Nei rituali antichi di benedizione anteriori al Concilio Vaticano II, l

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05 FEBBRAIO 2017 – V DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (A)
Commento a cura di padre Gian Franco Scarpitta
Sale, luce e amore
Nei
rituali
antichi
di
benedizione anteriori al Concilio Vaticano
II, l'acqua veniva "esorcizzata" assieme
al sale per acquisire una particolare
condizione di purificazione e di carattere
apotropaico contro il maligno. Ancora
adesso, nel rituale della benedizione
dell'acqua, vi è una formula alternativa
(poco usata) per la quale il sacerdote,
senza proferir parola, aggiunge all'acqua
un po' di sale. Evidentemente queste
usanze
liturgiche
si
ispirano
particolarmente al testo di 2Re 2, 19 - 22,
Non si accende una luce per tenerla rinchiusa. Uscite!
nel quale Eliseo purifica l'acqua sorgiva
dalla sterilità e dall'amarezza che rendeva infruttuosa la terra. Il sale assume
quindi nella Bibbia, anche in altri versi, la funzione di purificazione e altrove
viene identificato come elemento irrinunciabile, di cui le massaie non possono
fare a meno e del quale si deve sempre conservare almeno una piccola
riserva. Sir 39, 26 afferma addirittura che "le cose di prima necessità per la
vita dell'uomo sono: acqua, fuoco, ferro e sale." Si comprende allora il valore
della similitudine che Matteo mette in bocca a Gesù in quello che può essere
considerato il messaggio appendice al "discorso della montagna": come il
sale è necessario e in parte indispensabile, così è necessario che la vita
cristiana sia coerente e immediatamente apportatrice di
speranza per tutti. Gesù si rivolge particolarmente ai
discepoli, che sono stati appena resi destinatari delle
beatitudini, recanti ciascuna una promessa divina di
approvazione al presente e di realizzazione futura, che
segue sempre un impegno e una mortificazione. L'ultima
beatitudine (la nona) aveva riguardato la felicità possibile
nella sopportazione delle persecuzioni e delle percosse;
adesso si seguita con questo discorso esortativo e
simbolico: il cristiano, in forza della promessa delle
beatitudini, è benedetto da Dio e approvato. Non è mai
Esci ad essere sale
lasciato solo nel suo itinerario e viene spronato dalla
stessa presenza costante e promettente di Dio, che non manca di concedergli
i mezzi ogni volta necessari. Ma come il sale ha la sua fondamentale
importanza in tutte le case e come esso è altresì capace di purificazione e di
illibatezza, così egli non può mancare di recare la sua testimonianza
indispensabile. Il cristiano non deve perdere "sapore", ma insaporire tutto il
mondo con la sua presenza e con il lavorio di costante testimonianza. Forse,
alla pari del sale che agisce silente nella massa della pasta, il cristiano non
verrà notato e probabilmente neppure esaltato da chi gli sta attorno, ma
appunto l'umiltà e il silenzio con cui si adopera saranno garanti dell'efficacia
della sua azione nel cosmo.
Come si diceva poc'anzi, ognuno dispone dell'aiuto di Dio nella
missione che gli è stata affidata è ciascuno è anche accompagnato dalla
grazia nell'impegno di testimonianza che dev'essere instancabile e continuo.
In più, il cristiano è rivestito dei carismi con cui espleta al meglio il suo ruolo
in sintonia con l'intera comunità di cui fa parte. Non è possibile quindi che non
rechi frutto e che diventi scipito, incapace di incidere nella comunità e nel
mondo. Disporre di talenti e di benefici di cui si fa tesoro geloso custodendoli
senza farli fruttificare per il bene di altri equivale ad accendere una lampada
e a collocarla sotto il "moggio". Era questo un grosso recipiente in uso presso
gli antichi israeliti, la cui base (la parte che poggia sul pavimento) era larga e
spaziosa abbastanza da contenere una lucerna accesa. Collocare quindi una
lucerna sfavillante sotto un moggio equivaleva a rendere inane la sua
luminosità e a sprecare anche dell'olio per il suo utilizzo. Una lucerna deve
invece restare accesa perché infonda luce diradando le oscurità, soprattutto
nelle ore notturne. Così pure, se Cristo è luce del mondo, il cristiano è luce a
sua volta che rifulge immerso nelle tenebre e la sua presenza si propaga nel
mondo. È chiamato ad essere lume per tutti, richiamo efficace e orientamento
di vita e di bene per quanti incontra sul suo cammino.
Come il padrone di casa non dovrebbe
avere difficoltà a collocare una lucerna sul lampadario,
così ciascuno di noi è tenuto ad apportare la luce
alimentando il proprio lucerniere e collocandolo in
modo da poter irradiare a tutti la medesima luce
riflessa. Il monito è ancora una volta alla fruttuosità e
alla coerenza di vita, affinché traduciamo
nell'esistenza la fede che professiamo. Come dirà
Paolo. Il Regno di Dio non consiste in parole, ma in
potenza (1Cor 4, 20) per cui occorre che si dimostri
quello che si sa fare; la sua concretezza quanto al
nostro corrispondervi si evince nella realtà dei fatti e
nessuno è dispensato dal recare concreta
Voi siete la luce del mondo
testimonianza.
Concretamente però in che cosa consiste questa evidenziazione
del regno da parte nostra e questa necessaria luminosità? Ci viene in aiuto il
cap 58 del libro di Isaia di cui alla prima lettura di oggi, che enumera una serie
di responsabilità immancabili da parte di chi si illude di testimoniare la propria
fede e la propria devozione con le sole rinunce corporali. Il digiuno, in
qualunque forma venga esternato, non ha valore alcuno quando non traspare
dalla concretezza delle opere di bene e anzi il vero digiuno consiste proprio
negli atti di amore indirizzati soprattutto verso i bisognosi e i non abbienti.
Compartendo il proprio pane con l'orfano e con la vedova (espressione dei
bisognosi di ogni ordine e rango), prodigandoci concretamente per i bisogni
degli altri, muovendoci con sollecitudine verso quanti attendono il nostro aiuto,
saremo davvero significativi quanto al digiuno stesso e soprattutto
mostreremo di brillare davvero di luce, nella consapevolezza di essere
apportatori di una luce che non ci appartiene ma che abbiamo ricevuto a
nostra volta. Chi ama è luminoso e chi manca all'amore è avvinto e ostruito
egli stesso delle tenebre. L'amore è il vero sapore e caratterizza la vera luce
che taglia le tenebre avendo ragione di esse. E che mantiene costantemente
nelle beatitudini.