La Voce del Popolo

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Transcript La Voce del Popolo

REUTERS/Vasily Fedosenko
GAS
SEMPRE
PIÙ VICINO
AL PETROLIO
la Voce
del popolo
LE RINNOVABILI SONO IL FUTURO.
AL MOMENTO DIPENDIAMO ANCORA
DAGLI IDROCARBURI. MA NEL CORSO
DELLA TRANSIZIONE DALLE FONTI TRADIZONALI
A QUELLE GREEN, IL GAS E IN PARTICOLARE
IL METANO, CONSIDERATO IL COMBUSTIBILE
FOSSILE MENO DANNOSO PER L’AMBIENTE,
SARÀ L’ALLEATO PRINCIPALE DEI POPOLI
DELLA TERRA
economia
& finanza
www.edit.hr/lavoce
Anno 13 • n. 341
giovedì, 23 febbraio 2017
attualità
eventi
tecnologia verde
Basta con le discriminazioni
nel mondo del lavoro
Italian Business Forum a Lubiana:
occhi puntati sulla dimensione sociale
La prima cucina sostenibile IKEA
è prodotta da un’azienda veneta
L’edizione 2017 dell’IBF ha declinato gli aspetti economici
sul piano sociale favorendo la tenuta occupazionale
e contribuendo al rafforzamento delle relazioni.
È italiana la prima cucina sostenibile IKEA, realizzata
da un’azienda veneta con legno e plastica riciclati. Dal
1º febbraio, è disponibile in tutti gli store IKEA.
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Le istituzioni invitano a prestare la dovuta attenzione
alle questioni demografiche. Non va dimenticato che
tra le fasce a rischio ci sono anche le donne.
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economia&finanza
giovedì, 23 febbraio 2017
settore auto
la Voce
del popolo
a cura di Mauro Bernes
L’operazione con i francesi di Psa
(Peugeot e Citroën) è al centro dei dibattiti
in Germania, Francia e anche nel Regno Unito,
dove la Casa teutonica controllata
da Gm produce con il marchio Vauxhall
GENERAL MOTORS
VUOLE VENDERE OPEL
TEDESCHI SUL PIEDE
DI GUERRA
P
eugeot Citroën-Opel: l’affare potrebbe essere dietro l’angolo. La
notizia dell’esistenza di trattative
tra General Motors e il colosso automobilistico francese per la cessione, da parte
della prima, dell’asset tedesco si sono
diffuse da meno di una settimana ma, di
fatto, l’accordo potrebbe essere finalizzato
prestissimo. Questo quanto riportato da
Bloomberg, secondo cui il deal valuterebbe
General Motors Europe (Opel e Vauxhall)
intorno a 2 miliardi di dollari, di cui 1 miliardo costituito da passività di bilancio e 1
miliardo da pagarsi in contanti. Tuttavia,
per gli esperti sono due i nodi che ancora
non rendono chiara la valutazione di Gm: il
peso degli oneri previdenziali e i progressi
nel piano di ristrutturazione. Guardando
più dettagliatamente, gli oneri pensionistici dell’unità europea di General Motors
dovrebbero ammontare a 7,2 miliardi di
euro, mentre dal lato della riorganizzazione operativa i numeri suggeriscono che
Gm abbia già incorporato elevati costi di
ristrutturazione “con un successo molto
limitato”. Va ricordato anche come un potenziale accordo debba necessariamente
includere clausole che diano soluzioni ai
problemi di brand e di distribuzione geografica, dato che Gm fornisce componenti
e veicoli anche per altre regioni. Infine,
Psa e General Motors potrebbero vedersi
costrette a ridefinire le joint venture esistenti nell’ambito dei veicoli commerciali
con Fiat Chrysler Automobiles e Renault.
Intanto, la Ceo di General Motors, Mary
Barra, è andata in Germania per attenuare
le preoccupazioni che la sua proposta di
vendere Opel a PSA Group possa portare a
tagli ai posti di lavoro, mentre in Europa inizia a svilupparsi una possibile opposizione
all’accordo. Barra e il presidente di General
Motors (che è proprietario di Opel), Dan
Ammann, hanno incontrato i dirigenti di
Opel nella sede di Rüsselsheim, il giorno
dopo la notizia diffusa da Bloomberg sulla
possibile vendita della casa automobilistica
a PSA, il gruppo industriale di cui fanno
parte Peugeot e Citroën. Diversi leader politici e sindacali in Germania e nel Regno
Unito - dove ha sede Vauxhall, il marchio
con cui lì è venduta Opel - hanno promesso
di tutelare i dipendenti. “L’azienda è responsabile dei siti produttivi, del centro di
sviluppo e deve garantire i posti di lavoro –
ha detto via email a Bloomberg il ministro
dell’Economia tedesco, Brigitte Zypries, del
Partito socialdemocratico –, questo è quello
che mi aspetto riguardo a General Motors”.
L’avvertimento del governo Merkel è un
segno delle insidie che devono affrontare
General Motors e PSA in un periodo di
subbuglio politico nell’Unione europea, che
comprende le trattative del Regno Unito
sulle relazioni politiche con l’Ue dopo
Brexit, una caotica elezione presidenziale
francese con un’ondata nazionalista a favore di Marine Le Pen e la candidatura di
Merkel per un quarto mandato come primo
ministro tedesco contro un Partito socialdemocratico in ripresa.
Oltre 200mila dipendenti
Molti posti di lavoro sono a rischio: PSA
ha 184mila dipendenti, mentre Opel
ne 34.500, di cui la metà in Germania.
Un’unione tra le due società creerebbe
un’azienda che coprirebbe il 16 per
cento del mercato automobilistico europeo, superando Renault come secondo
gruppo automobilistico della regione dopo
Volkswagen. È probabile che l’accordo si
basi su delle strategie per tagliare i costi
- e, in ultima analisi, posti di lavoro - dal
momento che le due Case automobilistiche
hanno offerte di prodotti che si sovrappongono. “Immagino che nei colloqui con
Peugeot la Cancelliera ribadirà quanto sia
importante far sì che i posti di lavoro rimangano principalmente in Germania”, ha
detto in un’intervista Franz Josef Jung, un
parlamentare tedesco che fa parte dell’U-
nione cristianodemocratica, il partito di
Merkel, e nel cui collegio elettorale si trova
la sede di Opel. In precedenza Jung era
stato ministro della Difesa e del Lavoro nel
governo Merkel.
Le autorità del Land tedesco dell’Assia,
dove si trova la sede di Opel, hanno detto
che i dipendenti della Casa automobilistica dovranno conoscere in fretta il futuro
dei siti di produzione. Il primo ministro
dell’Assia, Volker Bouffier, ha detto che
chiederà dei colloqui ai dirigenti di Opel
con l’obiettivo di garantire i posti di lavoro e
mantenere il centro di sviluppo dell’azienda
di Rüsselsheim, fuori Francoforte, che ha
definito “il cuore e la parte più importante
di Opel”. “Secondo quasi tutti gli esperti,
con l’accordo in preparazione tra Opel e il
grande conglomerato francese, che è quasi
di proprietà dello Stato, a perderci potrebbero essere gli stabilimenti tedeschi”, ha
detto alla radio tedesca Deutschlandfunk,
Rainer Einenkel, ex capo del comitato aziendale dello stabilimento Opel di Bochum, che
è stato successivamente chiuso. “Viene da
pensare che gli stabilimenti tedeschi siano
in serio pericolo”.
Il sindacato britannico Unite si è definito
“deluso e arrabbiato” per come è emersa
la notizia del potenziale accordo, ha detto
il segretario generale Len McCluskey, dopo
un incontro con i rappresentanti del governo britannico a Londra. “Con Peugeot
ci sarà ovviamente un grande coinvolgimento del governo francese e quindi è
importante che anche il nostro governo sia
coinvolto”, ha detto McCluskey, aggiungendo che il sindacato non appoggerà il
taglio di “nessun posto di lavoro” in conseguenza dell’accordo. Il Ceo di PSA, Carlos
Tavares, incontrerà “a breve” i sindacati
che rappresentano i dipendenti di Opel
per discutere delle trattative in corso con
General Motors, ha detto un rappresentante della Casa automobilistica francese,
aggiungendo che Taveres ha anche inten-
Merkel:
«Tuteleremo
i posti di lavoro»
“Faremo tutto il possibile, a livello
politico, per assicurare i posti di
lavoro in Germania”. La Cancelliera
tedesca, Angela Merkel, è scesa in
campo direttamente per la prima volta
sul dossier della possibile vendita di
Opel dall’americana General Motors
alla francese Peugeot, e ha assicurato
l’impegno politico di Berlino.
Allo stesso tempo, da Parigi il
ministero dell’Economia e delle
Finanze fa sapere attraverso un
portavoce “che la Francia vigilerà in
merito agli effetti sull’occupazione”
derivati dall’eventuale acquisizione e
che il ministro Michel Sapin, ha avuto
già un colloquio “molto cordiale” con
l’omologa tedesca, Brigitte Zypries. Da
parte sua, Mary Barra nella missione
a Ruesselsheim si è fatta precedere da
una lettera al vertice di Opel-Vauxhall
in cui illustra quelli che a suo dire
sarebbero i vantaggi dell’affare: “Una
possibile transazione permetterebbe
a Psa e Opel di far emergere con più
forza le rispettive forze, migliorando
in questo modo la competitività in un
mercato in rapida trasformazione”.
Secondo l’esperto Ferdinand
Dudenhoeffer, citato dai media
tedeschi, in un possibile passaggio
della Casa tedesca a Psa, sarebbero a
rischio “migliaia di posti di lavoro”. Un
altolà anche dai sindacati: “Si mettono
insieme due soggetti che producono
la stessa cosa, coprono la stessa fetta
di mercato e hanno pure un eccesso di
produzione”.
zione di incontrare Merkel. L’azienda non
ha voluto indicare le date dei colloqui.
Un rappresentante del sindacato che
rappresenta i dipendenti di Peugeot ha
espresso il suo sostegno per una maggiore
collaborazione tra le due Case automobilistiche e ha detto di non essere sorpreso
per le trattative. I sindacati dell’azienda
francese non sono preoccupati per la perdita dei posti di lavoro dal momento che
l’anno scorso PSA ha firmato un accordo
che include garanzie per i suoi dipendenti,
ha dichiarato Jacques Mazzolini, rappresentante del sindacato CFE-CG.
del popolo
economia&finanza
IL PUNTO
STOP
L
ALLE
DISCRIMINAZIONI
a demografia è un tema prioritario. I
rappresentanti delle istituzioni non mancano di
ripeterlo ad ogni occasione. Non è soltanto una
questione di natalità, si tratta anche di arginare la fuga
di cervelli… Difficile non trovarsi d’accordo con chi pone
in evidenza il problema considerato che recenti sondaggi
rivelano che ben il 77 per cento degli intervistati si
dichiara pronto a fare le valigie e trasferirsi all’estero
nel caso in cui si configuri una buona occasione
professionale. Certo, la percentuale scende in maniera
significativa (al 43 per cento) se l’offerta lavorativa
riguarda un comparto diverso da quello in cui si
vanta una preparazione formale, ma la portata del
fenomeno invita comunque alla riflessione. In Croazia
si cerca di correre ai ripari lavorando alacremente a
un nuovo modello d’incentivi teso a ridare slancio alle
occupazioni. Stando agli annunci dovrebbe prendere
forma tra qualche settimana. Il valore complessivo
delle misure dovrebbe ammontare a circa 1,5 miliardi
di kune ai quali dovrebbero sommarsi i finanziamenti
stanziati a questo fine nel Fondo sociale europeo e per i
quali il ministero del Lavoro e del Sistema previdenziale
intende bandire nel corso del 2017 37 bandi. Attenzione
particolare viene dedicata anche agli oltre 20mila
giovedì, 23 febbraio 2017
giovani under 30 che hanno completato una scuola
media superiore quadriennale e che si ritrovano
iscritti nelle liste degli Uffici di collocamento al
lavoro con scarse possibilità di trovare un impiego. “È
fondamentale consentire loro di entrare nel mondo
del lavoro, acquisire esperienze e innalzare così le
possibilità di trovare un’occupazione stabile”, affermano
dal ministero competente motivando le novità proposte
alle misure di politiche occupazionali proattive.
“Dobbiamo renderle flessibili ed efficaci perché possano
rispondere anche alle necessità di chi già da lungo
tempo si ritrova a essere disoccupato, nonché a chi ha
un basso livello d’istruzione”, spiega il ministro Tomislav
Ćorić. Diametralmente opposta la visione dell’ex
ministro Mirando Mrsić, che ritiene la modifica proposta
controproducente in quanto, a suo avviso, determinerà
una situazione nella quale gli unici a trarne beneficio
saranno i grandi gruppi della grande distribuzione.
“Finirà che le cassiere saranno sostituite da giovani che
lavoreranno per 2.620 kune”, sostiene Mrsić, convinto
che l’abbassamento del livello d’istruzione richiesto
per la sottoscrizione di un contratto di abilitazione
professionale senza la fondazione di un rapporto di
lavoro sia “un modo per consegnare i giovani alle catene
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di Christiana Babić
REUTERS/Philippe Wojazer
la Voce
commerciali che potranno sfruttarli in modo legale
senza dover sottostare ad alcun controllo”. Come dire:
invece di risolvere un problema se ne crea un altro.
Anzi due. Almeno a sentire l’ex titolare del dicastero del
Lavoro che invita anche a non discriminare gli over 30.
“Non è soltanto sbagliato, ma è anche incostituzionale
prevedere un limite massimo d’età per l’accesso a una
misura occupazionale”, afferma, annunciando una
richiesta di valutazione costituzionale della normativa
varata dal Sabor. “Stabilire un’età massima come criterio
per poter usufruire di una misura significa introdurre
un elemento discriminatorio. Fino all’approvazione
della nuova legge l’età non era uno dei criteri per
il riconoscimento dello status di disoccupato senza
esperienza professionale adeguata. L’unica differenza
stava nel fatto che per gli over 30 il finanziamento del
contratto era assicurato con i mezzi di Bilancio, mentre
per gli under 30 i mezzi venivano attinti dal Fondo
sociale europeo”, spiega.
Certo però che in tutto questo dibattito nessuno ha
ritenuto di spendere almeno una parola su un’altra
questione spinosa: la necessità di colmare il Gender Gap
promuovendo programmi in grado di aumentare in modo
significativo la presenza delle donne. Non si tratta di una
battaglia da fare soltanto nei comparti progettazione,
produzione, ingegneria, IT e product management, ma
più in generale in tutto il mondo del lavoro. Infatti,
nonostante gli sforzi fatti dal sistema scolastico,
universitario e industriale, alle azioni di sensibilizzazione
e allo stanziamento di fondi per la formazione in alcuni
settori (in primis lo STEM) le prospettive di crescita
dei talenti femminili continuano a essere insufficienti
per soddisfare le esigenze future delle aziende. Forse
vale la pena di ricordare che secondo l’OCSE superare
il divario di genere potrebbe aumentare il PIL fino al 10
p.c. entro il 2030 negli USA, e tra il 5 e il 12 p.c. in 15
anni nei Paesi OCSE e che uno studio ha mostrato che le
aziende caratterizzate da maggiore diversità di genere
conseguono risultati migliori del 53 p.c. rispetto alle
altre, tra cui un aumento del 34 p.c. in rendimenti totali.
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lalaVoce
Voce
del popolo
del popolo
giovedì, 23 febbraio 2017
EVENTI
A Lubiana
la quinta edizione
dell’Italian
Business Forum
riunisce
rappresentanti
istituzionali, delle
imprese, della
società civile e del
mondo accademico
L
UBIANA | Declinare gli aspetti
economici sul piano sociale favorendo
la tenuta occupazionale, rendendo
meno caro il welfare, contribuendo al
rafforzamento delle relazioni transfrontaliere
e dando un input alla ricostruzione di
contenuti andati persi nel tempo nelle
comunità più piccole: è questa la sfida che ha
voluto cogliere quest’anno l’Italian Business
Forum, appuntamento annuale organizzato
dal Forum italo-sloveno in collaborazione
con l’istituto Jožef Stefan (IJS) e con l’Alto
patrocinio dell’Ambasciata d’Italia a Lubiana.
Giunto alla sua quinta edizione, dopo aver
affrontato i temi legati alla realtà bancaria,
alle privatizzazioni, alla digitalizzazione
e all’imprenditorialità, in questo 2017 gli
organizzatori del Forum hanno scelto un
tema che non si annunciava né semplice né
scontato. Anche per questo la soddisfazione
per la riuscita dell’evento, erano infatti più
di 100 le persone in rappresentanza di realtà
aziendali, della società civile e del mondo
accademico presenti nella sala dell’IJS, ma
soprattutto gli esponenti delle istituzioni non
hanno voluto perdersi nessun passaggio.
“Vedere che i rappresentanti del governo
e gli ospiti di spicco sono rimasti con noi
dalla sessione d’apertura del Forum fino
agli interventi conclusivi è per noi motivo
di orgoglio. Questo ci dice che abbiamo
organizzato un evento che ha saputo attirare
l’attenzione e che il tema scelto era quello
giusto, anche se devo ammettere che all’inizio
ci spaventava un po’”, ha detto in chiusura
il presidente del Forum italo-sloveno,
Jurij Giacomelli, ringraziando i relatori, i
partecipanti alla tavola rotonda e tutti gli
intervenuti per l’attenzione prestata e per
l’apprezzamento dimostrato.
CON IL SOCIALE LA SO
IN TERMINI DI I
L’esperienza italiana
Un modello all’avanguardia
L’appuntamento intitolato “Dalle imprese
sociali all’innovazione sociale”, realizzato in
collaborazione con l’Agenzia UE competente
in materia di Fondi di coesione, la società
di promozione slovena I feel Slovenia e il
ministero dello Sviluppo economico e della
Tecnologia ha visto il microfono passare di
mano e esperti di spicco, senza tralasciare
alcun aspetto del tema scelto. È stato così
possibile apprendere sia il quadro sloveno
(per voce del segretario di Stato nell’Ufficio
del presidente del governo, Tadej Slapnik,
del segretario generale del Forum sloveno
dell’imprenditoria sociale, Mojca Žganec
Metelko) sia quello italiano (illustrato da
Bruno Busacca, capo della segreteria tecnica
del ministro del Lavoro e delle Politiche
Sociali e dal Prof. Carlo Borzaga, presidente
dell’Istituto europeo di ricerca sull’impresa
cooperativa e sociale – EURICSE). Altrettanto
importanti anche le testimonianze di Silvan
Peršolja di Klet Goriška Brda, una cantina
sociale del collio goriziano che riunisce
il lavoro di 400 famiglie di viticoltori, di
Stefania Marcone di Legacoop realtà che
vanta 130 anni di storia e un forte legame
con lo sviluppo italiano e Marco Ratti di
Banca Prossima, che hanno esposto le
rispettive best practice, ovvero gli esempi di
successo che ognuna delle realtà rappresenta
per l’impatto positivo che producono, sia
per il territorio che in termini strettamente
aziendale. Barbara Predan, direttrice
dell’Istituto di design dell’Università di
Lubiana (ALOU) ha posto invece l’accento
|| Bruno Busacca
sul contributo in termini d’innovazione che le
reti di cooperazione apportano, introducendo
così la tavola rotonda moderata dal direttore
dell’Agenzia ICE di Lubiana, Elisa Scelsa,
e dall’amministratore delegato di Intesa
Sanpaolo Bank, Giancarlo Miranda, che
ha consentito di approfondire gli aspetti
imprenditoriali e finanziari attraverso alcune
testimonianze eccellenti di aziende leader
di settore che ogni giorno si occupano di
coniugare l’attività imprenditoriale con le
tematiche più care all’impresa sociale.
Grande attenzione è stata dedicata
soprattutto a quello che è stato definito anche
dall’Ambasciatore Paolo Trichilo un modello
all’avanguardia e sulle “positive implicazioni
del confronto e della collaborazione per
lo sviluppo dell’impresa sociale tra l’Italia,
uno dei Paesi all’avanguardia in Europa
nel settore, e la Slovenia, e più in generale
l’importanza della dimensione sociale in
ambito europeo”.
Significativo in questo senso è stato
l’intervento di Busacca, chem parlando del
punto nodale dal quale muove una visione
volta a rafforzare le condizioni sociali e
orientata a innalzare il livello di qualità di
vita per tutte le popolazioni, ha precisato:
“In Italia il tema dell’economia sociale
poggia su soggetti imprenditoriali e non
soltanto sul volontariato e sulle charity.
È questo l’elemento distintivo che fa del
nostro modello un esempio all’avanguardia
su scala internazionale”. Il valore aggiunto,
infatti, non si ferma a livello di scambi
bilaterali, ma guarda anche alla dimensione
europea, dove “le collaborazioni tra
Stati sul piano dell’economia sociale si
affiancano robustamente al libero scambio
e alla dimensione monetaria perché – ha
sottolineato Busacca – siamo tutti sempre più
consapevoli del fatto che abbiamo bisogno
di un’Unione europea più forte anche dal
punto di vista sociale”. Soffermandosi quindi
sul punto fondamentale dell’esperienza
normativa italiana il capo della segreteria
tecnica del ministro del Lavoro e delle
|| Il Ceo di Intesa Sanpaolo Bank Giancarlo Miranda e Bruno Busacca
la Voce
economia&finanza
del popolo
giovedì, 23 febbraio 2017
di Christiana Babić
GORAN ŽIKOVIĆ
SOCIETÀ GUADAGNA
INNOVAZIONE
Politiche Sociali ha ripercorso le varie tappe
di un lungo percorso. “In Italia si è puntato
sul creare un ambiente normativo in grado
di sostenere lo sviluppo imprenditoriale.
Nel 1991 è stata definita una legge che
riconosceva la cooperazione sociale e che
ha avuto poi un grande successo. Negli
anni 1996/1997 – ha proseguito – è stato
varato un set di norme fiscali, un modello
originale per le ONLUS; tra il 2005 e il 2006
c’è stata poi l’istituzione dell’impresa sociale.
Attualmente – ha detto – si sta lavorando alla
riforma del settore, in stretta collaborazione
con il ministro Poletti e il sottosegretario
Bobba, direttamente interessati alla
collaborazione con la Slovenia, Paese con
il quale l’Italia ha un’importante identità di
vedute e di sentimenti. L’obiettivo è ambizioso:
arrivare a una legge quadro per il terzo
settore in ambito economico e creare un set
normativo che consenta uno sviluppo ordinato
e fruttuoso per tutta la società. Questa legge è
in corso d’implementazione, si sta procedendo
con i decreti di attuazione, 2 sono stati già
varati e gli altri 4 si spera lo siano in tempo
per completare il percorso entro giugno”.
|| Il Professore Carlo Borzaga e il presidente del Forum italo-sloveno Jurij Giacomelli
|| Grande partecipazione alla 5ª edizione dell’Italian Business Forum
Una formula di sucesso
Ma qual è la base sulla quale poggia il successo
del modello scelto? Nel rispondere a questa
domanda Busacca ha portato l’attenzione
su uno dei punti forti dell’esperienza
italiano, ovvero sul fatto che “le leggi hanno
riconosciuto i processi che erano in corso,
un fenomeno sociale già presente e forte,
consentendo a questo di svilupparsi meglio.
Un obiettivo raggiunto, come emerge dai
dati sull’importanza del terzo settore, che
rappresenta un patrimonio della cultura e
dell’economia sociale. In Italia sono attive circa
300mila istituzioni no profit sia imprenditoriali
che no, i lavoratori diretti impiegati nel
comparto sono circa 750mila e se a questi si
sommano anche i lavoratori autonomi legati
a questa realtà si arriva a più di 1 milione di
persone, ovvero a più del 4 per cento degli
occupati complessivi in Italia.
La dimensione occupazionale
Si tratta di numeri che fanno capire anche
l’importanza della dimensione occupazionale.
Da aggiungere che il soggetto più presente sono
le cooperative sociali, che rappresentano circa
il 60 per cento della base occupazionale del
terzo settore, che produce un giro monetario
pari a 65 miliardi di euro, mentre le uscite
complessive oscillano attorno ai 60 miliardi,
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Gli elementi
distintivi
della riforma
normativa
Diversi sono gli obiettivi della riforma
del terzo settore. “Parlando delle
linee di fondo va evidenziato che si
vuole creare un ambito normativo
omogeneo in quanto i vari interventi
succedutisi dagli anni ’90 in poi hanno
determinato alcune discrepanze.
In quest’ambito l’intenzione è di
procedere con la stesura di un Codice
unico delle organizzazioni del terzo
settore; pur riconoscendo le diversità
si vuole insomma ricomprendere un
filone generale”, ha detto Busacca. “Si
punta ad ampliare i filoni d’intervento
rispondendo così ai nuovi bisogni che
non esistevano fino a poco tempo fa,
ad esempio sul piano del commercio
equo e solidale, del microcredito,
dell’alloggio sociale…”, ha proseguito.
Il terzo punto indicato da Busacca
è la volontà di definire un sistema
fiscale specifico che premi e riconosca
la finalità non lucrativa e quindi
l’utilizzo delle entrate per continuare
e sviluppare l’attività basato sul
modello delle cooperative sociali.
“In questo senso – ha annunciato –
saranno modificati il Codice civile, la
Legge sulle imprese sociali, quella sul
volontariato e sarà costituito un fondo
pubblico di sostegno, ma l’importante
– ha detto – è favorire la crescita dei
finanziamenti privati e consentire
che il mondo bancario ne valorizzi
la natura e l’importanza. Il tasso di
non restituzione dei presiti dimostra
che le imprese sociali – ha concluso –
sono soggetti affidabili per il mondo
finanziario”.
la maggior parte dei quali è destinata alla
copertura dei costi salariali. Ma va sottolineato
che la principale fonte di finanziamento è di
origine privata e non pubblica. All’interno
delle organizzazioni no profit più di 20mila
realtà possono essere definite imprese sociali,
il fenomeno più sviluppato sono le cooperative
sociali (più di 13mila). Nel 2013 il valore
complessivo della produzione superava gli
11 milioni di euro. Anche negli anni della
crisi (dal 2008 al 2014) quando in Italia si
sono persi 900mila posti di lavoro (dei quali
600mila sono stati recuperati dal 2014 ad oggi)
le realtà sociali hanno continuato a crescere
contribuendo all’incremento dell’occupazione,
in particolare con una crescita del tasso di
contratti a tempo indeterminato. Elemento
significativo della tenuta dell’occupazione, nella
quale si registra una significativa partecipazione
femminile a dimostrazione che la realtà sociale
svolge un ulteriore compito positivo. Ma più
in generale sono circa 40mila i lavoratori
rientranti nella categoria dei cosiddetti
disadvantage workers (sono circa 47mila i
posti di lavoro equivalenti al tempo pieno
generati nel periodo 2008/2014 con l’ulteriore
vantaggio di garantire ai lavoratori un alto
livello di partecipazione e una buona tutela
seguendo la logica della trasformazione di bad
jobs in good jobs).
|| Bruno Busacca e l’Ambasciatore Paolo Trichilo
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economia&finanza
giovedì, 23 febbraio 2017
imprese
la Voce
del popolo
REUTERS/Alessandro Garofalo
INVESTIMENTO
DA 50 MILIONI
DI EURO
DELLA BARILLA
IN PROVINCIA
DI PARMA
|| Studenti al lavoro alla Barilla Academy di Parma
DA BOTTEGA A LEADER
DI MERCATO IN EUROPA
impianto di produzione di sughi
per la pasta in Europa e uno dei più
sostenibili al mondo. L’ampliamento
sarà caratterizzato da un
investimento di oltre 50 milioni
di euro e vedrà un incremento
dell’occupazione stabile, a regime,
di circa 60 persone.
L’export è al 75 p.c.
Oggi Barilla è leader di mercato
a valore in Italia, si posiziona
al secondo posto in Germania e
in Francia e al terzo posto nella
graduatoria a livello mondiale nel
mercato dei sughi per la pasta. A
nemmeno 5 anni dall’inaugurazione
dello stabilimento sughi, realizzato
con un investimento inziale pari a
40 milioni di euro, la risposta dei
consumatori è stata entusiastica
e i volumi di vendita dei sughi
sono aumentati di oltre il 45
p.c. dal 2012. Le vendite sono
destinate per il 75 p.c. della
produzione all’export, in particolare
in Europa. Un successo reso
possibile grazie alla straordinaria
qualità delle materie prime, le
principali delle quali di origine
italiana (pomodoro e basilico),
alla profonda integrazione con
Una fabbrica integrata
Oggi lo stabilimento produce
la gamma dei sughi a base
pomodoro e quella dei pesti e
pestati. L’ampliamento consentirà
di estendere la produzione anche
a tutte le ricette con carne.
“Sarà una fabbrica totalmente
integrata, progettata internamente
e assolutamente coerente con la
strategia aziendale del ‘Buono per
Te, Buono per il Pianeta’”, dichiara
Carlo Carteri, responsabile degli
stabilimenti pasta e sughi in Europa.
“Sarà caratterizzata da impianti e
tecnologie innovative, robotizzate
e digitalizzate, in linea con le
logiche dell’Industria 4.0, in grado
di elevare ulteriormente i gia’ alti
livelli di qualità e sicurezza del
prodotto, coniugando gli aspetti
di efficienza e flessibilità, anche
attraverso un sofisticato sistema
di tracciabilità”. Il progetto è stato
comunicato alle organizzazioni
sindacali di riferimento che, nel
quadro di un proficuo e consolidato
sistema di relazioni industriali,
saranno direttamente coinvolte nel
percorso di confronto sullo sviluppo
del sito produttivo, che si prevede
REUTERS/Yves Herman
B
arilla torna a investire in Italia
e rinnova il suo forte legame,
con il territorio locale di
Parma per ampliare ampliamento
lo stabilimento di sughi per la pasta
situato a Rubbiano, inaugurato
nell’ottobre del 2012. Tutto questo
in occasione di un anniversario
speciale: i 140 anni della Barilla,
nata come semplice bottega nel
centro di Parma e divenuta oggi
leader della pasta nel mondo e dei
sughi in Europa continentale. Grazie
all’ampliamento – informa l’azienda
in una nota – il nuovo stabilimento
diventerà il più grande ed efficiente
gli agricoltori del territorio e ad
una tecnologia di produzione
unica e proprietaria. Il processo
produttivo – si legge ancora nella
nota – è caratterizzato dai più alti
standard di sicurezza alimentare
e di sicurezza sul lavoro, dalla
massima attenzione per l’impatto
ambientale con la riduzione dei
consumi di energia, delle emissioni
di anidride carbonica e dei consumi
idrici. Inoltre, da più di tre anni, la
piattaforma digitale Guardatustesso
consente a tutti di accedere
virtualmente al sito produttivo, per
mostrare con assoluta trasparenza
la cura e l’attenzione riposta in ogni
fase.
Un mercato da 123 miliardi
per il business del cioccolato
Mangiamo meno cioccolato ma più
costoso. I dati Euromonitor dicono
infatti che nei Paesi occidentali il
consumo del cibo degli dei ristagna o addirittura decresce (in Nord
America dal 2010 al 2015 -2 p.c.)
a fronte comunque di una spesa in
aumento, in Europa del 2 p.c., in
Nord America del 4 p.c.. Ma c’è un
Eldorado del cioccolato ed è l’Asia.
in Cina nell’ultimo decennio i consumi sono più che raddoppiati, ma
restano ben lontani da quelli occidentali: loro ne mangiano appena
100 grammi all’anno a fronte, per
esempio, degli 8 chili gli inglesi.
Secondo Lawrence Allen, autore
del libro Chocolate Fortunes, 200
milioni di cinesi l’hanno assaggiato. E in 400 milioni si possono
permettere di comprarlo. Dunque
un mercato ancora tutto da conquistare. In totale nel mondo nel
2016 sono stati spesi 123 miliardi
di dollari in cacao e derivati, quasi
30 soltanto in tavolette o barrette
di cioccolato (in maggioranza al
latte), con una crescita del 12 p.c.
nel periodo 2012-2016. E se nel
periodo 2013-2015 la produzione
annua a livello mondiale è calata
del 5 p.c., a fine 2016 ha ripreso
a crescere per segnare il record di
4milioni di tonnellate. In Italia in
media consumiamo 4 kg di tavolette all’anno (la metà rispetto alla
dieta dei Paesi europei) preferendo
il fondente (40 p.c.) a quello al
latte e a quello bianco. In tutto il
mercato italiano vale 2,5 miliardi
di euro, ma negli ultimi 3 anni si
è ristretto. Quello che invece è
cresciuto negli ultimi anni è stato
l’export di cioccolato, che hanno
raggiunto i 665 milioni di euro, il
6,1 p.c. del mercato mondiale. Se
si guarda l’altro lato della medaglia, quello della filiera produttiva,
troviamo la Costa d’Avorio (1,7 milioni di tonnellate annue nel 2015)
e il Ghana (835mila tonnellate nel
2015), in cima alla classifica dei
produttori, con il 58 p.c. del mercato mondiale nelle proprie mani.
Qui si coltivano soprattutto i cacao
destinati ai cioccolati da copertura,
quelli usati in pasticceria o nelle
linee delle Gdo. I cacao aromatici
che provengono principalmente
dal Venezuela, Ecuador, Colombia
e Perù rappresantano solo un 7 p.c.
del cacao mondiale. I primi trasformatori al mondo sono, invece,
gli olandesi con una produzione
annua di 530mila tonnellate, che
rappresentano il 17 p.c. di tutti i
derivati del cacao. La Cina ha scoperto il cioccolato da pochi anni,
ma ha scalato subito la classifica
divenendo il nono mercato mondiale del cioccolato già nel 2012
con una crescita annua del 5 p.c..
Ad oggi non si hanno stime precise,
ma si calcola che la Cina sarà il secondo mercato del cioccolato entro
il 2020, secondo Euromonitor.
Esiste però un lato oscuro del
cacao. Sono la speculazione e le
scommesse che ruotano intorno a
quello che gli addetti ai lavori non
chiamano cibo degli dei, ma com-
|| Tavolette di cioccolato esposte a “Le Salon du Chocolat - Chocoladesalon” a Bruxelles
modity. Per capire di cosa stiamo
parlando occorre fare un salto
indietro nel tempo. Nel 2013 la
International Cocoa Organization
(Icco) stimava che a partire dal
2020 ci sarebbe dovuto essere
un deficit annuo di 100mila tonnellate di cacao a livello globale e
che sarebbero mancate un milione
di tonnellate all’appello dei consumatori. Queste aspettative sono
rimbalzate sui mercati internazionali facendo schizzare il prezzo
del cacao alla Borsa merci di New
York: da marzo a settembre è salito del 20 p.c. toccando i 3.350
dollari per tonnellata. Tuttavia il
17 gennaio 2017 Euromonitor ha
bollato i dati Icco come sbagliati,
lanciando il tweet: “No cocoa crisis in 2017”. Il prezzo del cacao
è crollato del 30 p.c. in meno
di 3 mesi tra novembre 2016 e
febbraio 2017. Ad oggi in circolazione ci sono almeno 10 milioni
di contratti futures sul nuovo “oro
nero”, segno dell’interesse (e delle
paure) che aleggiano intorno ai
frutti gialli dell’albero del cacao.
La continua oscillazione dei prezzi
e la precarietà impressa alla vita
dei coltivatori, porta ad abbandoni
ciclici delle piantagioni, come nel
decennio 2002-2012 in Costa d’Avorio a causa della guerra civile.
Questi abbandoni sono colmati
con il reperimento di manodopera
minorile sottopagata.
del popolo
ANALISI
di Krsto Babić
giovedì, 23 febbraio 2017
7
LE PREVISIONI INERENTI
AL PANIERE ENERGETICO MONDIALE
IL GAS
AVVIATO
A SUPERARE
IL PETROLIO
d’affari pari a 190 miliardi di dollari,
contribuendo a far aumentare di 156
miliardi il reddito disponibile e a creare
1,4 milioni di posti di lavoro. Inoltre,
l’aumento della produzione di gas ha
acconsentito alle famiglie americane di
risparmiare una media di 1,337 dollari
sulla bolletta energetica annua. Il Canada
è il quarto esportatore di metano al
mondo e uno dei principali fornitori
di Washington. L’intera esportazione di
gas canadese è assorbita dal mercato
USA, dove arriva viaggiando attraverso
i gasdotti. Le riserve di gas del Canada
sono stimate a 16,220 bcm.
Stando ai dati aggiornati al 1.mo
gennaio 2016 la Russia dispone dei più
vasti giacimenti di metano del pianeta.
La Cina
Fino al 2007 la Cina è stata un
esportatore di gas. Oggi, invece,
nonostante le sue considerevoli risorse,
a causa della crescita esponenziale
dell’economia e della domanda interna,
il Paese deve affidarsi al metano
d’importazione per soddisfare circa il 30
p.c. del suo fabbisogno. Uno dei principali
fornitori di Pechino è il Turkmenistan.
Aşgabat fornisce alla Cina circa il 70
p.c. della sua produzione. Nel 2015
l’ex Repubblica sovietica ha esportato
complessivamente 36,81 miliardi di
bcm. I principali giacimenti turkmeni
sono suddivisi tra i bacini del Caspio
meridionale, Amu Darya e Murgab.
L’UE e il Giappone
La produzione e il giro d’affari
Due terzi della produzione di gas è
concentrata in dieci Paesi. Si tratta degli
Stati Uniti (754 miliardi di metri cubi
prodotti nel 2015), Russia (652), Iran
(186), Qatar (174), Canada (164), Cina
(134), Norvegia (122), Arabia Saudita
(85), Algeria (83) e Turkmenistan
(81). Gli USA sono diventati il primo
produttore di gas al mondo grazie alla
shale revolution. Non solo, da Paese
importatore gli USA si sono tramutati
in esportatori di gas. Una metamorfosi
resa possibile dal perfezionamento delle
tecniche di trivellazione orizzontale e
fratturazione idraulica (fracking). Processi
che consentono lo sfruttamento del gas da
argille (shale gas). L’export statunitense
di gas è aumentato dai 42.87 miliardi di
metri cubi (bcm) nel 2014 a 50,48 bcm
nel 2015. Lo stesso anno l’estrazione
di gas ha generato negli USA un giro
circa un quinto delle riserve mondiali
di metano. Tuttavia, a causa dei costi
elevati implicati dalla sua estrazione, la
produzione di gas nel Paese continua
a rimanere tutto sommato contenuta.
Inoltre, l’intera produzione è assorbita
dalla domanda interna. Il Paese vuole
ridurre la sua dipendenza dal petrolio
per la produzione di energia elettrica. Gli
esperti valutano che le riserve di shale
gas dell’Algeria possano essere le terze
più abbondanti al mondo. Nel maggio
del 2014 il governo del Paese ha dato il
via libera allo sviluppo di questa risorsa,
concentrata principalmente nel bacino di
Ghadames.
esportatori di questa risorsa. Oslo è uno
dei principali fornitori del gas destinati al
Vecchio continente. Sebbene i giacimenti
norvegesi siano considerati vicini alla
saturazione, le estrazioni nel Mare
del Nord sono cresciute praticamente
ininterrottamente dal 1993. La crescita
è stata resa possibile dall’individuazione
di nuovi pozzi.L’Iran vanta il 17 p.c.
delle riserve mondiali accertate di gas.
Si tratta di oltre un terzo del gas degli
Stati membri dell’OPEC (Organizzazione
dei Paesi esportatori di petrolio). A
prescindere dai continui rinvii dello
sviluppo dei suoi giacimenti e all’effetto
delle sanzioni, la produzione di gas
in Iran negli anni a venire dovrebbe
aumentare. Tale previsione si basa sullo
REUTERS/Edgard Garrido
L
e rinnovabili sono il futuro. In attesa
di veder sorgere questa nuova era
l’umanità dovrà continuare ad
affidarsi per decenni alle fonti energetiche
tradizionali e per inciso agli idrocarburi.
Nel corso di questa transizione il gas,
in particolare il metano, considerato
il combustibile fossile meno dannoso
per l’ambiente, sarà l’alleato principale
dei popoli della Terra. Nei prossimi
25 anni la domanda di gas crescerà in
modo drammatico. Stando a quanto
riportato su Oil magazin dello scorso
mese di dicembre i consumi lieviteranno
approssimativamente del 50 p.c. entro il
2040. Stando alla testata pubblicata da
Eni, quello stesso anno, in percentuale,
il peso del gas nel paniere energetico
mondiale potrebbe superare per la prima
volta quello del petrolio.
Attualmente la produzione di gas a
livello mondiale equivale a 3,537 miliardi
di metri cubi all’anno. Entro il 2040,
rispetto al 2014, la domanda di energia
ricavata dal gas dovrebbe aumentare di
1,420 milioni di tonnellate equivalenti
di petrolio (Mtep). Nello stesso lasso di
tempo la richiesta di energia ricavata
da fonti idriche dovrebbe crescere di
201 Mtep, quella derivante dall’uso del
carbone di 214 Mtep, della biomassa
di 462 Mtep, del petrolio di 510 Mtep,
del nucleare di 519 Mtep e di quella
legata allo sfruttamento delle altre fonti
rinnovabili di 856 Mtep.
Circa un quarto delle riserve mondiali
dimostrate sono conservate nel sottosuolo
della Federazione russa, la maggior parte
in Siberia occidentale. Nel 2015 oltre il
75 p.c. del gas russo è stato esportato in
Europa. Se si esclude la Russia, che per
molti versi rappresenta un continente
assestante, l’unico Paese europeo
ad apparire nell’elenco dei maggiori
produttori di gas è la Norvegia.
Le riserve
Il regno di Harald V occupa il terzo
posto nella classifica mondiale degli
sviluppo delle nuove fasi del giacimento
South Pars. Stando a quanto scritto
dal Sole 24 Ore si tratterebbe di un
“serbatoio” in grado di soddisfare da solo
l’intero fabbisogno europeo. Il Qatar, oltre
a essere il quarto produttore al mondo di
gas, detiene il primato nell’esportazione
del gas naturale liquido (GNL), con una
fetta di mercato equivalente al 31 p.c.
L’Emirato gioca un ruolo di leader nel
campo della conversione del gas naturale
in combustibile liquido, in virtù del più
grande impianto GTL (gas a liquidi)
al mondo. L’Arabia Saudita custodisce
L’Unione europea, a sua volta è la
principale consumatrice e importatrice
mondiale di metano. Nel 2015 la
domanda di gas nell’UE è ammontata
a 386,9 bcm, di cui 302 importati. La
Russia (41 p.c.) è il principale fornitore
di metano dell’UE. Seguono la Norvegia
(35 p.c.), l’Algeria (8 p.c.) e la Libia (2
p.c.). Circa il 14 p.c. del gas importato dai
Paesi UE viaggia via mare. A bordo delle
metaniere nell’UE arrivano circa 43 bcm
di GNL all’anno. I principali fornitori di
GNL sono il Qatar e la Nigeria. A livello
mondiale il maggiore importatore di GNL
è i Giappone. Il Paese del Sol levante
assorbe il 34 p.c. dell’offerta globale.
Seguono la Corea del Sud (13,2 p.c.)
e la Cina (7,9 p.c.). L’Italia si trova al
12.esimo posto in classifica, con una fetta
di mercato dell’1,7 p.c. A livello UE l’Italia
è superata dal Regno Unito (3,9 p.c.),
Spagna (3,5 p.c.) e Francia (1,8 p.c.).
REUTERS/Laszlo Balogh
economia&finanza
la Voce
8
economia&finanza
la Voce
del popolo
ikea
Goran Stanzl/PIXSELL
giovedì, 23 febbraio 2017
ecologia
LA CUCINA
SOSTENIBILE IKEA
È UN PRODOTTO
ITALIANO
È
italiana la prima cucina
sostenibile IKEA, realizzata
da un’azienda veneta con
legno e plastica riciclati e che, dal
1º febbraio, è disponibile presso
gli store IKEA di tutto il mondo. Lo
ha reso noto Ikea specificando, in
un comunicato, che l’Italia detiene
saldamente, ormai da qualche
anno, il terzo posto tra i mercati
di approvvigionamento per IKEA,
dopo Cina e Polonia. IKEA acquista
in Italia IL 7,8 per cento di quanto
vende nei suoi punti vendita, e non
stiamo parlando solo dei 21 negozi
italiani, ma dei quasi 400 in tutto il
mondo. E siccome l’Italia conta il 5,3
p.c. delle vendite del Gruppo, questo
significa che la bilancia commerciale
tra IKEA e l’Italia è ampiamente a
favore dello Stivale.
Il distretto del mobile
Le Regioni in cui si concentrano
gli acquisti corrispondono a quelle
classiche dei distretti del mobile:
Veneto (34,4 p.c.), Friuli Venezia
Giulia (30,9 p.c.) e Lombardia
(20,8 p.c.). Ma negli ultimi anni ha
fatto capolino anche il Piemonte
che sta crescendo con il suo 6,6
p.c.. Il 1º febbraio – si legge nella
nota – IKEA ha lanciato le nuove
ante KUNGSBACKA, i primi frontali
per cucina dell’assortimento IKEA
prodotti con legno e plastica riciclati.
In collaborazione con un fornitore
italiano, IKEA ha sviluppato un
la Voce
del popolo
Anno 13 / n. 341 / giovedì, 23 febbraio 2017
IN PIÙ Supplementi è a cura di Errol Superina
[email protected]
ECONOMIA & FINANZA
Edizione
Caporedattore responsabile f.f.
Roberto Palisca
Redattore esecutivo
Christiana Babić
Impaginazione
Borna Giljević
Collaboratori
Mauro Bernes e Krsto Babić
Foto
Reuters, Pixell, Goran Žiković e archivio
nuovo materiale: una lamina plastica
ricavata dalle bottiglie in PET. Ogni
anno, nel mondo, vengono consumati
milioni di bottiglie di plastica. Alcuni
sono riciclati per farne nuovi prodotti,
ma in gran parte finiscono nella
spazzatura. “Le attività di IKEA hanno
un enorme impatto sull’ambiente,
perché lavoriamo con grandi quantità.
Una produzione sostenibile
Usando materiali riciclabili possiamo
rendere più sostenibile la nostra
produzione”, ha detto Anna Granath,
product developer di IKEA. Anna
Granath è responsabile del team che ha
sviluppato KUNGSBACKA. Il progetto è
partito due anni fa con l’idea di creare
un’anta più sostenibile per le cucine.
In collaborazione con un innovativo
fornitore italiano di IKEA, il team ha
studiato le varie opportunità offerte
|| Le ante KUNGSBACKA
dai materiali riciclati. Le ricerche
hanno portato all’invenzione di un
nuovo materiale: una lamina plastica
realizzata con le bottiglie in PET
provenienti dalla raccolta differenziata
delle città giapponesi.
Soluzione senza compromessi
“Abbiamo trovato il modo di
trasformare le bottiglie di plastica
usate in una lamina che viene applicata
ai frontali per cucina KUNGSBACKA.
La più grande sfida era creare un
laminato riciclato che avesse gli stessi
requisiti qualitativi del materiale
vergine. Ci siamo impegnati a trovare
una soluzione senza compromessi
né sul piano della qualità né sul
prezzo”, ha dichiarato Marco Bergamo,
responsabile dello sviluppo presso
il fornitore italiano di IKEA, 3B. Per
rivestire la superficie di un frontale
Successo per Legno&Edilizia
A Verona 20.500 visitatori
Con 20.500 visitatori, il 15 p.c. in più
della scorsa edizione del 2015, alla
Fiera di Verona si è chiusa nei giorni
scorsi la 10ª Legno&Edilizia, mostra
internazionale sull’impiego del legno
nell’edilizia che dal 9 al 12 febbraio
ha visto oltre 2.400 partecipanti ai 5
convegni, 26 seminari, 6 laboratori e 3
incontri con progettisti organizzati in
collaborazione con il partner tecnico
ARCA di Trento e col prof. Franco Laner
dello IUAV, uno dei massimi esperti
italiani delle costruzioni in legno:
incontri che hanno messo a confronto
le esperienze di docenti di primo piano
come Felice Ragazzo professore a
contratto di Disegno Industriale alla
Sapienza di Roma ed Enzo Siviero preside
dell’Università telematica eCampus.
“A professionisti del settore e privati
l’esposizione merceologica su 25.000
mq curata da 153 aziende di 13 Paesi
(Austria, Belgio, Croazia, Germania,
Grecia, Hong Kong, Irlanda, Italia,
Norvegia, Repubblica Ceca, Romania,
Russia, Svizzera) ha permesso di
avvicinare le più interessanti novità del
mercato mondiale, anche perché tra gli
espositori c’era il gotha della produzione
suddivisa nei macro settori infissi, tetti
e coperture, pavimenti cui si è aggiunta
la speciale iniziativa Riscaldamento a
legna e pellet”, ha spiegato in una nota
il direttore Piemmeti SpA Raul Barbieri.
“Grande la soddisfazione espressa dalle
aziende per i contatti presi in questa
edizione, prova della vitalità del settore
delle costruzioni edili in legno cresciuto
con oltre 3.000 nuovi edifici nel 2014
– commenta Ado Rebuli presidente
Piemmeti SpA – tale da proiettare l’Italia
al quarto posto in Europa tra i produttori
di case prefabbricate in legno (8,4 p.c. del
mercato dopo Germania, Gran Bretagna e
KUNGSBACKA nero di 40x80 cm
occorrono 25 bottiglie di plastica da
mezzo litro. È un passo importante
per IKEA verso l’obiettivo di diventare
un business circolare. KUNGSBACKA
dà una nuova vita alle bottiglie di
plastica e al legno riciclato. E questa
vita è particolarmente lunga: come
tutti i frontali delle cucine IKEA, le ante
KUNGSBACKA sono garantite 25 anni.
Nuova vita ai prodotti
“Dobbiamo imparare a usare le risorse
del pianeta in modo intelligente. La
nostra ambizione è aumentare la
percentuale di materiali riciclati nei
nostri prodotti. Stiamo studiando
nuovi modi per riutilizzare materiali
come carta, fibre, schiuma e plastica,
in modo da dare loro nuova vita
all’interno dei nostri prodotti”, ha
concluso Anna Granath.
Svezia) con un valore economico di 658
milioni di euro per il solo residenziale.
Un segnale che indica come il legno sia
sempre più preferito dagli italiani per le
sue caratteristiche di salubrità, comfort,
sicurezza e sostenibilità”.
Tra gli espositori anche la Scuola italiana
di carpenteria del legno del Centro di
formazione professionale Enaip di Tione
(Tn) i cui studenti hanno effettuato
dimostrazioni pratiche e presentato
ufficialmente il Prototipo di modulo
abitativo per emergenze. A proposito
di anteprime il gruppo di esperti che in
novembre ha dato vita al Gruppo Qualità
Legno ne ha presentato il Manifesto,
mentre Potito Pedone direttore tecnico
della Woodsystem International srl
di Moncalieri (To) ha illustrato il suo
innovativo sistema di connessioni P-Lam
per pareti in legno. La decima edizione
è stata anche occasione per dare un
riconoscimento agli espositori presenti fin
dal primo momento: Adveco di Brescia,
l’austriaca Binderholz, le tedesche
Dietrich’s e Hans Hundegger, l’Istituto
Lazzari Zenari di Vicenza e la rivista Il
Legno.