Appalti pilotati a Maricommi Taranto. La Guardia di Finanza arresta

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Transcript Appalti pilotati a Maricommi Taranto. La Guardia di Finanza arresta

Le tangenti e “spese allegre” del capitano Di Guardo provenivano da La Spezia e sono proseguite a Taranto

T u t t o n a s c e d a u n ’

intuizione della dr.ssa Valeria Ingenito, gip del Tribunale di

Taranto, : “Verificare con accuratezza tutti gli appalti gestiti in questi anni dalla Marina”. E’ stato così che, l’inchiesta sulle tangenti pagate da imprenditori a Taranto per ottenere lavori e forniture con i cantieri e le basi militari, si è allargata a La Spezia.

Il gip Ingenito aveva firmato il penultimo ordine di custodia cautelare

nei confronti dell’ex comandante del Commissariato tarantino, Giovanni Di Guardo, precedentemente in servizio in Liguria, nel Golfo dei Poeti, aggiunge che l’ ufficiale, residente a Pontremoli, potrebbe non essere “nuovo a tali condotte ed essere

semmai abituato a metterle in pratica là dove ha ricoperto ruoli

chiave“, compresa quindi il suo precedente incarico spezzino.

Nel corso delle indagini condotte dalla Guardia di Finanza di Taranto

, tre imprenditori hanno

ammesso di aver conosciuto Di Guardo, allora capitano di

fregata proprio quando era in servizio come capo ufficio amministrativo al Centro gestione scorte navali della Marina Militare a La Spezia, e di avere iniziato a versare tangenti si dal 2010-2011.

e la spiegazione viene confermata e condivisa dal giudice per le indagini preliminari Pompeo Carriere nella sua ordinanza con cui ha disposto l’arresto (il terzo) per Di Guardo e altri quattro affaristi imprenditori. Fra questi il romano Pio Mantovani, socio e procuratore speciale della Ifi srl”, un’azienda romana che per anni s’è aggiudicata numerosi appalti per la fornitura di prodotti petroliferi e che, improvvisamente, avrebbe deciso di estendere i propri affari anche al settore delle pitturazioni navali. Era questo il

“principale” business, a cui puntavano le ditte disposte a pagare

tangenti all’allora capitano di fregata Giovanni Di Guardo , ora indagato per corruzione.

Infatti controllando l’elenco dei bandi di gara disposti e firmati dal Di Guardo

quando prestava servizio al Maricegesco di viale San Bartolomeo a La Spezia è venuto fuori un bando in particolare, il numero numero 05/10 “Procedura ristretta accelerata

per la fornitura a quantità indeterminata, in cinque lotti, di pitture

e diluenti omologati a specifiche tecniche varie” per un importo massimo complessivo a base di asta di 1.500.126,90 euro, esente da imposte sul valore aggiunto. Pitture queste che avrebbero dovuto essere utilizzare per le basi navali di Taranto, Augusta e La Spezia,

Secondo a quanto riferito dal Di Guardo nel corso dell’interrogatorio

di fronte al pm Maurizio Carbone, “la Ifi srl avrebbe contatti di alto livello e radicate conoscenze fra a l t r i v e r t i c i d e l l ’ a m m i n i s t r a z i o n e m i l i t a r e “ . I l g i p

Carriere ,aggiunge poi ,che la ditta romana e tutte le altre coinvolte

nel giro di mazzette sarebbero state disposte a “ricorrere a mezzi

illeciti pur di ottenere l’assegnazione di appalti, anche in basi

militari site a notevole distanza territoriale dalla città di Roma”.

Lo scenario di corruzione che viene fuori è a dir poco incredibile

.

Gli appalti “vivisezionati” dai finanzieri nel corso delle indagini, riguarderebbero ogni genere di materiali, da quelli più avanzati dal punto di vista tecnologico ai capi di vestiario per i militari. E adesso gli investigatori della Guardia di finanza e i Carabinieri , per i rispettivi tronconi d’indagine, sono all’opera anche per verificare se anche le altre aste siano state “truccate” ed accertare che i prezzi pagati dalla Marina Militare fossero realmente congrui. Nel 2011 Di Guardo quando era ancora a La Spezia firmò una gara d’appalto per la fornitura di “21 salvagenti tipo 8+4” per un valore di circa 160 mila euro. Secondo esperti del settore i “salvagenti tipo 8+4” sono dei battelli autogonfiabili capaci di ospitare 8 persone più eventuali altre 4. . Con un piccolo particolare: la marina mercantile li paga “un decimo della cifra sborsata dal Ministero della Difesa“.

Di Guardo, intercettato dalla Guardia di Finanza mentre era al telefono con un impresario

, temeva però qualcosa, e riferendosi a Taranto dice: “Là io devo essere… minchia… lindo e pinto perché se

no lì mi arrestano (…) non è che si scherza… lì non siamo né ad

A u g u s t a e m a n c o a L a S p e z i a ” . D a q u e s t a f r a s e a r r i v a l a disposizione del Gip Ingenito: “Verificare con accuratezza tutti gli

appalti gestiti in questi anni dalla Marina militare e pure i collegamenti e le supposte complicità di cui gli indagati si sono

avvalsi“. Di Guardo era stato arrestato in precedenza lo scorso 14 ottobre 2016 dai finanzieri, proprio mentre riceveva una busta contenente mazzetta dall’imprenditore tarantino Vincenzo

Pastore,amministratore della cooperativa Teoma, che si occupa di

pulizia, nonchè sindaco di Roccaforzata .

Secondo gli investigatori, da quanto sarebbe venuto fuori nel corso delle indagini,

la tangente pagata dal Pastore sarebbe servita a pilotare un appalto di pulizie da

più di 11 milioni di euro nelle basi di Taranto e Napoli. Di Guardo,

diventato capitano di vascello e trasferito a , fino al 2011 ha lavorato proprio nella base della Spezia, in particolare in una caserma di viale San Bartolomeo. Come si legge in un atto pubblico, l’allora capo del servizio amministrativo del Centro Gestione Scorte navali della Spezia da cui fu poi trasferito in Puglia. “Sin dal primo momento in cui è giunto a Taranto – scrivono gli inquirenti –

per insediarsi nel suo nuovo incarico di comandante di Maricommi, prendeva immediati contatti con Martire e Agliata e insieme, da subito, costituivano una struttura associativa, volta ad assicurare

l’affidamento degli appalti”, a favore delle ditte disposte a pagare tangenti.

Tale sistema scrive il gip Pompeo Carriere nell’ordinanza – è il

frutto di accordi ben collaudati e consolidati nel tempo, tanto che lo stesso Di Guardo ha dovuto ammettere di percepire tangenti sin dai tempi in cui rivestiva l’incarico di Capo Servizio a Maricegesco

(acronimo di Centro Gestione Scorte della Marina, ndr) a La Spezia” e

gli imprenditori già arrestati hanno ammesso “di avere conosciuto il Di Guardo proprio a La Spezia e di avere cominciato a versare tangenti in suo favore dal 2010/2011, quasi senza soluzione di continuità, assicurandosi in questa modo la certezza di ottenere l’affidamento di beni e servizi a favore delle proprie ditte, provvedendo in alcuni casi anche a fornire al Di Guardo l’elenco delle ditte da invitare, con la certezza che le stesse non avrebbero presentato alcuna offerta

ovvero che avrebbero presentato offerte puramente di “comodo“.

Le indagini della Guardia di Finanza confermano l’esistenza di un sistema di tangenti del 10%

. Il Gip afferma nella sua ordinanza

che “ è il frutto di accordi ben collaudati e consolidati nel tempo,

tanto che lo stesso Di Guardo ha dovuto ammettere di percepire tangenti sin dai tempi in cui rivestiva l’incarico di capo servizio a

Maricegesco a La Spezia”.

Di Guardo, nel corso dell’ interrogatorio con il pm Carbone

ha messo in evidenza l’alto livello in cui si muoveva la I.F.I. srl, società di cui Mantovani era socio.

L’imprenditore romano posto agli arresti domiciliari, secondo il capitano Di Guardo aveva “radicate conoscenze anche fra gli altri vertici dell’Amministrazione Militare” ed era intenzionato di allargare il proprio “business” allargandolo dal settore della fornitura dei prodotti petroliferi a quello delle pitture navali, settore questo in cui si sarebbe scontrato con grosse imprese settoriali. Nell’ ordinanza del Gip si legge che secondo il Mantovani la soluzione è quella di “ricorrere a mezzi illeciti pur di ottenere

l’assegnazione di appalti, anche in basi militari site a notevole

distanza territoriale dalla città di Roma” dove è ubicata l’impresa, motivo per cui Pio Mantovani, con la collaborazione di suo fratello

Francesco (che al momento non è ancora indagato) avrebbero esercitato

delle “notevoli pressioni corruttive” in quanto secondo le affermazioni verbalizzate dal Di Guardogirano per Ministeri e hanno

quindi anche la possibilità di ricevere notizie riservate utili per la

loro attività”.

Nell’ ordinanza di custodia cautelare il gip Carriere evidenzia

che “Di Guardo, sin dal primo momento in cui è giunto a Taranto per

insediarsi nel suo nuovo incarico di comandante di Maricommi, (in quanto paradossalmente inviato per fare pulizia dopo i precedenti arresti e inaugurare un nuovo corso) prendeva invece immediati contatti con Marcello Martire e Valeriano Agliata con i quali si era già incontrato a Roma e insieme avevano costituito una vera e propria struttura associativa volta ad assicurare l’affidamento degli appalti gestititi dalla direzione di Maricommi non solo delle ditte facenti capo ad Agliata ma anche a beneficio di altri imprenditori,

realizzando un vero e proprio cartello di imprese” ed aggiunge “E’ il

trionfo del feroce demone dell’avidità e del denaro che “tutto muove” mossi dal quale i protagonisti della vicenda (pubblici ufficiali e imprenditori) non paiono spaventati neppure dalla prospettiva delle

indagini in corso e di potenziali arresti o sequestri”.

.

Per quanto riguarda la posizione del commerciante-faccendiere Gaetano Abbate,

titolare della ditta Kent srl di Taranto viene fatto riferimento all’episodio della consegna nella villetta tarantina di Di Guardo della tangente di 10mila euro avvenuta attraverso l’intermediazione del Martire in due rate: la prima il 28 giugno del 2016 e la seconda il giorno successivo. L’ Abbate era in notevole ritardo nella consegna del vestiario oggetto dell’appalto, versò questo somma per evitare che l’allora direttore di Maricommi potesse attivare la polizza fideiussoria, secondo quanto previsto dall’appalto di fornitura, il che avrebbe determinato delle conseguenze sul piano procedurale (annullamento dell’appalto ) che economico. Dalle dichiarazioni di Di Guardo si apprende che i rapporti con Abbate li aveva curati esclusivamente Martire, solo in quella particolare occasione, ma che l’ufficiale della Marina Militare “non aveva inserito stabilmente Abbate nel giro degli imprenditori amici

ma anzi aveva dei motivi di recriminazione e di avversione nei riguardi dello stesso Abbate

L e “ p r e s s i o n i ”

romane. Nelle indagini sarebbe emerso anche che un ammiraglio della Marina Militare avrebbe telefonato da Roma al capitano di vascello

Giovanni Di Guardo, all’epoca direttore di Maricommi Taranto, per

annunciargli che l’imprenditore Giuseppe Musciacchio arrestato nei giorni scorsi dai finanzieri insieme a Vincenzo Calabrese, Gaetano

Abbate e Pio Mantovani su ordine del gip Pompeo Carriere, sarebbe

andato a trovarlo nei giorni successivi in ufficio.

Il tentativo di eludere le intercettazioni.

Gli indagati nell’inchiesta del pm Carbone avevano cercato inutilmente di fare un salto di qualità a livello informatico per comunicare fra di loro senza essere intercettati , utilizzandola piattaforma di messaggistica Telegram (al posto di WhatsApp) applicazione che secondo gli inquirenti ha un meccanismo di crittografia più sofisticato e difficile da bypassare Telegram consente delle chat segrete nelle quali cui i messaggi possono essere autodistrutti automaticamente.

Le chat segrete dispongono della crittografia end-to-end che teoricamente assicura che un messaggio possa essere letto solo dal suo destinatario. Ma così non è, come comprovato anche nel caso del

sindaco Virginia Raggi e del suo gruppo di chat “Quattro Amici al Bar” , in quanto gli specialisti di informatica delle Forze dell’ ordine (Polizia Postale, Racis dei Carabinieri e Gat della Guardia di Finanza )hanno raggiunto un livello di professionalità e competenza tecnica in grado di superare anche questi ostacoli. Al momento vi è un unico sistema di messaggistica “blindato” ed inaccessibile, ma per evitarne l’uso non vi diciamo il nome. Secondo i più autorevoli hackers del mondo sarebbe inaccessibile persino per l’ NSA-National Security Agency l’agenzia americana sulla sicurezza delle telecomunicazioni.

Gli indagati successivamente per comunicare sono passati al metodo “all’antica” ossia ai contatti faccia a faccia. Uno degli indagati durante l’interrogatorio infatti afferma: “All’iPhone feci fare

diecimila bonifiche, il cellulare non lo usavo proprio più. Chiudevo

la macchina e me ne andavo in campagna a parlare”.

Il gruppo di tangentisti per conoscere e cercare di depistare le indagini

. si avvaleva anche di personale infedele dello Stato, il luogotenente Paolo Cesari dei Carabinieri e Fabio Giunta un ispettore della Polizia di Stato , per ottenere informazioni riservate sulle indagini in corso. In una intercettazione Di Guardo riferisce infatti che un carabiniere stava eseguendo una serie di riscontri per conoscere gli elementi in possesso degli investigatori. “Adesso c’ho il carabiniere che sta indagando su quello che sa la Finanza…”. Ma non solo.

Infatti il Cap. Di Guardo viene intercettato

mentre dice al suo interlocutore “...hanno fatto

delle fotografie alla casa, stanno piazzando microspie, cose, dentro la casa e dice che io incontro imprenditori a casa. La Polizia tributaria delle Fiamme Gialle hanno consentito di individuare una organizzazione ben strutturata che attraverso i raggiri hanno intascato risarcimenti da 17 compagnie di assicurazione. Le compagnie hanno sborsato 635mila euro per trentanove i falsi incidenti stradali.

Accertamenti bancari e patrimoniali eseguiti dalla Guardia di Finanza nei confronti del gruppo hanno consentito inoltre di contestare il reato di riciclaggio nei confronti di due persone che hanno “agevolato” l’acquisto da parte del titolare dell’agenzia di una villa

del valore di 150mila euro, attraverso operazioni utili a nascondere la provenienza illecita del denaro. e se hanno messo un Gps nella macchina lo faccio controllare lunedì. Un carabiniere e un poliziotto stanno cercando di scoprire che cosa c’è sotto, che abbiamo scoperto per caso. Stavo tornando a casa, è venuto Marcello ha visto uno dietro un cespuglio che faceva fotografie, l’abbiamo seguito, abbiamo preso il numero di targa della macchina, ha fatto fare un controllo dalla Polizia, la macchina era della Finanza… Poi ehm… la Finanza ha chiamato il poliziotto e gli ha detto “perchè hai fatto il controllo sulla nostra macchina?” Il poliziotto ha detto: “no, perchè è una casa dove stanno due donne sole. Ci hanno fatto una segnalazione, quindi

abbiamo controllato per farle stare tranquille”.

Appalti pilotati a Maricommi Taranto. La Guardia di Finanza arresta 7 persone

I finanzieri del Comando Provinciale di Taranto, guidato dal Col. Gianfranco Lucignano hanno eseguito questa mattina sette nuove ordinanze cautelati richieste dal pm Maurizio Carbone e convalidate dal Gip Pompeo Carriere, nell’ambito dell’ “operazione Blackhander” sulle tangenti che circolavano dietro le quinte del settore Maricommi della base di Taranto della Marina Militare, inchiesta che si avvia ormai alla sua conclusione.

Q u a t t r o d e g l i a r r e s t a t i s o n o f i n i t i i n c a r c e r e :

P a o l o

Bisceglia imprenditore siciliano (già arrestato in precedenza) di

fatto “gestore” delle tangenti che venivano richieste ed incassate per gli appalti della Marina Militare, Marcello Martire, 54 anni, dipendente civile del Ministero della Difesa in servizio a Maricommi, gli imprenditori tarantini Giuseppe Musciacchio e Vincenzo Calabrese

ritenuti responsabili di corruzione e turbativa d’asta. Agli arresti domiciliari sono finiti il capitano di vascello Giovanni Di Guardo ormai exdirettore di Maricommi Taranto, l’imprenditore romano Pio

Mantovani ed il commerciante tarantino Gaetano Abbate titolare della

società Kent srl di Taranto che produce e vende capi di abbigliamento destinati alla Marina Militare, alla Polizia Locale di Taranto.

Le indagini ed ulteriori accertamenti su questi pseudo-imprenditori

tarantini, che in realtà andrebbero definiti “faccendieri” si sono incrociate con gli accertamenti effettuati dalla Guardia di Finanza sui tracciamenti finanziari

dell’asta di aggiudicazione delle statue della storica Processione dei Misteri di Taranto, gestita dalla Confraternita del Carmine a cui appartengono alcuni degli arrestati come De Pace, Musciacchio. E le indagini continuano, per accertare il male dell’evasione fiscale che è molto stretto e collegato al giro di tangenti che circolavano negli ambienti della Marina Militare e non solo a Taranto.