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L’OSSERVATORE ROMANO
POLITICO RELIGIOSO
GIORNALE QUOTIDIANO
Non praevalebunt
Unicuique suum
Anno CLVII n. 38 (17.472)
Città del Vaticano
giovedì 16 febbraio 2017
.
Appello del Papa prima dell’udienza generale dedicata alla speranza
Secondo uno studio presentato a Londra
Per i diritti
dei popoli indigeni sulle loro terre
Accelera
la corsa al riarmo
«In questo momento in cui l’umanità sta peccando gravemente nel non
prendersi cura della terra», Papa
Francesco esorta i popoli indigeni a
non permettere le nuove tecnologie
«che distruggono la terra» e «l’equilibrio ecologico» finendo per distruggere anche la saggezza ancestrale di queste popolazioni. Una
consegna, questa, risuonata mercoledì mattina, 15 febbraio, nell’auletta
dell’aula Paolo VI dove il Pontefice
prima dell’udienza generale ha incontrato i partecipanti al terzo forum internazionale dei popoli autoctoni, convocato dal Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo
(Ifad), di cui ricorre quest’anno il
quarantesimo di istituzione.
In vista di «una maggiore responsabilizzazione economica» delle persone indigene, il Papa individua il
“problema essenziale” nel saper
«conciliare il diritto allo sviluppo,
compreso quello sociale e culturale,
con la tutela delle caratteristiche
proprie» di tali popoli e dei loro territori. E ciò appare evidente soprattutto quando si avviano «attività
economiche che possono interferire
con le culture» locali. In tal senso
Francesco ribadisce il primato del
«diritto al consenso previo e informato» perché — spiega — «solo così
è possibile assicurare una collaborazione pacifica tra autorità governative e popoli indigeni, superando contrapposizioni e conflitti».
Il Pontefice chiede inoltre «progetti inclusivi dell’identità indigena,
con una speciale attenzione per i
giovani e le donne» prestando particolare attenzione all’“inclusione”. Il
che vuol dire «per i Governi riconoscere che le comunità autoctone sono una componente della popolazione che va valorizzata e consultata e
di cui va favorita la piena partecipa-
zione»; mentre «non si può permettere una emarginazione o una divisione in classi». Da qui l’esortazione
conclusiva del Papa affinché gli indigeni nelle loro tradizioni e nella loro
cultura vivano «il progresso con una
cura speciale per la madre terra».
Successivamente all’udienza generale nell’aula Paolo VI il Pontefice ha
proseguito le catechesi sulla speran-
za cristiana alla luce della Parola di
Dio. Nella circostanza ha commentato il brano della lettera di Romani
(5, 1-5) sulla speranza che non delude. Perché, ha detto, chi accoglie il
Signore riconosce in ogni cosa un
dono e fa esperienza della «pace che
scaturisce dalla fede».
PAGINA 8
Confronto con Trump sul Vicino oriente
Netanyahu alla Casa Bianca
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TEL AVIV, 15. La Casa Bianca non
sosterrà a oltranza la soluzione dei
due stati, ma farà di tutto affinché
israeliani e palestinesi raggiungano
un accordo il prima possibile. A dichiararlo è stato un funzionario
dell’amministrazione statunitense, rimasto anonimo, alla vigilia dell’incontro oggi tra il premier israeliano,
Benjamin Netanyahu, e il presidente
Donald Trump. «Una soluzione dei
due stati che non porti alla pace è
un obiettivo che nessuno vuole raggiungere» ha spiegato il funzionario.
«L’obiettivo è la pace, che arrivi sotto la forma dei due stati o nel modo
in cui vogliono le due parti» ha aggiunto.
Parole rilanciate dai media internazionali, e che non hanno mancato
di suscitare numerose polemiche.
L’organizzazione per la liberazione
della Palestina (Olp) ha parlato di
«cambiamento della posizione degli
Stati Uniti» sul conflitto e ha parlato di una «situazione senza senso».
Secondo un membro del comitato
esecutivo dell’Olp, Hanan Ashrawi,
si tratta di una «politica irresponsabile che non giova alla causa della
pace». Gli statunitensi «non posso-
no soltanto dire questo senza proporre un’alternativa».
Il principio di una soluzione del
contenzioso tra israeliani e palestinesi che comporti la costituzione di
due stati autonomi che possano convivere in sicurezza è stato ribadito
più volte dalle Nazioni Unite e da
tutti i principali protagonisti diplomatici.
Lo stato dei colloqui e le possibilità di rilanciare il processo di pace
con i palestinesi sarà al centro del
confronto tra Netanyahu e Trump. I
due leader — dicono fonti di stampa
— condividerebbero un approccio
comune basato su un maggiore coinvolgimento dei paesi arabi: non solo
Egitto e Giordania, ma anche i paesi
del Golfo. Un ruolo determinante
sarà quello di Jared Kushner, genero
del presidente americano, a cui quest’ultimo ha dato le chiavi dei negoziati, nominandolo inviato speciale.
Kushner dovrà affrontare un tema
centrale: quello degli insediamenti
ebraici in Cisgiordania. È questo infatti il punto più delicato: sono in
molti ad affermare che proprio il
continuo avanzamento degli insediamenti sarebbe la principale causa
non solo dello stallo del dialogo tra
le parti, ma anche della effettiva impossibilità di realizzare la soluzione
dei due stati. I palestinesi chiedono
l’immediato e completo stop a tutti i
lavori edilizi israeliani. La tensione
sul tema è cresciuta particolarmente
nelle ultime settimane, con la Knesset (il parlamento israeliano) che ha
approvato la regolarizzazione di circa 4000 alloggi negli insediamenti.
Il ricorso, presentato da diverse ong,
è all’esame della corte suprema. Anche il presidente Reuven Rivlin si è
detto critico nei confronti della regolarizzazione, chiedendo soluzioni alternative.
Salvatore da Horta
Il taumaturgo
degli ultimi
Insediamenti israeliani in Cisgiordania (Ansa)
GIUSEPPE BUFFON
A PAGINA
4
Sul tavolo di Trump e Netanyahu
ci sarà poi l’Iran. Trump ha più volte detto di voler rinegoziare l’accordo. Tuttavia, il capo del Pentagono
James Mattis e il segretario di stato
Rex Tillerson hanno dichiarato che
questo non è il momento giusto per
rivedere l’intesa. Di recente Washington ha imposto nuove sanzioni
a Teheran per lo sviluppo del suo
programma missilistico.
LONDRA, 15. Nella corsa al riarmo
si conferma l’emergere del continente asiatico. Tra il 2012 e il 2016
si è infatti registrata una crescita
del 5-6 per cento delle risorse asiatiche destinate alla difesa, un mercato che invece a livello globale lo
scorso anno ha conosciuto un calo
dello 0,4 per cento, condizionato
dalle riduzioni in Medio oriente. A
fotografare lo stato delle spese militari nel mondo è l’annuale studio
dell’International institute for strategic studies, intitolato The Military Balance 2017 e presentato ieri a
Londra. Il documento conferma
che non c’è stata in nessuna area
del mondo una riduzione dei conflitti o dei rischi. Anzi, il business
delle armi si conferma tragicamente
come uno dei più redditizi.
L’Asia, come detto, è l’area del
mondo in cui le spese militari crescono con maggiore rapidità, mettendo in dubbio i rapporti di forza
che eravamo abituati a considerare
in tempi recenti, cioè, in sostanza,
la predominanza occidentale, sia in
termini di capacità tecnologica che
di risorse. Già nel 2012 l’Asia aveva
superato l’Europa in termini di
spese militari. Nel 2016 il continente asiatico ha speso 1,3 volte più
del vecchio continente.
Il ruolo degli Stati Uniti di maggiore potenza militare del pianeta
non è in discussione, con un budget 2016 di 604,5 miliardi di dollari. La Cina si conferma al secondo
posto, con 145 miliardi di dollari di
spesa, trainando tutto il resto del
continente. Ma — sottolinea il rapporto — «la predominanza occidentale in termini di sistemi d’arma
avanzati non è più un dato scontato». Per anni la Cina è stata impegnata principalmente nel riprodurre armi su modelli ex sovietici o su
nuovi sistemi russi. Ora però – dicono gli analisti – è evidente che in
alcuni settori chiave Pechino si sta
distinguendo per «una nuova produzione frutto di una sempre più
intensa attività di ricerca nazionale». Attualmente risulta che il bilancio ufficiale delle spese militari
di Pechino è di 1,8 volte superiore
a quelli della Corea del Sud e del
Giappone messi insieme e rappresenta più di un terzo della spesa
totale in Asia.
Violenze nella Repubblica Democratica del Congo
Oltre cento
le vittime denunciate dall’Onu
L’altro concetto chiave che emerge dal rapporto è altrettanto inquietante: non c’è stata nessuna riduzione nel livello di gravità delle
sfide militari. Conflitti, tensioni,
criticità si continuano a registrare
in Africa, in Medio oriente e anche
in Europa. Per non parlare della situazione nella penisola coreana.
In più, quello che drammaticamente è cresciuto nel 2016 è stato il
numero degli attacchi terroristici a
livello transnazionale. E dunque —
sottolinea il rapporto — un numero
maggiore di stati sta seriamente
considerando azioni di stampo militare nell’obiettivo di rafforzare la
sicurezza nazionale.
Il rapporto di quest'anno conferma dunque il trend annunciato
l'anno scorso, quando gli analisti
avevano registrato una spesa militare globale pari a 1700 miliardi di
dollari, corrispondente al 2,3 per
cento del prodotto interno lordo
mondiale. C'è poi un altro dato
confermato: il fatto che siano pochi
i paesi traino del mercato: oltre
l’80 per cento della spesa è coperta
da soli 15 paesi. Proprio l’anno
scorso aveva segnato un rialzo, dopo un decennio di contenimento.
Intanto, sul piano della cronaca,
c’è da dire che negli Stati Uniti
proprio oggi è atteso il voto al senato sul provvedimento, voluto dal
presidente Donald Trump, per allentare la stretta alle armi decisa
dall’ex capo della Casa Bianca, il
democratico Barack Obama.
NOSTRE
INFORMAZIONI
Il Santo Padre ha deciso di
concedere il titolo di Avvocato rotale:
— all’Eminentissimo Cardinale Oswald Gracias, Arcivescovo metropolita di Mumbai (ex Bombay);
— all’Eminentissimo Cardinale Lluis Martinez Sistach,
Arcivescovo emerito di Barcellona;
— a Sua Beatitudine il Cardinale Bechara Boutros Rai,
O.M.M., Patriarca di Antiochia dei Maroniti.
Il Santo Padre ha accettato
la rinuncia al governo pastorale dell’Arcidiocesi di Ferrara-Comacchio (Italia), presentata da Sua Eccellenza
Monsignor Luigi Negri.
Il Santo Padre ha accettato
la rinuncia al governo pastorale della Diocesi di Tianguá
(Brasile), presentata da Sua
Eccellenza Monsignor Francisco Javier Hernández Arnedo, O.A.R..
Provviste di Chiese
Forze di sicurezza congolesi a Kinshasa (Ap)
KINSHASA, 15. Violenze senza fine nella Repubblica Democratica del Congo. L’ufficio per i diritti umani delle Nazioni Unite ha dichiarato ieri di essere «profondamente preoccupato» per le notizie secondo le quali nel paese africano oltre cento persone sono state uccise in scontri tra militari e miliziani armati di machete e lance. Se il bilancio dei drammatici scontri fosse confermato, affermano le Nazioni Unite, questo «indicherebbe un uso
eccessivo e sproporzionato della forza da parte dei soldati».
Gli scontri più violenti sono stati segnalati a Mubinza, Ngwema, Lubi,
Kamponde e Mikele. Il numero delle vittime è stato immediatamente criticato dal governatore locale e dal portavoce del governo di Kinshasa, che
hanno definito i commenti delle Nazioni Unite «frettolosi e impropri».
Il Santo Padre ha nominato Arcivescovo dell’Arcidiocesi di Ferrara-Comacchio
(Italia) il Reverendo Monsignore Giancarlo Perego, del
clero della Diocesi di Cremona, finora Direttore Generale
della Fondazione «Migrantes».
Il Santo Padre ha nominato Vescovo della Diocesi di
Tianguá (Brasile) il Reverendo Francisco Edimilson Neves Ferreira, finora Parroco
della Cattedrale Nossa Senhora da Penha di Crato.
L’OSSERVATORE ROMANO
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giovedì 16 febbraio 2017
La siccità colpisce oltre 24 milioni di persone
Fame e sete in Africa
Aumentano le migrazioni per ragioni climatiche
MO GADISCIO, 15. In Africa, oltre 24
milioni di persone soffrono la fame
e la sete nelle zone più colpite dalla
siccità, 12 milioni solamente tra Somalia, Kenya ed Etiopia. Ma l’insicurezza alimentare non lascia indenne neanche l’Uganda, i cui tassi di
Intesa
sulle elezioni
libiche
nel 2018
IL CAIRO, 15. L’agenzia di stampa ufficiale egiziana Mena ha annunciato nella notte che nei colloqui indiretti al Cairo (Egitto)
fra il premier del governo di unità nazionale libico, Fayez Al
Sarraj, e il generale Khalifa
Haftar è stato «concordato di tenere elezioni parlamentari e presidenziali» in Libia nel febbraio
del 2018, in linea con l’accordo
politico libico firmato a Skhirat
nel dicembre del 2015. Il sito del
giornale «Libya Herald» cita
«fonti del campo di Haftar» (comandante dell’esercito che fa capo al parlamento di Tobruk e
“uomo forte” della Cirenaica) per
sostenere che il generale non
avrebbe accolto la proposta.
La Mena, nel suo servizio, ha
reso noto un documento pubblicato al termine delle riunioni che
si sono tenute tra Al Sarraj,
Haftar — i due protagonisti della
grave crisi politico-istituzionale
nel paese nordafricano — e il presidente della camera dei rappresentanti libica, Aqila Saleh.
Ieri, una fonte ufficiale di
Tobruk, dove è insediato Haftar,
aveva riferito che il generale si
era rifiutato di incontrare Al Sarraj. Fonti aeroportuali all’agenzia
Ansa e giornalisti sul posto segnalano che Al Sarraj ha già lasciato la capitale egiziana.
Al Cairo le parti libiche hanno
anche concordato di formare un
comitato congiunto del parlamento libico e dell’alto consiglio
di stato. Questo nuovo organismo esaminerà tutte le questioni
emendate nell’accordo politico
firmato in Marocco nel 2015, con
l’obiettivo di raggiungere un consenso su una bozza da inoltrare
al parlamento, per poi essere approvata dai deputati.
«Il parlamento libico — si legge
nel
documento
ripreso
dall’agenzia Mena — effettuerà i
necessari emendamenti per includere l’accordo politico di Skhirat
nella dichiarazione costituzionale». L’accordo afferma, inoltre,
che tutti i detentori dei principali
incarichi in Libia continueranno
il loro lavoro.
malnutrizione sono causa di forti
preoccupazioni per le drammatiche
conseguenze che potranno generare.
Tra gli effetti del clima sulla vita
delle persone, vi sono poi i flussi
migratori. Le migrazioni per ragioni
climatiche, che stanno interessando i
Paesi maggiormente soggetti all’esaurimento delle scorte alimentari,
sono infatti in sensibile aumento: lo
scorso anno, i rifugiati e i richiedenti asilo sono stati circa tre milioni,
rispetto al mezzo milione del 2015.
Sono alcuni dati resi noti, in un
rapporto dell’organizzazione umanitaria Amref.
Il Corno d’Africa continua a patire gli effetti di una gravissima siccità. Somalia, Etiopia e Kenya sono i
paesi più colpiti, con milioni di persone costrette a fronteggiare il problema della scarsità di cibo, una
delle conseguenze principali della
carenza di acqua. Tra il 2015 e il
2016, i fenomeni atmosferici el Niño
e la Niña hanno colpito e devastato
numerose aree del mondo, alternando aridità estrema a violente piogge.
Nell’ultimo trimestre si attendevano
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Per il bene dell’Italia
Le emergenze sociali, l’immigrazione e l’Europa sono stati i temi al
centro dei colloqui di ieri pomeriggio, martedì 14 febbraio, tra la delegazione della Repubblica italiana e
quella della Santa Sede, in occasione dell’incontro nella rappresentanza diplomatica italiana di Palazzo
Borromeo, per le celebrazioni degli
anniversari dei Patti lateranensi (11
Via libera all’accordo tra Europa e Canada
STRASBURGO, 15. Con 408 voti a favore, 254 contrari e 33 astenuti, l’Europarlamento ha approvato l’accordo commerciale tra l’Unione europea e Canada, il cosiddetto Ceta
(Comprehensive Economic and Trade Agreement). L’accordo è stato
firmato a ottobre scorso e attende la
ratifica anche da parte dei parlamenti nazionali.
Il voto di oggi apre la strada
all’entrata in vigore provvisoria delle
disposizioni. Ma per entrare davvero provvisoriamente in vigore, in
teoria nel mese di aprile, il Ceta ora
attende la ratifica da parte del parlamento canadese. Poi toccherà a 38
parlamenti nazionali e regionali
dell’Ue esprimersi.
A sostenere il Ceta all’interno
dell’assemblea parlamentare sono
stati i gruppi del Partito popolare
europeo (Ppe), dell’Alleanza dei liberali e democratici (Alde), dei
Conservatori e riformatori (Ecr) e
dei Socialisti e democratici (S&D).
Dichiaratamente contro, i Verdi, Sinistra Unitaria Europea/Sinistra
Verde Nordica (Gue), Europa della
libertà e democrazia diretta degli
euroscettici (Efdd) ed Europa delle
nazioni e della libertà (Enf).
febbraio 1929) e dell’accordo di modifica del Concordato (18 febbraio
1984).
«L’incontro è andato bene — ha
dichiarato a conclusione del vertice
il cardinale Pietro Parolin — e in un
clima molto disteso abbiamo toccato non tutti ma molti dei temi che
stanno a cuore sia all’Italia sia alla
Santa Sede. C’è sintonia, con alcune
divergenze, ma tutto in un clima
molto costruttivo e con la volontà di
collaborare per il bene del paese».
Si tratta — ha aggiunto il segretario di Stato — «di essere attenti alle
esigenze della gente, alle emergenze», come la mancanza di lavoro
per le nuove generazioni e i fenomeni migratori. E in questo senso si
registra preoccupazione «per l’emergere dei populismi, perché la chiusura non è mai una buona politica»;
anzi «l’incapacità di accogliere e integrare può essere pericolosa. La
storia ce lo insegna e speriamo che
in questo senso non si ripeta». Inoltre, ha proseguito il cardinale Parolin, «è stato toccato anche il tema
del terremoto e la necessità di una
ricostruzione materiale e morale di
quei territori e di quelle popolazioni».
Ampliando lo sguardo sull’intero
continente, ha detto ancora il segretario di Stato, si è «parlato anche
dell’Unione europea in vista della
celebrazione del sessantesimo anniversario del Trattato di Roma, del
bisogno di rilanciare e ripensare il
progetto europeo. Si è insistito sul
Incostituzionale il referendum
per l’indipendenza della Catalogna
MADRID, 15. Si allontanano le posizioni tra Madrid e la Catalogna. La
corte costituzionale spagnola ha dichiarato ieri incostituzionale il referendum sull’indipendenza della Catalogna in programma per settembre.
Il presidente della Generalitat de Catalunya, Carles Puigdemont, ha replicato annunciando che andrà avanti comunque.
La corte ha dichiarato incostituzionale la mozione con la quale nell’ottobre scorso il parlamento della Catalogna aveva dato mandato di organizzare un referendum entro settembre. E ha ordinato a Puigdemont, al
suo governo e alla presidente del parlamento catalano, Carme Forcadell,
di non applicare la risoluzione, diffidandoli dal continuare a promuovere
l’iniziativa. Con il rischio di sanzioni penali.
Il parlamento europeo vota il trattato tra Ue e Canada (Reuters)
tente» e circondata da una «corte
di miracoli», oltre che fare pesanti
allusioni alla sua vita privata. Il sindaco aveva respinto le dimissioni
con riserva, ma la rivelazione di altri contenuti dello stesso colloquio
avevano reso la posizione dell’assessore sempre più in bilico. Ieri la decisione definitiva da parte di Berdini. «Prendiamo atto che l’assessore
preferisce continuare a fare polemiche piuttosto che lavorare. Noi andiamo avanti», è stato il commento
del sindaco Raggi.
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A Palazzo Borromeo il tradizionale incontro per l’anniversario dei Patti lateranensi
Strasburgo approva il Ceta che ora deve essere ratificato a Montréal
Si è dimesso l’assessore all’urbanistica
del Comune di Roma
ROMA, 15. Dalla serata di ieri, martedì, le dimissioni dell’assessore
all’urbanistica del Comune di Roma, Paolo Berdini, sono da considerare irrevocabili. Lo ha annunciato lo stesso funzionario attraverso
una nota fortemente polemica nei
confronti dell’amministrazione capitolina. L’assessore aveva presentato
le dimissioni al sindaco Virginia
Raggi già all’indomani della pubblicazione del suo colloquio con un
giornalista del quotidiano «La
Stampa», nel quale definiva la stessa Raggi «strutturalmente incompe-
nelle regioni dell’Africa orientale
precipitazioni atmosferiche tali da
alleviare almeno parzialmente gli effetti della tremenda siccità, ma così
non è stato.
E, all’orizzonte, aleggia lo spettro
della gravissima carestia del luglio
di sei anni fa, la peggiore degli ultimi 60 anni. «Non possiamo aspettare che si verifichi nuovamente un
disastro simile», ha spiegato in una
nota la Fao, l’Organizzazione delle
Nazioni Unite per l’alimentazione e
l’agricoltura. «L’entità della situazione — prosegue il comunicato —
richiede un’azione comune immediata e il coordinamento a livello
nazionale e regionale».
Nei giorni scorsi, il governo del
Kenya ha dichiarato come la siccità
(che attualmente colpisce vaste aree)
sia ormai un disastro di proporzione
nazionale. Dal paese è arrivata una
richiesta di aiuto, rivolta ai diversi
partner, per mitigare gli effetti del
fenomeno. Attualmente, 2,7 milioni
di persone in 23 distretti kenyani
patiscono la fame e la sete.
GIOVANNI MARIA VIAN
direttore responsabile
Giuseppe Fiorentino
vicedirettore
Piero Di Domenicantonio
Europarlamento contro Trump
su ong e aborto
STRASBURGO, 15. Con una raccomandazione non vincolante, il parlamento europeo ha chiesto al consiglio europeo di «condannare» la
cosiddetta Global Gag Rule, la legge con cui il presidente degli Stati
Uniti, Donald Trump, ha interrotto
lo stanziamento di fondi alle organizzazioni non governative (ong)
internazionali che praticano o informano sull’aborto. L’aula ha chiesto
un fondo internazionale che compensi i tagli.
L’emendamento sul fondo, presentato e sostenuto dai gruppi del-
Servizio vaticano: [email protected]
Servizio internazionale: [email protected]
Servizio culturale: [email protected]
Servizio religioso: [email protected]
caporedattore
Gaetano Vallini
segretario di redazione
Servizio fotografico: telefono 06 698 84797, fax 06 698 84998
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la sinistra e dei liberali (S&D) e
(Gue) e dai Verdi, è stato respinto
dalla maggior parte dei deputati
del Partito popolare europeo
(Ppe). Si vorrebbe «colmare il divario finanziario» che si crea per
«tutte le organizzazioni di assistenza d’oltremare che offrono servizi
concernenti la salute sessuale e riproduttiva».
In generale, la risoluzione contiene le priorità del parlamento in vista della prossima sessione della
commissione delle Nazioni Unite
sullo status delle donne.
Segreteria di redazione
telefono 06 698 83461, 06 698 84442
fax 06 698 83675
[email protected]
Tipografia Vaticana
Editrice L’Osservatore Romano
don Sergio Pellini S.D.B.
direttore generale
fatto che ci sono tante tensioni, tante difficoltà», le quali però «possono diventare, come si dice, un kairos, un momento opportuno per
reimpostare su basi nuove anche il
rapporto sulla politica». Entrambe
le parti hanno infatti concordato sul
fatto che l’Unione debba ritrovare i
valori fondanti per il suo rilancio. È
stato inoltre discusso il tema dei cristiani perseguitati nel mondo. Un
problema, è stato convenuto, che va
risolto non in quanto questione religiosa, ma perché si tratta di cittadini portatori di diritti e di doveri.
Infine nell’ambito della discussione sul disegno di legge sul fine vita,
il porporato ha espresso “preoccupazione” per «la riduzione di tutta
la problematica solo sull’autodeterminazione del paziente. C’è bisogno
di uno spazio maggiore per il dialogo tra medico e paziente», ha concluso.
Accolti dall’ambasciatore Daniele
Mancini, per la Santa Sede erano
presenti tra gli altri, oltre al cardinale Parolin, gli arcivescovi Angelo
Becciu, sostituto, e Paul Gallagher,
segretario per i Rapporti con gli
Stati; i monsignori Paolo Borgia, assessore, e Antoine Camilleri, sottosegretario per i Rapporti con gli
Stati.
Erano presenti inoltre, insieme a
numerosi prelati, i cardinali Angelo
Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana (Cei), e Attilio Nicora, l’arcivescovo Adriano
Bernardini, nunzio apostolico in
Italia, e il vescovo Nunzio Galantino, segretario generale della Cei.
La delegazione italiana era composta dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, dal presidente
del Consiglio dei ministri, Paolo
Gentiloni, dal presidente del Senato, Pietro Grasso, e da ministri e
membri del Governo.
Al termine dei colloqui ufficiali,
presso l’attigua basilica di Sant’Eugenio, in luogo del tradizionale ricevimento, i membri delle delegazioni
hanno assistito a un concerto della
Cappella musicale pontificia Sistina
e della JuniOrchestra dell’Accademia nazionale di Santa Cecilia, alla
presenza di cardinali, capi dicastero
della Santa Sede, ministri, vice ministri e sottosegretari italiani, ambasciatori.
Commissione per il dialogo
e la riconciliazione kosovara
PRISTINA, 15. Il presidente kosovaro, Hashim Thaçi, ha presieduto ieri a Pristina la prima riunione di
una nuova commissione istituita al
fine di favorire la riconciliazione e
il dialogo fra le varie comunità residenti in Kosovo. Dell’organismo
fanno parte rappresentanti delle
istituzioni, ex presidenti, esponenti
di varie associazioni e comunità,
rappresentanti della società civile e
di tutte le comunità religiose.
L’iniziativa, ha detto Thaçi, ha il
sostegno di tutta la dirigenza kosovara e dei rappresentanti internazio-
Tariffe di abbonamento
Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198
Europa: € 410; $ 605
Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665
America Nord, Oceania: € 500; $ 740
Abbonamenti e diffusione (dalle 8 alle 15.30):
telefono 06 698 99480, 06 698 99483
fax 06 69885164, 06 698 82818,
[email protected] [email protected]
Necrologie: telefono 06 698 83461, fax 06 698 83675
nali. Si tratta, ha precisato, di una
commissione indipendente, non statale. «Il dolore causato dalla guerra
è un peso per tutti», ha detto il capo dello stato. «È triste — ha aggiunto — vedere le generazioni nate
dopo la guerra guardare con odio
ai loro coetanei appartenenti ad altre comunità. Una società non può
costruire un futuro migliore se vive
prigioniera del passato». Appoggio
a Thaçi è venuto dal primo ministro, Isa Mustafa, e dal presidente
del parlamento, Kadri Veseli.
Concessionaria di pubblicità
Aziende promotrici della diffusione
Il Sole 24 Ore S.p.A.
System Comunicazione Pubblicitaria
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Sede legale
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Ospedale Pediatrico Bambino Gesù
Società Cattolica di Assicurazione
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giovedì 16 febbraio 2017
pagina 3
Siriani ad Aleppo
in fuga dai bombardamenti (Afp)
Bruxelles annuncia l’intenzione di rivedere le relazioni con Washington
Proteste per il muro al confine col Messico
Per rafforzare la tregua in Siria e rilanciare i negoziati
L’Onu punta
sul dialogo con Mosca
DAMASCO, 15. Pressing diplomatico
dell’Onu per la tregua in Siria. L’inviato speciale delle Nazioni Unite,
Staffan de Mistura, sarà in visita ufficiale domani a Mosca per incontrare il ministro degli esteri russo, Serghiei Lavrov. A dare l’annuncio è il
vice ministro degli esteri russo,
Ghennadi Gatilov, precisando che
durante la visita a Mosca di de Mistura sarà anche discussa la possibile
creazione di una delegazione unica
dell’opposizione siriana per i negoziati in programma a Ginevra a fine
mese. Domani e dopodomani si
svolgeranno invece ad Astana delle
trattative a cui dovrebbero partecipare le due delegazioni dell’opposizione siriana e del governo di Damasco, i rappresentanti dei paesi garanti dei colloqui, cioè Russia, Iran e
Turchia, e de Mistura. Saranno presenti anche i delegati della Giordania e, come osservatori, quelli degli
Stati Uniti.
Intanto, a livello militare, non si
fermano le violenze. Al conflitto tra
governativi e ribelli si mescolano
non solo la lotta internazionale contro il cosiddetto stato islamico (Is),
ma anche gli scontri tra i diversi
gruppi estremisti, legati o ai ribelli o
alle formazioni jihadiste.
Decine di miliziani sono stati uccisi negli ultimi due giorni nel nordovest della Siria in combattimenti
tra due raggruppamenti degli stessi
insorti, secondo fonti di stampa locali. I combattimenti sono in corso a
cavallo tra le province di Hama e di
Idlib, in un territorio controllato da
formazioni ribelli e da qaedisti del
Fronte Fatah Al Sham (ex Fronte al
Nusra). Secondo l’Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria,
almeno 69 miliziani sono rimasti uccisi da ieri in bombardamenti, esplosioni, esecuzioni sommarie e scontri
che hanno visto opporsi il raggruppamento Hayyaat Tahrir Al Sham,
di cui fa parte Fatah Al Sham, e
quello del Jund Al Aqsa. Esponenti
di ciascuna delle due parti, parlando
con l’agenzia Ap, hanno accusato i
rivali di avere provocato i combattimenti. Secondo l’Osservatorio, almeno quattro miliziani di Jund Al Aqsa
sono morti facendosi esplodere con
autobomba o con cinture esplosive
durante attacchi suicidi alle postazioni della parte avversa. Il bilancio
potrebbe aggravarsi ulteriormente
perché si ignora ancora la sorte di
altre decine di miliziani.
Intanto, ieri l’organizzazione per
la difesa dei diritti umani Human
Rights Watch ha pubblicato un rapporto nel quale accusa le parti sul
terreno di aver compiuto attacchi
con armi chimiche, e in particolare il
cloro, ad Aleppo.
rapporti tra Europa e Stati Uniti si
apre una fase nuova, più pragmatica. È fuori di dubbio che l’amicizia
tra i nostri popoli vada al di là dei
cambiamenti di amministrazione. E
non credo che gli Stati Uniti siano,
o possano mai diventare, una minaccia per noi. Ma d’ora in poi il
nostro rapporto sarà meno automatico. Dovremo verificare caso per
caso quali siano i nostri interessi e
se coincidano con quelli americani.
E ci potranno essere casi in cui Europa e Stati Uniti non avranno le
stesse posizioni» ha detto l’alto rappresentante dell’Unione europea
per gli affari esteri e la politica di
sicurezza Federica Mogherini.
Da pare sua la presidente della
Federal reserve Janet Yellen ha sot-
tolineato che alcune delle politiche
allo studio della Casa Bianca potrebbero avere un effetto sul deficit
e sul debito. I conti pubblici americani sono già su una traiettoria «insostenibile» e nel delineare le politiche di bilancio vanno tenuti sotto
controllo, ha aggiunto, rilevando
che il rischio è quello di un’implosione con ricadute sulla crescita.
Una parte della barriera al confine tra Messico e Stati Uniti (Afp)
Oltre 750.000 civili allo sbando
Militarizzata Rio de Janeiro in occasione del carnevale
Allarme internazionale
per Mosul
Espulsi i poliziotti che hanno scioperato
nello stato di Espírito Santo
BAGHDAD, 15. Oltre 750 mila civili
potrebbero restare intrappolati
nella parte occidentale di Mosul
senza nessuna via di fuga sicura
dai combattimenti. È l’allarme lanciato ieri dalla organizzazione internazionale Oxfam, alla vigilia
dell’imminente offensiva per sottrarre al controllo del cosiddetto
stato islamico (Is) la parte ovest
della città, che potrebbe scattare
in qualsiasi momento nei prossimi
giorni.
In particolare, sottolinea l’organizzazione in un comunicato, a
destare maggiore preoccupazione
è la situazione che si potrebbe
creare durante gli scontri nella
parte vecchia della città, dove i
quartieri densamente popolati potrebbero diventare «una trappola
mortale per migliaia di uomini,
donne e bambini». Per questo motivo Oxfam lancia un appello urgente alla coalizione internazionale e all’Iraq, affinché venga rispettato l’impegno del primo ministro
iracheno, Al Abadi, nel dare priorità alla protezione dei civili nel
corso delle operazioni militari.
A temere gli effetti dell’offensiva su Mosul è soprattutto l’Europa. In molti hanno sottolineato in
questi giorni che l’effetto più prevedibile dell’offensiva sarà un
massiccio trasferimento dei profughi verso l’Europa. Una prospetti-
Rohani riallaccia i rapporti
con i paesi del Golfo
TEHERAN, 15. Il presidente iraniano
Hassan Rohani cerca di riallacciare i
rapporti con i paesi del Golfo. Da oggi Rohani è in Oman e Kuwait e avrà
due incontri separati e a porte chiuse,
rispettivamente
con
il
sultano
dell’Oman, Qaboos bin Said Al Said,
e l’emiro del Kuwait, Sheikh Sabah
Al Ahmad Al Jaber Al Sabah. La notizia è uno sviluppo importante per la
regione, dato che da almeno due anni
a questa parte, soprattutto per via dei
problemi con l’Arabia Saudita e il
Bahrain, le relazioni tra Teheran e i
paesi arabi del Golfo persico erano
entrate in una fase di gelo. Nella visita lampo di una sola giornata, a Muscat e Kuwait City, Rohani è accompagnato da un’alta delegazione diplomatica e discuterà «lo sviluppo delle
relazioni bilaterali e gli ultimi sviluppi
regionali» come ha spiegato il responsabile per la stampa dello staff di
Rohani, Parviz Esmaeili.
WASHINGTON, 15. Tra gli oppositori
al muro che l’amministrazione degli
Stati Uniti intende rafforzare lungo
la frontiera Messico ci sono le diverse popolazioni native che vivono
nella fascia a ridosso del confine.
La tribù dell’Arizona Tohono
O’odham, che controlla di fatto circa un milione di ettari in parte confinanti con il Messico, ha già manifestato la sua ferma opposizione alla barriera voluta dalla Casa Bianca.
Questo gruppo conta circa 28.000
persone, sottolineano i media locali.
Ad aderire al movimento anti-muro
ci sono anche gli Yaquies. «Siamo
arrivati prima che i paesi e le frontiere ci dividessero», sottolineano
alcuni dei leader delle tribù, al termine di una visita della zona dei
Tohono lungo la frontiera. Bill
Means, appartenente ai Lakota e tra
i fondatori del Consiglio internazionale dei trattati indios, ha inoltre
denunciato presunti abusi avvenuti
sul fronte dei diritti umani, sottolineando di essere stato in questi
giorni testimone di arresti, molti di
donne e bambini, da parte di pattuglie di frontiera.
L’amministrazione deve inoltre
confrontarsi con posizioni molto
ferme anche su altri fronti. «Nei
A sbloccare la situazione pare sia
stata la visita a Teheran di gennaio
del ministro degli esteri kuwaitiano,
Sabah Al Khalid Al Hamad Al Sabah, che aveva consegnato al presidente iraniano un messaggio del suo
emiro.
I paesi arabi della regione sono riuniti in una organizzazione, il Consiglio di cooperazione del Golfo (Ccg),
che ha tante questioni irrisolte con
l’Iran. A partire dalla guerra in Yemen: dal 26 marzo 2015 l’Arabia Saudita ha iniziato a bombardare la nazione araba a seguito dell’avanzata
dei ribelli huthi di confessione sciita;
oltre 10.000 i morti, spiega l’Onu, con
una nazione sull’orlo della catastrofe
umanitaria. L’Iran vuole la fine dei
combattimenti e il dialogo inter-yemenita, Riad chiede invece la resa degli
huthi e la riconsegna del paese nelle
mani del presidente legittimo Hadi.
va resa ancor più credibile dall’instabilità interna all’Iraq. I jihadisti
di Al Baghdadi hanno più volte
risposto alle sconfitte sul terreno
con attacchi suicidi e autobomba,
anche nella capitale Baghdad, facendo strage di civili e militari. A
ciò si aggiungono le tensioni create dalle proteste dei seguaci del
leader sciita Moqtada Al Sadr.
BRASILIA, 15. La segreteria di pubblica sicurezza dello stato brasiliano
di Espírito Santo ha informato che
saranno espulsi 161 agenti della polizia militare coinvolti nello sciopero
occorso per nove giorni. Parallelamente verranno pubblicate anche le
prime incriminazioni a carico di un
totale di 703 uomini, accusati di insubordinazione. Nel frattempo, 875
agenti sono rientrati ufficialmente in
servizio.
Il provvedimento è stato assunto
dopo che parenti dei poliziotti si sono accampati di fronte alle caserme
dove lavoravano i propri congiunti
impedendo di fatto la loro uscita
dall’edificio e l’entrata in servizio.
In questo modo i militari hanno
tentato di aggirare il divieto di scio-
La fossa delle Marianne cinquanta volte più inquinata dei fiumi cinesi
Discarica negli abissi
LONDRA, 15. Gli abissi marini, una volta considerati al
sicuro dalle sostanze inquinanti, per la loro natura fisica di fosse profonde anche undici chilometri, si sono rivelati in realtà immensi depositi di sostanze tossiche messe al bando.
È quanto emerge da una ricerca apparsa sulla rivista specializzata «Nature Ecology and Evolution».
Alcuni ricercatori si sono in particolare concentrati
sull’analisi di minuscoli crostacei, gli anfipodi lunghi
non più di venti millimetri, spazzini dei fondi degli
oceani e a loro volta cibo di predatori più grandi e
quindi parte della catena alimentare.
Gli esperti — secondo quanto riferiscono i media —
hanno trovato nei corpi di queste specie sostanze nocive con valori di oltre cinquanta volte superiori a
quelli riscontrati nei granchi che vivono nei fiumi più
inquinati della Cina, finora usati come pietra di para-
gone per indicare l’esempio peggiore di ecosistema.
«Fino a oggi si pensava che quei luoghi così distanti
e irraggiungibili fossero protetti dalle attività umane»,
commenta Alan Jamieson, autore dello studio. «Tuttavia, dobbiamo ricrederci».
In particolare i dati forniti dai ricercatori mostrano
che sia nella fossa delle Marianne, che si trova a
11.033 metri sotto il livello del mare, sia che in quella
meno nota di Kermadec, profonda 10.047 metri, sono
stati trovati anfibodi con grosse quantità di policlorobifenili e bifenili polibromurati, usati fino agli anni
Settanta del secolo scorso e poi messi al bando. Queste sostanze sono state utilizzate come isolanti di cavi
elettrici e per rallentare o spegnere incendi. Si parla
nel complesso di oltre un milione di tonnellate di materiale inquinante.
pero della loro categoria. L’ordine
pubblico non è stato garantito per
diversi giorni. Poi sono arrivati i
provvedimenti nei confronti dei poliziotti.
Sempre sul fronte della sicurezza
Rio de Janeiro sarà militarizzata in
occasione del carnevale, che comincia ufficialmente la prossima settimana. Lo ha annunciato il presidente Michel Temer, autorizzando l’invio delle forze armate. I primi uomini, che si affiancheranno alla polizia locale, sono già arrivati in città.
Secondo il governatore di Rio, Luiz
Fernando Pezão, i rinforzi resteranno fino al 5 marzo, a carnevale concluso. Ma la presidenza, secondo i
media, sarebbe intenzionata a far
terminare la collaborazione il 24
febbraio.
Intanto il giudice della corte suprema brasiliana, José Celso de
Mello Filho, ha deciso di mantenere
nelle proprie funzioni il ministro
Moreira Franco, dopo che alcuni
partiti di opposizione al governo di
Temer avevano inoltrato una richiesta ufficiale di sospensione della sua
nomina a seguito di un’accusa di
corruzione. Nel suo provvedimento,
de Mello sottolinea che la nomina a
ministro di Moreira Franco non
comporta la sospensione di eventuali indagini a suo carico.
Gli abitanti dell’area possono tornare alle loro case ma resta alta l’attenzione
Rientra l’emergenza per la diga di Oroville
La diga di Oroville, la più alta degli Stati Uniti (Afp)
WASHINGTON, 15. Le autorità della California
hanno revocato l’ordine di sgombero per i circa
180.000 residenti della zona adiacente alla diga
di Oroville, la più alta degli Stati Uniti. La decisione fa seguito a un abbassamento del livello
delle acque del lago Oroville e a una conseguente riduzione del rischio inondazioni. Secondo lo sceriffo della contea di Butte, Kori
Honea, «la minaccia immediata è terminata»,
quindi il pericolo di un collasso del canale di
scarico di emergenza, all’origine dell’allarme, è
stato evitato. I residenti e la persone che lavorano nella zona possono quindi rientrare, ha aggiunto Honea, ma devono tenersi costantemente
pronti a una nuova evacuazione che verrà immediatamente messa in essere qualora ve ne fosse la necessità.
Nei giorni scorsi oltre 200.000 abitanti delle
zone circostanti la diga erano stati fatti sgomberare per il pericolo di collasso della struttura.
Quello di Oroville è uno dei principali bacini
della California; è stato creato mediante una diga alta 238 metri.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 4
giovedì 16 febbraio 2017
Uomini alla ricerca delle larve di zanzara nel fiume
Cixerri a Siliqua, Wolfgang Suschitzky (1948)
di GIUSEPPE BUFFON
Cagliari, il 14 maggio 1946,
durante la prima riunione
dell’Ente regionale per la lotta
antianofelica (Erlaas), l’alto
commissario per la Sardegna,
generale Pietro Pinna, con afflato religioso, definisce l’impresa antimalarica finanziata dalla fondazione Rockefeller, «la più
santa delle guerre, molto più santa di
quelle che si sono finora combattute».
Una Sardegna immobile, paralizzata e
quasi moribonda, in netto contrasto con il
poderoso apparato tecnologico del Sardinian Project, viene immortalata dalla macchina fotografica di Wolfgang Suschitzky,
come a produrre l’immagine di un miracoloso intervento di guarigione: il moderno
taumaturgo che, predisposti i suoi complessi laboratori di analisi e i suoi raffinati
studi topografici, riforniti i suoi arerei con
l’antidoto contro la malefica pestilenza,
dal cielo si china sull’isola cadaverica per
richiamarla a nuova vita. Rinascita è infatti il termine più frequentemente impiegato
per esprimere la pretesa di una radicale
modernizzazione, che dal settore sanitario
si estende a quello economico, industriale,
agrario e viario. L’abbattimento del tasso
di disoccupazione regionale tanto da raggiungere in soli quattro anni uno standard
lavorativo nettamente superiore a quello
delle altre regioni meridionali offre un
esempio tangibile e immediato della rinascita avviata dal Sardinian Project già con
l’ingente impiego di personale nella pulizia di canali, il taglio della vegetazione e
la pulitura degli specchi d’acqua.
Nel 1950, registrando per la prima volta
l’assenza totale di casi di malaria, non si
teme di annunciare con l’estinzione del
morbo pestilenziale la soluzione della stessa questione sarda. Lasciato ormai alle
spalle l’antico tempo immobile, per la prima volta si guarda al futuro con il desiderio di esprimere una coscienza comune, di
lottare per una causa comune, di riconoscere una identità unitaria moderna. Si avvia così l’esperienza autonomistica sarda e
la parziale riforma agraria voluta da Anto-
A
La canonizzazione nel 1938
del religioso cinquecentesco
ispirò e favorì nel secondo dopoguerra
un movimento che ha contributo
alla modernizzazione della Sardegna
nio Segni. L’invenzione della costa Smeralda, laddove prima si praticava una pastorizia primitiva, un’agricoltura misera,
laddove non esistevano scuole né presidi
sanitari, tanto da far sorgere toponimi come Infarru e Mortorio, esprime in modo
emblematico l’ansia di riscatto e di rinascita suscitato dalla sconfitta della malaria
ottenuta dal Sardinian Project.
Purtroppo, il messianismo tecnico industriale, commerciale e turistico dell’impresa Rockefeller, emblematica tanto da assumere connotati addirittura religiosi, privilegia unicamente una ristretta fascia di popolazione residente nei centri urbani e impiegata nei settori commerciale e turistico,
la quale, inoltre, risulta in maggioranza di
origini continentali. Come infatti constata
la stessa commissione nazionale Unisco,
durante il convegno cagliaritano sugli esiti
dello sviluppo economico sardo nel decennio immediatamente successivo all’impresa
Rockefeller (1949-1958), il sessanta per
Salvatore da Horta e l’identità sarda
Il taumaturgo
degli ultimi
cento della popolazione isolana, costituita
in maggioranza da contadini e pastori, risulta escluso sia dalla trasformazione dei
costumi, favorita dall’istruzione, sia dalla
diffusione dei mezzi di comunicazione di
massa, sia dalla tecnologia applicata per la
realizzazione di opere pubbliche e per la
riforma agraria, sia, infine, dallo sviluppo
commerciale e turistico. Proprio in considerazione della frattura sociale, culturale e
identitaria provocata dal progresso sanitario, economico, sociale e culturale successivo alla campagna antimalarica Rockefeller, la medesima commissione Unisco, si
pone un interrogativo cruciale: per ottenere l’ammodernamento di culture non progredite è lecito imporre sistemi
di paesi progrediti, o non è necessario, invece, costruire modelli culturali ex novo?
Un modello di progresso affatto inserito nel tessuto popolare sardo ci viene prospettato
invece con Salvatore da Horta
[1520-1567], già figura di riferimento per Arcangelo Mazzotti,
arcivescovo di Sassari e guida
spirituale di quel movimento
politico, detto dei “giovani turchi”, che indica il vero protagonista della modernizzazione sarda proprio nel ceto popolare, reso corresponsabile delle problematiche politiche e sociali isolane e quindi protagonista della crescita culturale, civile e economica regionale. Il taumaturgo sardo, infatti, benché forestiero, trova piena sintonia
con le genti sarde, rappresentate da quei
pastori e contadini, cittadini di una Sardegna profonda, che invece non ottengono
collocazione adeguata nel piano regionale
di modernizzazione prospettato dal Sardinian Project.
Salvatore da Horta viene rappresentato
non come un guaritore di febbri generiche, bensì come il medico delle febbri malariche isolane anche negli stessi gozos,
espressione più genuina della tradizione
popolare sarda. Il goigs en alabança del
beato Salvador de Orta, composto già nel
1627, tra le categorie dei malati cui il beato rivolge le proprie cure, inserisce, oltre a
quella dei febrosos, quelle dei baldatz e dei
quaternaris. La sintomatologia malarica
proposta da questa agiografia rispecchia
dunque in pieno il deficit sanitario a lungo deplorato dalla popolazione sarda, lo
stesso che Grazia Deledda rappresenta nel
profilo caratteriale e psicologico dei suoi
personaggi, lo stesso che viene denunciato
impietosamente da viaggiatori straneri o
censito dall’inchiesta Jacini, stato malarico
che plasma perfino l’antropologia sarda e
la stessa identità isolana.
Non la febbre dei letterati, dei romanzieri, bensì la febbre dei proverbi popolari: Sa febbre terzana non est tuccu de campana, riceve accoglienza nella didascalia: Potentia Dei patris, sapientia Dei fili, virtus
Spiritus sancti liberet te a febbre tertiana,
quartana et ab omni malo, beato Salvatore
orante pro te emulo suo, che Sequi inserisce
nel frontespizio della biografia di Salvatore da Horta, pubblicata nel 1882, a commento dell’immagine del beato munito di
aspersorio. La febbre costituisce il sintomo
più ricorrente anche nella speciale occasione in cui il bollettino «B. Salvatore», fondato dal vice postulatore dalla causa di canonizzazione, Alfonso Casu, pubblica le
prime foto di miracolate, Rosina Martucci
Biggio e Gesuina Solaro, ponendole a corredo dei loro racconti di guarigione.
La febbre che si prospetta alla considerazione del nuovo agiografo, Alfonso Casu, contrario tanto a una identità isolana
impermeabile al progresso moderno quanto a una modernità invadente e irrispettosa della tradizione isolana, tuttavia, non
deve più ritenersi la medesima dei gozos:
pur conservando la connotazione malarica
essa non risponde più infatti alla diagnosi
di febbre malarica. Al modello del taumaturgo delineato dall’agiografa tradizionale
urge ora l’adeguamento alle trasformazioni che l’imminente sviluppo del moderno
sistema sanitario nazionale impone ormai,
benché con ritardo, alla stessa regione sarda. Se dunque le antiche ansie legate alla
malaria cedono il posto a nuovi timori, allora anche il taumaturgo di un’agiografia
aggiornata deve offrire risposte adeguate,
se intende farsi promotore sì di un progresso endogeno, ma non autoreferenziale
e refrattario a ogni sollecitazione proveniente dall’esterno.
Alla denominazione dell’antico morbo,
perciò, Casu sostituisce volentieri quella di
patologie elaborate dalla moderna diagnostica: enteriti, polmoniti, tumori, otiti, meningiti e oftalmie. Invece della sintomatologia corrispondente alla tradizionale terzana e quartana, tipica degli adulti, ormai immunizzati dalla malaria, il medesimo preferisce
quella attinente alla terzana maligna o perniciosa, riconoscibile solo nei bambini, i cui effetti possono rivelarsi ancora fatali.
Se la malaria non figura più tra
le patologie del vocabolario medico, essa tuttavia costituisce la forma patologica fondamentale, l’humus patogeno nel quale si radicano quasi tutte le malattie cui va
soggetta la popolazione sarda.
Il «Beato Salvatore è invocato
da tutti nelle malattie e febbri più
disparate». Casu non rinuncia
quindi a mantenere vivo il ricordo
dell’agiografia tradizionale e pubblicando il suo vademecum sulla
devozione all’ortense, nel 1929, decide di pagare il giusto tributo al
tradizionale topos malarico: inserisce, tra i miracoli operati in vita
dal taumaturgo, l’episodio della
guarigione di un medico affetto
da febbre e, inoltre, incapace perfino di risalire alla eziologia del
male che già lo porta alle soglie
della morte.
Alfonso Casu prospetta un vero
modello di integrazione tra progresso e tradizione affiancando il
L’Orbetto, «San Salvatore da Horta che guarisce un cieco» (1600-40)
profilo del medico delle febbri
con quello del soccorritore delle
partorienti. Senza rinnegare l’antichità, il valore e l’efficacia simbolica della bini affetti da malattie tipiche dell’età intradizione sul medico delle febbri malari- fantile, come meningite tubercolare e scarche, egli si ritiene tuttavia obbligato a op- lattina, e non invece a miracoli su partotare per un investimento catechetico a fa- rienti o su adulti affetti da febbre malarivore di un nuovo profilo del beato. È in- ca, si deve la prova definitiva della santità
fatti il deficit riproduttivo e non più la ge- di Salvatore da Horta, a coronamento delnerica mortalità da malaria a segnare lo sforzo compiuto dal solerte vicepostulal’identità antropologica e culturale della tore, il medesimo Alfonso Casu. Dal 1930
e fino al 1960 la mortalità infantile sarda si
dimostra infatti nettamente superiore alla
media nazionale, assurgendo per gli storici
della medicina a vero caso di studio. Salvatore da Horta si dimostra dunque il taumaturgo della Sardegna non solo perché
medico delle febbri e taumaturgo delle
partorienti, ma soprattutto perché protettore dei piccoli.
L’individuazione della sardità di SalvaLurçat. Lo stesso Lurçat fu all’origine
tore da Horta nella sua ansia protettiva
della tarda iniziazione di Robert all’arte
verso i piccoli non può che ascriversi al
dell’arazzo detta d’Aubusson, dopo il
merito di un’assidua collaboratrice del
loro incontro nel 1941 nel monastero di
bollettino, Clelia Angius, che firma i suoi
Carcassonne. Robert, che si definiva
numerosi articoli con il significativo pseudisegnatore fin dalla nascita, aveva
donimo di Vera di Sardegna.
ricevuto la chiamata alla vita monastica
La fragilità fisica dei sardi scartati dal
nel 1930, grazie a un altro incontro
servizio militare in percentuali assai elevaprovvidenziale: quello col filosofo
Jacques Maritain, che gli fu presentato
te, specie nell’iglesiente e nel cagliaritano,
da Jean Cocteau e dal compositore
dove è maggiormente diffusa la devozione
Maxime Jacob, con il quale entrerà
a Salvatore da Horta, la loro antropomeall’abbazia d’En-Calcat. Riprese a
tria negativa simbolizzata, o meglio, spiridipingere dopo l’ordinazione nel 1937 e
tualizzata da Vera di Sardegna, trattegil trasferimento a Carcassonne, con una
giando l’immagine del “piccolo santo”,
ispirazione rinnovata dall’atmosfera
non è che l’esito, per dirlo con le parole
spirituale e dalla ricca vegetazione che
dell’igienista sassarese Giovanni Loriga,
circondava il monastero. L’acquerello fu
delle «stimmate della malaria».
allora il mezzo da lui prediletto per
Il piccolo è dunque il vero malato, coesprimere la convinzione che «l’unica
me si sforza di affermare con la sua prosa
cosa che non inganna è la natura».
simboleggiate Vera di Sardegna. Il piccolo
Venne notato da Lurçat, all’epoca alla
è anche la misura della santità sarda di
ricerca di nuovi talenti in grado di
Salvatore da Horta, perché solidale con
misurarsi con la tappezzeria francese.
(solène tadié)
gli scartati prima di essere loro patrono.
Gli arazzi del monaco amico di Cocteau e Maritain
«La dolce vita» (1953)
«Che peccato non aver abbastanza
tempo né abbastanza occasioni di
passeggiare senza meta in questo mondo
di colori che lei ci offre per ascoltare il
canto dei fiori, dei pavoni e dei pesci».
Questa lode poetica, rivolta al monaco
benedettino e maestro dell’arazzo
moderno Dom Robert (Guy de
Chaunac-Lauzac, 1907-1997), offre una
suggestiva sintesi del suo universo
artistico. Scritte negli anni settanta da
monsignor Coffy, allora arcivescovo della
città di Albi, queste parole rendono
omaggio all’opera del «beato pigro»
riuscito a inserire già «un po’ dell’altro
mondo nel nostro presente». Universo,
questo, che si può di nuovo scoprire al
museo Dom Robert dell’abbazia di
Sorèze, in Occitania, che ha appena
riaperto le porte dopo la pausa
invernale. Esteso su una superficie di 350
metri quadri, la serie di arazzi
comprende sessanta opere del monaco e
oltre trenta opere di altri importanti
artisti, quali Mario Prassinos o Jean
Sardegna contemporanea, come dimostra
anche la statistica sulla aspettativa di vita
a zero anni, che colloca la regione all’ultimo posto della graduatoria nazionale. Se
la malaria curata dal medico delle febbri
rimane sullo sfondo della crisi sanitaria
isolana, a pagare il prezzo più elevato
dell’infiacchimento e della depressione indotti dalla patologia è in Sardegna soprattutto la puerpera, cui si dedica ora il protettore delle partorienti specializzato sopra
i parti felici.
Il taumaturgo sopra i parti felici, adattamento del medico delle febbri, ideato da
Casu in risposta all’istanza sanitaria coeva,
si richiama anche al tradizionale modello
dell’empirica, figura cara alla sardità femminile, cui sola è demandato il compito di
introdurre la partoriente nello status di
meri de domu, vigilando in particolare sulla
felicità del suo umore.
Dopo la trasformazione del medico delle febbri in taumaturgo sopra i parti felici,
con l’avvento degli anni trenta, l’agiografia salvatoriana si dispone a un’altra importate metamorfosi, coniando il profilo
del protettore dell’infanzia.
La stessa scelta delle foto dei miracolati
operata da Casu, con centodieci immagini
di bambini contro le trentasei di adulti,
depone a favore della preferenza dell’agiografo per il mondo infantile. Opzione
perspicace e fortunata la sua, come dimostra il fatto che proprio a miracoli su bam-
L’OSSERVATORE ROMANO
giovedì 16 febbraio 2017
pagina 5
Testimonianza da una parrocchia romana sull’invito del Papa
Ero forestiero
e mi avete ospitato
di MARCO VALENTI
on grande disponibilità e interesse la
parrocchia di San
Saturnino di Roma
ha fatto suo l’invito
di Papa Francesco a mettere in
atto un progetto di accoglienza,
in collaborazione con la Caritas
diocesana, nei confronti di tre
giovani richiedenti asilo: nei locali parrocchiali della casa della
carità intitolata a Carlo Iavazzo,
che erano stati prima sistemati e
adibiti ad abitazione con la premura generosa di tanti volontari,
sono stati infatti ospitati per diversi mesi tre giovani africani,
Babakar e Mountaga del Senegal e Salif del Mali.
Come noto, il progetto chiamato «Ero forestiero e mi avete
ospitato», coordinato dalla Caritas diocesana, ha avuto inizio
nel novembre 2015 e ha visto la
partecipazione, oltre alla nostra,
di altre 40 parrocchie e diversi
istituti religiosi di Roma: in totale fino a ora sono state ospitate 123 persone tra richiedenti
asilo e titolari di protezione internazionale.
I beneficiari sono famiglie o
singoli già in possesso di un
permesso di soggiorno di lunga
durata, persone quindi che vivono in Italia da diverso tempo e
hanno già iniziato il loro percorso di integrazione. Sono così
nella condizione in cui devono
ormai lasciare il circuito di assistenza, senza però aver, di fatto,
raggiunto una piena autonomia,
avendo dunque ancora difficoltà
a inserirsi.
All’inizio sembrava che alla
nostra comunità parrocchiale
mancassero i mezzi, le persone,
le conoscenze, sembrava che le
difficoltà fossero troppe. Invece
di fronte a un’esperienza così
coinvolgente, al di là della volontà dei singoli, si è fatta strada
una forza inimmaginabile prima,
che lentamente ha sbriciolato
ogni forma di ritrosia, dispiegando un nuovo volto della solidarietà. Una solidarietà fatta di
tenerezza, fiducia, speranza e
amicizia.
Era il mese di novembre del
2015 quando sono giunti i tre
giovani africani, affidati, in particolare, alle cure del gruppo
Masci Roma 22: il senso e il taglio della collaborazione con la
Caritas si sono andati precisando e chiarendo nel tempo, ma
l’intuizione di quello che sarebbe stato il compito dei volontari
della nostra parrocchia è apparsa evidente fin dai primi giorni,
di fronte a quei ragazzi spaventati e, insieme, preoccupati di
nascondere le loro apprensioni e
diffidenze, nate dai drammi vissuti. Eppure erano in Italia già
da un anno, inseriti in corsi di
istruzione.
È risultato subito chiaro, dunque, che il ruolo dei parrocchiani dovesse consistere in questo:
cercare di essere, in qualche mo-
C
do, la loro famiglia di questa na di Torre Angela insieme a
terra straniera. È sembrato per- Salif e a due pakistani: il conciò naturale offrire — accanto a tratto con il proprietario sarà firquanto si andava programman- mato a giorni.
do in modo più sistematico —
Salif, dal canto suo, ha da poquell’aiuto semplice e quotidia- co terminato i tre mesi di tirocino che sanno dare i genitori nio pagati dalla Caritas presso
quando si prendono cura di te, una pizzeria-ristorante, ma il daquando si accorgono se stai ma- tore del lavoro gliene ha offerti
le o se stai bene, se ti porti die- altri tre e ha parlato di regolare
tro da settimane un ascesso che assunzione in aprile. È impeti impedisce di mangiare o se gnato di pomeriggio talvolta ficammini zoppicando per qual- no a molto tardi, ma per fortuna
cosa che non vuoi raccontare la nuova casa è piuttosto vicina
(problemi di salute che sono sta- al ristorante. Contemporaneati curati realmente in due dei ra- mente ha continuato a lavorare
gazzi accolti). Su questa linea si presso un B&B nelle mattine di
è svolta la parte più significativa venerdì e domenica; anche qui è
dell’accoglienza.
molto apprezzato tanto che il
Da qui l’idea di consolidare e datore di lavoro gli ha promesso
approfondire i legami attraverso la regolare assunzione. È stato
le uscite serali alla scoperta della lui a trovare la casa dove allogcittà, o lungo le strade del quar- gia con Mountaga e dove si è
tiere, o l’iniziativa delle cene già organizzato.
preparate dai parrocchiani (più
Babakar è dunque rimasto sodi un centinaio di persone si so- lo nella nostra casa, ma è semno alternate ogni sera per alcuni pre fuori perché impegnatissimesi con cibi preparati da con- mo: il sabato tiene un corso di
dividere). E ancora in questo cucito presso il laboratorio scaspirito ha preso vita, una volta labriniano di via Casilina, meninstallata la cucina elettrica, la tre negli altri giorni lavora nel
“scuola per cuochi”,
luogo
di
scambi di ricette e
di abitudini, ma
anche momento di
amicizia, soprattutto con i giovani
scout del reparto
Roma 70. L’urgenza parallela di iniziare i nostri ospiti
a fare la spesa si è
tradotta nell’impatto con i prezzi da
valutare, le etichette da interpretare,
le quantità da gestire, e ha richiesto
ancora l’assistenza
premurosa dei volontari. I discorsi,
gli scambi di esperienze e di opinioni
non sono rimasti
senza risultato: i ragazzi infatti hanno
mostrato puntualità
e correttezza nel
mantenere un impegno e nel rispettare un appuntamento. L’aiuto diAbdoulaye Konaté, «Composition» (2016, particolare)
retto e personale,
con cui alcuni volontari li hanno affiancati nei corsi di alfabetizza- nuovo laboratorio scalabriniano
zione della Caritas, li ha portati recentemente aperto in via della
a leggere e scrivere con soddi- Lungaretta 22.
sfazione le prime parole.
Ora che il primo nostro proQualche giorno fa, dunque, getto parrocchiale di accoglienza
terminato il percorso, Mountaga si avvia alla conclusione ci seme Salif hanno riconsegnato le bra di poter dire che mentre noi
chiavi della casa. Mountaga la- ci ritroviamo arricchiti come covora come tirocinante (Progetto munità, i tre ragazzi sono oggi
garanzia giovani della Regione più forti, più sereni, più prepaLazio) presso un bar a Lun- rati, più inseriti, capaci anche di
ghezza. È pagato in parte dal partecipare, fornendo il loro aiudatore di lavoro, in parte dalla to concreto, a diverse iniziative
regione. Spera di essere assunto
organizzate negli ultimi tempi
regolarmente da luglio. Lavora
nei locali della parrocchia: l’imdalle ore 16 alle 22. Si è definitivamente trasferito presso la casa pegno caparbio e l’affetto di
che ha preso in affitto nella zo- tante persone che li hanno sostenuti hanno quindi dato i loro
frutti.
Lentamente col trascorrere dei
mesi abbiamo imparato a conoscerci meglio e lentamente ci
siamo resi conto che anche le
nostre fedi, perfino il nostro modo di pregare, hanno tanto in
comune. Ci è venuto spontaneo,
allora, condividere la nostra comune fiducia nella bontà di Dio
attraverso qualche semplice preghiera. Ne ricordiamo specialmente una: «O Dio nostro, Tu
vedi come tutti noi tanto spesso
siamo costretti a vivere nell’incertezza, nel non sapere cosa
succederà, dove andremo, cosa
faremo e, per i più anziani,
quanto ci resti da vivere. Questo
ci rende inquieti e ci toglie la
gioia e la serenità. Rafforza in
noi la certezza che Tu non ci
abbandoni mai, neanche quando
noi lo pensiamo».
Casa Rut e le vittime della tratta
La nuova vita
di Blessing
vevo visto un film
sulla
prostituzione
delle ragazze nigeriane in Italia. Ero
scioccata, ma era
pur sempre un film. Non era
una cosa che mi riguardasse direttamente. Mai avrei pensato di
venire in Italia. E neppure in un
altro Paese europeo. E invece
sono finita nelle mani dei trafficanti.
Quando sono arrivata a Caserta, a Casa Rut, e ho visto che
era una casa di suore, ho detto
che non volevo entrare: «No,
con le donne cristiane non voglio più avere niente a che fare!», ripetevo. Volevo che mi
portasse via subito. Il poliziotto
mi ha detto che erano delle brave persone e che sarei dovuta rimanere solo una notte. Ma io le
suore non le volevo neppure vedere.
Suor Assunta ha aperto la
porta con un sorriso. In casa
c’erano anche suor Rita, suor
Anna e suor Maria. Ero diffidente, ma il modo in cui sono
stata accolta mi ha subito colpito positivamente. Suor Rita mi
ha accompagnata in sala da
pranzo. Ha parlato con il poliziotto e con me. C’era una ragazza del Kenya che aiutava a
tradurre. Poi, quando il poliziotto se n’è andato, ha voluto
parlarmi con più calma. Mi ha
chiesto cos’era successo e perché
mi trovavo lì. Mi ha spiegato
che in casa c’erano altre ragazze
vittime di tratta. Molte avevano
una storia simile alla mia. Qualcuna aveva appena partorito e
stava lì con il suo bebè.
Io ero molto guardinga e sospettosa. Non osavo rilassarmi e
abbassare la guardia. Dicevo solo che volevo tornare in Nigeria.
E quello che avevo detto anche
alla polizia. Abbiamo parlato,
ma io non ho spiegato niente.
Suor Rita era molto pacata, mi
A
C’era una ragazza del Kenya
che aiutava a tradurre
Mi ha spiegato che in casa
c’erano altre donne
con la mia stessa esperienza
parlava con gentilezza e mi ha
calmata molto. Diceva che non
dovevo avere paura. Che lì sarei
stata al sicuro. In quel momento, a me non interessava niente.
Ma la sua parola era piena di
forza, entrava dentro di me e mi
faceva sentire meglio. Non mi
fidavo di nessuno; continuavo a
pensare che sarei rimasta lì una
notte, ma sentivo comunque
qualcosa che mi penetrava. Come le frecce di un arco, quelle
parole entravano nel mio cuore
e mi liberavano dalla paura.
Dentro di me ho provato un
grande senso di liberazione.
Quando si perde la fiducia è
difficile ritrovarla. Suor Rita è
Quando la sera sono tornata
riuscita a liberarmi da quella a Caserta, dopo aver passato la
sensazione di diffidenza e di giornata alla stazione di polizia
chiusura. Ma non subito...
di Castel Volturno, continuavo a
Dopo aver parlato ancora un pensare che volevo rientrare in
po’, mi ha accompagnata in una Nigeria il più presto possibile. A
cameretta, mi ha dato un pigia- Casa Rut c’erano altre due rama e mi ha detto che potevo fa- gazze nigeriane, con cui ho parre una doccia. Avevo lasciato lato. Mi dicevano di come si
tutto quello che avevo dalla ma- erano sentite disperate e perse,
dam. Sono arrivata a Casa Rut ma anche di come stavano cocon i vestiti che portavo addos- minciando a riscoprire i valori
so, dei pantaloni strappati e una della vita e a ritrovare un po’ di
maglietta attillata. Avevo i ca- serenità e speranza per il futuro.
pelli biondi lucidi: la madam mi
Mi ci è voluto un po’ di temaveva fatto fare tre giri di exten- po per abituarmi a quella nuova
sion. Era una specie di marchio distintivo. Sono arrivata così. Non avevo nient’altro. Il
giorno
successivo
una ragazza mi ha
dato dei vestiti e
Pubblichiamo stralci tratti dal
suor Rita un malibro Il coraggio della libertà. Una
glione e una giacca.
donna uscita dall’inferno della
Poi il poliziotto è
tratta, scritto da Blessing
tornato e mi ha
Okoedion insieme ad Anna Pozzi,
portata di nuovo a
con prefazione di Dacia Maraini e
Castel Volturno per
postfazione di Rita Giaretta di
la denuncia. Sono
Casa Rut (Cinisello Balsamo,
rimasta lì tutto il
Edizioni Paoline, 2017, pagine 123,
giorno e sono toreuro 13).
nata a Caserta in
Il libro
serata.
Non avevo paura. Pensavo che tutti dovessero
sapere, perché quei trafficanti e
quegli sfruttatori erano dei criminali, distruggevano la vita
delle persone. Se mi avessero
costretta a fare quel “lavoro”,
era come se fossi morta. Non mi
importava dunque se mi uccidevano, ero già morta comunque.
Questo pensiero mi ha tolto la
paura.
E poi, per me, denunciare significava non solo liberare me
stessa, ma anche le altre ragazze.
Nella casa della madam, erano
tutte terrorizzate e succubi. Temevano che se avessero denunciato sarebbero diventate pazze,
sarebbe morto qualcuno della
loro famiglia o avrebbero avuto
terribili sventure. È quello che
hanno inculcato nelle loro teste
con il ju ju e con le continue
minacce.
Volevo mostrare che si può
continuare a vivere anche dopo
aver denunciato, senza impazzire o ammalarsi, senza che qualcuno muoia. Ma si deve essere
forti per lottare. A quel tempo
non so se ero così forte, ma ero
decisa a denunciare.
I poliziotti mi hanno detto
che avrebbero investigato. Dopo
due settimane sono venuti di
nuovo a Casa Rut e mi hanno
riportata a Castel Volturno. Mi
hanno fatto vedere delle foto,
ma non c’erano le persone che
avevo denunciato. Ho mostrato
loro la casa della madam in cui
stavo. Poi mi hanno riportata a
Caserta. E non li ho più sentiti.
Solo molto tempo dopo ho saputo che l’uomo che stava con
la madam non è più tornato in
Italia, perché sapeva della mia
denuncia. E andato in Nigeria e
si è fatto un’altra famiglia là.
situazione. All’inizio non volevo
rimanere. Avevo paura, non mi
fidavo di nessuno. E avevo tanta
rabbia dentro di me. Guardavo
quelle quattro suore, studiavo il
loro modo di fare, di comportarsi, di relazionarsi con le ragazze
e i bambini. Erano delle brave
persone, si vedeva: accoglienti,
dolci, generose ma anche esigenti. In casa c’erano delle regole
da rispettare, ma c’era soprattutto tanta comprensione e affetto.
Ritrovavo spesso, nei loro atteggiamenti, gli insegnamenti di
mio padre, della mia famiglia.
E anche il senso vero dell’essere cristiano, quello che mi avevano insegnato e a cui avevo
creduto. Perché vi avevo trovato
un messaggio di bene, di speranza e di liberazione. A Casa
Rut ho imparato di nuovo cosa
significa essere cristiani. Che
cos’è l’amore, la tenerezza, il dono e la fedeltà. Sentivo un po’
alla volta che mi stavo rinnovando come persona, come donna e
anche come cristiana.
Vengo da una famiglia credente, che mi ha trasmesso valori positivi. Avevo frequentato
anche una boarding school cattolica, ma le suore erano molto
dure. Qui a Casa Rut, invece,
ho ritrovato i valori cristiani della mia infanzia e della mia famiglia, vissuti in maniera ancora
più forte e autentica. Ho capito
che cosa è la cura e la dedizione
e che cos’è l’amore vero per tutti
e per ciascuno. Qui ho visto
l’amore in azione. Ho trovato
un clima familiare, di tenerezza,
pace, serenità e gioia. A Casa
Rut mi hanno trasmesso di nuovo il senso di una vita vera e
bella. Dentro di me pensavo: «È
una vita nuova!».
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 6
giovedì 16 febbraio 2017
Per il patriarca copto e l’imam di al-Azhar
La religione
fa bene all’Egitto
Mentre giovani volontari musulmani restaurano una chiesa strappata all’Is
Il lento ritorno
dei cristiani a Mosul
MOSUL, 15. Un messaggio di pace a tutto il mondo: è quello che
vogliono lanciare una cinquantina
di giovani musulmani iracheni
che hanno cominciato a ripulire e
a restaurare, a Mosul est, una
chiesa cattolica dedicata alla Madonna in un’area recentemente
strappata dai lealisti ai miliziani
del cosiddetto Stato islamico (Is).
A beneficiare dell’intervento — riferisce l’Ansa — è la chiesa della
Vergine
Maria,
appartenente
all’arcidiocesi di Mossul dei Caldei, nel quartiere di al-Dergazliya, che durante i due anni e
mezzo di occupazione dello Stato
islamico è stata trasformata in
una sede della polizia morale del
“califfato”. Risparmiata dalla barbarie, a differenza di molti altri
luoghi di culto, comprese chiese e
moschee, che sono state distrutte
dai miliziani jihadisti.
«Abbiamo deciso di assumere
un ruolo diretto per ripulire la
nostra città — ha detto Maher Al
Obaidi, capo della Rete delle organizzazioni della società civile
(ong che cura l’iniziativa) — e
adesso è il momento di ripulire e
risistemare moschee, chiese e altri
luoghi di culto». Tutti i volontari
all’opera, è stato sottolineato, sono musulmani, perché i membri
delle altre comunità sono stati
cacciati dalle loro case dai terroristi islamici e ancora non si sentono sicuri a tornare. Si tratta, ha
aggiunto Mohammad Badrany,
dell’organizzazione non governativa Ramah, che collabora all’ini-
Appello in Indonesia
Cattolici alle elezioni
senza paura
JAKARTA, 15. In nome dell’interesse
nazionale. Alla vigilia delle elezioni
regionali, le associazioni cattoliche indonesiane si mobilitano per esortare i
concittadini cattolici a sostenere, senza paure o riserve, il proprio candidato. L’appello — reso noto attraverso la
Commissione episcopale per i laici e
ripreso da AsiaNews — vuole essere la
risposta del mondo cattolico al clima
di tensioni e minacce che sta accompagnando la campagna dei non musulmani per le elezioni che si terranno
oggi, mercoledì, in cento distretti del
Paese, incluso quello della capitale.
Un clima ostile a qualsiasi candidato
di fede non islamica, a prescindere
dal suo programma politico. Basti citare le violente proteste nei confronti
del governatore uscente di Jakarta,
Basuki “Ahok” Tjahaja Purnama, cristiano (protestante) di etnia cinese, ripresentatosi nonostante le accuse di
blasfemia che lo hanno riguardato.
La dichiarazione, dal titolo «La nostra scelta basata sull’interesse dello
Stato e della nazione», è stata sottoscritta da Associazione indonesiana
delle donne cattoliche, Associazione
degli intellettuali, Gioventù cattolica,
Associazione degli studenti cattolici e
Forum della società cattolica. «Questo è il momento in cui siamo chiamati a eleggere persone che siano al
servizio del popolo», è il monito dei
firmatari, rivendicando la natura pluralista della nazione indonesiana, la
cui massima espressione è la Pancasila, fondamento del partito politico
del governo indonesiano: «Questa società plurale dovrebbe essere politicamente assicurata. Le elezioni regionali
sono soprattutto un evento politico
per sviluppare una civiltà basata sulla
Pancasila che miri a raggiungere
l’agenda nazionale: prosperità per tutti». Nel documento le associazioni
cattoliche spronano i cattolici a manifestare il proprio diritto civile di eleggere il loro candidato preferito nell’interesse di tutta la società indonesiana:
«Non bisogna aver paura delle intimidazioni» e «non c’è spazio per
l’ignoranza».
L’appello segue quello dell’arcivescovo di Jakarta, Ignatius Suharyo
Hardjoatmodjo, che una settimana fa
ha ribadito la posizione neutrale e
apartitica della Chiesa, schierata in
difesa dei valori fondanti dello Stato
indonesiano.
rifiutato di rinnegare la propria
fede. Il gruppo di anziani (alcuni
dei quali con gravi problemi di
salute) era stato accolto a Kirkuk,
dopo aver passato due giorni al
freddo nella “terra di nessuno”
tra i villaggi occupati dalle milizie dello Stato islamico e l’area
sotto controllo dei peshmerga
curdi.
Altro luogo di culto tornato a
disposizione della popolazione,
seppur gravemente danneggiato,
è la chiesa siro-ortodossa di
Sant’Efrem, un tempo utilizzata
dai jihadisti come sede del “consiglio di Stato dei mujahidin”. Situata in un’area della città già riconquistata dall’esercito iracheno,
è stata visitata nei giorni scorsi da
Nicodemus Daoud Matti Sharaf,
metropolita siro-ortodosso di
Mosul. Sulla facciata e sulle pareti dell’edificio ancora campeggiano gli striscioni e i cartelloni neri
del cosiddetto Stato islamico. Nel
luglio 2014 la croce che svettava
sulla cupola era stata divelta. Il 9
settembre successivo, i raid aerei
compiuti per colpire le postazioni
dei jihadisti avevano danneggiato
gravemente alcuni edifici adiacenti alla chiesa di Sant’Efrem e a
quella siro-cattolica di San Paolo.
Nel novembre 2014 Sant’Efrem
venne svuotata dei suoi arredi interni e voci messe in rete via internet avevano accreditato la notizia (mai confermata) che il luogo
di culto cristiano sarebbe stato
presto trasformato in moschea.
ziativa, di «un messaggio ai nostri fratelli cristiani affinché tornino alle loro case, perché Mosul
ha bisogno di loro».
In effetti, anche se lentamente,
il ritorno dei cristiani nei quartieri orientali di Mosul, da poco
sottratti dall’esercito iracheno alle
milizie del cosiddetto Stato islamico, è già cominciato. Secondo
quanto riportato dal sito in rete
Ankawa.com e ripreso dall’agenzia Fides, sono almeno tre le famiglie armene che hanno fatto ritorno alle proprie case in aree urbane appena sottratte ai jihadisti
e nonostante la situazione di generale insicurezza che continua a
pesare su tutta la città. Nei giorni
scorsi quelle zone di Mosul sono
state teatro anche di attentati suicidi che hanno provocato almeno
nove morti tra i civili. Com’è noto, i terroristi islamici avevano
conquistato il capoluogo del governatorato di Ninawa il 9 giugno 2014. Nelle settimane successive, tutti i cristiani presenti in
città avevano abbandonato le
proprie case (molte delle quali
subito espropriate dai jihadisti)
cercando rifugio come profughi
dapprima nei villaggi della piana
di Ninive o a Kirkuk, e poi soprattutto a Erbil e nei villaggi del
Kurdistan iracheno. Gli ultimi
dieci cristiani, tutti anziani, rastrellati dai villaggi della piana di
Ninive e trasferiti a Mosul nella
seconda metà del 2014, erano stati espulsi dai miliziani jihadisti il
7 gennaio 2015, dopo che avevano
IL CAIRO, 15. I valori religiosi e morali sono oggi più
che mai fondamentali per
mantenere viva l’unità nazionale e soprattutto per preservare il tessuto della società dalle pressanti minacce
del fondamentalismo e del
terrorismo. È quanto hanno
affermato ieri, martedì, i leader delle due principali comunità religiose d’Egitto.
Ahmed Al-Tayyeb, grande
imam di al-Azhar, la più
prestigiosa realtà accademica
dell’islam sunnita, e Teodoro
II, patriarca della Chiesa
copta ortodossa, hanno partecipato insieme alla sessione
di apertura di una conferenza che ha messo a tema appunto l’importanza sociale
dei valori etici. Incontro che
fa seguito agli appelli che il
presidente Al-Sisi, soprattutto all’indomani di episodi
terroristici, ha più volte inteso lanciare all’opinione pubblica perché le idee estremiste non trovino cittadinanza
nel pensiero e nel discorso
religioso.
Una prospettiva più volte
apprezzata dai leader religiosi egiziani. Al-Tayyeb nel
suo intervento ha in proposito sottolineato l’importanza dei processi educativi, rilevando come i giovani egiziani appartengano a una civiltà che è profondamente
radicata nella storia umana.
«Questo patrimonio culturale — ha detto l’imam di alAzhar — può essere ripreso
in qualsiasi momento, a condizione che tutti cooperino,
ognuno nel proprio campo,
per fornire l’atmosfera adatta e le condizioni per rilanciare il ruolo dei giovani».
Anche il patriarca copto
ortodosso ha rilevato la necessità di potenziare i processi e le strutture educative
del Paese. Rilevando, al contempo, l’importanza di rilanciare il ruolo dell’istituzione
familiare e dei suoi valori,
come pietra angolare della
vita sociale. Di qui la necessità di rivalutare i principi
morali anche come fattori di
stabilità e sicurezza del Paese. In questa prospettiva va
ricordato che solo pochi
giorni fa il presidente Al-Sisi
aveva
lanciato
l’allarme
sull’enorme numero di divorzi che da qualche tempo
si registrano in Egitto. Nel
corso di una cerimonia pubblica il capo dello stato ha
infatti citato i dati dell’Ufficio statistico nazionale, secondo cui circa il 40 per
cento dei 900.000 matrimoni
celebrati ogni anno in Egitto
terminano con il divorzio
entro cinque anni dal loro
inizio. Per arginare il fenomeno, Al-Sisi aveva proposto di considerare legale un
divorzio solo se esso avviene
alla presenza di un rappresentante religioso autorizzato dal governo. Nella sostanza soprattutto un modo
per contrastare la prassi, assai diffusa nella comunità
islamica, del “divorzio a voce” che consente agli uomini, e solo a loro, di rompere
il vincolo matrimoniale con
le proprie consorti con una
semplice dichiarazione orale.
Una proposta apprezzata
dal segretario della Commissione parlamentare per gli
affari religiosi, Amr Hamruch, ma non, come riferito
dall’agenzia Fides, dal Consiglio degli anziani di alAzhar, che in una dichiarazione ufficiale ha confermato la validità del “divorzio a
voce”, ritenendo che tale
prassi soddisfa le condizioni
della legge islamica.
Oltre duecentomila pellegrini indiani al santuario mariano di Dantolingi
Sotto il segno della famiglia
BHUBANESWAR, 15. Oltre duecentomila fedeli, tra cui molti non cattolici, hanno partecipato nei giorni
scorsi ai festeggiamenti per i cento
anni del santuario di Nostra Signora di Lourdes, a Dantolingi, nello
stato indiano dell’Orissa. Il luogo
di culto, uno dei più noti del paese, è meta di pellegrinaggio per migliaia di persone. Il santuario, che
è stato elevato a parrocchia, è stato
eretto nel 1917 da missionari francesi, recatisi nello stato indiano per
dare sollievo alla popolazione colpita da carestie ed epidemie.
Le celebrazioni hanno avuto inizio con il “sadri”, una danza tradizionale indiana. Successivamente
monsignor John Barwa, arcivescovo
di Cuttack-Bhubaneswar, ha presieduto una messa solenne assieme ad
altri cinque vescovi indiani, alla
presenza di oltre duecento sacerdoti e trecento suore provenienti da
tutto il paese.
Ai festeggiamenti per l’anniversario hanno partecipato anche molte
famiglie non cattoliche del paese. È
il caso di Pratap Sahu e di sua moglie Priti, entrambi di fede indù. I
coniugi hanno raccontato che per
molti anni hanno atteso invano
l’arrivo di un figlio e attribuiscono
la sua nascita poi alle preghiere rivolte alla Madonna di Lourdes.
Il culto della Vergine di Lourdes
in Orissa risale ai periodi di lunga
siccità che si sono verificati nei secoli scorsi e che hanno provocato
milioni di morti in India. In particolare nel 1866 il paese fu colpito
da una grave carestia, aggravata
dall’arrivo di un’epidemia di colera
e di vaiolo, che decimò la popolazione. In quella drammatica situazione i primi ad intervenire furono
i missionari di san Francesco di Sales d’Annecy, che raccolsero dalle
strade centinaia di persone abban-
donate e di bambini orfani e li
ospitarono nell’orfanotrofio di Surada. I religiosi riuscirono a concentrare a Dantolingi le persone
colpite dal colera e dal vaiolo, offrendo loro cure e assistenza e a
poco a poco molti iniziarono a
guarire. Per questo, terminata l’epidemia, tutti gli abitanti del luogo
chiesero ai missionari di fondare il
santuario: un modo sincero per ringraziare Maria per averli protetti
durante la fame e le epidemie.
Padre Sanjeeb Kumar Beero,
parroco del santuario, ha sottolineato che attualmente vivono nel
luogo di culto «circa duecentocinquanta famiglie, che stanno crescendo in modo graduale. Insieme
alla diocesi di Berhampur, tentiamo
di fornire ai pellegrini la migliore
assistenza. Essi non vengono più
solo una volta all’anno, ma una
volta al mese di venerdì, quando
organizziamo ritiri e momenti di
raccoglimento».
«Siamo felici — ha dichiarato
monsignor Aplinar Senapati, vescovo di Rayagada, originario proprio
di Dantolingi — che tutte queste famiglie costruiscano legami forti di
amore, affetto e serenità l’una con
l’altra».
Durante l’omelia, monsignor Sarat Chandra Nayak, vescovo di Berhampur, ha ricordato gli insegnamenti contenuti nelle esortazioni
apostoliche di Papa Francesco
Amoris laetitia ed Evangelii gaudium. «Esse parlano della primaria
missione della Chiesa: evangelizzare il mondo di oggi. Qualsiasi progresso avvenga in famiglia — ha
sottolineato il vescovo Nayak — è
un progresso anche nella Chiesa. Il
nuovo mondo deve iniziare qui sulla terra».
Parlando poi dei legami matrimoniali, sui quali i vescovi indiani
hanno puntato in particolare l’attenzione pastorale per il 2017, il
presule ha sottolineato come la parola matrimonio significhi «stare
insieme per sempre. Nella vita matrimoniale non c’è posto per l’egoismo. La felicità non è limitata al
sapere o alla ricchezza, ma si fonda
sull’impegno sincero e sulla fiducia
tra i coniugi».
Le celebrazioni per il centesimo
anniversario del santuario sono state precedute da una novena di preghiera. Ogni giorno il raccoglimento è stato guidato da un sacerdote,
che ha proposto ai fedeli riflessioni
su temi diversi.
L’OSSERVATORE ROMANO
giovedì 16 febbraio 2017
pagina 7
Giuseppe Monguzzi
«La corona di spine» (1987)
I lavori del Consiglio di cardinali
di FRANCESCO BRASCHI
«Nel suo senso più vasto la liturgia è
l’umanità resa consapevole dell’adorazione a Dio come supremo suo significato, e del lavoro come gloria a
Dio». È da una simile ampiezza di
orizzonte che dobbiamo partire, se
vogliamo accostarci con una reale
consapevolezza del suo senso e del
suo valore a questo testo di don Giussani, che possiamo definire allo stesso
tempo “sintetico” e “fondamentale”.
Il carattere sintetico del libro risiede non solo nella circostanza della
sua genesi — come recita la nota alla
prima edizione, si tratta di «rapidi appunti» raccolti da conversazioni tenute nell’arco di otto anni, dal 1965 al
1973 — ma soprattutto nell’intenzione
che ne sta all’origine. In queste pagine, infatti, don Giussani ci si mostra
all’opera per offrire una prospettiva di
comprensione e insegnare un metodo
di lettura capaci di introdurre alla liturgia cristiana così come essa viene
vissuta dal popolo di Dio, ma nel me-
Meditazioni sulla liturgia cristiana
Il respiro
della fede vissuta
A distanza di quasi dieci anni da
quel pronunciamento, in un contesto
che vede ormai dichiarato e tangibile
il crollo delle evidenze più necessarie
al vivere, il valore di queste parole è
non solo straordinariamente attuale,
ma financo accresciuto dal fatto che
la liturgia — anche a quanti ancora si
Nuova edizione
La liturgia come paradigma della vita e
occasione d’incontro con la Presenza
che salva il mondo. È la prospettiva
contenuta nel libro Dalla liturgia
vissuta. Una testimonianza di Luigi
Giussani (Cinisello Balsamo, Edizioni
San Paolo, 2016, pagine 165, euro 15) di
cui in questi giorni esce la nuova
edizione — la prima risale al 1973. In
esso il sacerdote educatore, scomparso
nel 2005, attraverso una raccolta di
«appunti» tratti da «conversazioni
comunitarie», suggerisce l’impegno di
una dimensione liturgica vissuta,
soffermandosi sul significato della
messa, dei periodi liturgici e delle
principali festività del calendario
cristiano. Pubblichiamo ampi stralci
della presentazione a firma del curatore
della nuova edizione del volume.
desimo tempo — e questo è tutt’altro
che scontato — rispettando pienamente tutta l’ampiezza e la profondità di
significato che essa riveste: per la vocazione di ogni fedele e, prima di
ogni altra ragione, per la sua stessa
natura di opus Dei, di evidenza oggettiva della presenza di Dio quale soggetto della storia.
Per questo motivo, le meditazioni
che abbiamo tra le mani mostrano subito una caratteristica che le fa risaltare nel panorama dei testi coevi, fioriti
con abbondanza dopo la riforma liturgica promossa dal concilio Vaticano II, ovvero la capacità di evitare le
due possibili derive — solo apparentemente opposte — dell’“archeologismo”
e del “sociologismo liturgico”.
Tali modi di intendere la liturgia
non sono puramente teorici o relegabili agli anni della riforma conciliare e
postconciliare, ma piuttosto rappresentano una vera sfida per la fede, come autorevolmente ricordato da Papa
Benedetto XVI nell’abbazia di Heiligenkreuz (Austria) nel 2007 quando,
rivolgendosi ai monaci cistercensi, disse: «In ogni forma di impegno per la
liturgia criterio determinante deve essere sempre lo sguardo verso Dio.
Noi stiamo davanti a Dio — Egli ci
parla e noi parliamo a Lui. Là dove,
nelle riflessioni sulla liturgia, ci si
chiede soltanto come renderla attraente, interessante e bella, la partita è già
persa. O essa è opus Dei con Dio come specifico soggetto o non è».
professano credenti e praticanti — appare sovente come un contenitore da
riempire di attività — o, meglio, attivismo — quando non un luogo da vivere unicamente sull’onda del sentimento, magari afferrando alcune frasi o
espressioni che colpiscono per un attimo. Non può inoltre sfuggire qui la
limpidezza con cui Papa Ratzïnger individuava nell’oblio del carattere teologale della liturgia e del suo legame
intrinseco con la fede la ragione ultima della frequente reciproca estraneità — quando non addirittura dichiarata contrapposizione — che spesso si
coglie, per esempio, tra celebrazione e
vita, tra archeologismo liturgico e
istanze di rinnovamento, tra fedeltà
alla tradizione e creatività celebrativa,
tra modalità di approccio alla parola
di Dio che separano nettamente —
quasi fossero due oggetti differenti —
la meditazione personale della Bibbia
e la sua proclamazione liturgica, tra
dimensione orizzontale-comunitaria e
verticale-teologica, fino a riscontrare
l’esito di una decostruzione che frammenta l’esperienza cristiana, cristallizzandola in una serie di dualismi irrisolti.
Il richiamo del Papa emerito a rifiutare ogni prospettiva parzializzante,
per guardare alla liturgia riconoscendo innanzitutto che Dio ne è il “soggetto presente” e che l’essenza di ogni
atto celebrativo è la possibilità di uno
sguardo verso di Lui — poiché è sempre da Lui che prende le mosse il
dialogo con noi uomini — costituisce
dunque un’importante indicazione di
metodo, da accogliere prima di ogni
altra considerazione pastorale, perché
utile a farci ritrovare il nesso tra liturgia e fede: un legame vitale e costitutivo per ambedue i termini del
binomio.
Proprio questo è il metodo seguito
da don Giussani in queste meditazioni. E proprio tale chiarezza di impostazione rende di sorprendente attualità — dopo cinquant’anni— le meditazioni che vengono ora riproposte.
Il loro carattere sintetico, cui già
abbiamo accennato, si può infatti ora
esplicitare nella volontà e nella capacità dell’autore di collocarsi a un livello che si pone prima di ogni parzializzazione: è don Giussani stesso, nella premessa, a sottolinearlo: «Se è vero che si può restare colpiti di fronte
a una frase o a un’altra del testo liturgico, dobbiamo essere attenti a non
ridurre la ricchezza di questa meditazione a una cernita di frasi. Questo
non è il centro del problema. Occorre
che ci educhiamo a non meditare in
quel modo la liturgia perché commetteremmo un errore. O, più che un errore, una minorazione, una riduzione
dell’atteggiamento di valorizzazione
della presenza di Dio. Spesso è stata
operata tale riduzione: si è cioè trattata la Bibbia, che è la storia del mistero di Dio nel mondo, come fonte di
belle frasi — giuste e profonde — ma
si è lasciato da parte il contesto, cioè
il vero discorso di Dio. Così abbiamo
ridotto la Bibbia a sostegno dei nostri
ideali morali. Invece di cogliere il discorso di Dio come la lingua nuova
che distrugge la nostra sapienza, abbiamo reso la parola di Dio sostegno
della nostra sapienza, quando addirittura non si è trattata la Bibbia in senso accomodatizio, cioè quando la
“frase” non si è interpretata così come
suonava al nostro orecchio, all’orecchio della nostra mentalità, della nostra cultura, invece di cercare di adeguare la nostra mentalità, la nostra
cultura al significato, alla comunicazione, alla testimonianza che scaturiva
dalla frase».
Il modo corretto di accostarci alla
liturgia — «consonare» e non «compitare», cioè leggere staccando le sillabe, come fanno i bambini della prima
classe — è dunque quello di porci
quanto più coscientemente possibile
davanti a un discorso che è “altro” dai
nostri discorsi, e di accogliere il «discorso di Dio come la lingua nuova
che distrugge la nostra sapienza».
Tre vincitori per il premio della fondazione Centesimus annus
Economia e società
Per la prima volta sono tre i vincitori del premio “Economia
e società”, promosso dalla fondazione Centesimus annus
pro Pontifice per diffondere «la conoscenza della dottrina
sociale della Chiesa cattolica». I loro nomi sono stati annunciati dal presidente della giuria, il cardinale Reinhard
Marx, stamane, mercoledì 15 febbraio, nel corso di una conferenza nella Sala stampa della Santa Sede.
Il premio internazionale è andato al tedesco Markus
Vogt, per l’opera Prinzip Nachhaltigkeit. Ein Entwurf aus
theologisch-ethischer Perspektive (Monaco, Oekom 2013), mentre il premio per i giornalisti, istituito quest’anno, è stato assegnato all’assunzionista francese Dominique Greiner, per il
blog La doctrine sociale sur le fil pubblicato sul sito del quotidiano «La Croix», e al tedesco Burkhard Schäfers, per la
trasmissione radiofonica dedicata a Oswald von Nell-Breuning (1890-1991), uno degli autori principali della Quadragesimo anno di Pio XI nel 1931.
La premiazione avverrà il 18 maggio, alle 17, nel palazzo
romano della Cancelleria, nella giornata inaugurale dell’annuale convegno della fondazione — sul tema: «Alternative
costruttive in un’era di incertezza globale - Occupazione e
integrità nell’età digitale. Incentivi alla solidarietà e alla virtù civica» — che si svolgerà fino al giorno 20 nell’Aula nuova del Sinodo in Vaticano.
Nel suo intervento il cardinale Marx ha spiegato che
quella vincitrice è stata selezionata tra più di 57 opere, provenienti da 12 Paesi e scritte in sei lingue diverse. «Vogt —
ha ricordato — dopo aver studiato teologia e filosofia a Monaco e a Gerusalemme, ha lavorato come esperto di ecologia per il governo tedesco. Docente universitario di etica sociale cristiana prima a Benediktbeuern ora a Monaco, si occupa da più di vent’anni della sostenibilità» che è l’argomento principale dell’opera premiata e sta anche al centro
della Laudato si’ di Papa Francesco.
Vogt — ha proseguito il porporato — «non intende difendere un pensiero unilaterale, ma assume posizioni equilibrate di fronte a posizioni radicali. E riesce a indicare alcune
strade concrete per migliorare il mondo». Da parte sua, il
presidente della fondazione Domingo Sugranyes Bickel ha
presentato il convegno e illustrato l’attività dell’organismo.
Gruppi di fedeli all’udienza generale
All’udienza generale di mercoledì 15 febbraio, nell’aula Paolo
no presenti i seguenti gruppi:
VI,
era-
Dall’Italia: Parrocchia Sant’Agostino, in Gubbio; Associazione Guardie ambientali italiane, di Salerno; Associazione Nessuno escluso, di Taranto; Associazione sportiva Poseidon Soccer, di Santa Marinella; Associazione Nuova mente, di Lecco;
Coro Prealpi, di Villapedergnano-Erbusco; Coro Note ascendenti, di Sant’Eufemia-Lamezia; Terme Circolo didattico, di
Pompei.
Coppie di sposi novelli.
I polacchi: Pielgrzymi z parafii Matki Bożej Nieustającej
Pomocy z Suchania w diecezji szczecińsko-kamieńskiej; grupa
pielgrzymów ze stowarzyszenia Kościół Domowy z parafii katedralnej św. Michała Archanioła i św. Floriana z Warszawy;
nauczyciele z Publicznej Szkoły Podstawowej im. Armii Krajowej z Parysowa; pielgrzymi indywidualni.
De France: Paroisse Sainte-Thérèse, d’Auneuil; paroisse de
Mureaux; paroisse de Maisons-Laffitte et Mesnil-le-Roi; pa-
roisse Sainte-Jeanne d’Arc, de Versailles; servants d’autel de la
paroisse de Montaigu; servants d’autel de la paroisse de SaintQuentin-en-Yvelines; groupe de jeunes du diocèse de Bourges;
lycée Frédéric Ozanam, de Chalons-en-Champagne; lycée
Saint-Joseph du Loquidy, de Nantes; collège Saint-Michel, de
Bourgoin-Mallieu; collège Saint-Gabriel; institution Saint-Joseph, de Draguignan; Institution Sainte-Marie, d’Antony.
De Suisse: Paroisse Saint-Paul, de Genève.
From England: Students and staff from Sir Harry Smith
Community College, Peterborough.
From Denmark: Students and staff from Frydensberg
Boarding School.
From the United States of America: Pilgrims from the parishes of the Annunciation and the Good Shepherd, Minneapolis, Minnesota; Pilgrims from St Mary’s Catholic Community, Helena, Montana; Students and faculty from University of Mary, Bismarck, North Dakota, Rome Campus.
Aus der Bundesrepublik Deutschland: Pilgergruppe aus der
Pfarrgemeinde Maria Rosenkranzkönigin, Berlin; Stipendiaten
Max Weber Programm, Bayern; TSV 1860 München.
Aus der Republik Österreich: Pilgergruppe aus der Pfarrei
Hl. Thomas, Althofen; Kärntner Delegation von Katholischen
und Evangelischen Pfarrern in Begleitung S. E. Dr. Alois
Schwarz, Bischof von Gurk-Klagenfurt; Katholische Österreichische Studentenverbindung Kristall zu Leoben im ÖCV;
Schülerinnen, Schüler und Lehrer aus dem KLEX, Graz; Höere
Bundeslehranstalt und Fachschule für wirtschaftliche Berufe,
Weiz.
De España: Seminario Diocesano San Miguel, de la Diócesi de Orihuela-Alicante, con S.E. Mons. Jesús Murgul Soriano; grupo de estudiantes de la Universidad de Granada;
Alumnos de Bachillerato Instituto Extremadura, de Mérida.
De Dinamarca: Comunidad hispano hablante “San Toribio”, de Aarhus.
De Argentina: grupos de peregrinos.
Conclusa
la diciottesima
riunione
L’esame di quella che viene definita “diaconia della
giustizia”, ovvero l’attività della Penitenzieria apostolica, della Segnatura e della Rota romana, ha
fatto il suo ingresso nelle discussioni del Consiglio
di cardinali che nel pomeriggio di mercoledì 15 febbraio ha concluso la sua diciottesima riunione.
Dopo la dichiarazione di sostegno pieno al Papa
e al suo magistero che i consiglieri hanno voluto rilasciare lunedì 13, primo giorno della sessione di incontri (quella di lunedì è stata la seduta numero
100), i porporati hanno proseguito il loro confronto
portando ulteriori considerazioni su vari dicasteri,
in particolare sulla Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli, su quella per le Chiese orientali
e sul Pontificio consiglio per il dialogo religioso.
Tutti i membri del Consiglio sono stati presenti durante i tre giorni di riunioni, sempre seguite da Papa Francesco tranne lunedì per il tempo necessario
ad accogliere i vescovi della Costa Rica in visita ad
limina, e la mattina di mercoledì durante l’udienza
generale. Lunedì e martedì i cardinali consiglieri
hanno concelebrato insieme al Pontefice nella cappella di Santa Marta.
Tra i temi affrontati in questa sessione, c’è stato
di nuovo il processo per la selezione dei candidati
all’episcopato. Una discussione già avviata in precedenza e che deve ancora giungere a un risultato
definitivo da consegnare al Papa.
Come nelle precedenti riunioni, il cardinale Pell
ha riferito sul lavoro della Segreteria per l’economia per la piena attuazione della riforma economica, con particolare attenzione all’attività di formazione del personale e alle risorse umane.
Per quanto riguarda la riforma della comunicazione, lunedì sera il prefetto della segreteria, monsignor Viganò, ha dato conto dell’accorpamento della Radio vaticana con il Centro televisivo vaticano,
e ha parlato del piano per ristrutturare le frequenze
radio, delle nuove linee guida relative al mondo dei
social network e della riforma della Libreria editrice vaticana.
La prossima riunione si svolgerà dal 24 al 26
aprile.
Nomine episcopali
Le nomine di oggi riguardano la Chiesa in Italia e
in Brasile.
Giancarlo Perego
arcivescovo di Ferrara-Comacchio
(Italia)
Nato a Vailate, Cremona, il 25 novembre 1960,
ha compiuto gli studi nel seminario diocesano cremonese e successivamente ha conseguito la licenza
in teologia sistematica presso la Facoltà teologica
dell’Italia settentrionale. Nel 1996 si è laureato in
teologia alla Pontificia università Gregoriana. Ordinato sacerdote il 23 giugno 1984, è stato vicario
parrocchiale di San Giuseppe al Cambonino fino al
1992, segretario particolare del vescovo Giulio Nicolini dal 1993 al 1994, direttore della Caritas diocesana di Cremona dal 1997 al 2002, vicedirettore della Caritas nazionale e responsabile del centro studi
e dell’archivio storico dal 2002 al 2009, anno in cui
è divenuto direttore generale della fondazione Migrantes. È stato, inoltre, segretario particolare del
vescovo Enrico Assi dal 1984 al 1992, insegnante
nel seminario diocesano di Cremona dal 1996 al
2002, docente all’università Cattolica del Sacro
Cuore (sede di Cremona) dal 1996 al 2002, assistente diocesano del Meic dal 1997 al 2003 e assistente spirituale della Fuci dal 1997 al 2002. Dal
2009 insegna teologia dogmatica alla Lumsa e dal
2012 al 2016 è stato consultore del Pontificio consiglio della Pastorale per i migranti e gli itineranti.
Ha pubblicato la tesi di laurea, intitolata Un ministero tutto spirituale, sulla teologia del ministero
ordinato nel giansenismo lombardo tra illuminismo
e liberalismo (1755-1955). È direttore della rivista
«Migrantes» e ha pubblicato diversi articoli e
scritti.
Francisco Edimilson Neves Ferreira
vescovo di Tianguá (Brasile)
Nato il 3 ottobre 1969 a Jardim, diocesi di Crato,
stato di Ceará, dove ha svolto gli studi primari, ha
poi ricevuto la formazione filosofica e teologica
presso il seminario regionale Nordeste 1, a Fortaleza. Ordinato sacerdote il 12 dicembre 1997, è stato
parroco della Sagrado Coração de Jesus a Crato
(1999-2003) e coordinatore della pastorale diocesana (2000-2014). Vicedirettore del collegio Pequeno
Príncipe (dal 1998), attualmente era parroco della
Cattedrale Nossa Senhora da Penha (dal 2003),
membro del collegio dei consultori e del consiglio
presbiterale, direttore esecutivo della fondazione
“Padre Ibiapina” e direttore spirituale del seminario
diocesano São José di Crato.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 8
giovedì 16 febbraio 2017
Il Papa parla della vita del cristiano
Tutto è dono
Chi accoglie Dio come «protagonista
assoluto» della vita, riconosce in ogni cosa
un dono e fa esperienza della «pace
che scaturisce dalla fede». Lo ha detto
Papa Francesco all’udienza generale
di mercoledì 15 febbraio, nell’aula Paolo VI,
proseguendo il ciclo di catechesi dedicate alla
speranza cristiana.
Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
Più attenzione all’ambiente
Con un abbraccio e un
incoraggiamento Papa Francesco ha
accolto quaranta rappresentanti dei
popoli indigeni. Li ha voluti ricevere
e pregare con loro, prima dell’udienza
generale, nell’auletta dell’aula Paolo
VI, assicurando loro di non essere soli
nelle loro rivendicazioni. Ad
accompagnarli monsignor Fernando
Chica Arellano, osservatore
permanente della Santa Sede presso
le organizzazioni e gli organismi delle
Nazioni Unite per l’alimentazione e
l’agricoltura, con il vicepresidente del
Fondo delle Nazioni Unite per lo
sviluppo agricolo (Ifad), Michel
Mordasini. Al Pontefice hanno fatto
presente ciò che le comunità indigene
— trecento milioni di persone nel
mondo — intendono per «supporto
integrale»: uno stile di aiuto che non
consideri solo gli indici economici e
rivaluti i rapporti tra generazioni e
l’attenzione all’ambiente. È proprio
questo il principio cardine emerso nel
terzo forum mondiale dei popoli
indigeni che si è svolto dal 10 al 13
febbraio a Roma, nella sede dell’Ifad.
A Francesco sono stati dunque
presentati i contenuti del forum, un
vero e proprio termometro dello stato
dei diritti e delle condizioni di vita di
queste comunità. Significativo, poi,
che sia stata proprio l’agenzia
dell’Onu per lo sviluppo agricolo a
promuovere l’incontro: è, infatti, la
terra la prima risorsa per queste
popolazioni.
Sono venuti dalla Spagna,
precisamente da Granada, «per stare
vicini al Papa»: eppure questi venti
studenti universitari di latino, greco e
italiano «non sono credenti, hanno
esperienze di famiglie disgregate e
anche di condizioni di vita non
facili». Però «la testimonianza di
Francesco li ha colpiti e in qualche
modo provocati» spiega la loro
professoressa, Mar Morata García de
la Puerta. E c’è anche, confida
l’insegnante, «qualcuno che comincia
a parlare di voler essere battezzato».
Particolarmente significativi gli
incontri del Papa con le tante persone
ammalate e disabili. Molte di loro
sono state anche invitate
personalmente da Francesco, in
risposta alle loro lettere. Mariarosa e
Giuseppe Dal Bianco hanno voluto
incontrarlo per parlargli di Michele, il
loro figlio sedicenne «morto il 13
febbraio 2015 per una malattia
incurabile contro cui ha lottato per
trentatré mesi». A dargli «una forza
da guerriero — spiegano — è stata la
sua fede incrollabile e anche la
testimonianza del Papa che Michele
seguiva sempre in televisione», dal
suo letto a Zanè, nel vicentino. Il
ragazzo scrisse una lettera
all’indirizzo di Casa Santa Marta. E
Francesco non mancò di rispondere.
«Oggi abbiamo incontrato il Papa a
nome di Michele, facendo quello che
avrebbe voluto fare lui» dicono i
genitori, ricordando «come abbia
saputo preparare se stesso e gli altri
alla sua morte» e sottolineando che
«la sua testimonianza sulla
risurrezione è stata raccolta anche in
un libro».
Sono giunte da Torino le famiglie che
hanno dato vita all’associazione di
volontariato “Piccolo carro”, «per
sostenere socializzazione e
integrazione dei ragazzi con disabilità
intellettive, attraverso piccoli impegni
lavorativi». Con «l’unico obiettivo di
renderli autonomi il più possibile»
raccontano Maria Teresa e Gianni,
genitori di Chiara, che hanno fondato
questa rete solidale.
È venuto da Pompei, con i suoi
compagni di classe del secondo
circolo didattico, proprio per
festeggiare i suoi dieci anni con
Francesco: per Giovanni è stato
davvero «un compleanno speciale,
indimenticabile», oltretutto
«preparato alla grande — confidano
insegnanti e genitori — proprio per far
vivere ai bambini, fino in fondo,
questa esperienza di pellegrinaggio e
universalità». E il regalo più bello è
stata proprio la carezza del Papa.
A Francesco è stata anche presentata
la croce, chiamata «il mosaico
dell’umanità», realizzata per l’Anno
della misericordia. L’artista Roberto
Joppolo ne ha scolpiti tre esemplari
che saranno presto collocati a
Lampedua e a San José in Costa
Rica. Mentre una croce è già stata
collocata, il 20 novembre scorso, a
Viterbo. L’opera, in ferro e ceramica
policroma, altra quasi tre metri,
intende comunicare «un messaggio di
pace, accoglienza, solidarietà e di
dialogo ecumenico».
Fin da piccoli ci viene insegnato che non
è una bella cosa vantarsi. Nella mia terra,
quelli che si vantano li chiamano “pavoni”. Ed è giusto, perché vantarsi di quello
che si è o di quello che si ha, oltre a una
certa superbia, tradisce anche una mancanza di rispetto nei confronti degli altri,
specialmente verso coloro che sono più
sfortunati di noi. In questo passo della
Lettera ai Romani, però, l’Apostolo Paolo
ci sorprende, in quanto per ben due volte
ci esorta a vantarci. Di cosa allora è giusto
vantarsi? Perché se lui esorta a vantarsi, di
qualcosa è giusto vantarsi. E come è possibile fare questo, senza offendere gli altri,
senza escludere qualcuno?
Nel primo caso, siamo invitati a vantarci
dell’abbondanza della grazia di cui siamo
pervasi in Gesù Cristo, per mezzo della fede. Paolo vuole farci capire che, se impariamo a leggere ogni cosa con la luce dello Spirito Santo, ci accorgiamo che tutto è
grazia! Tutto è dono! Se facciamo attenzione, infatti, ad agire — nella storia, come
nella nostra vita — non siamo solo noi, ma
è anzitutto Dio. È Lui il protagonista assoluto, che crea ogni cosa come un dono
d’amore, che tesse la trama del suo disegno di salvezza e che lo porta a compimento per noi, mediante il suo Figlio Gesù. A noi è richiesto di riconoscere tutto
questo, di accoglierlo con gratitudine e di
farlo diventare motivo di lode, di benedizione e di grande gioia. Se facciamo questo, siamo in pace con Dio e facciamo
esperienza della libertà. E questa pace si
estende poi a tutti gli ambiti e a tutte le
relazioni della nostra vita: siamo in pace
con noi stessi, siamo in pace in famiglia,
nella nostra comunità, al lavoro e con le
persone che incontriamo ogni giorno sul
nostro cammino.
Paolo però esorta a vantarci anche nelle
tribolazioni. Questo non è facile da capire.
Questo ci risulta più difficile e può sembrare che non abbia niente a che fare con
la condizione di pace appena descritta.
Invece ne costituisce il presupposto più
autentico, più vero. Infatti, la pace che ci
offre e ci garantisce il Signore non va intesa come l’assenza di preoccupazioni, di
delusioni, di mancanze, di motivi di sofferenza. Se fosse così, nel caso in cui riuscissimo a stare in pace, quel momento finirebbe presto e cadremmo inevitabilmente
nello sconforto. La pace che scaturisce
dalla fede è invece un dono: è la grazia di
sperimentare che Dio ci ama e che ci è
sempre accanto, non ci lascia soli nemmeno un attimo della nostra vita. E questo,
come afferma l’Apostolo, genera la pazienza, perché sappiamo che, anche nei
momenti più duri e sconvolgenti, la
misericordia e la bontà del Signore sono
più grandi di ogni cosa e nulla ci
strapperà dalle sue mani e dalla comunione con Lui.
Ecco allora perché la speranza cristiana
è solida, ecco perché non delude. Mai, delude. La speranza non delude! Non è fondata su quello che noi possiamo fare o essere, e nemmeno su ciò in cui noi possiamo credere. Il suo fondamento, cioè il
fondamento della speranza cristiana, è ciò
che di più fedele e sicuro possa esserci,
vale a dire l’amore che Dio stesso nutre
per ciascuno di noi. È facile dire: Dio ci
ama. Tutti lo diciamo. Ma pensate un po’:
ognuno di noi è capace di dire: sono sicuro che Dio mi ama? Non è tanto facile
dirlo. Ma è vero. È un buon esercizio,
questo, dire a se stessi: Dio mi ama. Questa è la radice della nostra sicurezza, la radice della speranza. E il Signore ha effuso
abbondantemente nei nostri cuori lo Spirito — che è l’amore di Dio — come artefice,
come garante, proprio perché possa alimentare dentro di noi la fede e mantenere
viva questa speranza. E questa sicurezza:
Dio mi ama. “Ma in questo momento
brutto?” — Dio mi ama. “E a me, che ho
fatto questa cosa brutta e cattiva?” — D io
mi ama. Quella sicurezza non ce la toglie
nessuno. E dobbiamo ripeterlo come preghiera: Dio mi ama. Sono sicuro che Dio
mi ama. Sono sicura che Dio mi ama.
Adesso comprendiamo perché l’Apostolo Paolo ci esorta a vantarci sempre di tutto questo. Io mi vanto dell’amore di Dio,
perché mi ama. La speranza che ci è stata
donata non ci separa dagli altri, né tanto
meno ci porta a screditarli o emarginarli.
Si tratta invece di un dono straordinario
del quale siamo chiamati a farci “canali”,
con umiltà e semplicità, per tutti. E allora
il nostro vanto più grande sarà quello di
avere come Padre un Dio che non fa preferenze, che non esclude nessuno, ma che
apre la sua casa a tutti gli esseri umani, a
cominciare dagli ultimi e dai lontani, perché come suoi figli impariamo a consolarci
e a sostenerci gli uni gli altri. E non dimenticatevi: la speranza non delude.
Ai partecipanti a un forum promosso dall’Ifad
Tutelare i popoli indigeni
e i loro territori
Quando un’attività economica interferisce «con le culture indigene e la loro relazione ancestrale con la
terra», deve prevalere l’esigenza di un «consenso previo e informato» da parte delle popolazioni locali.
Lo ha detto il Papa incontrando prima dell’udienza generale, in un’auletta dell’aula Paolo VI, i
partecipanti al terzo forum dei popoli indigeni convocato dall’Ifad. Di seguito il testo italiano del
discorso pronunciato in spagnolo.
Cari Amici,
sono lieto di incontrarvi a conclusione dei lavori del 3° Forum dei Popoli Indigeni convocato dal Fondo Internazionale per lo Sviluppo
Agricolo, di cui ricorre quest’anno il quarantesimo di istituzione.
Vi siete soffermati a individuare le modalità
per una maggiore responsabilizzazione economica dei Popoli autoctoni. Credo che il problema essenziale sia come conciliare il diritto
allo sviluppo, compreso quello sociale e cultu-
Nei saluti ai fedeli
Una cultura inclusiva per i senza fissa dimora
Un appello a «promuovere sempre una cultura inclusiva per le
persone sole e per i senza fissa dimora» è stato lanciato dal
Papa all’udienza generale, durante i saluti rivolti ai gruppi
italiani presenti nell’aula.
Sono lieto di salutare i pellegrini di lingua francese, in particolare i giovani e le parrocchie venuti da Francia e Svizzera. Lo Spirito Santo apra i nostri cuori all’amore di cui
Dio ci ha riempiti per divenire in Gesù Cristo i testimoni
della speranza verso tutti, in particolare i piccoli e i poveri.
Dio vi benedica!
Saluto i pellegrini di lingua inglese presenti all’odierna
Udienza, specialmente quelli provenienti da Inghilterra,
Danimarca e Stati Uniti d’America. Su tutti voi e sulle vostre famiglie invoco la grazia del Signore Gesù affinché
possiate essere un segno della speranza cristiana nelle vostre case e nelle vostre comunità. Dio vi benedica!
Un caloroso benvenuto ai pellegrini e ospiti di lingua
tedesca. In particolare saluto il gruppo di parroci cattolici
ed evangelici provenienti dalla Carinzia, accompagnati da
Mons. Alois Schwarz. La speranza è un dono meraviglioso
di Dio: siamo chiamati a farci suoi “canali” per tutti. In tal
modo, come figli di Dio, impariamo a consolarci e a sostenerci gli uni gli altri. Lo Spirito Santo vi ricolmi con la sua
pace e la sua gioia.
Saludo cordialmente a los peregrinos de lengua española. En particular a los formadores y alumnos del Seminario
Diocesano de Orihuela-Alicante, Monseñor Murgui tiene
un buen seminario. Pidamos a María, Madre de misericordia, que interceda por nosotros para que nos ayudemos
mutuamente con el testimonio de nuestra fe y perseverancia, y así crezca nuestra esperanza. Que el Señor los bendiga. Muchas gracias.
Saluto i pellegrini di lingua portoghese presenti a quest’Udienza. Auguro che questo incontro, che ci fa sentire
membri dell’unica famiglia dei figli di Dio, rinnovi la vostra speranza nel Dio misericordioso che non esclude nessuno e ci invita a essere testimoni del suo amore, particolarmente verso i più bisognosi. Grazie.
Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua
araba, in particolare a quelli provenienti dal Medio Oriente! Cari fratelli e sorelle, la speranza cristiana è solida e
non delude perché è fondata sull’amore che Dio stesso nutre per ciascuno di noi. Diventiamo allora “canali” di questo dono straordinario e portiamolo a tutti. Il Signore vi
benedica!
Saluto i pellegrini polacchi venuti a quest’udienza. Ieri
abbiamo ricordato i santi Patroni d’Europa: Cirillo monaco, e Metodio vescovo. Questi due fratelli di Salonicco
hanno portato il Vangelo ai popoli Slavi. Ancor oggi essi
ricordano all’Europa, e a noi tutti, il bisogno di mantenere
l’unità della fede, la tradizione, la cultura cristiana e di vivere ogni giorno il Vangelo. A voi tutti che affrontate queste sfide, sostenendole con la vostra preghiera, imparto di
cuore la mia Benedizione.
Rivolgo un cordiale benvenuto ai fedeli di lingua italiana. Saluto i gruppi parrocchiali e le associazioni, in particolare Nessuno escluso di Taranto, esortando a promuovere
sempre una cultura inclusiva per le persone sole e per i
senza fissa dimora. Saluto il Coro Prealpi di Villapedergnano-Erbusco e Note Ascendenti di Sant’Eufemia - Lamezia
Terme, e li ringrazio per la bella esibizione. Quando si
vuole una cosa, si fa così! Così noi dobbiamo fare con la
preghiera, quando chiediamo qualcosa al Signore: insistere,
insistere, insistere, ... è un bell’esempio, un bell’esempio di
preghiera! Grazie! Auspico che questo incontro susciti in
ciascuno rinnovati propositi di testimonianza cristiana nella famiglia e nella società.
Un saluto speciale porgo ai giovani, agli ammalati e agli
sposi novelli. Ieri abbiamo celebrato la festa dei Santi Cirillo e Metodio, evangelizzatori dei popoli slavi e compatroni d’Europa. Il loro esempio aiuti voi, cari giovani, a diventare in ogni ambiente discepoli missionari; la loro tenacia incoraggi voi, cari ammalati, ad offrire le vostre sofferenze per la conversione dei lontani; e il loro amore per il
Signore illumini voi, cari sposi novelli, a porre il Vangelo
come regola fondamentale della vostra vita familiare.
rale, con la tutela delle caratteristiche proprie
degli indigeni e dei loro territori.
Questo è evidente soprattutto quando si
vanno a strutturare attività economiche che
possono interferire con le culture indigene e la
loro relazione ancestrale con la terra. In questo senso dovrebbe sempre prevalere il diritto
al consenso previo e informato, come prevede
l’art. 32 della Dichiarazione sui diritti dei popoli
indigeni. Solo così è possibile assicurare una
collaborazione pacifica tra autorità governative
e popoli indigeni, superando contrapposizioni
e conflitti.
Un secondo aspetto riguarda l’elaborazione
di linee-guida e progetti che siano inclusivi
dell’identità indigena, con una speciale attenzione per i giovani e le donne. Inclusione e
non solo considerazione! Ciò significa per i
Governi riconoscere che le Comunità autoctone sono una componente della popolazione
che va valorizzata e consultata e di cui va favorita la piena partecipazione, a livello locale e
nazionale. Non si può permettere una emarginazione o una divisione in classi: prima classe,
seconda classe... Integrazione con piena partecipazione.
A questa necessaria road map può contribuire efficacemente l’IFAD con i suoi finanziamenti e la sua competenza, riconoscendo che «uno
sviluppo tecnologico ed economico che non
lascia un mondo migliore e una qualità di vita
integralmente superiore, non può considerarsi
progresso» (Enc. Laudato si’, 194).
E voi, nelle vostre tradizioni, nella vostra
cultura — perché quello che voi portate nella
storia è cultura — vivete il progresso con una
cura speciale per la madre terra. In questo
momento in cui l’umanità sta peccando gravemente nel non prendersi cura della terra, io vi
esorto a continuare a dare testimonianza di
questo; e non permettete che nuove tecnologie
— che sono lecite e sono buone — ma non permettete quelle che distruggono la terra, che distruggono l’ecologia, l’equilibrio ecologico e
che finiscano per distruggere la saggezza dei
popoli.
Vi ringrazio di cuore per la vostra presenza
e chiedo all’Onnipotente di benedire le vostre
Comunità e illuminare l’azione di quanti hanno la responsabilità del governo dell’IFAD.
Grazie!