ArcheoRoma 1-2017 - Archeoclub d`Italia

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Transcript ArcheoRoma 1-2017 - Archeoclub d`Italia

Trimestrale di informazione e discussione culturale a cura dell’Archeoclub di Roma
Le “Forche”
usurpate
L’Associazione dei Molisani a
Roma continua a intitolarsi alle
“Forche Caudine” e noi continuiamo a chiederci: cosa c’entrano le
Forche Caudine – che, notoriamente,
si
trovano
presso
Montesarchio, in provincia di
Benevento, al limite con la provincia di Caserta (e, dunque, in
Campania) – col Molise e i
Molisani?
E, cosa ne pensano i Beneventani
di questa usurpazione o appropriazione indebita da parte dei loro
vicini (e, sia pure, comuni discendenti degli antichi Sanniti)?
Ma, soprattutto: è possibile che
non abbiano trovato di meglio, per
intitolare la loro Associazione, i
Molisani di Roma (e perciò i
Romani originari del Molise), i
quali, dal momento che hanno
scelto di trasferirsi a Roma con l’intenzione di rimanervi, avrebbero
tutti i motivi (e l’interesse) di integrarsi pacificamente e lealmente
nella loro nuova città, diventandone cittadini a tutti gli effetti, pur
senza rinnegare radici, tradizioni,
storia, costumi?
E la loro Associazione non dovrebbe favorire tutto ciò: tenere cioè
vivi le origini e i ricordi e, al tempo
stesso, promuovere l’integrazione,
facendo conoscere, rispettare e
amare la città che li ha accolti?
Parliamoci chiaro! Per gli antichi
Romani, le Forche Caudine erano
sinonimo di sconfitta, di onta, perfino di dabbenaggine: farsi sorprendere in un’imboscata tra due
gole di montagna – ché queste
erano le Forche o, piuttosto,
“Forcelle”, come le chiama Livio
(Furculae) – arrendersi senza colpo
ferire, sottoporsi alla vergogna del
giogo per avere salva la vita ....
segue a pag. 8
Inaugurata una “nuova”
importante area archeologica.
FINALMENTE, IL CIRCO MASSIMO!
Qualche anno fa, con un articolo dal titolo “Nuova vita per il Circo Massimo” (v.
ArcheoRoma 2011, n. 4, p. 1), prendendo atto dell’avvenuto abbattimento dell’impenetrabile barriera di recinzione del cantiere, ci illudemmo di salutare, appena con un po’ d’anticipo, la fine dei lavori e l’imminente apertura al pubblico dell’area archeologica del Circo Massimo. Forse, anche perché quell’evento l’aspettavamo da anni, avendolo auspicato, prima ancora dell’inizio dei lavori, già da
molto tempo (v. ArcheoRoma 2005, n. 2, p. 4).
Abbiamo dovuto attendere, invece, altri cinque anni! Ma, alla fine, ci siamo arrivati.
Quanto resta dell’edificio per spettacoli più grande mai costruito – con i suoi 600
m. di lunghezza per 140 di larghezza (e 250.000 posti) – è finalmente diventato
un’area archeologica per la prima volta accessibile a tutti.
Com’è noto, si tratta del lato curvo dell’impianto, ai resti del quale, prima appena riconoscibili, da lontano, gli interventi hanno dato “nuova leggibilità”, com’è
scritto nel comunicato stampa distribuito il giorno dell’inaugurazione (17
novembre scorso). Con operazioni di restauro delle strutture, contenimento del
terreno, realizzazione di una terrazza panoramica e di un piano inclinato che consente di superare il dislivello odierno tra l’area verde di libera fruizione e quella
del recinto archeologico. E con l’apprestamento di percorsi di visita dotati anche
di impianti d’illuminazione.
Così, ora si può accedere alle gallerie che un tempo conducevano alle gradinate
della cavea e seguirle per circa 100 metri, percorrere un tratto della strada basolata esterna dotata di una grande vasca-abbeveratoio in lastre di travertino, visitare alcuni ambienti che venivano utilizzati come botteghe, magazzini, locande e
uffici di cambiavalute (necessari per consentire le scommesse degli spettatori).
Ricordando che, proprio in queste botteghe ebbe origine il famoso incendio dell’anno 64, come riferisce Tacito (Ann. XV, 38 e segg.): “L’incendio iniziò in quel-
2017 a. XXXVI - n. 1 gennaio-marzo
segue a pag. 8
2
La lupa
di Bolzano
Abbiamo appreso dalla stampa che gli
amici “Crucchi” di Bolzano non vogliono ricollocare sulla sua colonna, al termine dei lavori di ristrutturazione in corso,
la copia in bronzo della Lupa Capitolina
(così come quella del Leone di San
Marco, su una colonna gemella).
Motivo (o, piuttosto, pretesto): è un
“monumento” d’origine... fascista! Fu
donata alla città dal Duce!
I poverini non sanno che la Lupa – quella, potremmo dire “in carne e ossa” –
dalle loro parti ci arrivò 2000 anni fa!
E che il suo arrivo segnò per essi l’ingresso nella Storia!
Inoltre, che la stessa Bolzano deriva da
un insediamento romano!
Fu nel 15 a.C., quando Nerone Claudio
Druso portò a compimento la sottomissione e la pacificazione dei territori che
oggi chiamiamo Alto Adige. E quando lo
stesso figliastro di Augusto (e fratello di
Tiberio) fece costruire un solido ponte
nella zona strategica della triplice confluenza Talvera, Isarco e Adige, presso il
quale si venne presto a formare la “stazione” denominata Pons Drusi. La quale
acquistò sempre maggiore importanza da
quando, nel 46 d.C., il figlio di Druso,
l’imperatore Claudio, fece costruire la
strada – che da lui si disse Claudia
Augusta – che da Altinum, nei pressi della
Laguna di Venezia, andava, lungo la
Valle dell’Adige, al Passo di Resia, per
raggiungere Augusta Vindelicum, l’odierna Augsburg, in Baviera (mentre, proprio dal Ponte di Druso un altro ramo,
per la valle dell’Isarco, andava al
Brennero).
È appena il caso di ricordare che la statio
romana di Pons Drusi si trasformò nell’altomedievale borgo di (Castrum) Bauzanum, donde l’odierna città di Bolzano:
a buon diritto “figlia della Lupa”! O,
quanto meno, “nipote”!
Ras
I TERREMOTI E IL COLOSSEO
Roma, com’è noto, non si trova al di sopra d’una faglia sismica attiva, ma è assai vicina a quella dell’area dei Colli Albani e non troppo lontana da quella della fascia
appenninica; quindi, in condizioni di rischio.
Un rischio non eccessivo, ma tuttavia tale da aver potuto lasciare forti tracce nella storia della città e nei suoi monumenti. Un caso che non avrebbe potuto essere più
emblematico è quello del Colosseo. Tre o quattro terremoti nel giro di nove secoli
hanno duramente colpito l’anfiteatro dei Flavi, riducendolo, praticamente, allo stato
in cui oggi lo vediamo.
I primi danni consistenti ci furono già sullo scorcio dell’evo antico, col sisma dell’anno 443. Ma vere e proprie devastazioni furono quelle arrecate dai terremoti del
Medioevo: nel 508 (piuttosto che nel 484, come pensano alcuni, per via di una documentazione non del tutto certa) e nel 1349.
Nel 443 i danni sono documentati dai restauri menzionati da una doppia e lunga
iscrizione, arrivataci frammentaria, che ricorda l’intervento del Praefectus Urbi Flavio
Sinesio Gennadio Paolo il quale arenam, podium et ianuas, gradus ex columnis ad imam
caveam terrae motus dilapsos instauravit. I lavori di ripristino, confermati da un’altra
testimonianza epigrafica, dovettero procedere con molta celerità, visto che l’anfiteatro
fu riaperto al pubblico in occasione del ventennale di regno dell’imperatore
Valentiniano, nell’ottobre del 444.
Anche per il sisma del 508 abbiamo la testimonianza di quattro iscrizioni lapidarie
ritrovate all’interno dello stesso monumento (e due ancora sul posto) che ricordano i
restauri dell’arena e del podio distrutti dalla violenza di un abominandi terrae motus.
Secondo una recente ipotesi, in quella circostanza dovette crollare un tratto del loggiato in summa cavea con almeno una ventina di colonne che precipitarono in basso
sfondando le gradinate (con le transenne e le balaustre dei vomitoria) e distruggendo
il podio per finire negli ipogei che, probabilmente da allora, furono interrati, come
dimostrerebbero i ritrovamenti, effettuati negli scavi moderni, di elementi diversi
(compresi i macchinari di scena) evidentemente danneggiati e lasciati sul posto.
Esiziale per il Colosseo fu però il terremoto del settembre 1349: quasi sicuramente il
più grave mai avvertito a Roma.
Purtroppo, dei danni subiti dall’anfiteatro in quella circostanza non abbiamo notizie
dirette. Non ne parla nemmeno il Petrarca che, nella II epistola del libro X scrive:
3
“Ecco Roma così gravemente scossa che nessun disastro a questo paragonabile si ricorda nella storia da due mila anni a questa parte”.
Tutti gli studiosi concordano tuttavia nel riferire con molta probabilità a quel terremoto il crollo delle arcate dei due anelli più esterni “della metà dell’ellisse dalla parte
del Celio ... sulla profondità di due ambulacri” (come scrive il Lanciani). E fu da quel
crollo che ebbe origine l’enorme cumulo di blocchi di travertino che venne chiamato
Coxa (o Coscia) Colisei, trasformatosi presto in una sorta di gigantesca cava a cielo
aperto di materiale edilizio, dalla quale per alcuni secoli si trassero marmi e travertini
per la costruzione di numerosi palazzi e chiese di Roma, dal Palazzo di Venezia (nel
1468) a quello della Cancelleria (nel 1484), fino alla nuova Basilica di San Pietro nonché per alimentare le famigerate calcare, i forni per la produzione di calce, peraltro
attivi fin dal X secolo.
Vale la pena di ricordare le duemilacinquecentoventisette “carrettate di travertino”
portate via da un solo “appaltatore” nel 1452. Mentre, ancora nel 1576, come scrive
sempre il Lanciani, “... trovandosi un certo Agostino Paloni creditore di Gregorio XIII
per la somma di scudi 300, la quale mancava nelle casse Camerali, fu tacitato a furia
di pietre del Colosseo”!
Solo nel 1744 papa Benedetto XIV ordinò la fine delle espoliazioni, dopo che ancora
nel 1703 un ennesimo terremoto aveva fatto crollare un arco del secondo ordine di
arcate, sempre dalla parte del Celio (e i travertini caduti vennero impiegati – manco
a dirlo – per la costruzione del Porto di Ripetta e della chiesa di Sant’Agostino). Fino
a che, nel 1805, Pio VII non incaricò il Valadier di costruire un gigantesco sperone o
contrafforte in laterizio a guisa di sostegno delle arcate sconnesse e pericolanti.
Quasi un inizio di “ricostruzione”, come ritenuto facilmente possibile nei versi del
Belli: “Co un po’ de sassi e un po’ de carcia e gesso / lassa che je se dii quarche arittoppo /
e un’imbiancata, e po’ servì anc’adesso”.
Romolo A. Staccioli
MONUMENTI “IN GABBIA”
Sul problema della salvaguardia dei monumenti cittadini dagli atti di vandalismo,
siamo già intervenuti in queste pagine, ad esempio, nel 2001 (n. 1, p. 8) e nel 2010
(n. 3, p. 8). Tornato d’attualità l’argomento e, in particolare, il dibattito tra favorevoli e contrari alla installazione di “cancellate” di protezione, non abbiamo che da riproporre le nostre passate considerazioni. A partire da quella che riguarda il pericolo di
estraniare completamente i monumenti, eventualmente “ingabbiati”, dalla città e
dalla vita dei suoi abitanti, e di sottrarre ai monumenti stessi la loro essenziale funzione culturale.
Ma il problema resta. E non si può affrontare – e tanto meno risolvere – con le esortazioni alle campagne educative e di sensibilizzazione nei confronti di cittadini e turisti. O ai compiti di formazione di consapevolezza e di coscienza civica da affidare alla
scuola.
E non si può nemmeno contare sull’efficacia di impianti di monitoraggio e di videosorveglianza da moltiplicare ... all’infinito. Mentre è del tutto ridicolo pensare alla
vigilanza da affidare ai soldati “che si annoiano nelle caserme”.
Quella delle cancellate a protezione dei monumenti, nonostante lo scetticismo di
coloro che sono contrari, è, purtroppo, l’unica soluzione.
Va tuttavia studiata e realizzata caso per caso, quanto a tipologia, posizionamento,
eventuali complementi e accorgimenti specifici. Anche sulla base degli esempi –
numerosi e vari – che già esistono. Come quelli delle cancellate tra le colonne dei portici delle facciate di chiese anche illustri, la Basilica Vaticana e quella Lateranense,
Santa Maria Maggiore e i Santi Giovanni e Paolo, San Marco e i Santi Apostoli, ecc.
ecc. Una soluzione, questa, che potrebbe essere applicata anche al Pantheon (come,
del resto, fu fatto già in passato).
La recinzione attorno all’Arco di Costantino e quella attorno al Giano del Foro Boario
danno certamente fastidio; non così quella attorno alla Colonna di Marco Aurelio,
nella piazza omonima.
Sarà certo difficile recintare tutt’intorno all’Anfiteatro la zona del Colosseo (che ha
peraltro i fornici un tempo liberi, chiusi uno per uno da cancellate finalmente decenti). Ma la zona del Teatro di Marcello è stata recintata senza particolari problemi (a
prescindere dalla ovvia constatazione che era meglio prima, quando ci si poteva circolare liberamente).
VERBA
Le parole che non si
traducono
La recente lettura di un bellissimo saggio
(N. Gardini, Viva il latino! Storia e bellezza di una lingua inutile) mi induce a
cercare, sulla falsariga della già esauriente trattazione dell’Autore, le parole latine
(e anche quelle greche) che hanno, per
usare una parola moderna che non amo,
una “pregnanza” particolare, espressione
di una sensibilità, di una ricchezza di
valori che le corrispondenti parole dell’italiano, e forse anche delle altre lingue
vive, non hanno.
Le lingue dell’Europa moderna e del
mondo americano, sia anglofono che
ispanico, hanno parcellizzato alcune
parole antiche in tanti vocaboli, ciascuno
per una sfumatura di significato. Ciò
significa ricchezza ed evoluzione di valori semantici ma perdita della sensibilità
globale, spirituale, talora misterica, che
alcune parole antiche hanno e che suscita emozioni.
Tra le parole del greco antico me ne vengono in mente due: Ubris e Ananke.
Ubris che noi traduciamo con “arroganza”, “prepotenza”, “superbia”, ha in sé
una valenza multipla che associa ai significati che le diamo in italiano una sacralità, un valore di oltraggio agli dèi, di
perdita di rispetto per i valori essenziali
della persona umana la quale è al disopra
della condizione materiale e si avvicina al
concetto di Dio, credibile o non credibile secondo la coscienza individuale, ma
comunque immanente.
Ananke è parola che traduciamo con
“necessità”, “coazione”, ha un significato
più ricco: quello di necessità ineludibile,
vicina all’imperio del destino, del Fato;
anche questa con una base sacrale ineluttabile.
Per quanto riguarda il latino le parole
con alta pregnanza di significato sono
tantissime e chi ama e conosce il latino
quando le incontra in un testo non le
traduce; le capisce in latino perché le ha
già interiorizzate nella loro intrinseca ricchezza.
Parole come cura, res, religio, vir, studium, ingenium non si traducono, si
capiscono. Ma vorrei richiamarmi in
particolare a tre di esse.
Virtus che traduciamo come “virtù”,
come “valore guerriero”, non è solo questo: è la consapevolezza della dignità del
cittadino romano, che associa onestà,
rispetto di sé e degli altri, amore di
patria, omaggio verso gli dèi.
segue a pag. 7
46°
panorama / calendario delle manifestazione dell’Archeoclub di Roma
Anno sociale quarantaseiesimo - gennaio-marzo 2017
ATTENZIONE: Tutte le attività in programma - comprese le conferenze - sono riservate ai Soci e ai loro
Familiari, Amici o Ospiti. Per tutte le attività - tranne che per le conferenze - è richiesta l’adesione con
prenotazione in segreteria, anche telefonicamente (06.48.18.839).
Iniziando – con il programma qui
a fianco annunciato – il 46° anno
di attività, ci pare giustificato sottolineare, con un certo compiacimento che si tratta di “manifestazioni” di un ininterrotto seguito
iniziato alla fine del 1971, proseguito per circa un decennio con
“appuntamenti” complessivamente
numerosi, ma diluiti nel tempo,
diventati, a partire dal 1981, bi/trisettimanali, per otto/nove mesi
l’anno. Con straordinaria varietà di
programmi: conferenze, visite,
corsi, rievocazioni storiche, escursioni, viaggi, riunioni conviviali,
proiezioni cinematografiche, celebrazioni, presentazioni, ecc. Sempre ad alto livello, con la partecipazione di docenti universitari, ricercatori, funzionari delle soprintendenze, ecc.
L’Archeoclub di Roma è stato così,
per centinaia di persone via via susseguitesi nelle sue fila, uno straordinario punto di riferimento culturale e una inesauribile fonte di
informazione e di approfondimento per la conoscenza delle civiltà
del passato, le loro caratteristiche,
la loro storia, gli uomini che hanno
dato loro vita, le eredità, materiali
e spirituali, che hanno lasciato.
Ciò, soprattutto nei confronti della
civiltà che ha fatto capo a Roma e
che da essa ha preso nome.
Una attività – e una benemerenza
– difficilmente riscontrabili in altre
pur benemerite associazioni oggi
operanti nella Città Eterna. Forse,
avrebbero meritato qualche “riconoscimento ufficiale” (oltre quello,
pur gradito, ricevuto in Campidoglio, nel 1986, dalle mani del
Ministro Andreotti, per il “turismo
culturale”)…
gennaio
MERCOLEDI
VENERDI
18
Riapertura della SEGRETERIA 27 conferenza
con le consuete modalità
del prof. Romolo
SABATO
21
Brindisi per il Nuovo Anno, in
Campidoglio – Caffè della Terrazza
Caffarelli, ore 11.30
A.
Staccioli
sul
tema:
Quando l’antica Roma fu
scossa dal terremoto –
Fondazione M. Besso,
largo di Torre Argentina 11 – ore 16.30
DOMENICA
DOMENICA
22
visita guidata
29
visita guidata
dal dott. Antonio Insalaco, al complesso dalla dott.sa Laura Trellini Marino al
degli scavi dei Fori Imperiali secondo
l’itinerario recentemente attrezzato – ore
10.45, presso la Colonna Traiana
Casino della Villa Massimo con gli
affreschi dei pittori “Nazareni” – ore
10.00, in via Matteo Boiardo, 16
MARTEDI
LUNEDI
23
invito alla
31
Ateneo di Archeoroma
conferenza per l’Assoc. Ital. di cult. prima lezione del Corso “Il costume e
Class. (AICC), del prof. Gianfranco
Agosti (Un. Sapienza) sul tema:
Paganesimo e cristianesimo nella poesia
greca tardoantica – Liceo Giulio Cesare,
corso Trieste 45 – ore 16.00
l’abbigliamento degli antichi romani”,
di Francesca Staccioli (Accad. di
Costume e Moda) – presso la Sede sociale, via Tacito, 74, scala A, int.2 – ore
16.30
febbraio
GIOVEDI
GIOVEDI
2
invito
9
letture a voce alta
al Salotto Romano (con “i puntini sulle Testi e Autori di ieri e di oggi: Longo
i”, di R.A.Staccioli) – Palazzo dei
Domenicani, piazza della Minerva, 42
(Pantheon) – ore 16.30
Sofista. Gli amori pastorali di Dafni e
Cloe (terza parte), a cura del dott.
Maurizio Vignuda – presso la Sede
sociale, via Tacito 74, ore 16.30
SABATO
DOMENICA
4
visita guidata
12
visita guidata
dal prof. Romolo A. Staccioli ai resti
dal prof. Romolo A. Staccioli alla “nuodell’Acquedotto Vergine – ore 11,15 in
via del Nazareno.
va” area archeologica del Circo Massimo
– ore 10,30 in piazza di Porta Capena
MARTEDI
MARTEDI
14
Ateneo di Archeoroma
7
Ateneo di Archeoroma
seconda lezione del Corso Il costume e Terza lezione del Corso Il costume e
l’abbigliamento degli antichi romani
l’abbigliamento degli antichi romani
Archeoclub d’Italia
SEDE DI ROMA
Ateneo di Archeoroma
Corso speciale su
Via Tacito, 74 (P.zza Cavour)
tel. 06.4818839
(con segreteria telefonica)
c.c.p. 77897007
(intestato: Archeoclub di Roma)
IL COSTUME E L’ABBIGLIAMENTO
DEGLI ANTICHI ROMANI
con esibizioni e prove al vivo
a cura di
FRANCESCA STACCIOLI
(Accademia di Moda e Costume)
SEGRETERIA:
lunedì, mercoledì, venerdì ore 10-12
Quattro martedì dal 31 gennaio al 21 febbraio
ore 16,30
presso la sede sociale, via Tacito 74, scala A int. 2, max 20 persone
GIOVEDI
16
invito alla conferenza
dell’AICC, del prof. Luca Bettarini (Un.
Sapienza), sul tema: Perché leggere oggi
Ippocrate? – Liceo Giulio Cesare, corso
Trieste 45 – ore 16.00
marzo
GIOVEDI
GIOVEDI
SABATO
2
invito al
16
Assemblea generale ordinaria
18
visita guidata
dalle dott.se L. Trellini Marino e O. Salotto Romano (con “I puntini sulle i” dei Soci
Vito Colonna al Museo P. Canonica e
alle Statue di Villa Borghese – ore
10.30, p.le S. Paolo del Brasile (Porta
Pinciana - esterno)
MARTEDI
21
Ateneo di Archeoroma
Quarta e ultima lezione del Corso Il
costume e l’abbigliamento degli antichi
romani
VENERDI
conferenza
del prof. Romolo A. Staccioli, sul tema:
Quando l’antica Roma era una Città di
Portici – Fondazione Besso, Largo di
Torre Argentina, 11 – ore 16.30
24
SABATO
25
Archeosimposio di Carnevale
Ristorante Orazio, piazzale Numa
Pompilio – ore 13.00 – prenotazione
obbligatoria
di R.A.Staccioli) – Palazzo dei
Domenicani, piazza della Minerva, 42
(Pantheon) – ore 16.30
SABATO
4
visita guidata
alle Catacombe di San Callisto – ore
10.00, via Appia Antica, 10 (bus 118 o
218)
LUNEDI
invito alla conferenza
dell’AICC, dei proff. Lionello Inglese e
Carlo Santaniello (Lic.
Socrate) sul tema: Perché
leggere oggi Archiloco? –
Liceo “Socrate”, via p.
Reginaldo Giuliani 11
(Circonvall. Ostiense) –
ore 16.00
6
con il seguente odg: 1) introduzione del
Presidente – 2) bilancio consuntivo 2016
e preventivo 2017 – 3) prospettive e programmi – 4) nuovo Consiglio Direttivo
– 5) varie ed eventuali – presso la Sede
sociale, via Tacito 74 – prima convocaz.
ore 15.30, seconda convocaz. ore 16.30
SABATO
18
visita guidata
dal dott. Antonio Insalaco all’Ipogeo
degli Ottavi – ore 10,30 alla stazione
Ipogeo degli Ottavi della ferrovia regionale FL3
VENERDI
24
conferenza
del prof. Romolo A. Staccioli, sul tema:
Quando l’antica Roma s’alleggerì degli
immigrati Latini – Fondazione M.
Besso, largo di Torre Argentina, 11 – ore
16.30
SABATO
MERCOLEDI
25
escursione dell’intera giornata
8
Letture a voce alta
Testi e Autori di ieri e di oggi: a cura a FORMELLO, in collaboraz. con il
della dott. Laura Trellini Marino Ovidio, Ars Amatoria, Libro III “per le
donne”, presso la Sede sociale, via Tacito,
74 – ore 16.30
locale Archeoclub, per la visita al rinnovato Museo dell’Agro Veientano e alla
“nuova” Tomba etrusca dei Leoni Ruggenti – Cerimonia in Sala Grande di Palazzo Chigi – pranzo – partenza ore 9.00,
da piazza Mancini
SABATO
MERCOLEDI
11
passeggiata
della serie In nostra Urbe peregrinantes, 29 invito alla conferenza
guidata dal dott. Maurizio Vignuda: Le AICC. del prof. Alessandro Pagliara
Mura Aureliane (e dintorni) dalla Porta
Asinaria alla Porta Metronia – ore 10.30
a piazza di Porta S.Giovanni (Monum. a
S.Francesco)
(Univ. Tuscia), sul tema: Perché leggere
oggi i panegirici di Flavio Claudio
Giuliano? – Liceo “Vivona”, via della
Fisica 14 (EUR) – ore 16.00
6
CONTRIBUTI E INTERVENTI
INVITO ALLA LETTURA:
TESTI E AUTORI DA SCOPRIRE
“CARTEGGIO CON
TRAIANO”
di Plinio il Giovane
Ancora per Michele Coccia
Nel numero di ottobre-dicembre 2016 di ArcheoRoma è apparso un ricordo del
prof. Michele Coccia redatto dalla nostra infaticabile Giovanna De Paola che ha
ricordato le grandi doti umane e culturali del Professore, illustre latinista, emerito della “Sapienza”, la sua vivacità di spirito, il suo prezioso apporto alla vita
dell’Archeoclub e soprattutto la capacità di parlare in fluente latino, cosa non
comune, neppure tra i latinisti. A questo proposito si è rammaricata di non ricordare le esatte espressioni latine, da lui spesso riportate, riguardo un guasto al
motore di un pullman col quale si stava recando a un Convegno internazionale
dove i convegnisti parlavano soprattutto in latino, l’unica lingua comune a tutti i
partecipanti. Ebbene, io – che di Michele sono stata alunna in IV ginnasio e
all’Università, nonché sua collaboratrice per decenni alla “Sapienza” nel comune
lavoro di insegnamento di lingua e letteratura latina – avendo partecipato a quel
Convegno, ricordo bene le parole pronunciate sul pullman: Aliquid in autoraeda
longa officio suo non bene fungitur, traducibili con “Qualcosa nel pullman non
adempie al suo giusto officio” (da notare che la pronunzia era offichio e funghitur,
la cosiddetta pronunzia scientifica, molto usata in Europa dai latinisti).
Posso aggiungere che altre volte il prof. Coccia si è cimentato nel cosiddetto latino vivo, come quando, ad esempio, accettò di illustrare in latino le qualità di un
aereo antincendio di Aeritalia ricollegandole alla istituzione del corpo dei vigili
del fuoco operata da Augusto nel 23 a.Chr. Nella copia del manifesto della
Società aerospaziale che Egli mi ha donato, accanto alla riproduzione di una statua dell’imperatore, si legge così: Post incendium magnum quod Romam anno
XXIII a.Chr.n. vastavit, Imperator Augustus vigiles instituit qui incendia praevenirent et restinguerent, atque in naturae calamitatibus auxilium ferrent civibus, multis
denique muneribus fungerentur ad comune omnium utilitate pertinentibus. Societas
vero cui nomem Aeritalia, ut nova semper melioraque instrumenta nobis praesto sint
cavet. E, a conclusione si legge così: G 222, vaelivolum quo omnibus in necessitatibus uti possumus. (Il tutto, tradotto, suona: “Dopo l’incendio che nel 23 a.C.
devastò Roma, l’imperatore Augusto istituì vigili che prevenissero e spegnessero
gli incendi, e che nelle calamità naturali portassero aiuto ai cittadini, infine adempissero a moltissimi uffici pertinenti alla comune utilità. Invero la società chiamata Aeritalia provvede a che sempre nuovi strumenti siano a nostra disposizione. G
222, l’aereo che possiamo usare in ogni necessità”).
Vale la pena qui ricordare che Michele Coccia era appassionato di aeronautica
(quando insegnava al liceo Albertelli di Roma, con me alunna, prese il brevetto di
pilota, e ne andava fiero) e di pubblicistica militare.
Concludo ringraziando Giovanna De Paola per il ritratto vivo e vero che ci ha
dato del prof. Coccia e per la lusinghiera menzione che mi riguarda.
M.Grazia Iodice
Gaio Plinio Cecilio Secondo, detto
Plinio il Giovane, nato a Como, visse a
cavallo tra il I e il II secolo d.C., per una
cinquantina d’anni (61 o 62 – 112 o 113
d.C.). Nipote di Plinio il Vecchio, ricevette da lui i primi insegnamenti e ne
divenne figlio adottivo per volontà testamentaria.
Amico del grande storico Tacito, Plinio,
trasferitosi a Roma molto giovane, completò la sua formazione culturale grazie a
Quintiliano e al retore Nicete di Smirne.
La solida preparazione gli consentì di
farsi largo nell’ambiente forense dove
presto si impose come apprezzatissimo
avvocato. Ma degna di nota fu anche la
sua carriera politica.
Sotto l’impero di Domiziano, fu prima
questore, poi tribuno della plebe e, infine, pretore. Rivestì la carica di consul suffectus (“sostituto” del console effettivo)
sotto Traiano e sempre sotto il governo
dell’imperatore spagnolo fu governatore,
in qualità di legato imperiale, della
Bitinia, regione dell’Asia Minore.
In campo letterario, oltre al Panegirico a
Traiano, spiccano soprattutto le
Epistulae, una raccolta di lettere di vario
contenuto distribuite in 10 libri. Proprio
il decimo libro è stato pubblicato, anche
a sé stante, con il titolo di “Carteggio
con Traiano”. Si tratta, in pratica, delle
lettere ufficiali indirizzate all’imperatore
da Plinio durante il periodo in cui governava la Bitinia.
Per gli appassionati della storia dell’antica Roma, si consiglia vivamente la lettu-
Mutationes e … biciclette
L’attuale crisi economica che vede ridotto il potere d’acquisto delle famiglie e la
raccomandazione di limitare l’uso delle
auto nelle città per ridurre i danni dello
smog e quelli al clima e all’ambiente
hanno rimesso in uso la bicicletta.
Possiamo immaginare fin dalla preistoria
l’uso del cavallo come arricchimento
della possibilità di muoversi e come antesignano della ruota. Il ritorno attuale
della bicicletta è paragonabile al cavallo
come possibilità di aumentare la velocità
rispetto all’andare a piedi.
Questo ritorno ha provocato nelle città
la nascita di stazioni di affitto temporaneo di biciclette. Il cliente, ad esempio, a
Roma, a Parigi, a Bruxelles, paga una tessera che gli dà diritto di prendere a nolo
una bicicletta e lasciarla o sostituirla in
un’altra stazione di noleggio. L’antica
Roma aveva disposto la creazione di stazioni di cambio del cavalli (mutationes)
che consentivano ai messi pubblici, ai
portatori di ordini dalle magistrature
7
ra del libro in quanto esso offre una
imperdibile panoramica sulle principali
questioni che un legato imperiale si trovava ad affrontare nel governo di una
importante provincia ai confini orientali
dell’impero, quale era la Bitinia.
Si va, ad esempio, da una “raccomandazione” non accolta dall’imperatore (n. 4)
a un caso di concessione della cittadinanza romana (n. 5); dalla interessante
descrizione di un viaggio per mare per
arrivare in Bitinia (n. 15) alla custodia
delle prigioni (n. 19); dalla necessità o
meno di istituire un corpo di pompieri
(n. 33) all’esigenza di spendere bene il
denaro pubblico utilizzato per i lavori
legati alla costruzione del teatro di Nicea
(n. 39); dalle spese per il mantenimento
dei “trovatelli” (n. 65) ai fondi necessari
per coprire un corso d’acqua in città
ridotto a una fetida cloaca (n. 98).
Di grande interesse è poi la lettera riguardante il comportamento da tenere nei
confronti dei cristiani (n. 96, con la
risposta di Traiano al n. 97).
Spesso spassose ed ironiche sono, infine,
le risposte di Traiano il quale, letteralmente “tormentato” dalle lettere speditegli da Plinio che costantemente ricercava
l’avallo dell’imperatore per sua maggiore
tranquillità, rimandava “al mittente” la
decisione da prendere nel caso di specie.
Buona lettura!
Maurizio Vignuda
Verba
appunti e disappunti sulla Città dei nostri giorni
segue da pag. 3
Pietas che traduciamo come “pietà”, “clemenza”, non è solo questo: è generosità
profonda, clemenza verso gli umili da
parte di chi sente di essere forte e degno
tanto da poter concedere “pietà”, sempre
secondo la volontà divina.
Vorrei concludere con verbum, che è il
titolo di questa riflessione. Verbum non è
solo la ”parola”: è “spirito, mente, razionalità, messaggio”. Perciò con questa
parola è stata tradotta la prima parola del
Vangelo di Giovanni che la traduzione
greca aveva già reso con logos che di verbum ha gli stessi molteplici significati.
In principio erat Verbum, che Giovanni
intende come “Dio”.
Giovanna De Paola
Chi ha avuto la bella idea di costruire un “baraccone” ai piedi del Campidoglio, a
ridosso dell’Arco di Settimio Severo e contro le colonne del pronao del Tempio di
Saturno?
E per farne cosa?
E, quanto ci è costata – tra annessi e ... connessi – la mostruosa realizzazione?
A tanto si doveva arrivare dopo la soppressione (al tempo del sindaco Petroselli) della
strada che correva da quelle parti (per raggiungere il Tevere e il guado dell’Isola
Tiberina), prima ancora che nascesse Roma?
C’è da rabbrividire nel pensare cosa potrà uscir fuori, quanto ad impatto ambientale,
dal cantiere fantasma con il quale si dovrebbe allestire il nuovo “centro servizi” presso
il tradizionale ingresso al Foro Romano, dalla parte di via dei Fori imperiali. E ancor
peggio si può temere per quello che dovrebbe essere – Dio ne scampi! – il “centro servizi” del Colosseo, issato “panoramicamente” sulla collinetta che s’allunga tra
l’Anfiteatro e la via Celio Vibenna, alle pendici del Celio, fino a qualche tempo fa
caratterizzata dal grande pino abbattuto per motivi di sicurezza (v. ArcheoRoma 2016
n. 1, p. 8).
centrali ai comandanti delle truppe stanziate anche lontanissime come lungo il
limes, di lasciare e cambiare il cavallo
senza occuparsi di doverlo rimandare alla
stazione di partenza. Il cavallo si cambiava perché stanco e si sostituiva con un
cavallo non affaticato; la bicicletta non si
stanca ma può essere necessario sostituir-
la per consentire, tra una bicicletta e l’altra, un utile percorso a piedi per impegni
di vario genere.
Possiamo dire che il sistema di cambiare
“cavalcatura” è un ritorno all’antico?
Prendiamolo come una battuta, ma ...
nihil sub sole novi!
G.DeP.
8
Le “Forche” usurpate
Inalberare ai giorni nostri quel “ricordo” ha tutta l’aria di una provocazione nei confronti dei Romani di oggi.
Per giunta, senza senso; anzi, controsenso!
E poi: anche per i Sanniti, quello delle
Forche Caudine non fu proprio un
espisodio da menarne gran vanto! A
conti fatti, essi non ci fecero una
“figura” molto migliore di quella dei
Il Circo Massimo
segue da pag. 1
Romani. Perché non si trattò per loro
della vittoria riportata in una battaglia
combattuta in campo aperto, bensì
della riuscita di un’abile trappola tesa
al nemico che, ingenuamente e fidandosi di “guide” locali, s’era inoltrato
alla leggera in territori impervi e sconosciuti. Un’“impresa”, pertanto, certamente riuscita, ma da briganti piuttosto che da guerrieri!
segue da pag. 1
la parte del Circo che è contigua al Palatino e al Celio; di là, il fuoco, alimentato
dalle mercanzie combustibili, si propagò, rapidamente e impetuosamente, sospinto dal vento, per tutta la lunghezza del Circo ...”.
Nella zona centrale dell’emiciclo si possono anche riconoscere le basi delle colonne frontali e alcuni importanti frammenti architettonici del grande arco eretto in
onore di Tito per celebrarne la vittoria giudaica (mentre molti altri frammenti di
marmo lunense provenienti dallo scavo sono stati collocati in uno spazio vicino).
Altri frammenti lapidei (di capitelli e cornici, delle gradinate e delle soglie delle
botteghe) e colonne di marmi colorati sono raggruppati ed esposti in altri appositi spazi.
Infine, è stata resa accessibile anche la Torre della Moletta, costruita nel XII secolo, al cui interno una scala consente di arrivare fino al piano superiore per poter
godere di una splendida veduta panoramica dell’intera area archeologica.
IL COLOSSEO AI ROMANI!
Mentre stavamo per licenziare alla
stampa questo primo numero della
trentaseiesima annata di ArcheoRoma,
abbiamo appreso di un emendamento
alla legge di stabilità, frettolosamente
approvata dal Senato il 7 dicembre,
inteso a garantire una razionalizzazione
della spesa del Ministero per i beni e le
attività culturali e il turismo e per l’efficientamento delle modalità di bigliettazione degli istituti e luoghi di cultura di
rilevante interesse nazionale.
Traducendo in parole povere ciò significa che i 60 milioni di euro incassati
ogni anno dal “principe” dei monumenti romani, il Colosseo, andranno
tutti a finire nel calderone del suddetto
Ministero che ne deciderà l’utilizzazione a livello nazionale. A fronte di una
ripartizione che fino ad ora riservava 7
milioni alla gestione del Monumento,
destinava 12 milioni al Ministero e
lasciava i rimanenti 41 milioni alle necessità della conservazione e, in particolare, alla manutenzione ordinaria e straordinaria dei beni culturali della città.
Riservandoci di tornare sull’argomento,
non possiamo intanto tralasciare di
esprimere il nostro irritato disappunto e
la nostra ferma protesta per l’approvazione affrettata di un provvedimento
che per ben cinque volte era stato precedentemente dichiarato inammissibile.
Ci preme poi ribadire, con altrettanta
forza e indignazione, quello che andiamo proponendo e chiedendo da anni e
che si riduce alla semplicità e alla chiarezza di uno slogan: “il Colosseo ai
Romani”! E questo, nel duplice significato,
dell’accesso
gratuito
al
Monumento per tutti i cittadini e i residenti, “eredi” legittimi dello stesso “per
diritto di luogo”; e dell’utilizzo integrale degli introiti della bigliettazione –
intesi come contributo alle spesse offerto dai turisti – da considerare come
risorsa specifica della Città da destinare
alla conservazione dei suoi beni culturali.
Una eventuale generosa devoluzione
alle casse ministeriali a vantaggio dei
beni culturali nazionali – come quella
già in atto – potrebbe riguardare singoli e ben circostanziati interventi.
ArcheoROMA 2016 - XXXV
INDICE GENERALE
Editoriali
Ospitalità a pagamento, 1,1
Cenare al Palatino, 2,1
Messa a reddito, 3,1
L’evento è servito, 4,1
Articoli
“Residuati bellici” di ventiquattro secoli
fa, 1,1
R.A.Staccioli, Quando in Siria erano di
stanza le legioni, 1,2
Romolo A. Staccioli, Quando l’antica
Roma “inventò” la Libia, 2,3
La Battaglia di Idistaviso e la rivincita di
Germanico, 3,1
Romolo A. Staccioli, Quando Cesare fu
rapito dai pirati, 3,1
Romolo A. Staccioli, Quando il Senato
rimandava a casa gli immigrati Latini,
4,2
Note e discussioni
Latinorum, 1,3
ArcheoRoma – anno trentacinquesimo,
1,4-5
Colosseide, 2,1
Natalis Urbis, 2,2
Ancora sulla Collezione Torlonia, 2,6
Un libro da non acquistare, 2,6
“Spezzatino” ai Fori, 3,3
Il giardino (solo in parte) ritrovato, 3,6
Scempio al Foro Romano, 4,1
Le Terme di Tito, 4,2-3
Il XXII centenario della morte di Plauto,
4,3
“Luce al Carcere di San Pietro”, 4,8
Invasioni barbariche ai Mercati Traianei,
4,8
Contributi e interventi
Giovanna De Paola, Il Tempio della
Fortuna “di questo giorno”, 1,5
Giovanna De Paola, Maxima debetur
puero reverentia, 2,5
Maurizio Vignuda, “Notti Attiche”, di
Aulo Gellio, 3,5
Red., La svastica “cristiana”, 3,5
Giovanna De Paola, Il latino e il tedesco
... neolatino?, 3,5
Giovanna De Paola, Fratelli d’Italia, 4,6
Maurizio Vignuda, Le “domus” restaurate di Pompei, 4,6
Questa ene Roma
Il Centro Servizi del Colosseo, 1,8
L’Abate Luigi, 2,7
Il Museo del Foro Romano, 2,7
Monumenti profanati, 3,7
... so’ più sorci che serci, 4,7
Necrologi
G.D.P., Michele Coccia - Rosa De
Marinis, 4,7
Archeorama
Panorama/calendario delle manifestazioni dell’Archeoclub di Roma, 1, 5/6;
2,4/5; 3,4/5; 4,4/5
Pubblicazione riservata ai soci dell’Archeoclub, distribuzione gratuita. (propr. Staccioli) dirett. resp. Gastone Obino. Via Tacito, 74
00193 Roma, telefono 06.48.18.839 - Autorizz. Tribunale di Roma n. 00565/92 del 27-10-1992 - Roma - Stampa: 1-2017
Borgia s.r.l., Roma