Paternità spirituale per crescere nella fede

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SOCIETÀ
venerdì
3 febbraio 2017
Elemento necessario per rendere oggettivo il cammino spirituale di una persona, portandola all’adesione con la realtà
Paternità spirituale per crescere nella fede
Ministero prezioso che raramente si manifesta nel vissuto ecclesiale
di Enzo
Bianchi
Al cuore dell’opera di trasmissione della fede e della
crescita spirituale, compito
assolutamente prioritario
della Chiesa oggi forse più
che mai, si colloca il ministero della paternità o accompagnamento spirituale. Ministero che troppo raramente si
manifesta nel vissuto ecclesiale, tanto che spesso è difficile trovare un uomo, una
donna “spirituale”, nel senso
più profondo del termine,
cioè non semplicemente contrapposto a “biologico”, “naturale”, bensì “secondo lo Spirito”, dotato di “carismi”, di
doni vissuti nella fede e tali
da generare vita spirituale.
Ora, grande è la sete di questo tipo di aiuto tra i semplici
credenti, e corrisponde al desiderio di una vita di fede seria e centrata sull’essenziale.
”Cristiani non si nasce, ma
si diventa”. Questa espressione di Tertulliano indica lo
spazio in cui si inserisce la
necessità della paternità spirituale.
Occorre imparare a essere
cristiani, meglio, occorre essere generati alla vita in Cristo; il cristianesimo non è infatti semplicemente una dottrina, ma una vita con Dio, in
Cristo, per mezzo dello Spirito
santo: ad essa occorre pertanto essere iniziati, introdotti.
La paternità spirituale è necessaria perché aiuta a rendere oggettivo il cammino spiri-
Fratel Luciano Manicardi è il nuovo
priore della Comunità di Bose
Un nuovo priore per la comunità di Bose: Fr.
Luciano Manicardi succede a Enzo Bianchi, fondatore della comunità. Già tre anni fa aveva presentato la sua lettera di dimissioni, ma gli era
stato chiesto di portare a compimento lo Statuto della comunità, e così è stato.
Nel suo messaggio diffuso sul sito di Bose,
Bianchi sottolinea che “nella storia di ogni nuova comunità monastica il passaggio di guida dal
fondatore alla generazione seguente è un segno
positivo di crescita e di maturità. Scrive l’Apostolo: “Io ho piantato, Apollo ha irrigato, ma era
Dio che faceva crescere” (1Cor 3,6). La vita con-
tinua, la fondazione è stata feconda e di questo
ringraziamo il Signore, attendendo il suo giudizio alla fine della storia”.
L’elezione del nuovo Priore è avvenuta il 26
gennaio, festa dei santi abati di Cîteaux. La Comunità di Bose è nata nel 1965, nel 1973 i primi
sette monaci e sorelle hanno pronunciato la professione monastica: donne e uomini che condividono pasti e preghiere, lavori e meditazioni. Il
monastero è aperto a cristiani di altre confessioni, la coltivazione dei campi e l'attività intellettuale e artistica costituiscono aspetti caratteristici della comunità.
Enzo Bianchi a Bose in un recente incontro con mons. Brambilla
tuale di una persona portandolo all’adesione alla realtà,
soprattutto al riconoscimento e all’accettazione dei propri limiti, delle proprie negati-
vità, e dunque al superamento delle inibizioni profonde,
delle censure radicate, dei doveri e degli interdetti introiettati che impediscono un cam-
Cronache da Casa Santa Marta
di Franco Pisano
mino umano nella libertà e
nell’amore. In particolare, la
paternità spirituale può condurre all’esperienza della misericordia di Dio, cioè a conoscere il suo volto di Padre. Ma
questo può avvenire se anche
il “padre spirituale” mostra un
autentico volto paterno.
A cosa deve tendere allora
l’accompagnamento spirituale? Si tratta di aiutare chi è impegnato nel cammino di crescita ad ascoltare la parola di
Dio che non è né lontana né
esterna a lui, ma “nel suo cuore” (Dt 30,14), a discernere lo
Spirito Santo che lo abita, a
far emergere la vita di Dio che
già è in lui. Il padre o la madre
spirituale non devono né insegnare, né vietare, né condannare, né giudicare, né pianificare, ma solo porre domande, aiutare l’esodo inte-
riore, il passaggio dalla paura
alla libertà, dalla costrizione
alla filialità fiduciosa e dunque alla maturità dell’amore.
Perché questo servizio possa avvenire il padre e la madre spirituale devono avere
alcuni carismi, alcuni doni
che ha ricevuto per grazia ma
che ha anche saputo riconoscere, custodire e coltivare fino a renderli fecondi: la capacità di ascolto, la carità e la
misericordia, la preghiera e
l’intercessione, la lotta spirituale, la conoscenza dei propri peccati e dei propri limiti,
la grande fede nell’amore misericordioso di Dio. Tutto
questo rende il padre o la madre spirituale veramente tale,
portandolo a essere soggetto
di “manifestazione”, che consente cioè al discepolo di
emergere, di venire alla luce e
Il Papa: «La forza della Chiesa oggi
è nei cristiani perseguitati»
Il nostro settimanale ospita da questa settimana la rubrica "Cronache da Casa Santa
Marta" di Franco Pisano, già caposervizio
della redazione Vaticano dell'agenzia ANSA
ed oggi editorialista dell'agenzia del Pime
Asianews
La più grande forza della Chiesa, oggi come nei primi tempi, è nelle piccole Chiese
perseguitate, nei cristiani che soffrono il martirio. E “oggi ce ne sono più dei primi secoli”,
anche se “i media non lo dicono” perché non
fa notizia. E’ il grido di dolore e al tempo stesso la denuncia che papa Francesco ha
espresso più volte in questi anni e che è tornato a ripetere lunedì scorso, 30 gennaio, offrendo la messa celebrata a Casa Santa Marta ai martiri di oggi, ai cristiani perseguitati e
in carcere, alle Chiese senza libertà. Francesco ha preso spunto dalla Lettera agli Ebrei, là
dove si esorta a richiamare alla memoria tutta la storia del popolo del Signore. Nel capitolo undicesimo, che la Liturgia propone in
questi giorni, si parla della memoria. Prima
di tutto una “memoria di docilità”, la memoria della docilità di tanta gente, a cominciare
da Abramo che, obbediente, uscì dalla sua
terra senza sapere dove andava. Si parla poi
di altre due memorie: quella delle grandi gesta del Signore, compiute da Gedeone, Barac,
Sansone, Davide , “tanta gente che ha fatto
grandi gesta nella storia di Israele”, “coloro
che hanno fatto grandi cose”.
E poi c’è un terzo gruppo di cui fare memoria, la “memoria dei martiri”. “Altri, infine – si
legge nella Lettera - subirono insulti e flagelli, catene e prigionia. Furono lapidati, torturati, tagliati in due, furono uccisi di spada,
andarono in giro coperti di pelli di pecora e di
capra, bisognosi, tribolati, maltrattati — di
loro il mondo non era degno! — vaganti per i
deserti, sui monti, tra le caverne e le spelonche della terra”. In una parola è la “memoria
dei martiri”. E la Chiesa è proprio “questo popolo di Dio che è peccatore ma docile, che fa
grandi cose e anche dà testimonianza di Gesù Cristo fino al martirio”.
“I martiri — ha commentato il Papa — sono quelli che portano avanti la Chiesa; sono
quelli che sostengono la Chiesa, che l’hanno
sostenuta e la sostengono oggi. E oggi ce ne
alla pienezza di vita. Quest’ultimo infatti non gli chiede né di essere giudicato né
di essere confermato, ma gli
chiede soltanto di essere aiutato a crescere nella sequela
del Signore.
Papa Francesco nell’allocuzione alla plenaria della Congregazione dei religiosi il 28
gennaio ha invitato a dare
molta importanza all’accompagnamento, esercizio di un
carisma laicale – ha ricordato
– che può essere esercitato da
uomini e donne dotati di
esperienza umana, grande
docilità allo Spirito e acuto
discernimento. Senza questo
ministero la crescita cristiana
è più fragile, ha meno protezione, rischia derive narcisistiche e autoreferenziali.
(*) già priore
della Comunità di Bose
sono più dei primi secoli, anche se i media
non lo dicono perché non fa notizia: tanti cristiani nel mondo oggi sono beati perché perseguitati, insultati, carcerati”. Oggi, ha ribadito, “ce ne sono tanti in carcere, soltanto per
portare una croce o per confessare Gesù Cristo: questa è la gloria della Chiesa e il nostro
sostegno e anche la nostra umiliazione, noi
che abbiamo tutto, tutto sembra facile per
noi e se ci manca qualcosa ci lamentiamo”.
Ma “pensiamo a questi fratelli e sorelle che
oggi, in numero più grande dei primi secoli,
soffrono il martirio”.
“Non posso dimenticare la testimonianza
di quel sacerdote e quella suora nella cattedrale di Tirana: anni e anni di carcere, lavori
forzati, umiliazioni, i diritti umani non esistono per loro”. Il riferimento è al 21 settembre 2014 quando, durante i vespri nella cattedrale di San Paolo a Tirana, ci furono le testimonianze di due perseguitati dal regime
comunista: suor Maria Kaleta e don Ernest
Simoni, che poi Francesco ha voluto creare
cardinale nel concistoro del 19 novembre
scorso. “E anche noi, è vero e giusto anche,
siamo soddisfatti quando vediamo un atto
ecclesiale grande, che ha avuto un gran successo, i cristiani che si manifestano… E questo è bello! Questa è forza? Sì, è forza. Ma la
più grande forza della Chiesa oggi è nelle piccole Chiese, piccoline, con poca gente, perseguitati, con i loro vescovi in carcere. Questa è la nostra gloria oggi, questa è la nostra
gloria e la nostra forza oggi”.
“Una Chiesa senza martiri - oserei dire - è
una Chiesa senza Gesù”, ha affermato poi il
Papa che ha invitato a pregare “per i nostri
martiri che soffrono tanto”, “per quelle Chiese che non sono libere di esprimersi”: “loro
sono la nostra speranza”. Di qui l’invito a pregare “per i nostri martiri che soffrono tanto,
per quelli che sono stati e che sono in carcere, per quelle Chiese che non sono libere di
esprimersi: loro sono il nostro sostegno, loro
sono la nostra speranza”. Già “nei primi secoli della Chiesa un antico scrittore diceva: “Il
sangue dei cristiani, il sangue dei martiri, è
seme dei cristiani’”. Essi “con il loro martirio,
la loro testimonianza, con la loro sofferenza,
anche dando la vita, offrendo la vita, seminano cristiani per il futuro e nelle altre Chiese”.