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02 febbraio 2017 delle ore 00:10
Pezzi da tagliare
Curiosa (e veritiera?) la novella dettata dal New York Times e riportata anche dall'italiana Rivista
Studio: sui giornali online si scrive troppo, ed è inutile. Il futuro? Meno quantità, più qualità
Dopo l'agghiacciante notizia di un facebook
"giornale", con il colosso di Zuckerberg a
decidere quali siano le notizie da trasmettere in
mezzo modo, ipotesi futuribile ma che siamo
certi potrebbe profilarsi a breve, che futuro c'è
per il giornalismo "comune"? Che fine faranno
quotidiani in carta e in rete? Quali notizie
potranno pubblicare, e soprattutto quante? Già,
il dilemma si gioca sul duetto-duello quantitàqualità. Il direttore del più grande quotidiano
del mondo occidentale, Dean Baquet, ha
dimostrato una linea di pensiero decisamente
marcata sul sovrabbondare di notizie: «È una
perdita di tempo – per i giornalisti, per i redattori
che si occupano della lavorazione del pezzo,
per i copy editor, i photo editor e per tutti gli
altri – che complica il nostro lavoro di
giornalisti». E se lo dice uno dei più eminenti
organi di diffusione di notizie ci crediamo, e
non poco, proprio perché crediamo che
l'informazione non sia una sorta di riempitivo.
Ora, il futuro, tenderà a giocarsi in questo modo:
da un lato una diffusione di notizie "di massa",
dall'altro la possibilità di scegliere (e forse di
approfondire, per chi li costruisce) contenuti.
Forse è sempre stato così, ma il divario potrebbe
essere sorprendentemente evidente nei prossimi
anni. E come riporta Rivista Studio,
"Journalism That Stands Apart", titolo della
traccia lanciata dal NY Times, prevede "un
giornalismo fuori dall’ordinario, capace di
fornire al lettore e all’abbonato un motivo per
sentirsi parte di qualcosa di rilevante e
insostituibile; un giornalismo pensato, pianificato
e costruito per far parlare di sé, e lasciare segni
capaci di andare oltre il cerchio espanso degli
addetti ai lavori". E ancora: "Internet is brutal
to mediocrity". Lo diciamo noi, che siamo una
piattaforma web, ma che ogni giorno cerchiamo
proprio di tenere fede a questo programma,
offrendo contenuti variegati e non dimenticando
un giusto rapporto tra quantità e qualità. E la
pubblicità, direte voi? Pare che marketing e
comunicazione, fino ad oggi intenti a scegliere
canali solo in base a numero di click, sentiment
e pagine visitate nel mese, si stia lentamente
spostando: il mercato del futuro guarderà ai
prodotti editoriali selezionatissimi, curatissimi,
con ADV forse ingombranti ma non fastidiose
o inopportune. Perché le storie abbiano tutte più
valore. Per il resto, invece, potete continuare a
usare facebook. (MB)
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