COVI, L`ORGANIZZATORE DELLA SOLIDARIETÀ

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Transcript COVI, L`ORGANIZZATORE DELLA SOLIDARIETÀ

ovi, [organizzatore
della solidarietà
«Serve competenza»
di Paolo Mantovan
Michele Covi, classe 1971, è di
Vasio, frazione di Fondo in Alta
Val di Non, una località che conta 75 anime. Un paesino lassù,
da dove Michele scese dapprima per andare a scuola e poi
per frequentare l'università, a
Trento. Laureato in legge, Covi
sceglie il servizio civile e va al
Centro di documentazione per
lapace, nel Comune di Trento.
Nel frattempo, in vai di Non
quel gruppo di giovani volontari cattolici era cresciuto e aveva
dato vita a un'attività multiforme di sostegno alle persone disabili, il «Gruppo di sensibilizzazione handicap» (Gsh) che si costituisce come cooperativa sociale nel 1990. A capo del gruppo c'è Paolo Menapace e punto
di riferimento era Lidia Odorizzi, un'anziana volontaria che
operava nella San Vincenzo e
che decise di nominare la cooperativa sociale Gsh sua erede.
Fu l'avvio di una grande avventura, che, come spesso accade,
vive della forza delle figure carismatiche dei fondatori. Una cooperativa che moltiplicava i volontari e che riusciva a diffondersi su tutto il territorio delle
Valli del Noce. E che trovò in
Walter Tomazzolli il giovane direttore che seppe condurre la
nuova creatura mettendo in
gioco anche l'animo laico della
valle. Gsh, ormai, diventa ben
presto la «centrale» per il sostegno alle persone disabili e per la
crescita di una cultura accogliente.
Ma con il correre del tempo
lo spirito iniziale muta. Gli anni
ruggenti lasciano il posto a situazioni più complesse, e la necessità di affrontare in modo
più professionale le sfide quotidiane si impone e combatte
con l'impulso degli esordi, quello ricco di motivazione spontanea. Inizia la " crisi di crescita".
È in quel momento che compare Michele Covi. «Per la verità
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dendo che servisse un coordinatore per chi faceva servizio civile. Invece fui subito travolto
da una proposta imprevista»
spiega Covi. Che ancora adesso, a pensarci, ride e alza gli occhi al cielo. Quasi si sorprendesse di nuovo.
A dire il vero Michele Covi
non arriva lì per caso, figuriamoci. Quando mai si arriva da
qualche parte senza aver fatto
prima qualcosa che ti porta fin
lì? «Da tempo coltivavo una
grande passione per il commercio equo e solidale. Ero socio attivo di Mandacarù da 10 anni,
puntavo sulla finanza etica e
nel 1998 entrai pure nel Cda di
Mandacarù». Ah, ecco! Non è
un caso. Nel 1999 la Cooperativa Gsh ha bisogno di una svolta
e arriva Santo Boglioni (leader
di Cooperativa Gruppo '78 di
Volano) per costruire una nuova spina dorsale alla struttura.
«Sì, è stato lui, Santino, a parlarmi. E mi ha chiesto subito se accettavo di affiancarlo: lui presidente e io vicepresidente». Così? Al primo colpo? «Sì. Io ero
molto titubante». E poi? «Poi ho
detto di sì». Dopo quanto? «Una
settimana. Mi disse che era necessario far uscire la Cooperativa da una crisi profonda. Vi era
una contrapposizione fra l'anima volontaristica e quella imprenditoriale e c'erano forti tensioni dentro il nucleo dei lavoratori. Si doveva intervenire». Covi viene sbattuto sul campo.
Serviva un esterno. «Cercavano
una persona con un retroterra
sociale ma che avesse una preparazione economico-giuridica». Boglioni fa il presidente e
Covi il vice. Giusto un anno, poi
Covi diventa presidente. «In
quell'anno abbiamo dovuto
prendere delle decisioni che
hanno sancito anche la rottura
definitiva non solo dentro la base sociale ma anche nelle strutture organizzative. Non è stato
semplice: abbiamo fatto il possibile per non rinnegare la storia e insieme preparare un futu-
ro per gli utenti». Sì, perché il
periodo era davvero complicato: c'era stato unaffievolimento
dell'apporto di volontari mentre l'aumentare dei disabili seguiti richiedeva interventi sempre più complessi.
Quindi, a leggere questa
esperienza, par di capire che il
volontario sia utile nella fase
fondativa e poi diventi soltanto
una spalla, magari di servizi parziali. «Vede - spiega Covi - nel
momento in cui si sviluppano
dei servizi e si creano delle strutture che danno delle risposte
occorre saper offrire un sistema
di gestione della qualità. Quando la cooperativa (qualsiasi cooperativa sociale, eh) innalza il livello della qualità questo implica una nuova valenza professionale, scientifica, tecnica che
non può essere lasciata al volontarismo dell'operatore». Insomma, diventa un lavoro e un
servizio pubblico. «Sì, un lavoro: ma un lavoro importante,
che nasce dalla consapevolezza
di una cultura condivisa di integrazione: e questo è il vero sale». E per il volontariato puro
che spazio c'è? «Tanto. Ma soprattutto c'è che il volontariato
è una cosa seria: non ci si può
improvvisare. Io all'utente disabile non è che do il mio tempo e
basta, senza preparazione. E
poi, guardi, non deve passare
l'idea che chiunque può fare
l'operatore o l'educatore assistenziale. Perché per accompagnare di tanto in tanto qualcuno al lago o in malga tutti possono andar bene. Ma se vogliamo
davvero aiutare a sviluppare
possibili abilità dell'utente serve competenza. È esercizio di
responsabilità».
Che poi Gsh, ormai, è una vera e propria rete operativa
dell'accoglienza. Una rete di
servizi estesa su tutte le Valli del
Noce. C'è la comunità-alloggio
Lidia (il nucleo di base e di partenza), ci sono i centri socio-educativi, i centri occupazionali, il laboratorio per l'acquisizione dei pre-requisiti la-
vorativi e poi i servizi di formazione al lavoro, l'intervento domiciliare.
Covi, in qualità di presidente,
è praticamente la persona che
tiene le fila di tutto. Sul campo,
poi, ci sono gli operatori: una
sessantina di dipendenti. Un
esercito. «Beh, siamo in tanti,
sì. Ma nelle Valli del Noce per
l'handicap in sostanza ci siamo
solo noi. L'Anffas non è più qui
dal 1995. E le nostre strutture rispondono a un'idea capillare,
perché si punta su risposte individualizzate. Ogni utente ha un
progetto personalizzato. E non
abbiamo centralizzato su Cles,
dove comunque abbiamo la sede e la comunità-alloggio, perché ci sono altre strutture a Revo, Dimaro, Romeno, Mechel,
Cunevo, Terzolas».
Però avete cambiato pelle. E
Covi è un po' l'emblema di questo cambiamento, no? «La storia di Gsh è una storia dal basso.
È nata da idealità di alcune persone e ha trovato subito grandi
generosità: ora tenta di essere
una risposta di alta professionalità alla disabilità psico-fisica e
anche un grande promotore
culturale. Se siamo arrivati fin
qui è perché c'è stata la spinta
ideale e perché il lavoro, la cura,
l'assistenza, ci hanno portato
qui».
E poi si fa pure politica. Politica? «Sì, la facciamo a scuola. I
disabili entrano nelle scuole e
fanno sedere i ragazzi sulle carrozzine, per raccontare se stessi
e per raccontare la diversità.
Quanto a me, il carburante vero
arriva dalle storie di queste persone e dalle loro famiglie. Quando li ascolto mi emoziono, sempre».
E poi c'è la scuola di Covi. O
meglio. Per Covi la scuola viene
prima perché il suo lavoro è a
scuola, come insegnante di diritto all'Istituto agrario di San
Michele. Poi, nel resto del tempo, c'è Gsh. «Ahahaha - ride Covi - Lei dimentica una cosa. Ho
famiglia: moglie e due figli». Ah,
bene. Si galoppa, Covi, si galoppa.
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Michele Covi è presidente di Gsh dal 2000