormwater Treatment System che è il più prossimo, dal punto di vista funzionale, al separatore
idrodinamico descritto nella presente relazione.
Gli impianti immessi sul mercato americano sono stati certificati, mediante prove di laboratorio e in
campo, da organismi pubblici di verifica tecnologica, operanti nei diversi Stati, che hanno stabilito
limiti e procedure di BMP (Best Management Practice) a cui i costruttori devono attenersi nelle
specifiche applicazioni dei loro separatori. Fra i lavori reperibili in letteratura spiccano, per la mole
degli accertamenti eseguiti, quelli del NJCAT (New Jersey Corporation for Advanced Technology).
Una recente indagine del NJCAT sulle prestazioni dei separatori idrodinamici oggi reperibili sul
mercato americano ha fornito i risultati illustrati nel diagramma sottostante.
Il diagramma illustra, per ogni impianto,
l’andamento della efficienza di rimozione
dei solidi sospesi in funzione del carico
idraulico
rapportato
all’area
della
sezione della camera a vortice. Nel caso
specifico di Aqua-Swirl, si riscontra una
rimozione dell’80 % (limite richiesto dalle
norme americane) ad un carico idraulico
unitario di 30 gpm/sqft pari a 20 l/s x mq.
3. Modello SI/60
Il modello SI/60, già disponibile sul mercato, è un separatore idrodinamico in grado di trattare le
acque meteoriche di dilavamento con una portata fino a 60 l/s.
3.1 Caratteristiche costruttive
Il contenitore dell’impianto è una vasca monoblocco prefabbricata in cemento armato vibrato a
pianta circolare di diametro esterno 2,5 m e altezza 2,7 m. Il deflettore delimitante la camera a
vortice, anch’esso realizzato in cemento, ha un diametro interno di 2,04 m ed una altezza di 1,1 m.
7
Il vano sottostante il deflettore ha una altezza utile di 1,52 m. Le condotte di entrata e uscita
dell’acqua, ribassate rispettivamente di 20 e 25 cm dal bordo superiore della vasca, sono costituite
da tubi in PVC DN 315 a meno di diversa richiesta da parte del committente. Stanti tali dimensioni,
l’area della sezione della camera a vortice vale 3,27 m2 e il volume del vano di accumulo del fango
sedimentato è pari a 6,5 m3. Questi sono i dati di calcolo delle prestazioni del separatore.
I principali elementi costruttivi del modello SI/60, attualmente in produzione, sono raffigurati nella
sottostante composizione fotografica e nel contestuale elaborato grafico.
Condotta di entrata
Condotta di uscita
Camera a vortice
Modello SI/60
8
3.2 Prestazioni
Il su riportato diagramma NJCAT sulla
efficienza di rimozione dei solidi sospesi
operata dall’impianto Aqua-Swirl può
essere integralmente estrapolato alle
prestazioni del modello SI/60 visto che le
caratteristiche di funzionamento sono
sostanzialmente identiche. Esplicitando i
carichi idraulici unitari all’area della
sezione della camera a vortice di SI/60
(3,27 m2), si ottiene il diagramma delle
efficienze di rimozione dei solidi sospesi
operate da SI/60 alle diverse portate.
Come si evince dal diagramma, il separatore è in grado di rimuovere l’80 % dei solidi sospesi
presenti nelle acque meteoriche di dilavamento con una portata di adduzione di 60 l/s, da cui la
denominazione del modello. In generale, la rimozione operata dal separatore deve essere
determinata mediante il suddetto diagramma in funzione della portata di progetto calcolata con la
metodologia esplicata nel paragrafo 1.3. La concentrazione dei solidi sospesi e di tutti gli altri
parametri di inquinamento riportati nella tabella 2 devono rientrare entro i limiti di emissione
disposti dalle norme specificati nella stessa tabella.
3.3 Verifica di funzionamento
In fase di progetto, il funzionamento del separatore idrodinamico SI/60 per ogni specifica
applicazione deve essere verificato come segue.
l - Concentrazioni degli inquinanti
Le concentrazioni delle sostanze inquinanti presenti nelle acque meteoriche di dilavamento, in
particolare i solidi sospesi e gli oli minerali, si possono determinare mediante la tabella 2 nota che
sia la destinazione dell’area ricompresa nell’invaso. La stessa tabella consente di individuare i
relativi limiti normativi di emissione per lo scarico dell’acqua trattata nello specifico corpo recettore.
ll - Portata di progetto
La metodologia di calcolo della portata di progetto illustrata nel paragrafo 1.3 (equazioni 1 - 5)
permette di calcolare la portata di progetto dell’impianto di trattamento delle acque meteoriche di
dilavamento una volta noti l’area della superficie scolante, la lunghezza del tratto percorso dalla
particella d’acqua più lontana dall’impianto, la pendenza media del detto tratto, gli elementi di
identificazione del coefficiente di afflusso, le costanti della curva di probabilità pluviometrica relativi
alla zona geografica in cui l’impianto viene installato.
9
lll - Efficienza di rimozione degli inquinanti
Calcolata la portata di progetto, è possibile determinare la rimozione dei solidi sospesi operata dal
separatore idrodinamico SI/60 per la specifica applicazione mediante il diagramma sopra riportato.
Applicando tale rimozione alla concentrazione dei solidi sospesi presenti nell’acqua tal quale, si
ottiene il valore residuo dell’acqua trattata che deve risultare inferiore al limite normativo di
emissione dello scarico nello specifico corpo recettore indicato nella stessa tabella 2.
lV - Adempimenti gestionali
La sola esigenza di gestione del separatore idrodinamico consiste nello spurgo periodico della
vasca di contenimento dell’impianto tramite autospurgo al fine di estrarre i solidi sospesi
sedimentati (fanghiglia) e quelli flottati (oli) da conferire ad un apposito centro terzo di trattamento.
Per determinare la frequenza di tali spurghi è necessario
valutare il volume di fango da estrarre nell’arco di un anno in
rapporto all’accumulo disponibile (6,5 m3)). Il valore di tale
volume è dato dal prodotto fra la precipitazione annua nella
località di installazione dell’impianto, l’area della superficie
scolante e la concentrazione dei solidi sospesi sedimentati
sul fondo del vano e ispessiti per effetto della compressione
degli strati inferiori soprattutto negli intervalli di tempo secco
(tale concentrazione può essere assunta pari al 10 - 15 %).
La precipitazione meteorica può essere stimata tramite una
cartina pluviometrica del tipo di quella riportata a lato.
4. Conclusioni
Il separatore idrodinamico è un impianto innovativo che rivoluziona completamente la tecnica della
separazione statica attualmente praticata in Italia per la rimozione delle sostanze inquinanti
(tipicamente fanghiglia e oli) dalle acque meteoriche di dilavamento. Realizzando un vortice
all’interno di una apposita camera, il separatore idrodinamico riesce ad utilizzare l’energia cinetica
dell’acqua entrante amplificando i processi separativi dovuti alla differenza di peso fra le sostanze
inquinanti e l’acqua. Ne consegue che, rispetto al separatore statico, presenta i seguenti vantaggi:
a) richiede un costo di costruzione e quindi di acquisto di gran lunga inferiore in quanto viene
alloggiato in una vasca di capacità circa 4 volte minore (peraltro circolare in luogo di quella
rettangolare) e non richiede attrezzature interne come ad esempio il filtro a coalescenza e il
contenitore dell’olio separato;
b) la sua gestione è limitata allo spurgo periodico della vasca e non richiede operazioni
complesse come la pulizia del filtro e il travaso dell’olio nel contenitore;
d) fornisce migliori prestazioni e maggiore affidabilità di funzionamento.
10
A conforto di quest’ultima osservazione si riportano in quanto segue i risultati di uno studio
effettuato nel contesto della presente relazione al fine di confrontare le prestazioni di un separatore
idrodinamico rispetto a quello statico nella rimozione dei solidi sospesi dalle acque meteoriche di
dilavamento delle superfici scoperte con particolare riguardo alle sedi stradali e relative pertinenze.
Nella sottostante figura, le rimozioni dei solidi sospesi operate dalle due tipologie di separatori
sono diagrammate in funzione del rapporto fra la portata di adduzione delle acque meteoriche di
dilavamento e l’area della superficie di sedimentazione del separatore.
Stante la portata di progetto del modello SI/60 (60 l/s) e l’area della sezione della camera a vortice
(3,27 m2) risulta una portata unitaria di operazione del separatore di 18,3 l/s x m2. In tali condizioni
di carico idraulico, il modello SI/60 rimuove l’80 % dei solidi sospesi mentre la rimozione operata
da un separatore statico avente la stessa area di sedimentazione è inferiore al 40 %.
Una resa del separatore statico così esigua non deve meravigliare se si considera che le norme
emanate dai vari Stati USA in materia di trattamento delle acque meteoriche di dilavamento
assegnano al sistema “oil-grit gravity separator” una efficienza di rimozione dei solidi sospesi del
40 - 50 % che non sarebbe sufficiente a conseguire i limiti di emissione di scarico imposti in Italia.
In realtà, nella versione in lingua inglese della norma UNI EN 858-1, il comparto preposto alla
separazione e accumulo dei materiali pesanti è denominato “sludge trap” ossia “trappola del fango”
che non ha niente a che vedere con il termine “sedimentatore” riportato dal punto 3.3 della
versione italiana per il quale sarebbero necessari ben altri volumi rispetto a quello, 100 l per ogni
l/s di portata, stabilito dal punto 4.4 della UNI EN 858-2.
Pertanto, a conclusione di quanto sopra esposto, non è eccessivo affermare che il separatore
statico, così come regolamentato dalle norme UNI EN 858-1 e 2, non è una tecnologia adatta al
trattamento delle acque meteoriche di dilavamento di superfici scoperte quali piazzali, strade, ecc.
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