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anno XVII n.3
21 febbraio 2017
Periodico della Scuola di Giornalismo dell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli diretto da Marco Demarco
L’ex sindaco di Milano lancia Campo Progressista, ma è difficile sfondare nel Mezzogiorno
Pisapia-de Magistris, è sfida
Lerner: «Al Sud contro i capipopolo vogliamo protagonisti attivi»
L’EDITORIALE
La sinistra
dei sindaci
Marco Demarco
La crisi del Pd, e cioè il fallimento - come dice Cacciari - di
quel progetto che avrebbe voluto
mettere insieme Dc e Pci per creare una nuova cultura politicaapre nuovi spazi a sinistra. Spazi
che non si sa quanto possano essere ampi, ma che comunque si
aprono. E subito colpiscono due
esperimenti in corso: quello di
Giuliano Pisapia a Milano e quello di Luigi de Magistris a Napoli.
I tratti comuni sono evidenti: due
sindaci che si offrono al mercato
politico nazionale dopo aver provato le fatiche dell’azione amministrativa; due esponenti di quel
movimentismo che una volta si
definiva arancione, cioè pacifista,
egualitario, tollerante. Succede,
però, che mentre per de Magistirs
sembra più facile partire dal Sud e
“sfondare” al Nord, lo stesso, sebbene a traiettoria rovesciata, non
sembra potersi dire per Pisapia.
De Magistris, infatti, va a Rimini,
al congresso di Sinistra Italiana,
il nuovo partito nato dalle ceneri di Sel, e viene accolto con una
ovazione: addirittura la platea gli
chiede di parlare in napoletano
e lui la accontenta dicendo che è
venuto il momento di occuparsi
di chi “se puzza ‘e famme”. Pisapia, invece, deve fare i conti con
una iniziale distanza dal Mezzogiorno. È un problema oggettivo,
ammesso dagli stessi organizzatori del movimento. Mancano
ancora i referenti locali e la cronaca non offre nomi di adesioni
eccellenti. Perché? Perché siamo
ancora all’inizio, dicono quelli di
“Campo progressista”. Il che è sicuramente vero. In effetti, per ora
si registra una sola “incursione”
al Sud: una manifestazione a Lecce. Eppure, il rischio c’è. Il rischio,
cioè, che in tempi di populismo
dilagante, il radicalismo emotivo
del sindaco di Napoli dica più del
riformismo composto dell’ex sindaco di Milano. Tutto ciò non potrà non avere un peso negli equilibri politici generali.
E non solo in quelli della sinistra italiana.
Il Pd vive una crisi profonda. Per un partito che si divide iniziano a consolidarsi
altre forze a sinistra.
A Rimini nasce Sinistra Italiana, con Nicola Fratoianni segretario. E al congresso
il neonato partito applaude
Luigi De Magistris e l’esperienza di Dema, che dopo
Napoli si lancia sulla scena
nazionale.
Da Milano Giuliano Pisa-
pia fonda Campo Progressista. Il movimento non
ha ancora interlocutori in
Campania. «Siamo in una
fase costituente, con calma
avremo delle basi regionali», rassicura Gad Lerner,
tra i maggiori animatori
del progetto. Secondo Luisa Cavaliere, Pisapia parla
al nord e guarda al sud con
estraneità.
Da destra a sinistra
I nuovi movimenti
Questa la mappa
I fatti di Bologna aprono un
nuovo scenario per l’attivismo studentesco. A Napoli
l’amministrazione de Magistris ha aperto un dialogo.
Caligiuri a pag. 3
Cappelli e Di Martino a pag. 2
La nuova stazione
L’Alta velocità
non passa
per Afragola
A maggio aprirà i battenti la
stazione dell’Alta velocità di
Afragola, ma non ospiterà alcun treno Frecciarossa. Dopo
13 anni di polemiche, ancora
non è stato deciso un piano di
collegamenti su gomma per i
comuni limitrofi verso la stazione. Il gioiello architettonico
di Zaha Hadid rischia di diventare l’ennesimo spreco per la
spesa pubblica campana.
Capasso a pag. 5
La tendenza
A Napoli scatta la Toy Boy mania
È il capoluogo con il maggior numero di ragazzi che si “offrono”
Street Art
Il giornalista
Il radiocronista
Sarà il murales di Maradona più alto del mondo.
Jorit Agoch, noto muralista
napoletano, lo terminerà in
tre settimane. Ma i residenti
vivono nel degrado.
Il giornalista del quotidiano
La Stampa è stato a Napoli
per presentare Ombre dal
fondo, un film in cui lui stesso torna sui luoghi del suo
rapimento in Siria.
Lo storico commentatore
di Tutto il Calcio minuto per
minuto racconta i momenti
più intensi di una carriera
passata ai microfoni di
Radio Rai.
Esposito a pag. 12
Lamorte a pag. 9
Di Martino a pag.10
Maradona divide
anche i napoletani
Quirico racconta
il suo giornalismo
Riccardo Cucchi,
una voce da format
Nel capoluogo campano è
boom di giovani ventenni
alla ricerca di donne mature. A rivelarlo, il sito di
incontri www.cougaritalia.com. Non è forse una
casualità che la scelta di
molte “cougar” celebri sia
ricaduta proprio sui ragazzi
partenopei. Le donne hanno ottenuto quella rivincita
attesa per secoli?
Nella foto Lory Del Santo
Buonansegna a pag. 6 e 7
MARTEDÌ 21 FEBBRAIO
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Gruppi studenteschi Sulla scia di Bologna, anche i collettivi universitari di Napoli fanno sentire la loro voce
Biblioteca Brau
Dalla precarietà al welfare: le battaglie delle associazioni universitarie
Giuseppe Di Martino
Un viaggio tra i nuovi movimenti
A. Cappelli, G. Di Martino
«Oggi si corre sempre, tra
curriculum, stage, tirocini
e esami Tutto rientra nella direzione di un ingresso
nel mondo del lavoro. E
questa cosa non si concilia
con la costruzione di movimenti. Perché fare politica nelle università è legato
al tempo». Eleonora de
Majo, consigliera comunale di Napoli da circa nove
mesi, è una delle presenze
più giovani nella seconda
giunta de Magistris. Con la
lista del riottoso sindaco la
de Majo ha trovato terreno
fertile per trasformare l’attivismo politico studentesco
in politica istituzionale. Eppure, spiega la consigliera,
gli scontri di Bologna, conseguenza della costruzione
di tornelli alla biblioteca di
via Zamboni 36, sono l’eccezione che confermano la
regola. «I movimenti hanno perso anche dopo aver
riempito le piazze e occupato le università» spiega
de Majo.
Il nostro viaggio parte da
qui. Dalla mobilitazione in
Emilia, che ha acceso un
faro sui movimenti di tutta
Italia. Napoli compresa.
Dal Vomero all’università Orientale e Federico II i
movimenti non sono fermi.
Organizzano le loro battaglie, “reclutano” studenti,
occupano biblioteche e
spazi pubblici, sensibilizzano opinione pubblica e
istituzioni. L’amministrazione de Magistris è un
ottimo megafono per far
sentire la loro voce, come
spiega Maria Laura Amendola di Link, coordina-
Una manifestazione organizzata dai collettivi
mento studentesco nato a
Roma dopo le grandi manifestazioni del 2008, e attivo
anche su suolo napoletano.
«Con l’amministrazione De
Magistris abbiamo avviato
diversi progetti: la cittadinanza studentesca con cui
abbiamo aperto un tavolo per le condizioni degli
studenti fuori sede, perché
alcuni di loro non hanno
garantiti diritti come il medico di famiglia, i contratti
di casa». I ragazzi di Link
tastano cosi la tenuta del
movimento. Se in passato,
nel periodo di splendore,
i movimenti studenteschi
organizzavano seminari e
incontri interessanti che
stimolavano il sapere delle
persone, oggi, a Napoli, le
sfide sono altre. La politica
degli studentati si è arenata. Del resto la posizione
della giunta De Luca è molto distante dalle richieste
degli attori in campo. Ecco
che studenti e movimenti
pongono l’attenzione sul
welfare studentesco, cioè
studentati, diritto allo studio, riduzione del costo dei
libri. «Nel corso degli anni
l’interesse verso l’attivismo politico è sicuramente sceso. Probabilmente
il periodo della riforma
Gelmini è stato il più florido sotto quest’ottica ma
subito dopo l’interesse è
andato scemando sempre
più, e con esso il numero
degli studenti che andava
in strada a protestare e a
battersi per i propri diritti».
I ragazzi di Blocco Studentesco, nato nell’estate 2006
a Casapound, sono un “un
movimento rivoluzionario,
di rottura con quella che è
la scuola di oggi, la scuola-azienda dove le idee
sono proibite, dove gli studenti non contano nulla”
si legge sul loro sito. Dal
2008 Blocco Studentesco
è attivo anche a Napoli attraverso l’utilizzo di slogan
a forte impatto come “La
Tua Guerra Ora”. Lo sco-
po è di ridare entusiasmo
all’animo assopito dello
studente, naturalmente al
centro della programmazione del gruppo. Nel corso
degli anni Blocco Studentesco ha vinto diverse battaglie: rappresentanti eletti
in consulta provincial degli
studenti, organizzazione di
conferenze sulle foibe e sui
karen – popolazione della
Birmania che combatte il
corrotto governo centrale
di Rangoon».
Gli scontri di Bologna possono essere un crocevia
importante per i movimenti. In un periodo in cui i
cambiamenti della società
e il disinteresse di una parte della politica sembrano
costringerli a ritoccare al ribasso le proprie ambizioni,
quanto accaduto l’8 febbraio scorso potrebbe restituire ai collettivi studenteschi
nuova linfa. Energia nuova,
di cui avrebbero bisogno
per tornare a vantare vittorie di un certo spessore.
In consiglio comunale da nove mesi, Eleonora de Majo si schiera ancora con gli studenti
«Con de Magistris una grande occasione»
Anche da Palazzo
San Giacomo
affianca gli studenti
Alessandro Cappelli
«I movimenti studenteschi
vivono
tempi difficili, per
questo è importante che le istituzioni
dialoghino con loro».
Eleonora de Majo
ha alle spalle diversi
anni di militanza nei
collettivi universitari
e da nove mesi è nel
Consiglio Comunale
di Napoli. Rappre-
senta il punto di contatto tra Palazzo San
Giacomo e i gruppi
studenteschi.
Quando nasce l’idea
di un passaggio dalla realtà dei movimenti quella istituzionale?
«L’occasione è arrivata con l’amministrazione de Magistris, che lascia
intravedere una possibilità di un rapporto proficuo. Ora più
di prima, chi fa parte
dei collettivi sente di
De Majo
La più
giovane
consigliera
comunale
al fianco
del
sindaco
avere l’opportunità di
vedersi riconosciute
delle battaglie e di
poter prendere parte
alle decisioni senza
fare compromessi. Il
dialogo che c’è con
quest’amministrazione non si ritrova
in altre parti d’Italia,
è un’eccezione».
Ha ricevuto diverse
accuse, spesso contro la persona più
che sui contenuti.
«Credo ci sia una
sorta di accanimento, non per forza nei
Link
«Abbiamo
avviato diversi
progetti con de
Magistris»
miei confronti, ma
verso quello che rappresento, cioè una
persona che continua a partecipare e
organizzare manifestazioni».
Il suo però è un caso
piuttosto singolare…
«Solo in Italia in pochi fanno questo
percorso. In Spagna,
Grecia, Portogallo ci
sono molti casi dove
l’attivismo entra nelle istituzioni. Un
esempio, la Colau a
Barcellona è il simbolo degli occupanti
che diventa sindaco».
Dove i tornelli
non sono
contestati
Vince il movimento.
Francesco Ubertini, rettore dell’Alma Mater di
Bologna, ha deciso di
riaprire senza tornelli
la biblioteca “36” di via
Zamboni. C’è chi, però,
non la pensa nello stesso modo del magnifico
rettore, anzi non lo ha
mai pensato.
Diversa
l’esperienza
napoletana. Ne parla
Gigliola Golia, direttrice responsabile della
biblioteca Brau (Biblioteca Ricerca Area Umanistica).
«La nostra biblioteca è
nata con i tornelli. Siamo nel cuore di Napoli,
a piazza Bellini, e chiunque sa come diventa
dopo una certa ora». La
direttrice Golia racconta come nasce, muore e
rinasce, grazie alla mobilitazione studentesca,
l’unica struttura destinata al dipartimento di
Studi umanistici della
Federico II di Napoli.
«Creando un movimento che si chiamava Brau
in agitazione, nel 2013
gli studenti hanno ottenuto quello che io non
ero riuscito a ottenere» spiega Golia. Dopo
la perdita di tre unità
di personale, infatti, la
direttrice fu costretta a
fare un’apertura limitata
della biblioteca. Gli studenti hanno occupato
la struttura, costringendo l’ateneo a investire
di più e raggiungere un
accordo con l’ente regionale. Oggi la Brau
può contare su maggiore personale, un servizio
di portierato e un’apertura garantita dalle 9
alle 19, per un totale di
cinquanta ore settimanali. «All’interno della
biblioteca abbiamo dei
patrimoni: libri, computer. L’accesso è stato
sempre garantito a tutti, semplicemente devo
sapere chi entra».La
struttura può accogliere
duecentoundici studenti delle facoltà umanistiche della Federico II, ma
non di altri atenei ne di
altre facoltà. «Molti studenti non di lettere usavano la nostra biblioteca
come sala studio. Magari erano più disciplinati
ma siamo l’unica biblioteca di lettere e devo garantire l’accesso ai miei
ragazzi».
MARTEDÌ 21 FEBBRAIO
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Campo Progressista Il movimento parte da Milano e ha l’obiettivo di unire insieme le forze di sinistra in un unico progetto politico
Pisapia alla difficile conquista del Sud
Il partito dell’ex sindaco
non ha ancora interlocutori meridionali
Rimini
De Magistris
conquista SI
Alessandra Caligiuri
«Pisapia forever». Parte
con l’entusiasmo di Alba,
che chiama da Milano, il
“Microfono Aperto” di Radio Popolare su “Campo
Progressista”, il nuovo progetto politico dell’ex sindaco di Milano. C’è chi parla
di Giuliano Pisapia come
un “anti Trump”, un “nuovo
Prodi”, il federatore che riunirà le anime divise e deluse della sinistra. Ma sono
di più i milanesi che esprimono perplessità.«Basta
fare la stampella del Pd,
lasciamo questo partito di
sinistra che va a destra»,
dicono. Oppure: «Sta creando qualcosa a sinistra
del Pd per andare nel Pd,
è un suo riposizionamento».Ma anche: «Pd uguale
traditori, non voterei mai
chi si allea con loro», dicono gli ascoltatori dell’emittente milanese. Dagli
ascoltatori arriva risposta
chiara alle dichiarazioni di
Pisapia al “Corriere della
Sera”: «Penso che l’alleanza tra il Pd, noi, le liste civiche, gli ecologisti possa
arrivare al 40%».Le critiche
non si fermano ai rapporti
con Renzi, il problema per
i cittadini che chiamano a
Radio Popolare è anche il
presunto “Milanocentrismo” del progetto. L’accusa
in questo caso è di essere
l’espressione neanche di
una città intera, ma solo di
una certa parte. «Pisapia è
la Milano chic, non rappresenta i proletari», sostiene
Andrea.C’è però chi pensa
che il modello Milano sia
esportabile oltre i confini
della Lombardia e nega la
forte appartenenza meneghina del movimento. «Milano è un laboratorio politico nazionale», afferma
Mario.La domanda è: può
un progetto politico nato
dall’esperienza di Pisapia
come sindaco di Milano
radicarsi nel resto d’Italia,
Mezzogiorno compreso? O
sarà più facile per il movimento di De Magistris, profondamente meridionale,
arrivare al nord? «In Campania non abbiamo ancora
riferimenti, perché il nostro
non è un partito, né una lista, non ci sono candidati o
dirigenti. Siamo in una fase
costituente, per ora ci sono
le idee, con calma avremo delle basi regionali»,
spiega Gad Lerner, tra gli
animatori di Campo Pro-
Il Pd attraversa una crisi
profonda. Per un partito
che si divide, a sinistra
c’è un panorama politco che si ridefinisce. Se
da una parte Giuliano
Pisapia, partendo da Milano, si pone l’obiettivo
di rimettere insieme le
forze del centrosinistra,
dall’altra anche Luigi De
Magistris ha dato vita al
suo movimento: Dema.
Il sindaco di Napoli è intervenuto al congresso
I milanesi
I dubbi degli ascoltari
di Radio Popolare:
Milanocentrismo o
laboratorio politico?
Luisa Cavaliere
Pisapia parla al nord
e guarda al sud
sociologicamente
e con estraneità
Gad Lerner
Nel Meridione
contro i capipopolo
vogliamo una pluralità
di protagonisti attivi
gressista. Per il giornalista è
presto per parlare di gruppi sul territorio e aggiunge:
«Nelle adesioni ci vuole un
filtro, non vogliamo imbarcare tutti, perché come in
tutti i periodi pre-elettorali
molti cercano una collocazione. Al Sud abbiamo
avuto e abbiamo parecchi
capipopolo, mentre noi
vogliamo mantenere una
pluralità di protagonisti attivi, per dare una risposta a
una politica logorata».C’è
stata a gennaio un’iniziativa di Campo Progressista a
Lecce. A promuoverla il senatore di Sel Dario Stefano,
con lui sono venuti Michele
Emiliano, il sindaco di Bari
e presidente dell’Anci Antonio De Caro, l’onorevole
Bruno Tabacci, il sindaco
di Cagliari massimo Zelda e
il vice presidente della Regione Lazio Massimiliano
Smeriglio.Anche se per ora
non ci sono ancora interlocutori ufficiali, il campo
in cui ci si muove è quello
della sinistra. Tra gli esponenti politici nazionali, le-
Iniziano le iscrizioni, dubbi su come chiamare gli aderenti al movimento
Arriveranno i pisapini o i pisapiani?
Da Renzi i renziani e da
Grillo i grillini. Da Pisapia i Pisaniani o i Pisapini? Non c’è ancora una
risposta, ma si dovrà
trovare un nome, perché dal 15 febbraio sono
iniziate le adesioni.
–Ano e –Ino sono i 2 suffissi che in italiano creano aggettivi da nomi.
Il primo si usa per indicare appartenenza, oltre
che per formare i nomi
etnici, mentre il secondo per i diminutivi. Ma
più della norma nella
lingua può l’uso, incide
più la somiglianza con
parole simili. La decisione spetta ai parlanti.
A.C.
Giuliano Pisapia
gati al Sud, Arturo Scotto di
Sinistra Italiana ha lasciato
il suo partito e ha dichiarato di stare guardando
a Pisapia. Un passaggio
questo che, se avvenisse,
non sorprende Gad Lerner: «Con Scotto abbiamo
un rapporto consolidato,
lui venne a Milano quando
sostenevamo “Sinistra per
Milano” che appoggiava
Beppe Sala e ha anche partecipato a incontri elettorali con Pisapia. C’è un’idea
comune, quella di cercare
soluzioni e una visione che
sia non di potere, ma di
governo».Un altro apprezzamento da Sud arriva da
Antonio Bassolino: «L’iniziativa di Giuliano Pisapia
è utile e positiva. Guarda
giustamente in avanti, a sinistra, e si muove nel solco
della migliore e originaria
impostazione dell’Ulivo e
del Partito Democratico».
Voce meridionale e critica
è, invece, quella di Luisa
Cavaliere: «Ho l’impressione che Pisapia non parli al
Mezzogiorno, che si rivolga
al nord, guardando al Sud
da un punto di vista sociologico, con estraneità. Non
vedo attenzione ai problemi del Mezzogiorno, ad
esempio a Napoli abbiamo
il più alto tasso di bambini
sotto la soglia di povertà».
Sui possibili alleati del
Campo Progressista a Napoli, la giornalista ammette di non vedere sponde
possibili: «Manca una sinistra sociale, non c’è un
confronto politico. Pisapia
rappresenta la tradizione
riformista lombarda, ma
qui non c’è».
Luigi De Magistris
della nascente Sinistra
Italiana, a Rimini dal 17
al 19 febbraio. Nell’occasione il partito ha eletto
segretario Nicola Fratoianni .
«Non è possibile che nel
mondo l’un per cento
detiene tutta la ricchezza, e c’è gente che se
puzz’ ‘e famm», ha detto
il primo cittadino con la
sua retorica fatta di dialetto napoletano e toni
forti. Tra gli applausi De
Magistris ha raccontato l’esperienza della sua
amministrazione: «Noi
la rivoluzione la stiamo
facendo per strada e nei
luoghi di governo. Viva
la rivoluzione, viva la libertà». Sulla scissione
del Pd il primo cittadino
ha commentato: «Se vogliamo insieme accettare la sfida di costruire
l’alternativa non dobbiamo stare a guardare
chi vuole fare la scissione o chi pensa che la
felicità della politica sia
avere un po’ meno Alfano e un pò più D’Alema.
Lo dico con chiarezza,
se vogliamo davvero costruire
un’alternativa,
popolare, economica,
culturale e sociale, dobbiamo cominciare a rimettere in discussione
anche il tabù della proprietà privata».
A.C.
MARTEDÌ 21 FEBBRAIO
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Dal mondo
Sicurezza urbana Il presidente Francesco de Giovanni si dichiara molto scettico sulla sua applicabilità
F. A.
«Io, a differenza di de
Magistris, sarei un sindaco sceriffo».
Dura lex,
sed lex
Casi curiosi
Una legge è sempre una
legge e, per questo motivo deve essere rispettata
a meno che on si abbia
voglia di incorrere in
sanzioni. Non sempre,
però, c’è una spiegazione logica ad ognuna di
queste. Esistono, infatti,
in alcuni stati (anche in
Italia), delle norme che
sembrano quasi assurde
anche perché non sempre c’è una spiegazione
a tanta rigidità.
Negli USA, in particolar modo in Arkansas,
un uomo può picchiare
la moglie ma solo una
volta al mese. In Utah,
ad esempio, è possibile
tenere armi nucleari in
casa ma è vietatissimo
farle esplodere. In Florida, invece, chi vuole
lasciare un elefante in
un parcheggio non deve
dimenticare di pagare la
tariffa come per un autoveicolo o sarà multato.
Spostandosi, poi, in
Oriente, si scopre che
in Giappone non sono
ammessi medicinali che
contengono codeina o
pseudo efedrina mentre in Korea c’è il rischio
sanzione se si mangiano
gatti randagi.
La cara vecchia Europa,
però, non è da meno:
nei coffee shop olandesi, ad esempio, si possono fumare erba e hashish ma è severamente
proibito fumare tabacco. In Islanda è vietato
costruire strade o edifici
che possano disturbare
il quieto vivere degli elfi
mentre in Irlanda, se un
Leprechaun, folletto locale, bussa alla porta di
casa si deve condividere
con lui la propria cena.
Sempre nel nord Europa, in Svezia, è legale
essere una prostituta a
patto di non provocare
godimento ai clienti.
Ma, arriviamo in Italia.
Nel Belpaese, l’art. 121,
ultimo comma del Tulps
(Testo unico delle leggi
di pubblica sicurezza),
vieta la professione di
ciarlatano.
In Campania, invece,
precisamente a Capri e
Positano, è vietato indossare gli zoccoli in
strada.
Paese che vai, legge (più
o meno assurda) che
trovi.
«Un Daspo teorico e poco pratico»
Filomena Avino
«È un chiaro passo avanti, finalmente, ed è meglio
di niente. Probabilmente,
questo provvedimento funzionerebbe anche in altre
città, ma non a Napoli. Per
la nostra città, punire i trasgressori con una semplice
sanzione amministrativa è
insufficiente». È in questi
termini che Francesco de
Giovanni, presidente della
Municipalità 1 di Napoli,
ha commentato il Daspo
Urbano, il nuovo decreto in
materia di sicurezza pubblica che prevede misure
più forti per contrastare
determinate forme di illegalità.
In modo particolare, il
“governatore” dei quartieri
di Chiaia, Posillipo e San
Ferdinando sottolinea che
bisognerebbe «centuplicare, sebbene consapevole
dell’impossibilità, le forze
dell’ordine affinché il problema dell’illegalità possa
essere sradicato davvero o
almeno provvedere all’emanazione di una legge
che sia ad hoc per Napoli e
che predisponga forti sanzioni, fino anche ad arrivare alla detenzione».
Una visione, quella di de
Giovanni, evidentemente
opposta a quella del primo
cittadino della città metropolitana che, invece, si è
detto favorevole all’applicazione del Daspo ma che,
allo stesso tempo, ha preso
le distanze dalla possibilità di diventare un sindaco
sceriffo.
Infatti, secondo il presidente dei quartieri della
Napoli bene, la soluzione
Polizia in assetto antisommosa
migliore per eliminare i
problemi della città si trova nella ricerca e nella reale applicazione di misure
più dure perché, come egli
stesso ha più volte ribadito
«senza una forte posizione dell’amministrazione e
senza un pugno fermo, la
situazione non cambia».
Una maggiore attenzione da parte del presidente
sceriffo è
rivolta alla
La polemica questione
«Nulla può
dei
parsostituire
cheggiatola grave
ri abusivi
carenza
perché
in primis
di forze
«sono un
dell’ordine
sul territorio» n u m e r o
non
definito
e,
poi, una volta che le forze
dell’ordine intervengono
sanzionando o anche confiscando il denaro guadagnato, il danno arrecatogli
sarà sempre di lieve entità».
Ma non solo. «La colpa non
è solo dei parcheggiatori,
ma anche degli automobilisti, - continua de Giovanni –». Spesso si vedono
veicoli in sosta in doppia o,
addirittura, in terza fila.
E questo atteggiamento
menefreghista è inammissibile e incivile, secondo
l’ex presidente del gruppo Popolo delle libertà.
«Come si può evitare tutto
ciò? Multe a tutto spiano,
sequestro del veicolo per
mesi e, ovviamente, carcere
per gli abusivi».
Tanti buoni propositi e
troppa poca concretezza non possono bastare,
secondo de Giovanni, il
quale, però, ammette anche che l’eventuale rafforzamento del numero degli
agenti della polizia municipale e l’applicazione di
regole create apposta per
Napoli non sono le uniche
possibili soluzioni. «In città ci sarebbe bisogno, forse
ancor prima di nuove leggi,
di una promozione della
De Giovanni
legalità e di un percorso di
«A Napoli ci
educazione al senso civico
vorrebbero più
che sfoci nell’autoregolaforze dell’ordine mentazione di ogni cittadiche abitanti».
no».
«È vero che Napoli è cambiata tanto nel corso degli
anni ed è vero che quasi
non esistono più quartieri off limits ma, allo stesso
tempo, ha delle particolarità che non hanno altre
città», dice Francesco de
Giovanni.
I problemi, per essere risolti, devono prima essere
capiti dagli abitanti stessi;
«siamo noi napoletani a
dover cambiare visione e
atteggiamento ed entrare
nell’ottica che la proprietà
di ognuno non finisce all’uscio di casa, ma va oltre”
perché, conclude il presidente della Municipalità
1, “l’illegalità diffusa altro
non è che la figlia di una
mentalità completamente
sbagliata che, purtroppo,
sembra non si voglia modificare».
Rafforzati i poteri dei sindaci e divieti di accesso a determinate zone. Il nuovo decreto
In città come allo stadio, ecco come funziona
Nuove regole per
rendere le città più
sicure.
F. A.
Promosso dal ministro
dell’interno
Marco Minniti, il Daspo Urbano, il nuovo
provvedimento per
una maggiore sicurezza in città, è stato
approvato il 10 febbraio 2017 dal Consiglio dei Ministri.
«Sulle orme del Daspo applicato durante le manifestazioni
sportive, con l’attuazione di questo decreto urbano si dà
alle autorità i mezzi
per porre il divieto a
chi viola le regole che
riguardano il bene
pubblico di frequentare
determinate
zone», ha spiegato
il Ministro. Ma non
solo.
Sono stati, infatti,
rafforzati i poteri di
ordinanza dei sindaci: ogni primo cittadino ha potere autonomo e la possibilità
Marco
Minniti
Ministro
dell’interno
e promotore del
provvedimento.
di emettere, in accordo con il prefetto, il
Daspo anche verso
soggetti pericolosi,
recidivi o spacciatori.
Incremento del controllo sul territorio:
maggiore collaborazione territoriale tra
Comuni e Prefettura
affinché sia promossa la valorizzazione
territoriale e affinché siano promosse
nuove norme contro
il proliferarsi di fenomeni di illegallità.
Obbligo di ripulitura
dei luoghi: per i vandali che deturpano
i beni pubblici, c’è
l’obbligo di ripulire e
ripristinare ciò che è
stato danneggiato a
loro spese. In più, è
prevista una prestazione lavorativa non
retribuita in favore
della collettività.
Divieto di frequentare
determinati
esercizi pubblici e
aree urbane: in casi
specifici, è data la
possibilità di vietare
l’accesso a soggetti
condannati per reati
di “allarme sociale”
in zone specifiche
dell’area urbana.
MARTEDÌ 21 FEBBRAIO
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Il caso A maggio la struttura di Zaha Hadid, pensata per l’Alta velocità che non ospiterà alcun Frecciarossa
Il progetto
«È l’occasione per uscire
da una visione napolicentrica dello sviluppo»
A. C.
Afragola-station, una porta chiusa
Anna Capasso
La stazione dell’Alta velocità di Afragola non sarà una
stazione dell’Alta velocità.
Progettata nel 2003 proprio
per la Tav non ospiterà, almeno fino al 2022, neanche
un Frecciarossa. La stazione disegnata dall’archistar
anglo-irachena Zaha Hadid
aprirà a maggio, un mese
prima di quanto preventivato e sarà, dice la Cnn, tra
le più belle al mondo. Peccato, però, che alla viglia
dell’inaugurazione, molte
delle cose immaginate restino ancora tali. E dopo
13 anni, addirittura manca
ancora un servizio per collegare la stazione al resto
del territorio.
Diventerà una cattedrale in
un deserto? C’è chi già lo
sospetta. È Michele Oricchio, procuratore generale
della Corte dei conti. Pochi
giorni fa, nel corso dell’inaugurazione
dell’anno
giudiziario ha lanciato l’allarme sul rischio di un investimento eccessivo. «La
chiamano pomposamente
“Porta de Sud”– polemizza il procuratore – Ma mi
chiedo se sarà dimensionata al reale numero di viaggiatori che prenderanno
ad Afragola un treno per
la Calabria o per Bari. Eppure si parla di un traffico
di viaggiatori da Victoria
Station». E aggiunge: «Le
opere pubbliche dureranno troppo. Non so se ora
ci sono le stesse esigenze
di quando la stazione di
Afragola è stata progettata. La popolazione che usa
la Tav – continua Michele
Oricchio – vuole arrivare
nei grandi centri. Qui parliamo di treni che arrivano
in Calabria e Bari, non so se
sono tanti quelli che vanno
in Calabria».
La stazione è costata 70 milioni di euro a cui si aggiungeranno altri 30 milioni per
la realizzazione degli spazi
superiori destinati a negozi, bar e centri commerciali.
Chi la frequenterà? Ecco il
punto. La “porta” di Afragola funzionerà, da subito,
solo come nodo di scambio
verso il sud in direzione di
Salerno-Reggio Calabria e
come struttura regionale.
Successivamente, servirà
anche la direttrice est della
Napoli-Bari, ma ciò avverrà solo nel 2022, quando
Il rendering della stazione di Afragola disegnata da Zaha Hadid
termineranno i lavori della
tratta.
Per Afragola, dunque, non
passeranno i Frecciarossa diretti o provenienti da
Napoli Centrale, ma solo
treni come gli Intercity o i
Frecciargento diretti in Calabria.
La Tav è stata realizzata
nelle campagne di Afragola
a due passi dall’autostrada
Milano-Napoli e dall’asse
mediano, ma del tutto distante dai centri abitati dei
paesi che la circondano.
Lo conferma Domenico
Tuccillo, sindaco di Afragola: «Stiamo per definire
delle linee di autobus con
i comuni dell’area nord di
Napoli verso la stazione spiega - La scorsa settimana, infatti, c’è stato un tavolo di confronto con Luca
Cascone, il Presidente della
Commissione regionale di
Trasporti e a fine mese ce
ne sarà un altro con l’Agenzia campana per la mobilità sostenibile (deputata
alla pianificazione, monitoraggio e integrazione del
trasporto pubblico locale
ndr.)».
La stazione dell’Alta velocità di Afragola, entro i
prossimi anni, diventerà
uno dei principali snodi
ferroviari europei, con un
potenziale bacino di utenza di circa dieci milioni di
transiti.
Un altro aspetto irrisolto riguarda i 150 metri quadri di
superficie che circondano
la struttura, per ora occupati solo da campi e terreni
ancora dissetati. Una parte
sarà destinata ad un parcheggio adibito ad ospitare
1400 posti auto e un terminal per autobus e taxi, su
tutto il resto dell’area non
Lo stato dei lavori nel 2015
Il sindaco Tuccillo
c’è ancora un’idea precisa.
«Ciò che è certo è che la
stazione non rimarrà lì da
sola - chiarisce con determinazione il sindaco - la
superficie intorno dovrà
essere oggetto di un intervento importante. Può essere l’occasione per creare
un’area di sviluppo ma bisogna seguire una strategia
e un’idea guida che vada
a definire la vocazione di
questo territorio. Le opzioni possono essere diverse - aggiunge - ma devono
essere innovative. Eviterei
soluzioni di carattere commerciale o di industria pesante. Penso a servizi che
si sposino bene con l’ambiente e rappresentino una
chance in più per lo sviluppo».
L’impegno del sindaco però
dovrebbe essere seguito
anche da una collaborazione da parte della Regione
e del Governo perché la
stazione di Afragola può
finalmente riscattare l’hinterland napoletano da anni
di abbandono e degrado.
Sprecare un’opportunità
così notevole di riqualificazione e di progresso sarebbe un danno per l’intera
zona.
«È l’occasione per uscire da
una visione napolicentrica dello sviluppo del territorio. Bisogna valorizzare
tutte le aree della provincia
e fare in modo che si realizzino delle eccellenze, in
termini di servizi, anche
fuori i confini tradizionali
della città di Napoli», precisa Tuccillo.
Insomma, per quanto bella
sia, se la stazione non verrà
utilizzata il rischio dell’ennesimo spreco è dietro l’angolo.
Un serpente
grande
30 mila mq
Dopo un anno e mezzo
di lavori il gioiello architettonico di Zaha Hadid
ha una forma precisa
che rispecchia l’idea per
la quale è stata creata.
Ha l’aspetto di un vero
serpente in cemento
armato che poggia sui
binari e si estende per
oltre 30 mila metri quadrati con una vetrata di
circa 5000 mq che permettere una diffusione
controllata della luce
solare diretta.
La
nuova
stazione
dell’Alta velocità di
Afragola è concepita
come una vera e propria “porta” verso il Sud
che si delinea con forza
attraverso la struttura e
la simbologia della sua
forma allungata.
È suddivisa su quattro
livelli e gli spazi superiori, dalla grandezza di
10 mila metri quadrati, sono destinati alle
attività
commerciali.
Ospiteranno
negozi,
bar, boutique e anche
un piccolo museo, dove
andranno in esposizione i reperti archeologici
ritrovati durante i lavori.
In segno di stima e apprezzamento per il capolavoro architettonico
progettato, un piano
L’interno della stazione
della stazione accoglierà una mostra temporanea delle opere di
Zaha Hadid, morta prematuramente nel marzo
scorso all’età di 65 anni.
È un’opera maestosa e
imponente apprezzata
per la sua architettura
in tutto il mondo. «Napoli-Afragola high speed train station is set to
redefine rail travel» (la
stazione è destinata a
ridefinire i viaggi in treno), a scriverlo è Kate
Springer della Cnn, l’emittente satellitare più
importante degli Stati
Uniti d’America, che incorona la Tav di Afragola come una delle opere
più belle al mondo.
MARTEDÌ 21 FEBBRAIO
| pagina 6
La legge matematica Una cougar è tale quando l’uomo
ha almeno la metà dei suoi anni, più sette
N
Antonio Buonansegna
apoli, patria di toy
boy. Secondo il sito
web www.cougaritalia.com, il capoluogo campano pullula di
ventenni desiderosi di conoscere donne mature. Alex Fantini, fondatore del portale che
dal 2011 promuove incontri
tra “cougar” e giovani uomini,
spiega che nel capoluogo campano la percentuale di “ragazzi giocattolo” supera del 20%
quella delle altre città italiane.
Certo, quando non si conosceva l’inglese era tutto più
semplice. C’erano i ragazzi e le
‘tardone’. La ventata di etichette d’oltreoceano ha complicato, e non poco, le cose. Oggi
le chiamano “cougar”, puma.
Sono donne mature alla ricerca
di compagni più giovani, pericolose quanto i felini dai quali
mutuano il nome perché pronte ad attaccare i più piccoli del
branco, o i “toy boy”, fuori dal
mondo zoologico.
«Dovevo recarmi a Napoli
per lavoro. Volevo conoscere
un ragazzo che potesse farmi
da guida in quella città che da
milanese DOC ho sempre evitato, così mi sono iscritta a cougaritalia». La wedding planner
Benedetta ha raccontato la sua
esperienza sul blog del popolare sito d’incontri. « Antonio ha
24 anni, la metà delle mie primavere. E’ bello, galante e pieno dello spirito giovanile che
tanto mi affascina. Da un anno
trascorro tutti i weekend a Napoli. La cosa strana è che non
ho ancora visitato la città, in
quei due giorni è davvero difficile lasciare la camera da letto».
Sono cinquecentomila gli
utenti registrati alla piattaforma, quasi
equamente
Il sito
divisi tra i due
450mila
sessi.
utenti, di cui
La rete ha
il 52% sono quindi
pertoy boy,
messo la legail 48% sono lizzazione al
femminile di
cougars
quello che gli
uomini hanno
fatto per secoli? Difficile dirlo.
Dopotutto quella dei toy boy
è usanza antica. Enrico II aveva
appena 29 anni quando ascese
al trono di Francia. A regnare
con lui non fu però la consorte Caterina, ma la quasi senile
amante del padre, Diana di Poitiers. Anna Karenina, nell’omonimo cpapolavoro di Lev Tolstoj fu travolta dalla passione
per il giovane ufficiale Vronskij.
La settima arte non poteva
certo restare indifferente all’invasione delle belve. Nel 1967
vennero dati i natali alla prima Cougar di celluloide, Mrs
Napoletan Toy Boy
Sul web è già fenomeno
E le cougar ringraziano
Un esempio di ragazzo
giocattolo
Robinson, colpevole di aver
sedotto il verginale Benjamin
ne Il Laureato. Lontano dagli
schermi, l’attrice Paola Borboni ironizzava sulla grande differenza d’età, ben 42 anni, che
la separava dal giovane marito,
ribattezzato
affettuosamente “il mio vedovo”. Malgrado
la nostra società si proclami
progressista, esistono ancora
dei tabù difficili da scardinare.
«Abbiamo superato il limite »
afferma una sensuale Robin
Wright nel film Two Mothers.
Due amiche quarantenni, legate sin dall’infanzia, iniziano
una relazione l’una con il figlio
dell’altra. Un ménage à quatre
protratto per anni, in cui sono
le figure femminili a tenere le
redini di un complesso gioco
erotico, pur consapevoli che la
nudità sarebbe presto diventata la loro peggiore debolezza.
La vita va avanti e i giovani ventenni sposano due coetanee.
Nulla però riesce a porre un
freno alla passione, nemmeno
nuore e nipotini.
Troppo scabroso il finale originale del film secondo i distributori italiani, tanto da costringerli ad operare un taglio
di oltre 15 minuti per regalare
un più rassicurante epilogo al
pubblico nostrano.
Si sono rivelati vani i tentativi di Hollywood di sdoganare
quella che ha radici troppo antiche per essere definita una tendenza. Non sarà stata la prima
ad aver avuto un giovane adone tra le lenzuola, certo però
va riconosciuto a Demi Moore
il merito di aver traghettato la
moda del toy boy nella mecca
californiana. Dopo di lei: Madonna, Cher, Jennifer Lopez,
Sharon Stone. Decisamente
troppo lungo l’elenco per citarle tutte. Le star italiane non
sono rimaste a guardare. Da Valeria Golino a Fiorella Mannoia
sono tante le VIP del Bel Paese
che hanno scelto partner delle
successive generazioni. Accertato che Napoli ha tutte le credenziali, e i numeri, per essere
eletta “patria di toy boy”, non c’è
da meravigliarsi se l’istinto predatore di molte cougar le abbia
condotte all’ombra del Vesuvio.
Sono ‘Made in Naples’ le giovani prede di Giuliana De Sio, Pamela Prati, Nina Moric e Gegia.
MARTEDÌ 21 FEBBRAIO
| pagina 7
Il glossario Proibito confondere le cougar con le Milf. Queste ultime
non sono cacciatrici ma soltanto prede sessuali dei toy boy
Che dire poi di Lory Del Santo
che al capoluogo campano si è
affezionata tanto da lasciarci il
cuore ben due volte.
«L’ho contattata tramite Facebook. Avevo 20 anni e lei
54. Non credevo nemmeno mi
avrebbe risposto. Una settimana dopo ero nella sua camera
da letto ».
Gennaro Lillio è annoverato
come il primo toy boy ufficiale
dell’ex ragazza del Drive In e ha
raccontato ad Inchiostro gioie
e dolori di una figura, quella
del ‘ragazzo giocattolo’, entrata di diritto nell’immaginario
collettivo. «Fare il toy boy non
è facile come si pensa. Vuol
dire accettare una serie di regole. Le donne mature tendono
a comandare», racconta. « La
mattina mi ripeteva: “Oggi devi
indossare questo”, “no, i capelli
così non vanno bene”. Sei completamente privato della tua
virilità».
Tutto il contrario di quanto avviene in camera da letto.
«La componente principale è
l’attrazione sessuale. Da ambo
le parti. Nel rapporto fisico vogliono essere dominate, cercano ragazzi più giovani perché
siamo in grado di sottometterle in maniera migliore, sotto le
lenzuola».
«Devi prenderla solo come
un’esperienza» afferma Gennaro, negando la possibilità di
una relazione duratura. «Ho
avuto molte donne over 40, ma
ero ben cosciente che non ci
sarebbe potuto essere un futuro. Penso che lo sappiano anche loro», ammette. «Quando
ho lasciato Lory, mi ha risposto “peccato”. Nell’arco di una
settimana aveva un nuovo toy
boy ». L’ icona TV degli anni
‘80 solo qualche tempo dopo la
rottura con Gennaro ha ufficializzato la relazione con Marco
Cucolo. Marco, ventiquattrenne napoletano, ha giurato ai
nostri microfoni di non averle mai chiesto l’età. «Non mi è
mai interessato sapere quanti
anni avesse. In fondo non sono
così mature. Hanno dovuto affrontare divorzi e separazioni e
cercano una persona che gli dia
attenzioni e che abbia del tempo da dedicare loro».
«All’inizio l’opinione delle
persone mi feriva», confessa
Marco che con la soubrette
vanta ormai una relazione di
4 anni. « Molte persone hanno pregiudizi, pensano che io
riceva uno stipendio o che addirittura percepisca compenso
in denaro dopo ogni rapporto
sessuale. Dopo aver scambiato
qualche parola con noi però,
capiscono che siamo una coppia normale, come tutte le altre».
Homepage del sito www.cougaritalia.com
«A 40 anni vogliono sesso
non serve la buonanotte»
La sessuologa Simonelli svela le ragioni della tendenza
L’intervista
Antonio Buonansegna
Gennaro Lillio, ex toy boy
Lory Del Santo con il suo attuale
compagno Marco Cucolo
«Scelgono uomini più giovani
perché i loro coetanei sono
noiosi». E’ tranchant Chiara Simonelli, docente di psicologia
e psicopatologia del comportamento sessuale all’Università
La Sapienza di Roma.
Oggi suscita meno scalpore
la coppia formata da una
donna matura e un giovane.
E’ troppo presto per parlare
di normalità?
«Il fenomeno è diventato
più visibile grazie alle cougar
famose. Una volta i casi erano
isolati anche nello star system.
Tutto poi è filtrato negli strati
sociali meno in vista, dove le
critiche sono più feroci.
La proliferazione di questa
nuova tipologia di coppia è
imputabile al web. La nascita
di portali specifici ha reso la
vita più semplice a tutte quelle
persone che non godono di
carattere estroverso, offrendo
loro una possibilità di contatto.
Veniamo però da secoli di tradizione a ruoli invertiti.
Penso che ci vorrà molto
tempo perché diventi davvero
‘normalità’».
Cosa cerca la donna matura
nel ragazzo giovane, e viceversa?
«Parliamo di una componente
attrattiva molto forte. La matu-
La sessuologa Simonelli
“
Ci vorrà molto tempo
prima che queste
coppie diventino
normalità
“
La differenza di età
può essere sinonimo
di forte disagio per
entrambi i partner
“
Le donne entrano
nella loro età
dell’oro verso
i quaranta anni, gli
uomini molto prima
rità anagrafica coincide anche
con una maturità sessuale. Da
un punto di vista fisiologico il
ragazzo è al massimo della sua
potenza sessuale a 18 anni.
Per la donna l’orgasmo è invece una conquista. Solo a 40
anni il gentil sesso vive la sua
‘età dell’oro’.
La cougar sa chiedere per
ottenere quello che vuole.
Non avrà timore nel manifestare i propri desideri sessuali
e certo non ti metterà mai il
muso perché non ha ricevuto
la telefonata della buonanotte.
Il giovane si sente attratto da
questa forma di autonomia,
impossibile da scorgere in una
sua coetanea».
Quando la ricerca del partner più giovane diventa un
problema?
«Nel momento in cui diventa
seriale. A tutti capita, o può
capitare, di innamorarsi di una
persona anagraficamente molto distante. L’importante però
è che tale eventualità non si
trasformi in una ferrea regola.
Ci sono donne per cui diventa
inconcepibile avere una relazione con un proprio coetaneo
e scelgono di mirare solo ed
esclusivamente ‘giovani prede’.
Lo stesso dicasi per i toy boy
che intendono frequentare
unicamente cougar. In questi casi la scelta del partner è
sinonimo di un forte disagio
psicologico».
MARTEDÌ 21 FEBBRAIO
| pagina 8
«Linguaggio impoverito,
cinismo e indifferenza
i peccati di molti colleghi»
Antonio Lamorte
M
uove le mani come per
dar forma alle cose di
cui parla. Ma di solito a Domenico Quirico, inviato de La
Stampa, bastano una penna
e un taccuino. Negli ultimi
decenni ha scritto da diverse
aree di crisi tra Medioriente,
Africa e Asia e continua a farlo nonostante sia stato rapito
due volte. La prima in Libia
nel 2011, la seconda nel 2013
quando Al-Nusra, braccio siriano di Al-Qaeda, lo sequestra per 152 giorni. Quirico
non aveva mai permesso di
farsi filmare sul campo prima
che glielo chiedesse Paola Piacenza, regista di Ombre Dal
Fondo, docufilm sul mestiere
del reporter girato tra il fronte
russo-ucraino e i luoghi della
prigionia del giornalista in Siria e presentato a Napoli nella
rassegna Astradoc.
Il film non è un biopic, ma lei
è comunque il protagonista.
Si aspettava, dopo aver raccontato tante storie, di poter
diventare lei stesso una storia da raccontare?
«Sinceramente no. Certo, ho
avuto qualche disavventura,
ma è del tutto normale per il
mestiere che faccio. Tanti colleghi hanno perso la vita in Siria o in Libia».
Disavventure
raccontate
sempre in prima persona.
«Di solito nel giornalismo insegnano il contrario, a non
parlare mai di sé. Ma quello è
antigiornalismo, una finzione.
Io rovescio il discoro scrivendo sempre in prima persona.
Non mi fingo qualcuno che sta
al di sopra delle cose e le presenta in maniera impersonale.
Io gioco a carte scoperte con il
lettore: ho visto questa realtà
e ti mostro le mie emozioni, il
mio sdegno, le mie paure».
Considera il suo mestiere
come una missione?
«Non c’è nessuna missione. Il
mondo può benissimo sopravvivere senza giornali. Io semplicemente vivo guardando le
vite degli altri, toccandole con
la punta delle dita. Perché ci
vogliono lealtà e cautela nel
raccontare le storie degli esseri umani, soprattutto quando
vengono inghiottite dalla storia e provate dalla sofferenza».
Quindi il suo lavoro è un racconto degli ultimi?
«Se vuole sì. Io lavoro sul dolore e credo che la funzione del
giornalismo sia impedire che
qualcuno possa dire: «Io non
sapevo che…». In questo mestiere deve esserci un rapporto etico con la realtà e con la
notizia. Se lo fai bene puoi impedire altra sofferenza o cambiare la vita e il destino delle
persone che racconti. È questo
il senso del giornalismo, il mo-
Quirico: «Quelli come me?
Un peso per il giornalismo»
Intervista all’inviato de “La Stampa” che racconta il mondo degli ultimi
tivo che lo rende ancora degno
di esistere e di essere vissuto».
È questo che la spinge a partire?
«Assolutamente, è la ragione
che mi porta anche a tornare
in Siria. I giornali non esistono
perché quel politico ha detto,
ha attaccato, ha litigato con
quell’altro politico. Personaggi
che non diventeranno nemmeno una nota a pi di pagina
nei libri di storia. Qualcos’altro invece deve restare come
memoria, come senso di responsabilità e come colpa.
Dev’esserci dunque un giornalista che decide di partire e
guardare, ascoltare, assorbire
per trasformare tutto in parole. Anche perché non lo fan-
no i governi, i diplomatici o le
grandi organizzazioni internazionali».
Cosa manca al giornalismo?
«Trovo impoverito il suo linguaggio. Alcuni editoriali non
sarebbero usciti nemmeno
sui fogli locali quando io ho
cominciato. Credo anche che
molti giornalisti pecchino di
cinismo e indifferenza, non
hanno un rapporto etico con
la notizia. E poi bisogna sperimentare modi nuovi di scrivere i giornali. Se per dare una
notizia si usa sempre lo stesso
schema la gente non ti compra
più. E ha ragione».
Ma lei è una delle poche firme che fa vendere.
«No, guardi, la verità è un’al-
Aleppo
Quirico sta
lavorando ad
un libro sulla città
distrutta dalla
guerra siriana
tra. Io ho un piccolo pubblico
di lettori e il mio genere è ormai diventato un peso morto
per le redazioni».
In che senso?
«Il mio giornalismo viene considerato da molti marginale,
superato, ottocentesco perché
pensano che oggi i pezzi debbano essere di 25 righe al massimo, scritte peraltro velocemente. Io invece non produco
quotidianamente. Per un mio
pezzo ci vuole una settimana
di viaggio».
Eppure la sua firma è tra le
più riconosciute, anche per
la sua scrittura.
«Molti dicono che non sono
un giornalista, che faccio giornalismo letterario. Lo prendo
come un complimento. Qualcuno addirittura ha detto che
il mio è una sorta di “giornalismo mistico”. Un complimento addirittura superiore».
Quali scrittori l’hanno influenzata di più?
«I romanzieri cattolici francesi come Bernanos, Mauriac,
Claudel, Malraux, Gide. Anche Dostoesvkij. Ultimamente
rileggo libri che avevo letto da
ragazzo e scopro grandi scrittori. Come Hemingway, che
da giovane trovavo grezzo».
Quale è la cosa migliore che
ha scritto?
«Forse il racconto del mio
viaggio con i migranti sul barcone affondato a Lampedusa.
Era il 2011. In quell’occasione
trovai il giusto equilibrio per
raccontare la mia esperienza
e quella collettiva che ho vissuto».
Il mondo va verso un’ulteriore complessità o verso un’ulteriore semplificazione?
«Verso un’ulteriore semplificazione, purtroppo. Una semplificazione totalitaria».
Sarà un mondo diviso in
blocchi?
«Facevo riferimento alla mondializzazione islamista, che va
avanti a gonfie vele mentre la
nostra globalizzazione fallisce
e viene contestata da protezionismo e sovranismo».
A cosa sta lavorando in questo periodo?
«Ad un libro su Aleppo. Non
sulla rivoluzione siriana, ma
su come la guerra vi sia entrata. Su come la città da verticale
sia diventata orizzontale. Su
come ciò che è normale sia diventato impossibile e viceversa. Come evitare certi luoghi,
correre o camminare a quattro
zampe per attraversare la strada. Sul modo in cui una città è
stata assassinata».
MARTEDÌ 21 FEBBRAIO
| pagina 9
Il nuovo hub antiterrorismo
La sfida della Nato a Napoli
Base unica nel suo genere: l’occhio dell’intelligence nel Mediterraneo
La struttura
Un legame con
la città di oltre
mezzo secolo
Le radici del rapporto
tra Napoli e il Comando
Nato risalgono alla fase
più accesa della Guerra
Fredda. L’area di Bagnoli, Fuorigrotta e Coroglio
nel lontano 1951 divenne
la sede del Comando delle Forze Alleate del Sud
Europa. Cambia nome
solo nel 2004, quando, in
coincidenza con il trasferimento a Lago Patria, diventa l’Allied Joint Force
Command.
Ora la struttura, circa
90.000 metri quadrati, è
guidata dall’Ammiraglio
Michelle Howard, la prima donna afroamericana
con quattro stelle a capo
di una delle principali
basi Nato. Qui sorgerà il
nuovo hub per il Sud: il
Comando di Napoli sarà
in prima linea nella lotta
al terrorismo.
Paola Corona
L
a sicurezza del Mare Nostrum avrà il suo centro
nevralgico nell’entroterra napoletano. Il nuovo hub, l’occhio e la mente dell’intelligence Nato per il Mediterraneo,
suggella il lungo legame che
da oltre sessant’anni unisce
Napoli all’Alleanza Atlantica. Sorgerà a Lago Patria, nel
comune di Giugliano sede
dell’attuale Allied Joint Force
Command (JFC), il Comando
delle Forze atlantiche alleate.
Sarà un occhio vigile per prevenire e affrontare gli scenari di instabilità che agitano il
fronte Sud del Mediterraneo.
«La nuova struttura si può
considerare un unicum. Fino
ad ora la Nato si è dotata di
centri di eccellenza sulla minaccia cibernetica o la guerra
ibrida, ma si tratta di piccole
cellule di analisi e di proposta
diverse dall’assetto più articolato della base Nato di Napoli.
L’hub sarà sia un centro dotato
di capacità di analisi propria
che uno snodo importante per
la sua fondamentale presenza
marittima nel Mediterraneo»
spiega Alessandro Marrone,
responsabile di ricerca nel
Programma Sicurezza e Difesa
dell’Istituto di Affari Internazionali di Roma.
Tra le peculiarità c’è il focus
sull’antiterrorismo, ma non
solo. «Questa base può giocare
un ruolo importante - continua Marrone - proprio perché
il presidente americano Trump ha esplicitamente chiesto
alla Nato di occuparsi di lotta
al terrorismo. La sua istanza si
somma a quella avanzata da
Italia, Francia, Spagna e Grecia nel porre maggiore attenzione alle crisi e alle minacce
provenienti dal fianco Sud del
Mediterraneo come le ondate
di profughi e di migranti dirette in Europa».
Per assolvere a questo ruolo
strategico l’hub atlantico punterà su tre direttive: la raccolta
di informazioni sugli attori in
gioco nel Nord Africa e suoi
loro movimenti, l’attività di
formazione e addestramento
e, infine, il rilancio dei partenariati nell’area mediterranea.
L’interesse verso la sponda
Sud non rappresenta un ritorno al passato, un riavvolgere
il nastro della storia al tempo
Ammiraglio Michelle Howard a capo del Comando interforze di Napoli
in cui la base Nato di Napoli si
chiamava Comando delle Forze Alleate per il Sud Europa
(AfSouth). L’analista Alessandro Marrone fuga ogni dubbio: «Ora non si tratta soltanto
di realizzare un ordinamento
delle forze del Sud Europa,
come durante la Guerra Fredda quando i comandi Nato
erano organizzati su base regionale, ma di portarvi esperti
d’intelligence, militari, funzionari da tutti i Paesi membri
per occuparsi delle minacce
provenienti dal fronte Sud».
Difficile dire se la guida sarà
americana e quanto tempo
occorrerà: «Si inizierà a lavorare nei prossimi mesi e nel
corso dell’anno dovrebbero
già vedersi i primi risultati»
spiega l’analista.
Perché proprio ora? «Siamo
in una fase di riprogrammazione del concetto strategico
di sicurezza della Nato sempre
più basato sulla prevenzione
dei conflitti e sulla sicurezza
dei cittadini» afferma Gaetano
La Nave, professore di Storia
delle Relazioni Internazionali
e di Storia del Mediterreneo
Moderno e Contemporaneo
presso l’Università L’Orientale
di Napoli. «Questa rivoluzione – spiega - è figlia degli anni
Duemila quando la guerra
asimmetrica è diventata una
metodologia strutturale del
terrorismo islamico di matrice
fondamentalista». Cambiano
le dinamiche internazionali e la Nato si adegua al nuovo contesto di sfide mutevoli
ed equilibri politici precari.
«Nata come organizzazione
per la difesa dell’Occidente nel
mondo bipolare, la Nato, dopo
l’allargamento ai paesi dell’Est
Europa, cerca di rimodulare
l’alleanza militare in uno strumento di difesa a supporto dei
valori classici dell’Occidente:
democrazia
rappresentativa, libero commercio e libero
mercato».
L’hub di Napoli potrebbe essere il segnale di un’accelerazione di questo processo. «La
Nato – afferma il professore
universitario - è obsoleta se
concepita come organizzazione figlia della Guerra Fredda.
Diventa, invece, l’Alleanza Atlantica del XXI secolo se allarga i suoi confini e, attraverso
sicurezza e prevenzione dei
conflitti, tutela i valori occidentali».
Il gioco dei ruoli dipende
più che mai dal contesto. «Il
Mediterraneo di oggi – spiega
il professore La Nave - è una
regione turbolenta che vive
una transizione non intellegibile per la crescita dei fondamentalismi, i conflitti latenti
e i traffici illeciti di uomini e
di armi. Napoli può svolgere
ancora un ruolo centrale e geostrategico nell’ambito dalla
difesa atlantica. In più, l’Italia è un paese affidabile e tra i
fondatori della Nato».
MARTEDÌ 21 FEBBRAIO
Il format
| pagina 10
Prima delle dirette, Tutto il Calcio minuto per minuto
I
l 10 gennaio 1960 nasceva su
Radio 1, Tutto il Calcio minuto per minuto. Nato dall’idea di
maestri come Guglielmo Moretti,
Sergio Zavoli, Roberto Bortoluzzi, l’effetto è da subito travolgente. Tutto il Calcio, infatti, è stato
la prima trasmissione calcistica
che è riuscita a tenere incollati
milioni d’italiani. Gli ideatori, grazie alle squillanti voci di Sandro
Ciotti, Enrico Ameri, Livio Forma
reinventano la radio «o forse la inventano» spiega Riccardo Cucchi,
una delle voci del programma.
La grande novità di questa trasmissione, ancora straordinariamente contemporanea, è quella
di mettere insieme il racconto
sportivo dai vari campi della Serie A. Il percorso è talmente vin-
cente da essere imitato in tempi
moderni da alcuni canali tematici
a pagamento. «Tutto il calcio ha
consentito alla radio di scoprire
le sue enormi potenzialità rispetto alla contemporaneità di tanti eventi» racconta Cucchi. «Da
quel momento in poi la radio ha
cambiato pelle. Oggi la radio è tutta la realtà minuto per minuto».
Giuseppe Di Martino
L
a voce è profonda, pastosa. Riccardo Cucchi, prima voce di Tutto il Calcio minuto per minuto narra la sua
carriera come fosse una radiocronaca: intensa, mai banale e
zeppa di aneddoti.
Puoi stabilire un podio dei
momenti più significativi della tua carriera?
«Sul primo gradino metto la
meravigliosa notte di Berlino,
quando l’Italia conquistò il
mondiale nel 2006. Avere l’onore di gridare in diretta “campioni del mondo” è una cosa
che rappresenta nell’immaginario di ciascuno giornalista
sportivo il sogno da realizzare.
Ci sono stati anche altri momenti importanti. Tra le Olimpiadi che ho raccontato c’è ne
è una a cui sono legato: Seul,
1988 per la straordinaria impresa del maratoneta Gelindo
Bordin».
Da dove nasce la passione
per la radio?
«Dall’ascolto. Da ragazzino mi
rinchiudevo nella mia stanza e ascoltavo nel pomeriggio
le voci di Ameri, di Ciotti, di
Provenzali, di Bortoluzzi, che
mi portavano con loro negli
stadi. Mentre loro citavano
i calciatori che toccavano la
palla andavo a vedere le figurine per immaginare i loro
volti. Speravo un giorno di fare
questo mestiere. Ho cercato
la mia strada e poi ho avuto la
fortuna nel 1979 di vincere un
concorso in Rai e da li ho cominciato a fare il lavoro che da
piccolo sognavo».
Non hai mai pensato a un
passaggio alla televisione?
«Ho lavorato per la televisione
intorno agli anni ’90. Mi occupavo di atletica leggera. Poi
ho raccontato alle Olimpiadi
di Barcellona nel ’92. Quando
arrivò la richiesta del direttore
di passare definitivamente alla
tv dissi di no, lascio l’atletica
leggera per fare la radio. Non
avrei mai lasciato la radio per
la televisione».
Quali ricordi ti legano a Napoli?
«Ho una particolare predilezione per questa città. Quando
Napoli si trasferisce allo stadio
tutto si moltiplica per mille.
Credo che entrare al San Paolo
sia qualcosa che ogni radiocronista deve poter sperimentare una volta nella vita, perché non c’è stadio in Italia che
sia in grado di trascinare, non
soltanto la sua squadra ma an-
Riccardo Cucchi
Lo stadio San Paolo rende unica
l’esperienza della radiocronaca
«Il 7 marzo il Real Madrid potrebbe avere paura del tifo napoletano»
che il radiocronista. È evidente che più l’ambiente è caldo
maggiore è la possibilità del
radiocronista di emozionarsi
e di rendere ancora più avvincente il suo lavoro. La nostra
postazione è collocata in alto,
noi la chiamiamo il dirigibile
perché è molto alta. Quando
«Quando la
gente salta
sugli spalti la
mia cabina
trema»
la gente salta sugli spalti la mia
cabina trema».
Come riuscivi a descrivere attraverso la sola voce le magie
di Diego Armando Maradona?
«Le cose più difficili da descrivere nel calcio sono quelle che
fanno i grandi campioni, quelli
che inventano, che non hanno
un colpo prestabilito. Quando
un calciatore come Maradona
inventa qualcosa che ti spiazza non hai un termine adeguato per descrivere quello che ha
fatto. È chiaro che in quei casi
si esalta, la voce si alza di tono,
si aggiungono gli aggettivi “in-
credibile, fantastica, una magia”. È stato difficile spiegare
esattamente
all’ascoltatore
cosa avesse fatto Maradona
sotto i miei occhi. Maradona è
stato un giocatore straordinario, il più grande giocatore che
io abbia visto nella mia vita su
un campo di calcio».
Purtroppo la legge del Bernabeu non ha fatto sconti al
Napoli. Potrebbe verificarsi
lo stesso per il Real Madrid
nella gara di ritorno?
«Mi auguro di si. Il Bernabeu
ha una storia di “paura” sportiva che viene trasferita a chi
entra in campo e non indossa
la maglia bianca del Real Madrid. Il Napoli ha meno tradizione perché la storia ha dato
al Napoli poche possibilità di
essere una squadra protagonista in Europa. Magari chissà,
questa volta il Real Madrid potrebbe provare la stessa paura
per la prima volta? Potrebbe
essere l’inizio di una nuova
storia del San Paolo a livello
europeo?»
MARTEDÌ 21 FEBBRAIO
Il film
| pagina 11
Nei vicoli di Napoli con i “Falchi” di Toni D’Angelo
I
l ritmo frizzante dei film polizieschi si fonde con quello del
cinema d’introspezione. Falchi è il
nuovo film di Toni D’Angelo, figlio
del cantante Nino.
A Napoli i falchi non sono solo
uccelli rapaci, il termine indica
Teatro
Dal libro al palco
Di Palma regista e attore
diventa lo scultore Gemito
Uno dei più grandi
scultori e disegnatori
italiani vissuti fra Ottocento e Novecento
diventa il soggetto
di un’opera teatrale
targata Claudio Di Palma. Il genio
dell’abbandono è l’adattamento
dell’omonimo romanzo scritto da
Wanda Marasco (candidato al Premio Strega nel 2015). Un’opera biografica sulla vita di Vincenzo Gemito, l’artista napoletano che salì alla
ribalta con le sue sculture fortemente realiste e radicate alla cultura e al
costume della sua città. Claudio Di
Palma è regista e attore principale
della rappresentazione, accompagnato sul palco da Angela Pagano,
Cinzia Cordella, Paolo Cresta e la
compagnia dello Stabile.
Dal 22 febbraio al 5 marzo
Teatro San Ferdinando
www.teatrostabilenapoli.it
Classico napoletano
La commedia del ‘700
va in scena al Beggar’s
La commedia napoletana settecentesca al
The Beggar’s Theatre
di San Giovanni a Teduccio. “Lli Ssantarelle alla moda” di monsignor Gioachino Dandolfi vescovo
di Pozzuoli riproposta nel nuovo
allestimento di Mariano Bauduin.
Dopo il grande successo dello scorso autunno l’opera torna in scena
come pezzo pregiato del cartellone
del Beggar’s Theatre per la stagione
2017, interamente curata da Bauduin.
Il regista napoletano è il direttore
artistico del teatro e porta in scena
nove titoli con gli attori della compagnia “Gli Alberi di Canto Teatro”,
e una serie di mostre di costumi teatrali firmati da Vera Marzot, Enrico
Job.
28 febbraio
Beggar’s Theatre
Via Ferrante Imparato 114
San Giovanni a Teduccio
Master di Giornalismo dell’Università
Suor Orsola Benincasa di Napoli
Presidente
Lucio d’ Alessandro
Direttore
Direttore
Marco
Marco Demarco
Demarco
Responsabile inchieste biennali
Responsabile inchieste biennali
per la collana “Cronaca e Storia”
per la collana “Cronaca e Storia”
Paolo Mieli ​
Paolo Mieli ​
Responsabile formazione radio-tv
Responsabile
Pierluigi Camilliformazione radio-tv
Pierluigi Camilli
anche una sezione speciale della
Squadra Mobile che affianca la
polizia nelle indagini sulla criminalità organizzata.
Due falchi, per l’appunto, sono i
protagonisti della pellicola. Peppe e Francesco, grandi amici, per
lavoro seguono il capo della squadra Mobile in sella alle loro moto
e pattugliano la città in ogni vicolo
e in ogni sobborgo, anche nei più
malfamati. Nel ruolo dei due protagonisti, Fortunato Cerlino, Don
Pietro Savastano in Gomorra – La
serie, e Michele Ridondino, attore
tarantino già protagonista del Il
giovane Montalbano e in Acciaio.
Ad affiancarli sul set anche Pippo Delbono, Stefania Sandrelli e,
in un piccolo cameo alla guida di
un taxi per le vie della città, Nino
D’Angelo
Il film arriverà al cinema il prossimo 2 marzo.
Primo piano
Musica
Newton al PAN
Il tour
In mostra 200 scatti
Un’esposizione con le prime tre raccolte fotografiche dell’artista
Al centro dell’obiettivo i nudi provocanti che l’hanno reso celebre
T
re raccolte fotografiche di
Helmut Newton in esposizione gratuita al PAN, Palazzo
Arti Napoli. White Women, Sleepless Nights e Big Nudes sono
i titoli primi tre libri pubblicati
da Newton tra la fine degli anni
Settanta e l’inizio degli anni Ottanta, e sono anche quelli che
danno il nome all mostra progettata da June Newton, vedova
del celebre fotografo, e curata da Matthias Harder e Denis
Curti. Dal 25 febbraio al 18 giugno il palazzo di via dei Mille
ospiterà oltre 200 fotografie di
uno dei protagonisti dell’industria culturale contemporanea.
White Women, del 1976, è stato
il primo libro monografico di
Newton, per il quale ha ricevuto il Kodak Photo Book Award.
Ottantaquattro immagini a colori e in bianco e nero che testimoniano il cambiamento del
ruolo della donna nella società
occidentale. Anche Sleepless
Nights, pubblicato nel 1978,
Newton mette la donna al centro dell’obiettivo, raccogliendo
i lavori fatti per diversi magazi-
All’AvaNposto
Le opere di
Newton hanno
rivoluzionato
il modo di fare
fotografie
nel mondo
della moda
ne. Big Nudes, invece, è uscito
nel 1981 ed è il progetto con cui
l’artista ha portato per la prima
volta le gigantografie all’interno di gallerie e musei di tutto il
mondo.
Dal 25 febbraio al 18 giugno
PAN, Palazzo Arti Napoli
Info: www.mostranewton.it
Il Carnevale a costo zero di Scampia
E
falò allegorico, un rito della
tradizione, durante il quale
si bruceranno le cose vecchie per far rinascere dalle
ceneri le nuove.
Le maschere di Carnevale
per le strade di Scampia
Direttore delle testate
Marco Demarco
Coordinamento
Coordinamento redazionale
redazionale
Francesca
Francesca De
De Lucia
Lucia
Carla
Mannelli
Carla Mannelli
Alessandra Origo
Origo
Alessandra
Coordinamento tecnico audiovisivi
Rosario Cuomo
Giuliano Caprara
Venerdì 24 febbraio,
al Lanificio 25 di piazza Enrico De Nicola,
il cantautore pugliese
Diodato presenterà al
pubblico napoletano
“Cosa Siamo Diventati”, il suo secondo album pubblicato il 27 gennaio, che dà anche il nome al tour.
Un album concepito come strumento di autoanalisi in cui, come
lo stesso autore ha dichiarato, c’è
la consapevolezza che «tutto si arrende all’inarrestabile divenire delle
cose».
Composto da dodici tracce, “Cosa
Siamo Diventati” può essere considerato l’album della maturità per
l’artista 35enne che nel 2014 partecipò al Sanremo giovani.
Venerdì 24 febbraio
Lanificio 25
Piazza Enrico De Nicola
www.lanificio25.it
Al corteo ci saranno anche scuole e associazioni del territorio
qui-libri tra equilibristi
e equilibrismi è il gioco
di parole che dà il nome al
Carnevale di Scampia. Un
evento organizzato dall’associazione Gridas, aperto a
tutti e a costo zero. Un corteo di carri allegorici, balli
in maschera e musiche delle band popolari. Al termine della festa verrà acceso il
Diodato fa tappa a Napoli
con il suo secondo album
26 febbraio
Via Monte Rosa
Scampia
Info: 081 7012 721
Eugenio Bennato acustico
con Lambiase e Totaro
Sotto le volte a botte
dell’AvaNposto
Numero Zero, Eugenio
Bennato si esibirà in
una coinvolgete interpretazione del proprio
repertorio in versione totalmente
acustica.
Al suo fianco il chitarrista Enzo
Lambiase, e Sonia Totaro, cantante
e ballerina di origini pugliesi.
Bennato torna a pizzicare le corde
della sua chitarra a Napoli dopo l’esibizione in Puglia nel festival deidcato alla Focara. Eugenio Bennato
è il fondatore del Taranta Power, il
movimento artistico nato nel 1998
che ripropone la riscoperta, la rivisitazione e il rinnovamento, della tradizione musicale napoletana.
24 febbraio
Via Sedile di Porto 55
Costo: 10€
Info: tel. +39 3661149276
a cura di Alessandro Cappelli
Segreteria didattica
Nancy Polverino
Grafica
Ananda Ferrentino
In redazione
Filomena Avino, Antonio Buonansegna
Alessandra Caligiuri, Anna Capasso
Alessandro Cappelli, Paola Corona
Giuseppe Di Martino, Antonio Esposito
Antonio Lamorte, Emanuele La Veglia
Marina Malvestuto, Maurizia Marcoaldi
Marcoaldi
Carolina Mautone, Emilia Missione
Fausto Egidio Piu, Davide Uccella
Erminia Voccia
Stampa
Centro Stampa di Ateneo
Registrazione
Tribunale di Napoli n. 5210 del 2/5/2001
Editore
Università degli Studi
Suor Orsola Benincasa
081 2522236
MARTEDÌ 21 FEBBRAIO
| pagina 12
L’ultima opera
San Giovanni a Teduccio: il murales che divide
Massimo Troisi
in tre dei suoi
film più celebri
Un Maradona
che maschera
il degrado
Antonio Esposito
S
ono già tre giorni che Jorit
Agoch, noto muralista napoletano, passa le sue ore sospeso su una gru di fronte alla
facciata di un palazzo alto oltre
40 metri.
Siamo a Napoli, nel quartiere
San Giovanni a Teduccio, più
precisamente in via Taverna del
Ferro, in quello che è soprannominato il “Bronx”.
Jorit ha il volto coperto da un
passamontagna, occhiali scuri
e lavora silenzioso. Già autore,
tra le altre opere, del famoso
San Gennaro che sorveglia Forcella, e di Ael, la bambina rom
nel parco Merola a Ponticelli,
questa volta, l’artista ha iniziato a lavorare a quello che sarà
il Maradona più alto di tutto il
mondo.
«Dipingerò Maradona qui perché mi piace pensare che siano
solo le esperienze di vita a rendere diverse le persone comuni
dai miti. Ognuno di noi, ogni
bambino di questo quartiere
potrebbe essere Maradona e viceversa», racconta Jorit.
«Questa si chiamerà piazza
Maradona», urla un residente
che guarda entusiasta i primi
schizzi di pittura su quella vecchia parete giallastra. Quelle
del Bronx sono costruzioni che,
così come le vele di Scampia,
risalgono al 1980, l’anno in cui
Napoli fu scossa dal terribile
terremoto. E così come le ormai
fatiscenti palazzine del quartiere a nord del capoluogo campano, anche gli stabili di via Taver-
na del Ferro, dovevano essere
abbattuti per dare alle persone
sistemazioni più dignitose.
E invece: «Di demolizione non
si parla proprio più, ci faranno
morire qua dentro», dice rassegnata Maria che in quei casermoni ci vive da sempre.
È da alcuni anni che i palazzi di
Napoli, del centro storico e della periferia, vengono decorati
con enormi murales. Si tratta
di un’operazione di riqualificazione urbana prima di tutto. Ma
spesso viene trascurato cosa c’è
dietro i grandi dipinti. Lo sottolinea anche Angelo Esposito,
consigliere della VI municipalità: «Il problema non è Maradona, ma il degrado che c’è alle
sue spalle», dice indicando il
viale che divide i 2 palazzoni di
Taverna del Ferro.
Un vicolo che non vede mai il
sole, dove ci sono decine di negozi in disuso, con le serrande
abbassate, alcune a metà. Le
pietre laviche che coprono il
manto stradale in molti punti diventano pozzanghere, le
tubature sono rotte e perdono
acqua.
A metà strada il cattivo odore inizia a diventare forte. «Se
apriamo i rubinetti della cucina
o del bagno, quando dobbiamo
lavare i denti, sentiamo un’insopportabile puzza di fogna»
dice una signora.
Nel bronx vivono circa 360 famiglie, molte delle quali occupano abusivamente gli appartamenti. E quei negozi chiusi
sono diventati discariche condominiali. «Qui sotto è pieno
Il 19 febbraio del 1953
nasceva a San Giorgio
a Cremano, in provincia di Napoli, uno dei
più grandi attori italiani, Massimo Troisi.
E proprio a San Giorgio a Cremano è stato
inaugurato, in occasione di quello che
sarebbe stato il suo
64° compleanno, il
murales che raffigura
il volto dell’artista napoletano affianco alle
scene di tre dei suoi
film più famosi.
In “Non ci resta che
piangere”, Troisi è
seduto a un tavolo e
Jorit Agoch in via Taverna del Ferro. Nel riquadro il progetto presentato al Comune
di topi, li vediamo ogni giorno»
spiega una residente.
Ante di armadi, carcasse di
motorini, materiale edile, elettrodomestici distrutti, buste di
spazzatura, tutto ammassato
in quella che doveva essere la
zona commerciale del quartiere.
Bisogna stare attenti mentre si
cammina, è consigliabile dare
uno sguardo ai cornicioni dei
palazzi, spesso cadono calcinacci. «Due settimane fa uno ha
sfiorato la testa di un bambino,
Il ritratto
Sarà il Maradona
più alto del mondo.
Consegna in tre
settimane
per poco non lo uccideva, e poi
che facevamo» dice Esposito.
Intanto mentre Jorit lavora alla
sua opera, che dovrebbe essere
terminata nel giro di tre settimane, cresce il numero di persone che guardano affascinate.
Molti sono curiosi di sapere
come sarà il Diego più imponente del mondo. La fotografia inviata al comune per avere
l’autorizzazione a procedere,
probabilmente non sarà la stessa immagine che sovrasterà Taverna del Ferro.
Molti altri osservatori, invece,
nutrono la speranza che il Dio
del calcio possa, in chissà che
modo, dare nuova vita al campetto dei bambini. Quello in cui
è vietato l’accesso perché troppo pericoloso, con cavi elettrici
scoperti e ferro filato sporgente.
parla con un esilarante
Roberto Benigni.
“Ricomincio da tre”, sicuramente la proiezione di maggior successo, con 14 miliardi di
incassi a fronte di 450
milioni spesi, immortala Troisi mentre con
Lello Arena si consuma il famoso scambio
di battute sul miracolo.
Infine, non può non
saltare all’occhio la
scena de “Il postino”
in cui l’attore napoletano bacia una
stupenda Mariagrazia
Cucinotta.
Il lavoro è stato commissionato dallo
stesso comune di San
Giorgio a Cremano
allo street artist Jorit
Agoch.