continua - Parrocchia Sanpiox

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Per chi cammini?

Gesù rinnova la bella notizia, alla quale stentiamo a credere. Lo fa in un momento di intimità con i suoi discepoli. Lo fa sul monte dell'ascolto, nel raccoglimento di questa assemblea. Ci chiama «Beati». Le giornate missionarie, che la nostra comunità sta vivendo testimoniano l'impegno a dare un volto ai rifugiati, ai profughi, anche se lontani da noi. Gesù li chiama beati. Bella provocazione: beati, felici. Però le beatitudini segnano il vertice del suo messaggio. Ci sono, i poveri, i miti, i misericordiosi, i sofferenti. Il difficile è premettere loro l'aggettivo "beati". Gesù, proclamando le beatitudini aveva davanti a sé dei volti, delle persone. Le fissava negli occhi. Leggeva nel loro cuore. Erano poveri, miti, avevano fame e sete, ma non protestavano. Esprimevano però il diritto di vivere dignitosamente la loro storia. E Gesù farà grande la loro storia. Proviamo a metterci al loro posto ed ascoltare Gesù. Anche i nostri volti sono immagine, espressione, di ciò che abbiamo nel cuore, nell'animo. Gesù ci legge dentro. Ascoltiamo! Beati i poveri, i miti, i puri, gli operatori di pace, coloro che piangono, coloro che soffrono. Gesù se li tiene vicini. Perché? Anzitutto, perché sono la maggioranza. Perché sono gli scarti del mondo. Perché nessuno li vuole. Poi, perché, Gesù vuole mettere in chiaro chi è grande di fronte a Dio. Le beatitudini nobilitano, santificano, benedicono la fatica, l'impegno, la buona volontà. "Beati"! Non si tratta di una semplice e bella esortazione di Gesù: “siate, sforzatevi di essere beati. Ma, beati!” I beati: persone della quotidianità, che conoscono la fatica del vivere e lo fanno con pazienza, con speranza. È infinita la stima, la fiducia che Gesù pone sulle persone per le quali il giogo della quotidianità è pesante. Gesù incoraggia e dà fiducia a chi tira avanti la carretta del proprio dovere. Fa capire che sono costoro a sostenere le sorti del mondo. Beato chi non si ferma solo alle apparenze, ai difetti e alle difficoltà. Beato chi sa puntare alla forza interiore di cui ognuno è capace. Beati se facciamo lo sforzo di entrare, con fiducia e verità, nella segreta cella dei cuori. Scendiamo là e vi troveremo la beatitudine, che dà senso alla vita. Nel bene che vogliamo e facciamo, nel compiere con onestà il proprio dovere, nelle attenzioni che prestiamo alla famiglia, al marito o alla moglie, ai figli, nella fatica del lavoro, nel pane guadagnato con dignità, nella ricerca della concordia, nella pazienza quando giunge la sofferenza, lì prendono casa le «beatitudini». I "beati" sono coloro che guardano con gli occhi della speranza, della misericordia, del perdono, dell’accoglienza, che sanno per chi e perché camminano tra la gente.

cuore del rabbino. "Per chi cammini tu?".

non sapere per chi e per che cosa camminiamo.

Una storia ebraica narra di un rabbino saggio e timorato di Dio che, una sera, dopo una giornata passata a consultare i libri delle antiche profezie, decise di uscire per la strada a fare una passeggiata. Mentre camminava per una strada isolata, incontrò un guardiano che camminava avanti e indietro, con passi lunghi e decisi, davanti alla cancellata di un ricco podere. "Per chi cammini, tu?", chiese il rabbino, incuriosito. Il guardiano disse il nome del suo padrone. Poi, subito dopo, chiese al rabbino: "E tu, per chi cammini?". Questa domanda, conclude la storia, si conficcò nel

Le beatitudini sono il vademecum, la guida per rivestire di prospettive, di futuro la vita, evitando il rischio di

“Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli”

- ci assicura Gesù. Quale gioia più grande, quale ricompensa più indovinata per coloro che danno un valore, uno scopo, un fine alla loro fatica, alla loro sofferenza, alle loro sane aspirazioni. Noi non camminiamo verso la fine, ma verso un fine.

P. Valerio

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