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ESTERO - LE NOTIZIE MAI LETTE IN ITALIA
Venerdì 3 Febbraio 2017
Per cinque secoli, i giovani di questo piccolo stato si sono messi al soldo di tutti i paesi
Svizzeri, mercenari in Europa
Prendevano una buona paga ma soprattutto saccheggiavano
da Berlino
ROBERTO GIARDINA
C
he cosa esporta la
Svizzera? Orologi
a cucù e formaggi
con i buchi, secondo
i pregiudizi. Ma, per secoli,
anche soldati, professionisti
della guerra, diciamo mercenari, che si sono battuti sotto
tutte le bandiere. Una fonte
di reddito per numerose famiglie che costruirono con
gli ingaggi dei soldati solide
fortune, dal sedicesimo secolo
fino alla metà del diciannovesimo. La storia di questi
legionari elvetici è raccontata da Jost auf der Maur in
Söldner für Europa (Echtzeit
Verlag, 16 euro).
ry Dunant: testimone alla
battaglia di Solferino, colpito
dalla visione dei morti e dei
feriti, creò la Croce Rossa.
«Ora sono rimaste le
guardie svizzere che difendono il Papa, racconta
l’autore, che è un noto collaboratore della Neue Zürcher
Zeitung, ma, per 500 anni, il
mestiere delle armi è stata
una nostra specialità, anche
se la Svizzera viene considerata un paese tranquillo,
un paese della pace. Forse è
stato propria l’esperienza sui
campi di battaglia per conto
terzi, aver conosciuto gli orrori della guerra che ci ha fatto
diventare una nazione che ha
scelto la pace e la neutralità».
E Jost auf der Maur, 64 anni,
ricorda il connazionale Hen-
In tutto, secondo un calcolo approssimativo, furono
almeno un milione e mezzo
gli svizzeri che si arruolarono
come mercenari. E si batterono per quasi tutte le nazioni
d’Europa, dalla Spagna alla
Francia, senza dimenticare
il Piemonte. Nei primi tempi
si arruolavano individualmente, poi il mestiere venne
organizzato, e i vari Stati
assumevano gruppi di militari svizzeri, già organizzati,
rispettando contratti precisi
fin nei particolari. Era vietato, ricorda l’autore, che svizzeri combattessero contro
connazionali, ma avvenne
Jost auf der Maur
durante la guerra di successione spagnola (nel diciottesimo secolo, in due fasi dal
1701 al 1715). Nella battaglia
di Malplauqet, l’11 settembre
del 1709, in Belgio, caddero
da una parte e dall’altra, 8
mila svizzeri.
«I mercenari hanno una
cattiva fama» ha chiesto
Die Zeit all’autore «anche gli
svizzeri erano obbligati a fare
il lavoro sporco?» È avvenuto,
ammette Jost, i soldati svizzeri venivano mandati per
reprimere rivolte, contro i civili, e impiegati nelle guerre
civili, in quanto si presumeva
che non si sarebbero lasciati
coinvolgere da motivi ideologici. E, in passato, venivano
compiuti atti considerati normali che oggi vengono consi-
derati crimini di guerra.
I combattenti delle montagne, come venivano chiamati, avevano una cattiva
fama, cioè ottima per chi li
assoldava, forti, leali combattenti, che si guadagnavano
professionalmente la paga,
che di solito non sprecavano
in libagioni e nei bordelli,
ma mandavano a casa affinché venisse investita, come
bravi emigranti della guerra. La Svizzera era povera, i
campi e gli allevamenti non
bastavano a sfamare le famiglie numerose, e gli uomini
sceglievano il mestiere delle armi: si partiva già a 14
anni, a 45 anni si andava in
pensione.
Verso il 1550 un soldato
semplice guadagnava in
media 18 soldi al mese, un
contadino nella zona di Zurigo non arrivava alla metà.
Per avere un’idea, con un soldo si acquistavano circa 10
chili di farina. Ma, scrive l’autore, non si calcolano i bottini
che i mercenari portavano a
casa, e che rappresentavano
una dote per poter sposare la
figlia di qualche possidente.
Il saccheggio era autorizzato
ed era un extra considerevole. Ma già nel 1700 i Söldner
non guadagnavano molto di
più di un normale artigiano
che, ovviamente, non rischiava la pelle. Gli svizzeri non
erano gli unici a battersi per
il miglior offerente. Temibili
concorrenti erano gli irlandesi, anche loro spinti dalla
povertà. Mercenari svizzeri si
spingono fino in Canada e in
India. E alla battaglia di Lepanto, 13 elvetici si battono
contro i turchi sotto le bandiere del Papa. Una storia
che non sempre si conclude
in modo positivo: tra il quindicesimo e il diciassettesimo
secolo prestarono servizio un
milione e 100 mila mercenari, ma 480 mila tornarono in
patria, e di questi 160 mila
erano invalidi o ridotti in
miseria.
Ma chi tornava ancora
giovane e sano era un uomo
diverso, più forte, con esperienze nuove, e riuscivano
ad avere successo in diverse
attività. E gli ufficiali di solito avevano risparmiato un
buon capitale da investire
nel commercio. «Senza i suoi
mercenari, conclude Jost auf
der Maur, la Svizzera di oggi
sarebbe diversa. Le famiglie
dei soldati di fortuna formarono anche l’élite politica.
Forse la Confederazione non
sarebbe sopravvissuta senza
i suoi mercenari. Gli Stati che
li assoldavano risparmiavano la Svizzera, si combatteva
ovunque, e la patria viveva in
pace».
© Riproduzione riservata
PRIMO BILANCIO IN ATTIVO GRAZIE ALL’ARRIVO DELLA NUOVA PROPRIETÀ. CLIENTI CINESI +240% DAL 2010
Club Med grazie a Fosun quintuplica l’utile lordo a 30 milioni €
da Parigi
GIUSEPPE CORSENTINO
L
a cura cinese fa bene al nuovo Club Med guidato da un
manager inossidabile come
Henri Giscard d’Estaing,
il figlio dell’ex presidente della Repubblica, che è riuscito a superare la
crisi (del modello di business) del Club
negli anni scorsi e ora può vantarsi
con il mercato e il suo nuovo azionista, il gruppo immobiliar-finanziario
Fosun di Shanghai, di aver salvato l’ex
colosso turistico tricolore e di averne
fatto «la seule marque mondiale des
vacances», l’unico brand mondiale
dell’industria (ormai globale) delle
vacanze. La ragione di tanta soddisfazione?
I dati di bilancio, si capisce,
presentati qualche giorno fa nella
bella sede del Club sugli Champs
Elysées a Parigi, da cui risulta che
tutti gli indicatori sono finalmente
positivi, più clienti, più margini, più
utili lordi prima delle tasse (sul netto Giscard d’Estaing si è rifiutato di
rispondere), tranne uno, il fatturato
lordo, il giro d’affari complessivo (di
tutti i villaggi, di tutti i resort, sia
quelli di proprietà sia quelli in franchising) che è sceso nel 2016 di un
punto, fermandosi a quota 1,46 mi-
liardi di euro. Conseguenza, spiega
il patron del Club Med, della situazione politica instabile, del «contexte
geopolitique difficile» nel Maghreb e
in Turchia, che ha determinato un
certi spostamento dei flussi di clientela verso altre destinazioni con una
certa perdita di fatturato.
Anche se il dato più rilevante nei
conti, stando alle scarne comunicazioni dell’azienda che non ha più obblighi
in questo senso non essendo più quotata in Borsa dopo l’arrivo del padrone cinese, è il balzo della redditività,
indice di buona gestione, e dell’utile
lordo, prima delle tasse, passato da
6 a 30 milioni di euro. Quintuplicato in un solo anno, dal 2015 ad oggi.
Anche il numero dei gentils membres,
come vengono ancora definiti i clienti,
è cresciuto del 6% (rispetto al 2015)
a 1,26 milioni: per il 3,4% si tratta
di francesi e per il 22% di nouveaux
membres, di ospiti che non avevano
mai sperimentato una vacanza in uno
dei resort e dei villaggi del Club.
E qui s’innesta l’altra novità,
forse la più importante. Il popolo
dei gentils membres sta cambiando
nazionalità: sempre meno europei
(i francesi sono più o meno stabili a
quota 406mila) e sempre più americani e asiatici, cinesi soprattutto. Forse
sono gli unici che, a differenza degli
Il Club Med di Yabuli nell’omonima stazione sciistica cinese.
europei, possono permettersi i prezzi
altissimi di un Club ormai posizionato nella fascia haute-de-gamme del
mercato turistico.
Solo il flusso dei cinesi, per
dire, è cresciuto del 240% dal 2010
ad oggi. E questo spiega la decisione di mister Guo Guang, il patron
di Fosun, di comprarsi il Club e, tra
poco, magari anche la Compagnie des
Alpes, la società che gestisce tutti gli
impianti di risalita francesi sulle Alpi
ancora di proprietà della Cassa depositi e prestiti, nonostante la feroce opposizione di quasi tutti i sindaci della
Savoia. «I cinesi ricchi vanno pazzi
per lo sci» ricorda Giscard d’Estaing.
Che infatti ha deciso di costruire nuovi resort sciistici in Cina a qualche
ora di macchina da Pechino.
@pippocorsentino
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