Amadeo Sperotto relazione e foto

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Transcript Amadeo Sperotto relazione e foto

Incontro con il Generale C.A. Amadeo Sperotto
Il 26 gennaio, noi alunni delle classi III G e III H abbiamo incontrato nell'aula
Magna della nostra scuola il Generale di Corpo d’Armata Amadeo Sperotto.
É stato un incontro molto formativo e allo stesso tempo emozionante che ci ha
permesso di conoscere la sua esperienza e più in generale l'attività di tutta
l'Arma Italiana, ma anche di riflettere su alcuni aspetti significativi della vita.
Le riflessioni sono venute fuori dai vari momenti dell'incontro: i racconti del
Generale, le diapositive che ci ha mostrato sulla missione in Afghanistan, le
innovazioni tecnologiche della Prima Guerra Mondiale contenute nel Calendario
che ci ha donato e, infine, le sue risposte precise, puntuali e profonde alle nostre
domande.
Ci piace ricordare in queste pagine le sue parole e alcune immagini dell'evento.
Il Generale è arrivato puntuale in Aula Magna alle dieci del mattino. Noi lo
attendevamo con il timore reverenziale di chi sa di incontrare una persona che
svolge un lavoro molto importante.
Appena ha varcato la soglia della porta, lo abbiamo accolto con un caloroso
applauso in segno di rispetto e gratitudine, per esserci venuti a trovare, come
promesso in occasione del precedente incontro del 4 novembre.
Fin da subito abbiamo avuto un'ottima impressione: il Generale, con la sua divisa
e il portamento fiero, all'inizio incuteva un po' di soggezione ma al contempo
aveva un atteggiamento molto cordiale e ci ha messo immediatamente a nostro
agio.
Il Generale ha cominciato a illustrarci il calendario 2017 dell’Esercito. Ci ha
spiegato che il tema dei calendari cambia ogni anno e quello di quest'anno
riguarda “La Grande Guerra”. In particolare vi sono presentate delle vere e
proprie curiosità sulle invenzioni, che ancora oggi utilizziamo, nate proprio “sul
campo di guerra”: ad esempio l'orologio da polso e la bicicletta pieghevole.
L'orologio da polso è stato molto utile per le
persone per la sua praticità, dato che prima
si utilizzavano gli orologi da taschino. Anche
la bicicletta pieghevole è stata importante
per i soldati: la aprivano quando serviva e
poi la richiudevano per portarla facilmente
in spalla. Fece la sua prima apparizione
anche un altro metodo di fotografare: “la
fotografia aerea”, che serviva ai militari per
spiare i nemici dall’ alto. A quei tempi si
utilizzavano i piccioni viaggiatori, che
avevano attaccato alla zampetta una
telecamera … insomma gli “antenati” dei
nostri droni di oggi.
Con grande gentilezza ha donato una copia del calendario ad ognuna delle
nostre classi…… abbiamo poi scoperto che vi aveva anche scritto una dedica
personalizzata!!!
Dopo di che abbiamo cominciato a fargli le nostre domande.
Eravamo curiosi di sapere come mai avesse intrapreso la carriera militare; ha
risposto che fin da piccolo, mentre giocava per strada, poteva sentire le storie
degli anziani sulla guerra e da quel momento si è appassionato all’idea di poter
servire la propria Nazione.
Gli abbiamo poi chiesto quale fosse il suo ricordo più bello. Lui ci ha risposto che
i suoi ricordi più belli sono legati alla sua missione in Afghanistan, dove si è reso
conto, dai sorrisi e gli sguardi della popolazione, di essere riuscito a portare
l’aiuto necessario e di aver fatto un buon lavoro. Ma c’è un altro ricordo per lui
molto bello e personale: riguarda sua figlia, che, nel bel mezzo di un'intervista a
scuola, alzò la mano e gli chiese se avrebbe mai portato la propria figlia (cioè lei)
in Afghanistan: lui rispose di sì, perché è una terra molto bella e da scoprire, ma
non in tempi di guerra.
Abbiamo chiesto se fosse fiero del suo lavoro. Lui ha detto di sì e che lo rifarebbe.
Ciò che lo rende più fiero è la consapevolezza di essere di aiuto per il proprio
Paese, per la Patria, cioè la “Terra dei Padri”.
Gli abbiamo poi domandato se avesse mai passato dei momenti difficili; ci ha
risposto che nella vita i momenti di difficoltà ci sono sempre, ma l'importante è
riuscire a superarli e non abbattersi, per raggiungere i propri obiettivi.
Eravamo anche curiosi di sapere come fosse l'addestramento militare: ci ha
risposto che è molto duro e impegnativo, ma anche un'esperienza formativa e
indimenticabile.
Alla domanda: “Cosa si prova a impugnare un'arma?” ha detto che l'arma dopo
tutto è solo un oggetto, né buono né cattivo; la cosa che davvero importa è la
persona che sta dietro l'arma. Se la persona che la impugna lo fa per legittima
difesa, allora può essere un mezzo utile, ma se la impugna con il fine di fare del
male, allora è un oggetto criminale. La guerra c’è, non perché ci sono delle armi
sempre più micidiali, ma perché esistono degli uomini che vogliono far la guerra
e inventano armi sempre più distruttive.
Una nostra compagna ha domandato se ha mai lavorato a fianco di una donna e
lui ha risposto che ha lavorato con molte donne. Ha puntualizzato che le donne
generalmente si sanno far valere e possono essere anche più determinate degli
uomini: infatti, nella carriera militare, soprattutto le donne vogliono dimostrare
di essere in grado di superare ogni difficoltà, anche fisica, e quindi, se necessario,
puntano a diventare le migliori. Ci ha raccontato che in generale c’è un aumento
delle richieste per l’arruolamento militare e che il numero degli arruolati è
cresciuto vertiginosamente, forse a causa anche della crisi; ciò nonostante, chi
riesce ad entrare nell’Esercito risulta sempre molto motivato.
Abbiamo anche chiesto quale è il ruolo del “medico di guerra”: lui ha
puntualizzato che non esistono i medici di guerra, ma gli ufficiali medici; ci ha
spigato che, all’interno dell’esercito, l’ufficiale medico, dopo aver intrapreso lo
stesso percorso universitario di qualsiasi altro medico, soccorrere i malati o i
feriti fra i militari; non essendo tanti, sono figure molto preziose.
All'ultima domanda “Sparerebbe mai ad un bambino soldato?”, lui ha confessato
che non era in grado di rispondere perché, per fortuna, non si è mai ritrovato in
questa situazione, e spera che ciò non accada mai: non saprà mai la risposta,
finché non capiterà una situazione come quella.
Dopo avere risposto a tutte le nostre domande, il Generale ci ha fatto vedere
delle immagini sull’Afghanistan.
Ci ha raccontato tante cose molte interessanti. In particolare ci ha colpito la foto
e la storia di un anziano “capo villaggio”, il quale gli disse una cosa molto
significativa: “Voi Europei avete l'orologio, noi Afghani abbiamo il Tempo”. Con
queste parole voleva dire che noi occidentali abbiamo una vita frenetica, sempre
con i tempi stretti, e per questo forse non la viviamo a pieno; a differenza loro
che sanno godere a pieno dei momenti della vita, con la giusta calma e serenità.
Il Generale ci ha fatto vedere anche foto delle scuole afghane: per lo più sono
tende o ambienti di muratura molto piccoli, dove i ragazzi e le ragazze non
possono studiare insieme nello stesso spazio: ci sono classi per femmine e classi
per maschi. Gli spazi sono per tutti molto piccoli: i banchi sono stretti e gli
studenti, uno attaccato all’altro (anche 5 per banco), seguono la lezione con un
caldo soffocante.
Ci ha infine mostrato foto relative all’attività dell’esercito in tempo di pace, come
il soccorso alle zone colpite recentemente dal terremoto e dalle abbondanti
nevicate. In particolare ci ha raccontato la
vicenda del “Gigante e la bambina”: all'
interno della foto si vedeva un soldato
alto, di spalle, che teneva in braccio una
bambina infreddolita. Il Generale
Sperotto ci ha raccontato che questo
soldato, di nome Mattia, ha soccorso la
bambina stanca e congelata lungo la
strada completamente innevata e
impraticabile, che da casa l’avrebbe
portata ad un elicottero. Le ha dato della
cioccolata e le ha scaldato le manine e i
piedini; poi se l’è messa sulle spalle, l’ha rassicurata, parlandole dolcemente, e
l’ha portata in salvo.
C’è chi pensa che un militare come Mattia sia un eroe, ma per un militare si
tratta solo di svolgere con passione il proprio dovere.
In fine il Generale, per concludere l'incontro, ci ha detto che nella
vita non dobbiamo rimanere bassi come dei cespugli e quindi fare
solo la metà di quello che potremmo fare; dobbiamo formare delle
radici solide e, di conseguenza, diventare degli alberi forti; ci ha
invitato a volare sempre in alto e davanti alle difficoltà a non
mollare mai. Ma soprattutto ci ha invitati a farci una nostra cultura,
perché la cultura rende le persone LIBERE di scegliere con la
propria testa, senza condizionamenti e imposizioni di altri.
Relazione curata da Caterina Galante
con la collaborazione di tutti gli alunni della classe 3H
(supervisione della prof.ssa Francesca Toscano e Sabrina Venezia)
Le nostre foto ricordo dell'incontro
E infine….. ecco le nostre foto di gruppo !!!!