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PRIMO PIANO
Giovedì 16 Febbraio 2017
Il pil non cresce (anzi si erode: -10% in dieci anni!) anche perché prevale la sfiducia
Manca la volontà di crescere
L’Italia rimane il fanalino di coda di tutti i paesi Ue
DI
GIANNI CREDIT
C
ome mai l’Italia è il
paese Ue che crescerà meno, nel 2017 e
nel 2018? Le previsioni invernali diffuse dalla
Ue sono crude: soprattutto
in vista della (probabile) riforma dell’Europa a più velocità. Il fotogramma di un pil
italiano unico ad aumentare
meno dell’1% ripropone tutti
gli interrogativi, i tentativi
d’interpretazione, i dibattiti
prodotti ogni trimestre da un
film iniziato già nel 2008 (da
allora al 2015 sono stati quasi
dieci i punti di pil perduti).
La svolta del 2011 (l’anno della crisi dello spread e
quindi dell’austerity imposta
da Europa e mercati) ha lasciato certamente l’AziendaPaese a corto di fiducia che si
misura a colpi di centinaia di
miliardi di minore domanda
di consumo e d’investimento,
sia da parte delle famiglie
che delle imprese. La crisi di
fiducia si è presto riverberata
nel settore bancario italiano,
colpito sia dalla recessione
che da specifiche strette regolamentari da parte dell’Europa. Qui l’effetto principale
è stato il prosciugamento del
credito nonostante le iniezioni di liquidità e i tassi zero
decisi dalla Bce nell’ultimo
biennio.
Un punto di sintesi significativo e osservabile è
stato il crollo della domanda edilizia (il settore che è
motore del pil): nel biennio
2014-2015, ad esempio, la
diminuzione delle nuove
case vendute in Italia è stata doppia rispetto a quella
registrata in Germania e
Gran Bretagna, quadrupla
rispetto a quella francese.
Sul versante imprenditoriale è spiccato con non minore
evidenza il netto invecchiamento del parco-macchine
dell’industria italiana. Fra
il 2005 al 2015 (ha segnalato l’Ucimu) le macchine
utensili installate in un
campione di 3 mila aziende
italiane sono scese da 340
mila a 305 mila e la loro età
media è aumentata da meno
di 11 anni a quasi 13.
Gli italiani mantengono ancora un significativo
stock di risparmio, anzi continuano ad alimentarlo (nel
2016, i gestori di risparmio
monitorati da Assogestioni
hanno totalizzato una raccolta netta positiva per 54
miliardi). La resistenza della propensione al risparmio
è comunque l’altra faccia
della cautela nel consumo
e soprattutto nell’investimento.
La spirale recessiva agisce in tutte le sue volute:
pil e occupazione, pressione
tributaria sempre alta ma
conti pubblici sempre in affanno (con il debito ai limiti
di guardia), bilanci bancari
in sofferenza nonostante i
tassi zero.
Naturalmente con tutti i
riflessi mediatici del caso:
dai titoloni sulle «banche
che falliscono» a quelli
sull’ennesimo ultimatum
Ue per un aumento delle
accise della benzina. E non
sorprende - in questa lunga
congiuntura - che la produttività dell’Azienda-Paese
abbia fatto ben pochi passi
in avanti: soprattutto quella
del lavoro (dal 1995 al 2015
è cresciuta allo 0,3% medio
annuo, rispetto al +1,6%
medio della Ue).
Su questo terreno il
rimpallo delle responsabilità è costante. Gli imprenditori accusano sistematicamente lo Stato: di non
produrre riforme efficaci e
tempestive; di non tagliare
una spesa pubblica rigida e
improduttiva e quindi il debito; di gestire la pubblica
amministrazione con standard minimi di efficienza.
In ultima analisi: accusano il government di tenere il
Paese nella sfiducia e di non
far nulla per ricrearla. I governi invece se la prendono
con il ceto imprenditoriale,
soprattutto quello maggiore: accusato di fuggire dal
Paese alla prima occasione
(i veri investimenti esteri
sull’Italia restano quelli che
acquistano i top brand nazionali); o di aver sprecato
le opportunità offerte dalle
grandi privatizzazioni degli
anni 90. Le organizzazioni
sindacali difendono ormai
quasi più gli ex lavoratori pensionati che i giovani
senza lavoro: i quali accusano tutti di non creare o
redistribuire il lavoro. Tutti o quasi, infine, accusano
l’Europa.
Non stupisce che, di
fronte ai questi nodi, abbiano mostrato i loro limiti
sia gli strumenti tecnici della politica economica (a cominciare dall’espansionismo
monetario) sia le iniziative e
le azioni sul terreno più propriamente politico: quelle del
governo e delle parti sociali
nel Paese, quella delle autorità nazionali nel confronto con
quelle europee e, non da ultimo, quella delle istituzioni Ue
nel garantire una leadership
efficace.
È ormai evidente che non
sarà un trimestre in più di
Quantitative easing o altre
misure temporanee a invertire le aspettative e a cambiare realmente le cifre. Né
è possibile immaginare che
i dieci punti di pil persi in
meno di un decennio vengano recuperati in via inerziale nello stesso arco temporale. Anche la prevedibilità
dei cicli è una delle vittime
della grande crisi di inizio
millennio.
Finora al centro dell’immaginario anti-crisi vi è
stato il bazooka: una megaarma nelle mani delle più
disparate authority per distruggere una recessione in
fondo imprendibile perchè
polverizzata nelle teste di
decine di milioni di italiani, di centinaia di milioni
di europei. Forse è il caso
di puntare su una reazione
a catena, sulla decisione di
ciascun attore dell’economia
e delle società di interpretare nuovamente il proprio
ruolo. Il pil debole non è
mai la causa, ma l’effetto
del malessere di un Paese:
la crescita reale non è mai
possibile se viene meno la
volontà di crescere.
IlSussidiario.net
CANE PER LA PET THERAPY BLOCCATO A VENEZIA: NON PUÒ RAGGIUNGERE GLI STATI UNITI PER LEGGE
Bimbo malato, appello a Donald Trump
Un ex parlamentare di Forza Italia si rivolge al presidente Usa
DI
È
FILIPPO MERLI
con la scienza olistica, che si fonda
sullo studio dei sistemi complessi
in connessione al movimento. La
dottoressa Baniel, da cui prende il
nome la clinica californiana, è considerata una luminare della metodologia del cosiddetto approccio
dolce. La presenza di un cucciolo è
considerata essenziale per il gioco
e il movimento, ma anche per gli
effetti affettuosi e rassicuranti per
cui questi animali vengono appositamente addestrati.
Il cane per il bambino veneziano è stato trovato in un alle-
la legge degli Usa. Vieta
l’ingresso ai cani d’età
inferiore a tre mesi. Una
norma che non consente a
un bambino veneziano di due anni
affetto da tetraparesi spastica di
curarsi con la pet therapy, che si
basa sull’interazione tra uomo e
animale. Una vicenda cui s’è interessato anche il mondo della
politica, pronto a rivolgersi al presidente degli Stati Uniti, Donald
Trump, pur di far partire il cucciolo da Venezia in direzione
California.
SCOVATI
È lì, nello Stato al
sud della West Coast,
che il bambino, residente a San Donà di Piave,
in provincia di Venezia,
è ricoverato in una clinica specializzata, la Anat
Baniel methode center di
San Rafael, dove è stato
accompagnato dai genitori per intraprendere il
recupero e per dargli la
possibilità di avere una
vita normale.
Come ha spiegato la
Nuova di Venezia, a San
Rafael utilizzano metodi
che prevedono connessioni neuronali e approcci
NELLA RETE
vamento specializzato dell’Emilia Romagna. Quando è arrivato
il momento di imbarcarsi per gli
Stati Uniti, però, è stato bloccato all’aeroporto di Venezia. C’era
quella legge da rispettare: negli
Usa, anche in presenza di autorizzazioni, e dopo aver svolto le vaccinazioni del caso, non è consentito
l’ingresso ai cani d’età inferiore a
tre mesi.
Ed è qui che è intervenuto l’ex
senatore di Dc e Forza Italia, Luciano Falcier, oggi tra i fondatori
di Idea, il partito di Gaetano Quagliariello. Falcier
conosce la famiglia
del bambino e s’è
detto pronto ad
avviare la macchina diplomatica
con gli Usa pur di
riuscire a far arrivare il cucciolo in
America.
«I genitori
hanno trovato il
cagnolino in un allevamento in Emilia Romagna, dove
gli animali sono
appositamente addestrati», ha raccontato l’ex parlamentare. «Avevano
tutti i vaccini e le
autorizzazioni necessarie, anche
un accompagnatore che s’è offerto.
Io e l’amico Giuseppe Moro, pensionato alla Save», ovvero il gruppo
che gestisce l’aeroporto Marco Polo
di Venezia, «ci siamo informati per
capire quali fossero gli ostacoli».
«La disponibilità della Save è stata massima, dai capi scalo fino alle
compagnie aeree che si sono rese
disponibili», ha proseguito Falcier.
«Abbiamo rispettato gli standard
per la gabbietta, previsto un accompagnatore per il cane in modo
che potesse viaggiare assieme alle
persone sui sedili appositi. Tutto
è stato rispettato al dettaglio, ma
non c’è stato verso: il cagnolino non
può partire».
L’ex senatore, però, vuole
andare avanti. Sino alla Casa
bianca. «Adesso ci rivolgiamo al
console americano in Italia e, se
necessario, anche al presidente
Trump, perché questa legge possa
essere modificata almeno per accogliere un cagnolino che potrebbe
valere la vita di un bambino». In
Italia non vengono applicate metodologie simili a quelle utilizzate nella clinica di San Rafael. Per
questo, il bambino veneziano può
essere curato solo negli Usa. Con
un cane che, per il momento, non
può raggiungerlo per legge.
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