il periodico di febbraio

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Transcript il periodico di febbraio

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Anno VI
2017
febbraio
Periodico religioso di collegamento tra i membri e gli amici
della Famiglia Mariana Le Cinque Pietre
Shalom a voi pietre vive. Nel giorno dell’ordinazione sacerdotale di fra Alessandro e fra Agostino abbiamo respirato clima di
gioia e di attesa. La vocazione sacerdotale è un grande dono.
Ricordo il fascino che suscitava in me un sacerdote che con la
talare percorreva le vie del paese distribuendo saluti, caramelle
e qualche chiacchierata. Un giorno lo seguii da dietro, sembrava
una marcia trionfale, la gente dal balcone che lo chiamava, i
passanti che lo sorridevano. La figura del sacerdote ha sempre
affascinato le nostre generazioni.
Il nostro Papa Francesco nel suo discorso alla comunità del pontificio seminario regionale pugliese “Pio XI” ha tracciato un identikit di come deve essere un sacerdote. Ma la cosa che mi ha commosso è la sottolineatura che non sono mancate e non mancano le figure sacerdotali che hanno
speso la propria vita in mezzo alla gente. «Guardate i vostri padri nella fede, guardate i vostri padri, e chiedete al
Signore la grazia della memoria, la memoria ecclesiale. “La storia della salvezza non è incominciata con me” –
ognuno deve dirsi. “La mia chiesa ha tutta una tradizione, una lunga tradizione di sacerdoti bravi”: prendere questa tradizione e portarla avanti. E non finirà con te. Cerca di lasciare l’eredità a chi prenderà il tuo posto. Padri che
ricevono la paternità degli altri e la danno ad altri». Fra Agostino e Fra Alessandro avranno da raccontarci dei sacerdoti che li hanno generati alla fede, che hanno alimentato la loro vita della loro paternità e attenzione. Così come ciascuno di noi. Ed esorto a voi fratelli e sorelle di non lasciare soli i sacerdoti anziani e malati. Andate a trovarli, lasciate che vi raccontino le loro esperienze di vita e di fede. Vedrete che sono una miniera di perle preziose.
Il papa ai seminaristi riporta l’esempio di un sacerdote che ricordava i nomi di tutti i parrocchiani perfino quello
dei loro animali. Per dire che si preoccupava della quotidianità della gente. E deve avere il telefono alla portata di
mano. Significa consumarsi per amore della gente. Significa essere mediatore e non semplice funzionario o intermediario del sacro che non conosce la fronte sudata della gente. Nell’omelia del 6 Dicembre spiega Francesco: «Il
mediatore perde sé stesso per unire le parti, dà la vita, sé stesso, il prezzo è quello: la propria vita, paga con la propria vita, la propria stanchezza, il proprio lavoro, tante cose». E «il parroco», ha aggiunto il Papa, dà la vita proprio «per unire il gregge, per unire la gente, per portarla a Gesù». Perché «la logica di Gesù come mediatore è la
logica di annientare sé stesso». Del resto, «san Paolo nella lettera ai Filippesi è chiaro su questo: “Annientò sé
stesso, svuotò sé stesso” per fare questa unione, fino alla morte», e alla «morte di croce». Dunque: «il sacerdote è
un mediatore molto vicino al suo popolo, molto vicino». Segue lo stile di Dio che è condiscendenza, synkatàbasis.
Quando leggo queste frasi ricordo sempre lo stesso sacerdote di cui parlavo che ha amato la gente e la diocesi soffrendo fino alla fine. Pochi giorni prima di morire mi disse ad alta voce: «ho dato tutto, si tutto».
Il papa riporta ai seminaristi un’altra figura di esempio una suora che dava sberle “spirituali” ai novizi inviati dal
papa già provinciale e maestro. Simpaticamente racconta che con due schiaffi spirituali metteva in
riga i novizi e sacerdoti. Si tratta di maternità spirituale. I sacerdoti hanno bisogno di mamme che
preghino e offrano di nascosto le sofferenze per la loro santificazione. Questo è anche una grande
vocazione di Dio. I nostri novelli sacerdoti hanno bisogno di mamme.
Carissimi preghiamo per i nostri fratelli che abbino il coraggio di continuare la via dell’annientamento e dello svuotamento della propria volontà come Gesù vero Sacerdote, Profeta e Re.
Dal vostro fratello Benedetto di Gesù Misericordioso
La gioia del perdono
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Storia straordinaria di Bettina Tozzi
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Poesie e racconti
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SPECIALE Sui passi di Fatima
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DONNA scopri e vivi ciò che sei
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Il giogo ferreo della lingua cattiva
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di fra Francesco Maria di Gesù Abbandonato,
frate di Maria
In questo Anno della Misericordia appena trascorso ognuno di noi ha potuto sperimentare che “la gioia di Dio è perdonare” (papa Francesco, angelus 15/09/2013).
Un Padre che trova gioia nel ritrovar me peccatore: si scomoda, mi cerca, mi trova,
mi vuol caricare sulle sue spalle (cfr. Lc 15,4-7) … e io mi lascio perdonare.
Rievocando un’immagine utilizzata dal nostro padre Giovanni, il graffio del mio peccato diventa lo stelo di una nuova rosa. E così la gioia di Dio diventa la mia gioia perché il mio cuore si è aperto “alla speranza di una vita nuova” (papa Francesco, Misericordia et misera, n.3).
Noi che abbiamo sperimentato la gioia dell’essere perdonati, sappiamo che tale
gioia “è indicibile”. Ma allo stesso tempo comprendiamo che dopo l’incontro tra la
nostra miseria e la Misericordia, inevitabilmente la gioia “traspare in noi”. Lo comprendiamo anche attraverso l’esperienza: quando siamo tristi o nelle relazioni con
gli altri non riusciamo ad esprimere nessuna emozione positiva, spesso è perché non ci sentiamo perdonati da Dio, non
ci siamo perdonati noi stessi e non perdoniamo gli altri a nostra volta.
Invece il sorriso è l’espressione di uomini e donne
“misericordiati”.
E ora che abbiamo fatto l’esperienza della Misericordia, la
gioia sarà tanto più piena tanto più saremo artigiani di misericordia.
Gioia perché perdonati! Gioia perché perdoniamo!
Gioia di vivere perché speriamo nella vita nuova!
“Il vostro volto esprima la gioia di essere di Dio!
E la gioia non può esserci se il peccato ha dimora in noi. Dopo aver organizzato la vostra preghiera in famiglia, organizzate anche il tempo per accostarvi
al Sacramento della Riconciliazione, chiamato anche Sacramento della Gioia.”
(padre Giovanni dell’Immacolata,
Famiglia, accendi la tua lampada, pag.13, Edizioni Palumbi, 2016 )
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Cresciuto amore per grandi silenzi
Di spazi e di deserti
Nutre l’animo.
Il pensiero s’incammina
Seguendo nuove vie:
lo sguardo lentamente
del mondo s’affaccia sul limite
e sente l’invisibile.
(Ugo Foscolo, la sorte pura)
Una volta una fata chiese ad una bambina di attraversare il prato fiorito e di
portargli il fiore più bello. In compenso le avrebbe dato un regalo proporzionato
alla bellezza del fiore. Raggiante, la ragazzina incominciò ad attraversare il prato, scartando gli splendidi fiori che incontrava sul suo cammino, sicura che
avrebbe scoperto fiori ancora più belli e profumati. E così, scartando, ad uno ad
uno, i vari fiori che le si presentavano, in attesa di scoprirne uno migliore, si trovò all’estremità del campo a mani vuote.
Aspettare domani significa non incominciare mai, p.76
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di suor Maria Francesca del Volto Santo,
suora di Maria
In questo mese affronteremo il tema della donna e lo faremo in compagnia della Lettera Apostolica di Papa Giovanni Paolo II pubblicata nel 1988, in occasione
dell'Anno Mariano: La Mulieris Dignitatem.
Essa ha come finalità di approfondire cosa significa, a partire dalla fede, il fatto
che Dio abbia creato l'essere umano come uomo e donna, e qual è
la missione specifica che Dio ha affidato alla donna.
Tale riflessione si sviluppa con il carattere della meditazione biblica soffermandosi sui primi tre capitoli della Genesi.
Il papa definisce anzitutto in cosa consiste precisamente la dignità dell'essere
umano: “La dignità di ogni uomo e la vocazione ad essa corrispondente trovano la
loro misura definitiva nell'unione con Dio.”
Le donne illuminate dallo spirito evangelico possono tanto operare per aiutare
l’umanità a non decadere. L'essere umano è l'unica creatura che Dio ha voluto per se stessa; questo non è solo un dato di fatto, ma è la direzione nella quale
l'io deve camminare per realizzare se stesso, e in ciò consiste il suo compito specifico; questa autorealizzazione, tuttavia, giunge a compimento soltanto quando
l'uomo non cerca unicamente se stesso, ma si dà agli altri "mediante un dono sincero di sé" (n. 7).
Le risorse personali della femminilità non sono certamente minori delle risorse della mascolinità, ma sono solamente diverse. La donna dunque - come, del
resto, anche l'uomo - deve intendere la sua «realizzazione» come persona, la sua
dignità e vocazione sulla base di queste risorse, secondo la ricchezza della femminilità, che ella ricevette nel giorno della creazione e che eredita come espressione a lei peculiare dell'«immagine e somiglianza di Dio». Solamente su questa via
può essere superata anche quell'eredità del peccato che è suggerita dalle parole
della Bibbia: «Verso tuo marito sarà il tuo istinto, ma egli ti dominerà» (Gen
3,16).
In tutti i casi nei quali l'uomo è responsabile di quanto offende la dignità
personale e la vocazione della donna, egli agisce contro la propria dignità
personale e la propria vocazione.
In Maria, Eva riscopre quale è la vera dignità della donna, dell'umanità femminile.
Questa scoperta deve continuamente giungere al cuore di ciascuna donna e dare
forma alla sua vocazione e alla sua vita.
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E' universalmente ammesso che Cristo si sia fatto davanti ai suoi contemporanei
promotore della vera dignità della donna e della vocazione corrispondente a questa
dignità. A volte ciò provocava stupore, sorpresa, spesso al limite dello scandalo.
La verginità e la maternità sono due dimensioni particolari nella realizzazione
della personalità femminile. Alla luce del Vangelo, esse acquistano la pienezza del
loro senso e valore in Maria, che come Vergine divenne Madre del Figlio di Dio.
Queste due dimensioni della vocazione femminile si sono in lei incontrate e
congiunte in modo eccezionale, così che l'una non ha escluso l'altra, ma l'ha
mirabilmente completata.
Le donne sante sono una incarnazione dell'ideale femminile, ma sono anche un modello per tutti i cristiani, un modello di «sequela Christi», un esempio di come la
Sposa deve rispondere con l'amore all'amore dello Sposo.
La forza morale della donna, la sua forza spirituale si unisce alla consapevolezza che Dio le affida in un modo speciale l'uomo, l'essere umano. Naturalmente Dio affida ogni uomo a tutti e a ciascuno, tuttavia, questo affidamento riguarda in modo speciale la donna - proprio a motivo della sua femminilità - ed esso
decide in particolare della sua vocazione. La donna è forte per la consapevolezza
dell'affidamento, forte per il fatto che Dio «le affida l'uomo».
Che Maria, Madre dei Poveri, ci aiuti a scoprire e a vivere in pienezza questa meravigliosa dignità che Dio creatore ha posto in ogni donna il giorno della creazione.
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di fra Giuseppe Maria di sorella umiltà,
frate di Maria
Ci sono tanti tipi di follie, ma quelle che più fanno risonanza sono quelle fatte per
amore! ah! l’amore porta a fare gesti davvero splendidi, anche se a volte incomprensibili. È’ quello che è successo a Benedetta Tozzi (Bettina), che per amore ha assunto comportamenti che hanno lasciato, talvolta, un po’ perplessi. Di certo però non hanno lasciato perplesso Dio, al quale Bettina ha offerto tutte le sue
“follie d’amore a piedi nudi”. È questo il titolo del libro scritto da Mons. Pasquale Maria Mainolfi sulla straordinaria vita di Bettina.
Bettina è una semplice ragazza nata nel Sannio, a Reino, in provincia di Benevento. La sua vita è segnata da subito da alcune ferite, ma che non la fanno sprofondare, anzi, le fanno ancor più sentire il grido dei poveri e dei bisognosi. Lei si offre completamente a Dio e si abbandona alla sua volontà completamente, rinunciando a tutto quello che ha di materiale, vivendo alla maniera di San Francesco, e come Madre Teresa, intesse lentamente sentieri di amore e di speranza,
dove chi ci si trova non può non sentirne il calore, il profumo di buono, di genuino,
di cielo.
Dopo essere stata per alcuni anni in un convento di clausura, viene dimessa, perché non risulta idonea alle regole e non si sottomette non solo alla superiora, ma
neanche al vescovo! È disobbedienza? Mah! Bettina faceva quello che il Signore le
suggeriva nel cuore, le sue forme estreme di digiuno e di penitenze anche all’interno del convento, erano fatte in obbedienza a Gesù.
Uscita dal convento mette in pratica tutto quello che il cuore, sotto l’azione dello
Spirito Santo, le suggeriva. Vende tutti i suoi averi per darli ai poveri, lei si veste
di stracci e, girando di luogo in luogo a piedi nudi, annuncia Cristo per cibare chi è
senza speranza, mentre lei, per sostenersi, si ciba solo di pane e acqua.
Chi l’ha incontrata e conosciuta (tra cui anche il nostro fondatore) racconta di
questa donna minuta, scarna, provata, ma con una grande pace e serenità negli occhi e nel cuore.
Dopo un grave incidente si presta come volontaria presso l’ospedale per tanti
anni, e qui, in ciabatte per questioni di igiene, dà sollievo non solo ai malati,
ma anche ai dottori e infermieri, curando, con la sua dolcezza e tenerezza le ferite del corpo e dell’anima.
Una donna fuori dal comune, la madre Teresa del Sannio, come era chiamata
spesso, che nutrendosi di pane e acqua (raramente accetta altro), camminando a
piedi nudi (l’auto per lei era un lusso) e dormendo al freddo, per terra o su di una
cassapanca, tenendo per cuscino un tronco di legno, salva anime per Gesù!
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Bettina, la camminatrice del Sannio ha lasciato orme di santità ovunque passava,
per tutti aveva una parola di conforto, di speranza. Per fare tutto ciò non mancava mai di pregare per ore, di andare a Messa e all’adorazione, dove si poteva ricaricare. Entrava in chiesa in ginocchio e in ginocchio arrivava ai piedi dell’altare.
Una volta cibatasi di Gesù, riprendeva la sua strada per annunciare: entrava
in chiesa da pastore, ed usciva da apostolo e la sua teologia non era fondata sul
sapere, ma sul guardare oltre, sull’ avere occhi più profondi, per vedere più lontano.
A volte incompresa, a volte derisa, Bettina ha sempre continuato con gioia a fare
la volontà del Padre, testimoniando il Vangelo e mettendolo in pratica, perché la
sua fede si basava sulle opere.
È volata in cielo a 70 anni, spendendosi sempre per il prossimo e umiliandosi senza
perdere la dignità!
Che possiamo, come Bettina, saper compiere la volontà di Dio ogni giorno, senza
vergognarci. Non importa in quale strada, l’importante è lasciare quelle orme che
profumano di Paradiso
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di suor Maria Teresa dell’Annunciazione,
suora di Maria
Il 13 giugno, Francesco, Giacinta e Lucia si trovano con altre persone nel luogo delle apparizioni. Dopo aver recitato il rosario, un riflesso di luce che la prima volta scambiarono per un lampo si avvicina e appare la Madonna sul leccio come già avvenuto a Maggio.
Alla domanda di Lucia su cosa volesse da lei, la Madonna risponde che voleva che tornassero il 13 del mese successivo, che recitassero ogni giorno il rosario e che imparassero a leggere, e successivamente avrebbe detto quello che voleva.
Lucia chiese la guarigione di un malato e la Madonna rispose che sarebbe guarito entro
l’anno qualora si fosse convertito.
Alla domanda di portarli in Cielo la Madonna rispose di sì, ma Francesco e Giacinta sarebbero andati di lì a poco, mentre lei avrebbe dovuto aspettare ancora qualche tempo
perché Gesù voleva servirsene ancora per farla conoscere e amare e perché voleva stabilire la devozione al suo Cuore Immacolato.
Lucia chiese se sarebbe rimasta sola ma la Madonna la rassicurò dicendole che non l’avrebbe lasciata mai e che il suo Cuore Immacolato sarebbe stato il suo rifugio e il cammino che l’avrebbe condotta fino a Dio.
Lucia racconta che alla fine la Madonna aprì le mani, come già era successo a maggio,
comunicando il riflesso di quella luce nella quale si erano visti immersi in Dio. Adesso
Giacinta e Francesco sembravano stare in quella parte di luce che si alzava verso il cielo, lei in quella che si diffondeva sulla terra. Inoltre davanti al palmo della mano destra
la Madonna aveva un cuore coronato di spine che era il Suo Cuore Immacolato oltraggiato dai peccati dell’umanità, per i quali chiedeva riparazione.
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di Filippo Betti,
operatore di Shalom
Il 1917 non è solo uno degli anni più duri della Prima Guerra Mondiale (cui s’aggiungono l’entrata degli Stati Uniti in guerra e la sconfitta di Caporetto), ma
anche il momento storico in cui, nei “dieci giorni che sconvolsero il mondo”, la
rivoluzione in Russia fa cadere il regime zarista ed instaura uno stato comunista,
ispirato alle teorie di Karl Marx.
La rivoluzione, che prende corpo in un paese autocratico ed arcaico, posto sotto il
controllo dello zar Nicola II, vede le forze rivoluzionarie divise in vari orientamenti: dai bolscevichi (maggioritari all’interno del partito operaio socialdemocratico, e guidati da Lenin) ai menscevichi (minoritari, e fautori di una fase intermedia di “rivoluzione borghese”), dai "cadetti", che chiedono riforme costituzionali e il suffragio universale, fino ai socialisti rivoluzionari, con forte radicamento
nelle campagne.
Le sconfitte militari e la crisi economica fanno precipitare la situazione: nel febbraio 1917 una prima rivolta, partita da Pietrogrado, porta alle costituzione dei
primi “soviet” (consigli elettivi dei rivoluzionari); il governo provvisorio passa a
L’vov e Kerenskij, mentre lo zar abdica e Lenin torna in Russia, diffondendo
le famose Tesi di Aprile. I tumulti del luglio 1917 e l’arresto di molti bolscevichi
favoriscono la svolta conservatrice del governo e sono il preludio alla Rivoluzione
di Ottobre (24-25 del calendario russo) e per le durissime condizioni della pace
di Brest-Litovsk (3 marzo 1 91 8).
Dopo la guerra civile e la repressione delle forze anti-bolsceviche sostenute
dall’Intesa, la nascita dell’URSS (30 dicembre 1 922) e del suo complesso assetto istituzionale (gennaio 1924) passa attraverso le difficili condizioni economiche post-belliche (dal “comunismo di guerra” all’approvazione della NEP, la
Nuova Politica Economica a partire dai primi anni Venti) e l’accentramento del potere socio-politico nelle mani del Partito Comunista. A Lenin, succede poi Stalin
(rivale di Trotskij), che segna il passaggio alla teoria del “socialismo in un solo
paese”.
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La storia della Russia ha molto a che fare anche con le apparizioni di Fatima per
la grande richiesta che la Madonna fece affinché si fermassero i mali del mondo:
la consacrazione della Russia al suo Cuore Immacolato. Di questo parleremo
nell’articolo del periodico del prossimo mese che tratterà del comunismo in Russia, ma intanto ecco qui riportato cosa scrisse suor Lucia riportando le parole
della richiesta della Madonna:
“Avete visto l'inferno dove cadono le anime dei poveri peccatori. Per salvarle, Dio
vuole stabilire nel mondo la devozione al Mio Cuore Immacolato. Se faranno quel
che vi dirò, molte anime si salveranno e avranno pace. [...]. Per impedirla [la guerra], verrò a chiedere la consacrazione della Russia al Mio Cuore Immacolato e la
Comunione riparatrice nei primi sabati. Se accetteranno le Mie richieste, la Russia si convertirà e avranno pace; se no, spargerà i suoi errori per il mondo, promuovendo guerre e persecuzioni alla Chiesa. I buoni saranno martirizzati, il Santo
Padre avrà molto da soffrire, varie nazioni saranno distrutte. Finalmente, il Mio
Cuore Immacolato trionferà. Il Santo Padre Mi consacrerà la Russia, che si convertirà, e sarà concesso al mondo un periodo di pace.”
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di padre Giovanni dell’Immacolata,
frate di Maria
e padre della Famiglia Mariana le Cinque Pietre
"Volete offrirvi a Dio pronti a sopportare tutte le sofferenze che Egli vorrà
mandarvi, in riparazione dei peccati con cui Egli è offeso, e per ottenere la conversione dei peccatori?". "Si, vogliamo!". "Allora dovrete soffrire molto, ma la
grazia di Dio sarà il vostro conforto". (13 maggio)
"Sacrificatevi per i peccatori, e dite molte volte, specialmente ogni volta che fate qualche sacrificio: o Gesù è per amor Vostro, per la conversione dei peccatori
e in riparazione dei peccati commessi contro il Cuore Immacolato di Maria" (13
luglio)
“Offrite sacrifici per i poveri peccatori!” I tre fanciulli presero molto sul serio
questo invito e non persero occasione per presentare con il loro cuore puro e la
loro semplicità e generosità di fanciulli, i loro sacrifici per i “poveri peccatori”,
cioè per tutti noi, che fanciulli non siamo più, e che con il cuore corrotto dal
tanto peccare non sappiamo più riprendere la strada buona ma giriamo a vuoto infangandoci sempre di più nella palude dei nostri peccati, non desiderosi di cambiare vita ma contenti della mediocrità.
“Conosco le tue opere: tu non sei né freddo né caldo. Magari tu fossi o freddo o
caldo! Ma poiché sei tiepido, non sei cioè né freddo né caldo, sto per vomitarti
dalla mia bocca” (Apocalisse 3, 15-16).
Sì, siamo “poveri peccatori” contenti della mediocrità, incapaci di autentici slanci
di amore.
Per noi si sono offerti i tre fanciulli di Fatima. Per noi che abbiamo paura di iniziare e di portare avanti l’invito di Maria al digiuno, essi offrivano i loro digiuni restando senza mangiare e bere nelle lunghe giornate d’estate; per noi che
siamo schiavi della moda e dell’effimero apparire, loro si cingevano, sotto la
maglia, ruvide corde attorno ai fianchi per offrire al Signore anche quel dolore
“per la conversione dei poveri peccatori”.
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Lasciamoci scuotere dall’esempio di questi fanciulli per non lamentarci continuamente delle piccole sofferenze quotidiane; certi contrattempi li viviamo
come si ci crollasse addosso un palazzo, un raffreddore come se stesse per finire
il mondo.
Sappiamo, seguendo il loro esempio, offrire non solo i contrattempi o le contrarietà di ogni giorno con amore ma offriamo anche con slancio e gioia i nostri digiuni e altre piccole mortificazioni quotidiane.
I tre pastorelli non avevano grandi peccati da espiare, noi invece, cresciuti
in una società dalla quale è stato cacciato Dio, quanto abbiamo da riparare!
Aiutiamo Gesù a salvarci uscendo dal pantano della mediocrità.
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di fra Benedetto di Gesù Misericordioso,
frate di Maria
Siracide 13-26:
13
Maledite il calunniatore e l’uomo che è bugiardo,
perché hanno rovinato molti che stavano in pace.
14
Le dicerie della lingua tripla hanno sconvolto molti,
li hanno scacciati di nazione in nazione;
hanno demolito città fortificate
e rovinato casati potenti.
15
Le dicerie della lingua tripla hanno fatto ripudiare donne forti,
privandole del frutto delle loro fatiche.
16
Chi a esse presta attenzione certo non troverà pace,
non vivrà tranquillo nella sua dimora.
17
Un colpo di frusta produce lividure,
ma un colpo di lingua rompe le ossa.
18
Molti sono caduti a fil di spada,
ma non quanti sono periti per colpa della lingua.
19
Beato chi è al riparo da essa,
chi non è esposto al suo furore,
chi non ha trascinato il suo giogo
e non è stato legato con le sue catene.
20
Il suo giogo è un giogo di ferro;
le sue catene sono catene di bronzo.
21
Spaventosa è la morte che la lingua procura,
al confronto è preferibile l’Ade.
22
Essa non ha potere sugli uomini pii,
questi non bruceranno alla sua fiamma.
23
Quanti abbandonano il Signore in essa cadranno,
fra costoro divamperà senza spegnersi mai.
Si avventerà contro di loro come un leone
e come una pantera ne farà scempio.
24a
Ecco, recingi pure la tua proprietà con siepe spinosa,
25b
e sulla tua bocca fa’ porta e catenaccio.
24b
Metti sotto chiave l’argento e l’oro,
25a
ma per le tue parole fa’ bilancia e peso.
26
Sta’ attento a non scivolare a causa della lingua,
per non cadere di fronte a chi ti insidia.
14
Dalla lettura di questa pericope tratto dal libro del Siracide ci si trova davanti a
un grande pedagogo che con un’imprecazione “Maledite”, inizia a descrivere gli
effetti disastrosi della lingua cattiva, e con il macarismo incoraggia a essere pii
che non si sottomettono al giogo di ferro della lingua cattiva. La prima parte della pericope va dal v. 13 – 18. Inizia con un’imprecazione: “maledite” che in ebraico
significa rendere leggero, privargli la vita. Il calunniatore non è nella benedizione
del Signore. Egli rovina quelli che stanno in pace. Il v.16 leggiamo che chi presta
attenzione alla lingua cattiva non vivrà tranquillo nella dimora. La dimora è il luogo
dell’intimità, dell’incontro personale con Dio, con se stessi – ci si trova a proprio
agio nella propria casa – e con i propri cari. Il v. 13 e il v.16 fanno da cornice alla
descrizione di Siracide delle conseguenze della lingua tripla. La lingua tripla danneggia sia chi la pronuncia, chi la sente e il destinatario della calunnia. La lingua
tripla semina divisione tra coloro che stavano in pace. Separa da nazione a nazione, separa le persone nella città e infine nella propria dimora. Gli effetti della lingua cattiva sono devastanti e inafferrabili, si perde il controllo. Separa da nazione a nazione. Ricordiamo il racconto della torre di babele. Gli uomini cercarono di
essere come Dio, la loro superbia li ha posti uno contro l’altro, non parlavano più
con una sola lingua. Nella pentecoste invece si parla con una sola lingua, cioè il linguaggio dell’amore che unisce. « La lingua tripla ripudiò donne virili e le ha derubate del risultato delle loro fatiche». La donna forte richiama il capitolo 31 dei
proverbi. La donna forte è colei che incarna la sapienza di Dio, medita la sua legge, si prende cura della casa, del marito, dell’educazione dei figli. È una donna capace di immane sacrifici, capace di stare in piedi tutta la notte. Non dimentica
del povero e del misero. È immagine della provvidenza e maternità di Dio. Anche
lei viene distrutta dalla lingua cattiva, viene
ripudiata dal marito, disprezzata dai figli, si
vede privata della sua dignità.
Siracide dopo l’elencazione degli effetti disastrosi della lingua, dal livello macro sociale a quello domestico, con una metafora ribadisce la sua ammonizione nel v. 17.La lingua addirittura ha una forza superiore a
quella di una frusta. Spacca le ossa. Le ossa
sono il sostegno del nostro corpo. Senza le
ossa i muscoli non possono essere compaginati tra di loro. Si intende dire che la calunnia demolisce la forza fisica, morale e spirituale della persona. Vede crollare il suo
mondo, la sua reputazione e il suo buon nome.
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Dai vv. 19- 23, Siracide confronta l’uomo pio e il malvagio. Inizia con il macarismo:
“Beato” è colui che non si pone sotto il giogo della lingua cattiva, il suo giogo è di
ferro e di bronzo. Le catene di ferro indicano la prigione della morte. Infatti leggiamo nel seguente versetto che è terribile la morte che arreca la lingua cattiva
a chi ne fa uso. Addirittura è preferibile l’Ade alla morte. Che significa? C’è differenza tra la morte del giusto e la morte del calunniatore. Il calunniatore non
solo viene escluso e disprezzato nella società ma dopo la sua morte non verrà ricordato. Non ha potere sui pii la lingua cattiva perché il giusto, nella bibbia, è colui che rumina giorno e notte la Legge di Dio. Cioè medita e assimila la sapienza di
Dio. Le sue parole saranno solo di benedizione e di edificazione.
Dai versi 24-26 Siracide si rivolge al discepolo. Inizia con l’espressione: “ecco”.
Dopo aver illustrato le conseguenze nefaste della lingua menzognera e elogiato
l’uomo giusto che vince il fuoco della lingua cattiva, esorta con 5 imperativi a custodire la propria bocca. Il v. 24 e 26 esorta a circondare la propria proprietà
con una pianta spinosa. Le piante spinose permettono di allontanare i nemici sia
fuori che da dentro. Significa allontanare le tentazioni di proferire parole di
menzogna e di cattiveria: “sta attento a non inciampare in essa” nel v. 26. Nel
v.25b e 25a si invita a porre serratura alla bocca e pesare le parole. Quanto è attuale questo consiglio. Misura le parole dice Siracide. Poni attenzione alle circostanze. Prima di parlare vedi se è proprio necessario dirlo, se edificano il prossimo, se viene dalla radice buona del tuo cuore cioè dalla vera carità. Nel v. 24b
“chiudi con catene il tuo argento e oro”, cioè la tua bocca sia d’oro. Cioè parole
buone e di benedizione.
Chiediamo al nostro Signore di custodire la nostra lingua, di guarirci dai risentimenti, gelosie e invidie che proviamo. Se le lasciamo crescere queste piante velenose, la nostra bocca diventa fonte di maledizione e di distruzione.
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