Risposta a nota Miteni La relazione non si limita

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Risposta a nota Miteni
La relazione non si limita a prendere atto del fatto che il prof. Costa non ha fornito i dati
personali degli esami dei lavoratori, posto che l’intero capitolo 3 della relazione - cui si fa esplicito
rinvio - sottolinea il dato pacifico costituito dagli elevati valori di livelli serici di PFOA e di PFOS
nei lavoratori addetti alla produzione di perfluorurati, superiori agli stessi parametri di riferimento
adottati dal professor Costa e la mancanza di uno studio sugli effetti sulla salute dei lavoratori.
Con riferimento agli scarichi nel torrente Poscola, la commissione non ha mai accusato Miteni
di immettere “ripetutamente” scarichi sopra i limiti, ma ha semplicemente riferito dei singoli
superamenti accertati nei controlli effettuati dall’ARPA, in due date precise, dando evidenza poi
nella relazione che nei controlli successivi non erano stati accertati altri superamenti, e riportando
poi nelle conclusioni finali che i limiti nel torrente Poscola sono rispettati. Non si capisce, quindi,
dove sia la contraddizione.
Ma i Pfas che si originano dalla Miteni verso l’ambiente esterno, non sono solo negli scarichi
nel torrente Poscola, ma anche negli scarichi in fognatura, recapitanti nel depuratore AVS, in cui
le loro concentrazioni sono rilevanti. I PFAS veicolati attraverso il depuratore non subiscono
nessuna riduzione della loro quantità, poiché il depuratore non è in grado di trattarli, e perciò
vengono diffusi attraverso il collettore A.Ri.C.A. nel bacino dell’Agno-Fratta-Gorzone,
interessando con la loro contaminazione un’area molto vasta.
Inoltre, ben più grave risulta la veicolazione della contaminazione dei PFAS attraverso la falda
inquinata che parte dalla Miteni e si diffonde verso valle, interessando un’area ben più grande e più
lontana del solo stabilimento Miteni. Il limite della CSC del PFOA nelle acque di falda che dalla
Miteni fluiscono verso valle è stato sempre superato, come accertato da ARPA in tutti i suoi
numerosi controlli effettuati negli ultimi 3 anni.
Il focalizzare l’attenzione, da parte della Miteni, sul rispetto dei limiti degli scarichi nel
torrente Poscola (fatto, per altro, che la stessa Commissione riconosce) e tacere sulla gravità delle
altre fonti di contaminazione che si originano dal suo stabilimento, non appare corretto e dimostra
solo preoccupazione di salvare l’immagine, a dispetto della tutela dell’ambiente.
La fonte che riferisce che i carboni attivi non riescono a fermare i composti a catena corta, i
C4, è chiaramente riportata a pagina 66 della relazione, ed è il dottor Massimo Carmagnani,
responsabile per la ricerca e lo sviluppo dell’azienda Acque Veronesi spa, esperto di questi
trattamenti.
In ogni caso, che i carboni attivi abbiano un’efficacia minore sulle catene a 4 atomi di
carbonio, rispetto a quelle a 8 atomi di carbonio è evidenziato anche nella relazione dall’ARPA del
Veneto relativa al periodo di riferimento 2013 - 2016.
Quanto agli effetti sulla salute umana, la Commissione ha acquisito uno “Studio sugli esiti
materni e neonatali in relazione alla contaminazione da sostanze perfluoroalchiliche (Pfas)”, a cura
del Registro Nascita - Coordinamento malattie rare regione Veneto, che ha preso in considerazione
il periodo compreso tra il 2003 e il 2015.
Dallo Studio delle popolazioni dei 21 comuni più esposti ai PFAS delle province interessate
(Vicenza, Verona e Padova), facenti parte della cosiddetta “area rossa”, confrontate con le
popolazioni meno esposte o non esposte degli altri comuni della regione Veneto, emerge, in
percentuali significative, l’incremento della preeclampsia, del diabete gestazionale, dei nati con
peso molto basso alla nascita, dei nati SGA e di alcune malformazioni maggiori, tra cui anomalie
del sistema nervoso, del sistema circolatorio e cromosomiche. Va osservato che le malformazioni
sono eventi rari che necessitano di un arco temporale di valutazione più esteso per giungere a più
sicure affermazioni.
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Nello studio anzidetto viene posto in evidenza il fatto che riguardo al diabete gestazionale è
stato rilevato un evidente gradiente di rischio, che si riduce progressivamente allontanandosi
dall’area rossa.
La Commissione ha inoltre acquisito uno studio, eseguito nel 2015 dall’ENEA, in
collaborazione con l’Associazione dei medici per l’ambiente, l’ISDE, che ha coinvolto 70 comuni
delle province di Vicenza, Padova, Verona e Rovigo, con l’esclusione dei comuni capoluogo.
Sono state individuate diverse aeree: una prima area, costituita da 24 comuni, in cui la regione
Veneto nella sua pubblicazione indica quali sono i comuni che hanno superato i livelli di
performance per i PFAS nelle acque potabili (30 nanogrammi per litro, per PFOS, 500 nanogrammi
per litro per PFOA e 500 nanogrammi per litro per gli altri PFAS); una seconda area che presenta
livelli PFOS superiori a quelli di performance, cioè 30 nanogrammi per litro, e comprende 19
comuni; una terza area, che è servita da riferimento come controllo, con assenza di contaminazione
da parte di queste sostanze. In questi ultimi comuni le misure, per quanto riguarda i PFAS, sono
assenti.
Ebbene, nei comuni più esposti sono stati riscontrati per entrambi i sessi eccessi statisticamente
significativi per la mortalità generale, per le malattie cerebrovascolari, per l’infarto miocardico
acuto. Nelle donne, eccessi per il diabete, per la malattia di Alzheimer e per il tumore del rene.
Inoltre, è stato registrato anche un eccesso di mortalità per diabete, molto vicino alla
significatività sia nei comuni contaminati da PFAS, sia nel sottogruppo con esposizione a PFOS.
In conclusione, da questo studio emerge che, nei comuni contaminati da PFAS, vi sono degli
eccessi statisticamente significativi della mortalità per alcune cause, che andrebbero valutate con
attenzione, in quanto la letteratura scientifica suggerisce una possibile correlazione tra queste
patologie e l’esposizione a PFAS, sebbene - allo stato - manchi la prova certa del nesso di causalità.
Anche il consulente della Commissione di Inchiesta, professor Gianluca Maria Farinola,
afferma che non vi è prova certa sia della correlazione causa-effetto tra l’esposizione all’inquinante
(nella fattispecie, l’esposizione all’inquinante attraverso l’acqua potabile) e l’insorgenza di
patologie, sia dei termini quantitativi attraverso cui questa esposizione debba essere valutata.
Tuttavia, il professor Farinola conclude in modo significativo, che i dati acquisiti pongono in
evidenza possibili nessi di causalità tra l’esposizione a PFAS e vari tipi di patologie, tra cui
principalmente alcuni tipi di tumore, disordini del sistema endocrino, problemi cardiovascolari e
disturbi della fertilità.
Complessivamente, il consulente nominato pone in evidenza che le ricerche e le indagini
tossicologiche forniscono indicazioni sufficienti a suggerire la necessità di adottare misure di
massima precauzione consistenti nel ridurre o annullare l’esposizione dei cittadini a questi
inquinanti, anche in considerazione della loro spiccata tendenza ad accumularsi nell’ambiente e
nell’organismo e dei lunghissimi tempi necessari per l’espulsione delle sostanze dall’organismo
stesso, una volta accumulate.
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