Cassazione, sentenza 3052

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Civile Sent. Sez. L Num. 3052 Anno 2017
Presidente: DI CERBO VINCENZO
Relatore: GHINOY PAOLA
SENTENZA
sul ricorso 28204-2013 proposto da:
S.P.A. C.F.
in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA UGO BARTOLOMEI 23, presso lo
studio dell'avvocato ENRICO IVELLA, che la
rappresenta e difende unitamente all'avvocato MARNATI
2016
PAOLO, giusta delega in atti;
- ricorrente -
3881
contro
SABRINA C.F.
elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA COLA DI RIENZO 28, presso lo
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
Data pubblicazione: 06/02/2017
studio dell'avvocato ANDREA CIRCI, rappresentata e
difesa dall'avvocato MARIA GABRIELLA DEL ROSSO,
giusta delega in atti;
- controricorrente
-
avverso la sentenza n. 938/2013 della CORTE D'APPELLO
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 16/11/2016 dal Consigliere Dott. PAOLA
GHINOY;
udito l'Avvocato IVELLA ENRICO;
udito l'Avvocato DEL ROSSO MARIA GABRIELLA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ALBERTO CELESTE che ha concluso per il
rigetto del primo e secondo motivo accoglimento del
terzo motivo.
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
di FIRENZE, depositata il 12/09/2013 R.G.N. 98/2013;
R. Gen. n. 28204/2013
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con la sentenza n. 938 del 2013 la Corte d'appello di Firenze, in
riforma della sentenza del Tribunale della stessa sede, dichiarò la nullità del
trasferimento da Firenze a Milano disposto il 17.12.2010 da
s.p.a. nei confronti di Sabrina
impiegata di I livello del CCNL
nel momento in cui ella era rientrata al lavoro, dopo un'assenza per
maternità (sino all'aprile 2010) e la successiva fruizione (su richiesta della
società) delle ferie arretrate (da aprile a dicembre 2010). Dichiarava
conseguentemente illegittimo, con gli effetti di cui all'art. 18 della L. n. 300
del 1970 nella formulazione all'epoca vigente, il licenziamento intimato alla
lavoratrice a motivo del rifiuto di prendere servizio gella sede di
destinazione.
La Corte d'appello ritenne che il trasferimento fosse finalizzato
all'espulsione dalla lavoratrice in ragione della condizione di maternità,
considerato che la società, quando ancora la
era in astensione
facoltativa, aveva assunto tale Lapo Giusti come responsabile del punto
vendita di Firenze con la qualifica di impiegato di II livello e con contratto a
tempo indeterminato, così provvedendo di fatto alla sostituzione della
Non ostava a tale rilievo il fatto che il Giusti nell'aprile 2010, un
mese prima del previsto rientro dalla maternità della
fosse stato
incaricato della gestione contestuale anche dei punti vendita di Pisa e
Siena, considerato che tale ruolo avrebbe potuto essere svolto dalla stessa
in ragione della professionalità acquisita. Il rifiuto di prendere
servizio a Milano, tenuto conto dello stato di famiglia della
madre di
un figlio in tenera età, era pertanto giustificato ai sensi dell'art. 1460 c.c.
Per la cassazione della sentenza
s.p.a. ha proposto
ricorso, affidato a tre motivi, cui ha resistito con controricorso Sabrina
che ha depositato anche memoria ex art. 378 c.p.c.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso, la società deduce violazione e/o
falsa applicazione dell'articolo 434 c.p.c. e ribadisce l'eccezione, già
disattesa dalla Corte di merito, d'inammissibilità del ricorso in appello
proposto da controparte per mancata indicazione delle modifiche proposte
con riferimento a ciascuna parte della sentenza gravata.
1.2. Il motivo non è fondato.
Paol Ghinoy, estensore
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Corte di Cassazione - copia non ufficiale
del commercio con mansioni di responsabile del punto vendita di Firenze,
R. Gen. n. 28204/2013
La Corte d'appello ha respinto l'analoga eccezione proposta dalla
società con la memoria di costituzione di secondo grado, rilevando che il
ricorso enunciava una serie di specifici motivi di critica alla sentenza di
primo grado e proponeva al giudice d'appello una diversa lettura delle
circostanze di fatto rilevanti ai fini della decisione, arricchendola anche con
una serie di argomenti di diritto che costituivano analitica censura della
La Corte territoriale ha quindi condotto la sua analisi attenendosi ai
principi dettati dal questa Corte nell'interpretazione dell'art., 434 c.p.c., nel
testo introdotto dall'art. 54, comma 1, lettera c) bis del di. 22 giugno
2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n.
134, secondo i quali la norma, in coerenza con il paradigma generale
contestualmente introdotto nell'art. 342 cod. proc. civ., non richiede che le
deduzioni della parte appellante assumano una determinata forma o
ricalchino la decisione appellata con diverso contenuto, ma impone al
ricorrente in appello di individuare in modo chiaro ed esauriente il
"quantum appellatum", circoscrivendo il giudizio di gravame con
riferimento agli specifici capi della sentenza impugnata nonché ai passaggi
argomentativi che la sorreggono e formulando, sotto il profilo qualitativo, le
ragioni di dissenso rispetto al percorso adottato dal primo giudice, sì da
esplicitare l' idoneità di tali ragioni a determinare le modifiche della
decisione censurata (Cass. Sez. L, n. 2143 del 05/02/2015, n. 17712 del
07/09/2016). Le argomentazioni poste a sostegno del ricorso non inducono
a diversa valutazione, in quanto l'atto di appello ha riportato i passaggi
censurati della sentenza di primo grado e le modifiche proposte, né si
richiede che nella veste grafica dell'atto le seconde siano immediatamente
successive alle prime, essendo sufficiente la chiara esposizione dei motivi
della critica calibrati con riferimento a quelle.
2. Con il secondo motivo, la ricorrente deduce la violazione e/o falsa
applicazione dell'articolo 348 bis c.p.c. ai sensi dell'articolo 360 numero tre
c.p.c. e la violazione dell'articolo 132 c.p.c. ai sensi dell'art. 360 n. 4 c.p.c..
Lamenta che la Corte d'appello non si sia espressamente pronunciata sulla
mancanza del requisito della ragionevole probabilità per l'impugnativa di
essere accolta ex art. 348 bis c.p.c., sul presupposto che la valutazione di
insussistenza del fumus boni iuris dell'impugnativa del trasferimento, già
Paola Ghinoy, estensore
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motivazione del Tribunale.
R. Gen. n. 28204/2013
compiuta dal Tribunale di Firenze in sede di procedimento ex art. 700 c.p.c.
avrebbe assunto l'efficacia di giudicato, in assenza di reclamo.
2.1. La censura è infondata.
Occorre ribadire che il mancato esame da parte del giudice di
un'eccezione di natura puramente processuale non è suscettibile di dar
esclusivamente nel caso di mancato esame di domande od eccezioni di
merito. Tale omissione avrebbe potuto configurare piuttosto un vizio della
decisione per violazione di norme diverse dall'art. 112 c.p.c. se, ed in
quanto, si fosse rivelata erronea e censurabile, oltre che utilmente
censurata, la soluzione implicitamente data dal giudice alla problematica
prospettata dalla parte (v. da ultimo Cass. n. 321 del 12/01/2016).
2.2. Nel caso, la questione proposta non era fondata, considerato che
questa Corte ha da tempo chiarito che il provvedimento emesso "ante
causam" in sede di procedura d'urgenza di cui all'art.700 c.p.c. è del tutto
inidoneo - sia che accolga, sia che rigetti l'istanza - ad assumere valenza di
giudicato tra le parti, poiché la relativa declaratoria è pur sempre espressa
in sede di cognizione sommaria e nell'ambito di quell'indagine sul "fumus
boni iuris" propedeutica alla concessione dell'invocata misura cautelare
(Cass. n. 20327 del 15/10/2004).
2.3. Né la soluzione può ritenersi oggi diversa per effetto delle
modifiche introdotte dall'art. 2, comma 3, lettera e bis), del d.l. n. 35 del
2005, convertito, con modificazioni, nella legge n. 80 del 2005, che ha
disposto l'inapplicabilità ai provvedimenti d'urgenza resi ex art. 700 c.p.c.
dell'art. 669 octies e novies, primo comma, c.p.c., considerato che
l'assenza dei caratteri di definitività e decisorietà della decisione è stata
ribadita anche dopo l'entrata in vigore della novella, in considerazione della
revocabilità e modificabilità dell'ordinanza nel corso dell'eventuale giudizio
di merito (art. 669 decies c.p.c.), giungendosi ad affermare che neppure
l'ordinanza che decide sul reclamo incide su situazioni soggettive di natura
sostanziale con efficacia di giudicato e che quindi essa non è ricorribile per
cassazione ex art. 111 Cost. (Cass. n. 3124/2011, Cass. n. 896 del
20/01/2015 e Sez. U, ord., n. 27537 del 20/11/2008).
3. Con il terzo ultimo motivo, la società deduce violazione e/o falsa
applicazione dell'articolo 2103 c.c. e dell'articolo 163 del C.C.N.L., nonché
Paola ìinoy, estensore
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luogo al vizio di omissione di pronuncia, in quanto tale vizio si configura
R. Gen. n. 28204/2013
violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 2697 c.c., degli articoli 115 e
116 c.p.c., ai sensi dell'articolo 360 n. 3 c.p.c.; e/o nullità del procedimento
ai sensi dell'articolo 360 n. 4 c.p.c. e/o omesso esame circa un fatto
decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ai
sensi dell'articolo 360 n. 5 c.p.c..
Lamenta che la Corte d'appello abbia valorizzato circostanze che non
costitutivi atti a negare fondamento alle ragioni del trasferimento. Lamenta
poi che la Corte d'appello abbia omesso di valutare il quadro probatorio
complessivamente a disposizione, risultante dalla prova documentale ed in
relazione al quale era stata offerta prova testimoniale. In particolare
deduce:
- omissione della valutazione e apprezzamento dei dati economici
forniti a Channpion
Europe s.p.a.
a supporto delle esigenze
economiche/organizzative del trasferimento della Sig.a
- omissione della valutazione ed apprezzamento della ristrutturazione
organizzativa operata da
S.p.a. sin dal 2009, quindi di
data ampiamente precedente al trasferimento della Sig.a
nel cui
contesto si poneva e trovava ragion d'essere l'assunzione del Sig. Lapo
Giusti;
- omissione della valutazione della figura professionale del Sig. Lapo
Giusti e della relativa crescita (anni 2010-2011), quale svincolata
dall'assenza per maternità della Sig.a
- omissione della valutazione della mancata assunzione presso il
punto vendita di Firenze di personale dopo il trasferimento della Sig.a
omissione della valutazione circa il godimento di ferie
-
post
maternità anche per altre dipendenti di Channpion Europe s.p.a. e non solo
per il caso della sig.a
della sig.a
omissione della considerazione circa l'assenso
al godimento di ferie dalla data di previsto rientro allo
scadere del periodo di maternità (30.04.2010);
- omessa considerazione dell' impossibilità di inserimento della sig.a
in altri contesti aziendali (punti vendita), sia con garanzia della
professionalità acquisita, sia in termini di sostenibilità del relativo costo per
il punto vendita.
Paola
/ei inoy,
(
estensore
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trovavano riscontro negli atti processuali e non rappresentavano elementi
R. Gen. n. 28204/2013
Sostiene che qualora la Corte d'appello avesse valutato tali
circostanze, avrebbe dovuto ritenere la legittimità del trasferimento e
quindi del licenziamento conseguentemente intimato.
3.1. Prescindendo dai profili di improcedibilità costituiti dalla mancata
riproduzione nel testo e allegazione agli atti dei documenti richiamati, tra
cui il CCNL, il motivo non è fondato, in quanto le circostanze ivi valorizzate
smentire la ratio decidendi adottata.
La Corte territoriale difatti ha valorizzato il disegno complessivo nel
quale il provvedimento di trasferimento si è inserito, che traeva origine
dall'assunzione del Giusti con contratto di lavoro a tempo indeterminato
avvenuta quando la
era ancora assente per maternità, affidandogli
le mansioni da lei in precedenza svolte di direttrice del punto vendita di
Firenze, assunzione a tempo indeterminato cui ha fatto seguito, un mese
prima del previsto rientro dalla maternità della
Giusti di mansioni che la stessa
l'assegnazione al
per il suo inquadramento
professionale (di impiegata di I livello, superiore a quello del Giusti che era
di II livello) e la professionalità acquisita avrebbe potuto svolgere.
Circostanze che non sono state confutate nella loro oggettività dalla
società, e che erano di per sé idonee secondo la Corte di merito a
dimostrare che il trasferimento era stato determinato dalla volontà di
estromettere la lavoratrice, il cui stato di madre di un bimbo in tenerissima
età le rendeva impossibile un cambiamento significativo del luogo di lavoro.
In tal senso, nella valutazione della Corte territoriale non trovava rilievo il
fatto che quando la
è rientrata dalla maternità e dalle successive
ferie arretrate (di cui aveva usufruito in unica soluzione su richiesta della
società) il suo posto di lavoro non ci fosse effettivamente più, né che non ci
fosse altro posto libero nella sede di Firenze, considerato che tale
circostanza era frutto del disegno complessivo che era stato realizzato,
finalizzato ad estromettere la lavoratrice in ragione della maternità, che
aveva determinato un trasferimento quando ormai era decorso il periodo
temporale della tutela relativa al luogo di lavoro, apprestata per la
lavoratrice madre dall'art. 56 comma 1 del d.lgs n. 151 del 2001.
3.2. Sulla base di tali premesse risulta che il motivo, che pur
formalmente denuncia la violazione di una serie di disposizioni di legge, è
in sostanza finalizzato a rimettere in discussione la ricostruzione operata
Paola
inoy, estensore
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- che sarebbero state trascurate dalla Corte d'appello - non sono idonee a
R. Gen. n. 28204/2013
dalla Corte di merito delle risultanze di causa, ed a richiedere a questa
Corte un vaglio che esorbita dalla funzione del giudizio di legittimità.
Occorre infatti sottolineare che al presente giudizio si applica
ratione
temporis la formulazione dell'art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c. introdotta
dall'art. 54 del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni
dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, che ha ridotto al "minimo costituzionale" il
Unite con la sentenza n. 8053 del 2014, secondo il quale la lacunosità e la
contraddittorietà della motivazione possono essere censurate solo quando il
vizio sia talmente grave da ridondare in una sostanziale omissione, né può
fondare il motivo in questione l'omesso esame di una risultanza probatoria,
quando essa attenga ad una circostanza che è stata comunque valutata dal
giudice del merito.
E' però da escludere che nel caso ci si trovi innanzi a una delle
indicate patologie estreme dell'apparato argomentativo, considerato che
gli aspetti valorizzati nel ricorso sono stati tenuti presenti dalla Corte
territoriale, ma ritenuti superati dalle ulteriori risultanze o comunque non
decisivi. Ne deriva che sotto nessun profilo la motivazione può dirsi
omessa, né può quindi procedersi in questa sede a nuova valutazione
delle medesime circostanze.
4. Segue il rigetto del ricorso e la condanna della parte ricorrente al
pagamento delle spese del giudizio, liquidate come da dispositivo.
Sussistono i presupposti previsti dal primo periodo dell'art. 13,
comma lquater, del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, introdotto dal comma
17 dell'art. 1 della Legge 24 dicembre 2012, n. 228, per il raddoppio del
contributo unificato dovuto per il ricorso.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle
spese del giudizio, che liquida in complessivi C 4.500,00 per compensi
professionali, oltre ad C 100,00 per esborsi, rimborso spese generali nella
misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell' art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, dà
atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del
ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello
dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Paola Jinoy, estensore
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sindacato di legittimità sulla motivazione, nel senso chiarito dalle Sezioni
R. Gen. n. 28204/2013
Rorina, così deciso nella camera di consiglio del 16.11.2016
Il Cons. est.
Dbtt.ssa Paola clhfìio
Il Presidente
Dott. Vincenzo Di Cerbo
2017
Il Fiazi3nario Ci
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LETTA
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