discorso che ha fatto questa mattina il Presidente

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Transcript discorso che ha fatto questa mattina il Presidente

PRESIDENTE REGIONE TOSCANA
ENRICO ROSSI
“Giorno della Memoria” 2017
Firenze, 27 Gennaio 2017
Signor Presidente,
Colleghi Consiglieri,
Associazioni Antifasciste,
Autorità presenti,
Cittadine e Cittadini,
è commovente essere oggi con voi, per celebrare il Giorno della
Memoria. Di fronte alle tante testimonianze del male assoluto anche
le parole perdono di significato. Persino i sopravvissuti ai campi di
sterminio nazisti si trovarono privi di parole e passarono molti anni
prima che avessero la forza di raccontare ciò che avevano vissuto e
visto.
In Europa furono tormentati, affamati, torturati ed uccisi oltre 10
milioni di uomini, donne e bambini considerati rifiuti della società;
malati di mente, portatori di handicap, Rom, Sinti, omosessuali,
oppositori politici, partigiani, sacerdoti, prigionieri di guerra,
membri di tutte le comunità ebraiche di ogni angolo del continente.
Gli aguzzini nazisti ripetevano alle loro vittime che - se anche fossero
sopravvissuti - il mondo non avrebbe mai creduto all'enormità dei
loro racconti. Erano ben consci che il male inferto era oltre ogni
dicibile; senza confronti né precedenti per estensione, durata, ferocia
e protervia.
La condizione di annichilimento si coglie nelle parole dello scrittore
Boris Pahor che - ricordando il lager nazista nei Vosgi dove era stato
internato - scrive ...quando la pelle diventa pergamena e le cosce si
riducono allo spessore delle caviglie, anche i palpiti del pensiero diventano
flebili bagliori di una torcia esaurita, guizzi appena percepibili che di quando
in quando si levano”.
Cosa avranno provato quei bambini nudi che, dopo viaggi strazianti
in vagoni piombati, finivano nelle camere a gas in braccio o per mano
alle loro mamme?
O i membri del Sonderkommando che tagliavano i capelli a quei
poveri morti ed ispezionavano i corpi alla ricerca di preziosi? Il fetore
di carne bruciata tormentava quell'umanità derelitta ad ogni ora del
giorno e della notte.
L'annientamento della memoria era sistematico quanto quello dei
corpi, tanto che Walter Benjamin nel 1940 avverte: “Anche i morti non
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saranno al sicuro dal nemico, se egli vince.”
La persecuzione e lo sterminio del popolo ebraico, la Shoah del XX
secolo, avvengono nel cuore dell’Europa colta e civile ad opera della
struttura politico-militare del nazismo e del fascismo. L'Europa fu
travolta dal dilagare di un’ideologia mortifera che si considerò del
tutto svincolata dalla morale e dal rispetto per la vita. Trionfò
l’omologazione di massa e quella specie di “anestesia emotiva” che
permise di organizzare una moderna e letale fabbrica della morte a
livello continentale.
Un progetto di annichilimento che univa l'efficienza dell'apparato
burocratico dello Stato alla tecnica resa disponibile dalla moderna
struttura industriale tedesca. Un connubio la cui produttività era
misurabile in milioni di “pezzi” eliminati. Come fu possibile?
La Germania era un Paese che la sconfitta militare nella Grande
Guerra ed le condizioni dei “Trattati di pace” avevano popolato di
disoccupati ed iperinflazione. A ciò si aggiunse l'esplodere della crisi
economica internazionale del '29 ed il conseguente ritiro degli
investimenti esteri, specialmente americani. L'antisemitismo e la
xenofobia furono i capri espiatori che i nazisti ed i loro alleati
agitarono davanti ad una popolazione disorientata ed impaurita, in
preda ad una cupa “disperazione sociale”.
Ma la radice della catastrofe si coglie appieno solo tenendo conto
della trasformazione radicale che coinvolge tutto il Novecento
europeo. Tra il 1914 ed il 1945 si consuma quella che alcuni hanno
definito la “Guerra dei Trent’anni” europea. Dal 1914 al 1939 - tra
l'inizio della Prima e della Seconda Guerra mondiale - trascorrono
solo 25 anni.
Lo storico francese Elie Halévy già nel 1915 aveva intuito che il
Primo conflitto mondiale - contrariamente alla convinzione iniziale sarebbe stato difficile da fermare essendo "una guerra di razze molto
sordida, priva di grandi idee, senza generali strategie". La vera novità era
l'aver portato il principio nazionale sul terreno della competizione
armata.
Come sfferma lo storico Paolo Pezzino, non era "più una guerra tra
Stati, ma una guerra tra Nazioni. La Nazione rappresenta la volontà
generale che sorregge lo Stato e da questo viene mobilitata. I tedeschi
combattono non contro lo Stato francese, ma contro il popolo francese, e
viceversa". L'utilizzo strumentale ed aggressivo del nazionalismo è il
punto chiave che segna un'epoca.
E nasce anche il cosiddetto "fronte interno", poiché gli Stati
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considerano decisiva la mobilitazione di tutte le risorse nazionali,
compresa la volontà dei cittadini a resistere. Lo Stato controlla non
solo l'apparato militare ma l'intero processo economico ed utilizza a
piene mani l'arma della propaganda per controllare la società. Halévy
- riferendosi al clima europeo del 1914, all'inizio della guerra ribadisce il ruolo dello Stato come "organizzazione dell'entusiasmo".
Nella guerra si concentrano tutte le risorse intellettuali e materiali di
quella che, senza dubbio, è la modernità dispiegata. Dal 1914 i soldati
al fronte provano sulla loro pelle la potenza della tecnica, diventata
ormai la vera padrona del conflitto e dell'intera organizzazione della
società in guerra.
I soldati di tutta Europa sperimentano che la tecnica non è più solo al
servizio dei processi produttivi. Tecnologia ed industria perdono la
patina di neutralità per assumere quella – temibile – di acceleratori
della potenza distruttiva e di dispensatori di morte per milioni di
combattenti nelle trincee. Circa 10 milioni in 5 anni.
La mobilitazione è dunque "totale" ed il nemico viene descritto con
tratti inumani, quasi demoniaci. La guerra "totale" è intrinsecamente
barbarica e la disumanizzazione del nemico cresce via via che si
chiede alla popolazione di accettare i sacrifici ed i costi crescenti della
guerra. Gli stereotipi razziali dilagano, il nemico viene reso
totalmente "altro". Questa "pedagogia di massa" rende
psicologicamente sostenibile l'innalzamento della "soglia di atrocità"
e l'accettazione della morte di milioni di giovani soldati al fronte.
Come si intuisce, si sono già poste tutte le premesse che renderanno
possibile tra il '39 ed il '45 – dentro il Secondo confltto mondiale –
soffiare sul fuoco dell'antisemitismo fino
a pianificare ed
organizzare lo Sterminio del popolo ebraico.
Il regime nazista, annullando ogni distanza e differenza tra Stato e
società civile, costruirà politicamente ed ideologicamente il bersaglio
del "nemico interno" a cui attribuire ogni colpa. E quale "nemico
interno" era più adatto allo scopo degli ebrei? Contro questo scoglio
la civiltà europea si è infranta e la modernità ha perso la presunzione
d' innocenza.
La persecuzione e lo sterminio nazifascista del popolo ebraico hanno
spinto la cultura ad indagare le strutture educative dei regimi
totalitari, il culto dell’obbedienza, la spersonalizzazione, la
disumanizzazione ed il dissolvimento della morale, cioè la struttura
della nuova barbarie.
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Ma la bestia immonda non è stata certo sconfitta. “E’ accaduto, può di
nuovo accadere”, scriveva Primo Levi. E accade nuovamente.
Non molti anni fa in Ruanda furono uccise centinaia di migliaia di
persone nell’indifferenza della comunità internazionale. E poi in
Bosnia il genocidio dei musulmani e la guerra infinita in Medio
Oriente, le guerre in Africa e in Asia; il terrorismo e il fanatismo
etnico e religioso; le condizioni di indigenza in cui vive tanta parte
del mondo, senza diritti né libertà.
Lo scandalo della Shoah per il nostro pensiero e la nostra cultura sta
nel fatto che ci parla dell’uomo comune e quindi parla anche di noi.
E ci parla della struttura materiale ed immateriale della modernità.
Lunedì è partito da Firenze per Auschwitz il decimo Treno della
Memoria della Toscana con oltre 500 studenti medi, 60 universitari,
60 insegnati, rappresentanti istituzionali e delle associazioni, oltre a
testimoni ancora in vita dello Sterminio. E' un'esperienza
fondamentale a cui la Regione Toscana dedica una convinta
attenzione per l'opportunità unica che rappresenta.
Il nostro sforzo, dal 2002 - anno di avvio dell'iniziativa - è stato quello
di proporre dal vivo elementi di conoscenza per “vaccinare” i nostri
ragazzi dal virus della violenza e della sopraffazione e per
promuovere una moderna cultura dei diritti universali, l’unica in
grado di offrire una prospettiva di sviluppo e di pace in questo
mondo globalizzato.
Dobbiamo costruire una coscienza del rispetto dell'altro che
condanna ogni rigurgito nazionalista e xenofobo senza fare sconti,
poiché tutti avvertiamo il rischio crescente dei muri nell'Europa
attuale. Anche le sorelle Andra e Tatiana Bucci - superstititi della
Shoah e partecipanti al viaggio di quest'anno - sottolineavano le
ombre di razzismo e discriminazione nel nostro orizzonte, di fronte a
cui non si deve tacere. Mai più persecuzioni in Europa.
Lo scenario è completamente cambiato, ma il tema della crisi
internazionale è di nuovo al primo posto, con molti interrogativi
sull’assetto finale con cui avremo a che fare. In Europa è cresciuta
quella “disperazione sociale” che è il terreno di coltura per ogni
avventura politica.
La crisi globale manifestatasi dal 2008 rimette in discussione diritti
consolidati proprio in quel secondo dopoguerra che è stato ricco di
speranze e di promesse. La globalizzazione ha emancipato dalla
povertà vaste aree del mondo ma ha creato disuguaglianze crescenti
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ed insostenibili nelle aree più sviluppate, spingendo ad una
inarrestabile concentrazione della ricchezza e colpendo con durezza i
sistemi di Welfare e le protezioni sociali. La politica ha attraversato
una lunga stagione in cui ha svolto un ruolo ancillare rispetto
all'economia ed alla finanza. Gli organismi internazionali, nel
frattempo, sembrano aver perso progressivamente ogni efficacia
regolativa.
Dobbiamo dunque trovare una strada per rimettere al centro la
persona e restituire alla politica l'autentica capacità di
rappresentanza, tale da indirizzare le scelte, per loro natura mai
neutre. Un mondo senza un nuovo umanesimo, senza valori e senza
un progetto può aprire le porte ad ogni possibile inferno. La
profonda crisi della politica, cioè dello stare insieme, della comunità,
può trovare una via d'uscita solo in un rapporto ravvicinato con
l'etica e con le sue domande.
Il Novecento europeo ha prodotto una confutazione radicale
dell’immagine della storia come progresso. Secondo Walter Benjamin
la speranza è ben rappresentata dalla figura scolpita da Andrea
Pisano nel portale sud del Battistero di Firenze. La Speranza di
Andrea Pisano - afferma Benjamin - e ognuno di noi può
agevolmente costatarlo, “…leva impotente le braccia verso un frutto che le
rimane irraggiungibile e tuttavia è alata.”
Possiamo dedurre che il problema della speranza non è
esclusivamente quello della spinta in avanti alla ricerca di un mondo
migliore. Il problema della speranza è, piuttosto, quello di fare i conti
con il presente e con il passato. Senza una nostra collocazione
“ragionata” e “pensata” la tensione verso il futuro risulta vuota ed il
vuoto non porta mai né verso il bene né verso il meglio.
Auschwitz è il luogo dove più grande è stata l’opposizione tra
politica ed etica. Quella distanza abissale e le sue conseguenze sono
ancor oggi intorno a noi, sotto i nostri occhi. Dobbiamo lavorare per
una nuova Europa dei diritti e della pace, che come tale sappia
proporsi al mondo.
E' un impegno che dobbiamo a quell’interminabile fila di derelitti a
cui fu inflitta così tanta sofferenza ed il cui silenzio parla - qui ed oggi
- più di ogni parola.
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