Leggi relazione

Download Report

Transcript Leggi relazione

ACQUE 2.0 DELL’ING. GIOVANNI SCARANO
Vis Costa d’Argento 13 - Perugia
Tel. 336/760547 - Email [email protected]
Acqua antica fonte di vita
DEPURATORE PER CANTINE
Gli scarichi delle cantine di vinificazione che producono non più di 4.000 m3/anno di acque reflue sono assimilati alle acque reflue
domestiche (voce 22, tabella 2, allegato A del D.P.R. 227/2011) e, in quanto tali, ove recapitanti nella fognatura comunale, sono
sempre ammessi purché osservino i regolamenti emanati dal gestore del servizio idrico integrato (art. 107 comma 2 della parte terza
del D.Lgs. 152/2006). Per gli scarichi delle stesse attività con la medesima limitazione (4.000 m3/anno) è ammessa l’utilizzazione
agronomica (spandimento in vigneto) operata nel rispetto delle normative regionali in materia (art. 17 del D.M. 7 aprile 2006).
Si tratta di facilitazioni rilevanti a beneficio delle cantine su cui, però, è opportuno fare le seguenti riflessioni: a) considerato l’elevato
grado di inquinamento dei reflui enologici e il ristretto intervallo di tempo in cui vengono prevalentemente prodotti (1 - 2 mesi a
cavallo della campagna di vinificazione) il conferimento degli scarichi al depuratore comunale di pertinenza potrebbe risultare
difficilmente sostenibile soprattutto se in presenza di depuratori di piccola potenzialità e di un numero rilevante di cantine operanti
nella zona; b) la pratica dello spandimento in vigneto, stanti le attuali normative regionali, comporta in genere rilevanti costi di
investimento e di gestione necessari per la realizzazione delle strutture di pretrattamento e accumulo dei reflui nonché per
l’acquisizione delle aree da irrigare (ove non disponibili) e per il trasporto. Sulla base di queste considerazioni, non di rado, può
risultare più pratico e conveniente il trattamento in loco delle acque reflue con scarico dell’effluente in corpo recettore o, meglio
ancora, con recupero in stabilimento per uso di irrigazione del verde e del vigneto, lavaggio di pavimenti, piazzali, ecc.
Gli scarichi delle cantine provengono prevalentemente dal lavaggio delle botti e dei pavimenti durante la campagna di vinificazione.
La stagionalità dello scarico (1 - 2 mesi all’anno) e l’alto contenuto organico delle acque (circa 10 volte superiore a uno scarico civile)
ne rende problematica la depurazione tramite un depuratore biologico tradizionale. Pertanto si prevede l’impiego del sistema EBAS®.
Acronimo di Equalizzatore, Biofiltro, Anammox, Stripper, il sistema EBAS® consiste in un bacino
di raccolta e accumulo delle acque di scarico composto da una o più vasche attrezzate con due
filtri biologici a riempimento fisso rialzati dal fondo e corredati da aeratori di profondità, pompe di
ricircolo dell’acqua percolata con relativi distributori “splash-plate” e pompe di rilancio di servizio e
di emergenza dell’acqua biofiltrata comandate da interruttori di livello di minima e di massima.
Così conformato, il sistema provvede contestualmente ad equalizzare il flusso idraulico delle
Vista esterna
acque ed a disinquinarle mediante un ciclo depurativo che opera: la rimozione biologica a
biomassa adesa aerobica delle materie organiche carboniose e dell’azoto ammoniacale
(processo anammox); lo strippaggio dei composti volatili, fra cui in particolare l’ammoniaca e i
tensioattivi. I trattamenti operati dal sistema residuano solo emissioni gassose composte da
anidride carbonica, azoto molecolare e ammoniaca disperdenti in atmosfera. Per approfondimenti
sulle caratteristiche del sistema si rimanda alla Appendice A allegata alla presente relazione.
Vista interna
Nel ciclo di depurazione dei reflui delle cantine è necessario prevedere l’installazione di una unità di
trattamento preliminare delle acque di scarico in grado di rimuovere i solidi (foglie, raspi, bucce, ecc.) che
potrebbero provocare ostacoli al deflusso dell’acqua nell’impianto e danni ai componenti sommersi.
L’unità di pretrattamento è costituita da una griglia statica autopulente di nuova generazione che si sta
diffondendo negli ultimi anni all’estero per le sue prerogative di semplicità e di efficienza. Grazie alla
conformazione della sua superficie filtrante, che sfrutta l’effetto Coanda, la griglia possiede una capacità
Griglia statica autopulente
separativa molto superiore a quelle tradizionali. La griglia è descritta in ogni dettaglio nella Appendice B. .
A causa dell’alto grado di inquinamento degli scarichi delle cantine, il conseguimento dei limiti di norma o il riuso dell’acqua depurata
richiede l’impiego di una unità di finitura costituita da un impianto di fitodepurazione da installare a valle del sistema EBAS®.
L’impianto adottato è del tipo a flusso sommerso orizzontale che si preferisce a quello
verticale per la maggiore semplicità ed economicità di costruzione e di gestione.
L’impianto è costituito da un invaso ricavato sul terreno, impermeabilizzato artificialmente,
con il fondo in leggera pendenza. All’interno dell’invaso è realizzato un letto di materiali
inerti (mezzo filtrante) idoneo a supportare la crescita di piante idrofite emergenti e al
contempo caratterizzato da una conducibilità idraulica tale da assicurare il deflusso
subsuperficale dell’acqua. L’impianto è descritto in ogni dettaglio nella Appendice C.
Letto di fitodepurazione
L’impianto di fitodepurazione si limita alla finitura dell’acqua proveniente dal sistema EBAS® per cui impegna un’area drasticamente
inferiore (1/4) a quella necessaria per il trattamento delle acque di scarico tal quali..
Il bacino del sistema EBAS® è realizzato con l’impiego di vasche monoblocco prefabbricate in cemento armato vibrato che vengono
attrezzate nello stesso stabilimento di produzione e poi trasportate direttamente in cantiere. Nella posa in opera, le vasche vengono
interrate a livello della condotta di scarico e sopraelevate e ricoperte al piano di campagna mediante strutture di rialzo e copertura
pedonale o carrabile su cui sono praticate aperture munite di chiusini che consentono l’ispezione della vasca e l’accesso per la
manutenzione oltre alla transitabilità del terreno sovrastante anche ai mezzi pesanti. In quanto realizzate a getto in soluzione
monoblocco, queste vasche forniscono la massima garanzia di tenuta idraulica, resistenza strutturale e durata nel tempo.
Attualmente, in Italia, diverse aziende di prefabbricazione sono in grado di produrre questi manufatti. Si menziona a titolo di
esempio, la sotto raffigurata produzione della Cancellotti s.r.l. di Perugia che è stata progettata dallo scrivente da più di dieci anni ed
è stata impiegata per la realizzazione di numerose e diversificate tipologie di impianti per il trattamento acque..
Stabilimento di produzione
Vasca
Rialzo copertura
Con riferimento ala suddetta produzione, il sistema EBAS® è attualmente disponibile sul mercato nei quattro modelli sotto elencati.
Vasche
Modello
Numero
Filtri biologici
Dimensioni esterne (m)
Larghezza
Lunghezza
Altezza
Volume
accumulo
(m3)
Numero
Dimensioni (m)
Larghezza
Lunghezza
Altezza
Volume
biofiltrazione
(m3)
EBAS - A
1
2,5
2,5
2,5
9,8
1
2,1
1,6
1,5
5
EBAS - B1
1
2,5
5
2,5
20,1
2
2,1
2
1,5
12,7
EBAS - B2
1
2,5
7,5
2,5
30,5
2
2,1
3,2
1,5
20,2
EBAS - B3
1
2,5
10
2,5
40,8
2
2,1
4,4
1,5
27,7
Dimensionato secondo la tabella a lato, l’impianto
rimuove il 100 % del colore e dei solidi sospesi e il 98
% del BOD5 e dell’azoto totale producendo acqua
depurata conferibile ad ogni corpo recettore ovvero
Tal quale, biofiltrato, fitodepurato
riutilizzabile in stabilimento per lavaggio o irrigazione.
Uva lavorata
(qli/anno)
1.000
2.500
4.000
5.500
Modello
EBAS®
Fitodepuratore
(m2)
EBAS-A
90
220
350
480
EBAS-B1
EBAS-B2
EBAS- B3
Per cantine che lavorano più di 5.500 qli/anno di uva, vengono impiegati più bacini del sistema EBAS® comunicanti collegati in serie.
Per le sue peculiarità costruttive e funzionali, il sistema EBAS® è coperto da brevetto per invenzione industriale e successivo
modello di utilità per alcuna varianti apportate al progetto originario oltre che dalla registrazione del marchio.
Appendice A
Sistema EBAS®
Acronimo di Equalizzatore, Biofiltro, Anammox, Stripper, il sistema EBAS® consiste in un bacino di raccolta delle acque di scarico tal
quali o pretrattate che provvede contestualmente ad equalizzare il flusso idraulico delle acque e a disinquinarle mediante i
trattamenti di rimozione biologica a biomassa adesa aerobica delle materie organiche carboniose e dell’azoto ammoniacale
(processo anammox) e di strippaggio dei composti volatili, fra cui in particolare l’ammoniaca e i tensioattivi, generando un effluente
depurato che può essere scaricato nel corpo recettore (fognatura, acque superficiale, suolo) ovvero recuperato per usi di irrigazione,
lavaggio o altro, previo eventuale trattamento di finitura.
Per i suoi elementi di innovazione, il sistema EBAS® è coperto da brevetto per invenzione industriale con registrazione del marchio.
1. Caratteristiche costruttive
Il bacino del sistema EBAS® può essere composto da una singola vasca oppure da più vasche accoppiate e collegate in serie (nel
verso del flusso idraulico) eventualmente con più serie abbinate in parallelo. La descrizione che segue viene limitata alla singola
vasca così come raffigurata nel sottostante schema a cui si fa riferimento solo per maggiore chiarezza espositiva.
Bacino di contenimento
Biofiltro, pompe, aeratori
Ricircolo, splash-plate
LEGENDA
(1)
Bacino di contenimento
(2)
(3)
Filtri biologici
Diffusori tubolari dell’aria a bolle fini
Collettori di profondità dell’aria
(4)
(5)
(6)
(7)
(8)
Schema costruttivo
(9)
(10)
(11)
(12)
(13)
Tubazioni discendenti dell’aria
Tubazione di mandata dell’aria compressa
Gruppo compressore
Pompe di rilancio dell’acqua biofiltrata
Tubazioni di ricircolo dell’acqua biofiltrata
Tubazione di mandata dell’acqua biofiltrata
Pompe di ricircolo dell’acqua percolata
Tubazioni di ricircolo dell’acqua percolata
Distributori “splah-plate”
La vasca è equipaggiata con due filtri biologici realizzati con pacchi di riempimento plastico a canali incrociati ad alta superficie
specifica ripartiti in due cataste tamponate a base rettangolare disposte alle estremità della vasca e sopraelevate dal fondo.
Nelle intercapedini sottostanti le cataste, sono installati due aeratori di profondità a bolle fini (uno per ogni catasta) che provvedono a
ossigenare i pacchi di riempimento tramite un flusso d’aria ascensionale. Ogni aeratore è composto da diffusori d’aria tubolari a bolle
fini raccordati due per lato a un collettore scatolare dell’aria appoggiato sul fondo della vasca lungo l’asse mediano delle cataste.
I collettori sono alimentati da tubazioni discendenti muniti di valvola di regolazione della portata raccordati alla tubazione di mandata
del gruppo compressore composto da due soffianti (di cui una di riserva) del tipo a canale laterale a basso consumo energetico.
Le soffianti conferiscono all’aria compressa un salto di temperatura, mediamente pari a 60 °C. Per resistere al calore e preservarlo,
le tubazioni di mandata dell’aria alle vasche sono realizzate in acciaio inossidabile e sono coibentate con manicotti isolanti.
Sul fondo delle vasche sono installate due pompe di rilancio dell’acqua biofiltrata (una di servizio e l’altra di emergenza) e due
pompe di ricircolo dell’acqua percolata in testa ai filtri biologici (una per ogni catasta). Tutte le pompe sono del tipo sommergibili
centrifughe con girante a vortice liquido specifiche per la movimentazione di acque luride contenenti corpi solidi in sospensione.
Le due pompe di rilancio sono comandate da altrettanti interruttori di livello posizionati sul fondo della vasca (pompa di servizio) e in
corrispondenza della condotta di scarico per troppo pieno (pompa di emergenza). Le pompe erogano una portata di rilancio molto
superiore a quella di progetto per cui l’eccesso di portata viene ricircolato nel bacino attraverso una apposita diramazione munita di
valvola di regolazione. Questa operazione facilita la regolazione della portata di rilancio e riduce il rischio di ostruzioni lungo la linea..
Le pompe di ricircolo dell’acqua percolata in testa ai filtri non sono asservite a interruttore di livello e ciascuna di esse eroga una
portata molto superiore a quella di rilancio. Nello specifico trattamento del percolato di discarica, le tubazioni di ricircolo sono
tracciate elettricamente e avvolte in guaine di isolamento elettrico e termico. In tal modo, le tubazioni riscaldano l’acqua ivi defluente
ad una temperatura autoregolata (set point) tramite la tecnica della “trace heating”.
In corrispondenza delle sezioni di sbocco delle due tubazioni di ricircolo sono montati altrettanti distributori di flusso, del tipo “splashplate”, costituiti da piatti metallici sagomati in maniera tale che, investiti inferiormente dal getto d ’acqua, distribuiscono il flusso
radialmente in modo da irrigare uniformemente le cataste sottostanti.
2. Modalità di funzionamento
Le acque di scarico, defluente dalla griglia statica autopulente si immette nel bacino del sistema EBAS® per gravità (normalmente la
griglia è installata sopra la soletta di copertura del bacino). Da qui, l’acqua viene rilanciato, tramite le apposite pompe, al’impianto di
fitodepurazione con una prefissata portata di progetto e con una intermittenza da stabilire nella fase di elaborazione della procedura
di conduzione dell’impianto. In eccesso di entrata rispetto al rilancio, il livello dell’acqua nel bacino si alza mentre in difetto si
abbassa, tenuta peraltro in agitazione dagli aeratore e dalle pompe di ricircolo. Pertanto, grazie alla capacità di accumulo e di
miscelazione, il bacino assorbe e omogeneizza le punte di immissione equalizzando la portata e le caratteristiche chimico-fisiche del
flusso idraulico in uscita nelle 24 ore, o anche in più giorni.
Le acque entrano nel bacino in testa alle cataste costituenti i filtri biologici e quindi percolano attraverso i pacchi di riempimento in
controcorrente con l’aria insufflata dagli aeratori di profondità. In virtù della conformazione a canali incrociati dei pacchi, l’acqua
percolante si distribuisce su tutto il filtro lambendo le superfici esposte. Dal fondo del bacino l’acqua percolata viene in parte
ricircolata in testa alle cataste, dove viene ridistribuita su tutta la sezione trasversale ad opera dei distributori di flusso “splash plate”
e in parte rilanciata. La portata di ricircolo è molto superiore a quella di rilancio per cui l’acqua viene ricircolata per lungo tempo
prima di essere rilanciata. Peraltro, poiché le pompe di ricircolo non sono comandate da interruttori di livello, l’acqua percolata viene
ricircolata in continua anche quando le pompe di rilancio sono disattivate dai propri interruttori.
Nel corso delle sue escursioni, la superficie libera dell’acqua nel bacino oscilla fra i livello di minima e di massima coincidenti
rispettivamente con il livello di attacca della pompa di rilancio e con il livello di troppo pieno a sua volta coincidente con quello di
attacca della pompa di emergenza. Stante la sopraelevazione delle cataste dal fondo della vasca e la sua altezza, con acqua al
livello di minima il filtro biologico è completamente emerso e opera come filtro percolatore a ventilazione forzata mentre al livello di
massima è totalmente immerso e opera come filtro sommerso aerato. Nella situazione intermedia, che è la più ricorrente, il filtro
biologico è in parte emerso e in parte immerso per cui opera contestualmente come filtro percolatore a ventilazione forzata nella
parte emersa e come filtro sommerso aerato nella immersa. In ambedue i casi, il filtro esplica le funzioni di rimozione delle materie
organiche carboniose (biofiltrazione) e dell’azoto ammoniacale (anammox) che vengono operate dalla flora batterica annidata
all’interno del film biologico adeso alle superfici esposte dei filtri a spese dell’ossigeno contenuto nell’aria che attraversa i pacchi di
riempimento in senso ascensionale. I microrganismi partecipi delle reazioni biologiche tendono a moltiplicarsi ma parte di essi viene
trascinata dall’acqua soprattutto nella parte emersa del filtro. Pertanto il film biologico si stabilizza ad uno spessore per cui la
quantità di biomassa generata è uguale a quella trascinata.
L’aerazione controcorrente e il vigoroso ricircolo operati all’interno del bacino, possono determinare le condizioni per cui le sostanze
inquinanti volatili, in particolare l’ammoniaca, vengono strippate anche grazie alle alte temperature di aria e acqua conseguite tramite
gli accorgimenti costruttivi all’uopo adottati. Le rimozioni ottenute per strippaggio si sommano a quelle operate per via biologica.
3. Funzione nel ciclo depurativo
Nel ciclo depurativo operato dall’impianto, il sistema EBAS® esplica la funzione primaria di raccolta e accumulo delle acque durante
le punte di scarico (intervalli di lavaggio delle botti) con relativa equalizzazione del flusso idraulico di uscita dal bacino a cui si
aggiungono le funzioni contestuali di rimozione delle materie organiche e della ammoniaca. Ritenendo scontata la funzione di
accumulo del bacino, anche in considerazione dei rilevanti volumi correntemente adottati, in quanto segue si riportano opportuni
approfondimenti sui trattamenti contestuali operati dal sistema.
3.1 Rimozione delle materie organiche
Operando contemporaneamente come filtro sommerso aerato e/o come filtro percolatore a ventilazione forzata, grazie al
meccanismo descritto al punto precedente, i filtri biologici installati nel bacino del sistema EBAS® sono in grado di rimuovere il
contenuto organico delle acque di scarico con una elevata efficienza, tipica dei filtri sommersi aerati, senza dover ricorrere a onerose
operazioni di pulizia in virtù della loro capacità autopulente tipica dei filtri percolatori.
Questa prerogativa del sistema è particolarmente importante nelle applicazioni al trattamento delle acque di scarico delle cantine
che sono contraddistinte da un elevato valore del contenuto organico biodegradabile.
3.2 Rimozione della ammoniaca
Il sistema EBAS® rimuove l’ammoniaca contestualmente per via biologica, tramite il processo anammox, e per strippaggio con aria.
Anammox
Acronimo di ANaerobic AMMonium OXidation, anammox è un processo di rimozione autotrofa dell’azoto ammoniacale dalle acque
reflue le cui reazioni sono catalizzate da un particolare gruppo di microrganismi scoperti negli anni 80 e attualmente oggetto di
numerosi studi e ricerche sperimentali sia in Italia che all’estero.
Il processo anammox è articolato in due fasi: una prima fase in ambiente aerobico dove avviene l’ossidazione parziale (circa la
metà) dell’ammonio in nitrito (nitritazione) ad opera dei batteri ammonio ossidanti (AOB) seguita da una seconda fase in ambiente
anossico in cui i batteri anammox catalizzano l’ossidazione dell’ammonio residuo ad azoto molecolare (gassoso) attraverso la
riduzione del nitrito. I vantaggi di questo processo, rispetto al trattamento tradizionale nitro-denitro, derivano dalla minore richiesta di
aerazione per la nitrificazione, con conseguente riduzione dei consumi energetici, dalla natura autotrofa dei batteri, che evita
l’impiego di una sorgente organica esterna, e dalla minore produzione di fango biologico di supero. Si stimano risparmi dei costi di
gestione dell’ordine del 40 %.
Secondo un rapporto del Politecnico di Milano (T. Liotti el al. - Rimozione completamente autotrofa dell’azoto con batteri anammox:
passato, presente e futuro, 2014) il processo di rimozione completamente autotrofa dell’azoto può essere realizzato in due reattori
biologici in serie, di cui il primo è aerato il secondo anossico, oppure in un unico reattore dove le condizioni aerobiche si alternano
con quelle anossiche. L’alternanza può avvenire nel tempo (funzionamento discontinuo degli aeratori) o nello spazio, cioè nello
spessore di un biofilm sia esso granulare autoaggregante sia esso adeso ad un supporto inerte. Questa asserzione è confortata
dalla immagine al microscopio di granuli prelevati da un reattore operante il processo anammox che evidenziano la presenza di una
flora batterica AOB nello strato aerobico esterno e di una copiosa popolazione batterica anammox nello strato anossico interno.
Le immagini confermano il meccanismo di rimozione dell’azoto
sopra descritto. La parziale nitritazione dell’ammonio, ad opera dei
batteri AOB, si verifica nello strato superficiale del film a spese
dell’ossigeno ivi adsorbito. L’ammonio residuo penetra insieme con
il nitrito nello strato interno dove viene ossidato ad azoto molecolare
ad opera dei batteri anammox.
Processo anammox in un film biologico
La presenza di batteri anammox all’interno di film biologici è stata dimostrata da diversi studi. In un recente rapporto cinese (Yu Tao
et al. - Attached growth gains and advantage over suspended growth on enrichment of anammox bacteria, Harbin Institute of
Technology, 2014) è riportato uno studio di laboratorio in cui sono stati sperimentati quattro impianti operanti secondo il processo
anammox di cui due a biomassa sospesa e due a biomassa adesa.
Le immagini al microscopio, mostrate a lato, hanno
evidenziato
l’abbondante
popolazione
batterica
anammox (colore rosso nella immagine) che si forma nel
biofilm adeso alle superfici delle particelle di supporto
(nello specifico si trattava di un reattore MBBR).
Batteri anammox in un film biologico
Come recita lo stesso titolo del rapporto, i risultati delle prove hanno dimostrato che la velocità di crescita dei batteri anammox nei
reattori a biomassa adesa è decisamente superiore a a quella riscontrata nei rettori a biomassa sospesa.
Strippaggio
Lo strippaggio consiste nel trasferimento dei componenti volatili di un liquido ad una controcorrente d’aria con cui viene in intimo
contatto. Questa tecnica è impiegata per rimuovere le sostanze inquinanti volatili dalle acque reflue.
L’equilibrio delle sostanze disciolte in un liquido a contatto con una corrente d’aria è regolamentato dalla legge di Henry secondo cui
il rapporto fra la concentrazione molare della sostanza nella fase gassosa e quella nella fase liquida in equilibrio con la corrente
gassosa è una costante. I composti volatili sono caratterizzati da un’alta tensione di vapore e una bassa solubilità in acqua e quindi
da un elevato valore della costante di Henry, per cui possono essere strippati dall’acqua. Poiché tale costante aumenta con la
temperatura, lo strippaggio è favorito se il liquido è caldo.
Ogni apparecchiatura che promuove il contatto fra aria e acqua può essere utilizzata per strippare i composti volati dall’acqua. Nella
pratica corrente, uno stripper ad aria è costituito da una torre in cui l’acqua e l’aria si mescolano in controcorrente attraverso un
mezzo di riempimento plastico composto da corpi alla rinfusa o pacchi lamellari del tutto identici a quelli impiegati per i filtri biologici
installati nel bacino del sistema EBAS®.
Le principali sostanze inquinanti che, in quanto volatili, vengono rimosse per strippaggio sono i cosiddetti composti BTEX (benzene,
toluene, etilbenzene, xilene) che sono presenti nei derivati del petrolio e inquinano soprattutto le acque di processo nonché le acque
meteoriche di dilavamento dei siti di produzione e distribuzione di petrolio e gas naturale. Come già detto, nella specifica
applicazione in esame, l’inquinante da rimuovere è l’ammoniaca.
L’azoto ammoniacale esiste in soluzione acquosa sotto due forme,
ammoniaca (NH3) e ione ammonio (NH4+), di cui soltanto
l’ammoniaca è volatile e quindi strippabile.
La sua frazione,
ricavata dalla equazione di equilibrio, dipende dal valore del pH e
della costante di ionizzazione che a sua volte dipende dalla
temperatura. L’andamento di tale frazione, illustrato nei diagrammi
a lato, dimostra che alla temperatura tipica delle acque reflue
(15 - 25 °C) ed al valore del pH (7,5 - 8,5) solo una minima parte
dell’azoto ammoniacale (~ 10 %) può essere strippato.
[NH3] / ([NH3] + [NH4+]) in funzione del pH e della temperatura
Esclusa la possibilità di innalzare il pH dell’acqua, per via dei costi dei reagenti chimici, stante il diagramma di cui sopra, l’unica
alternativa per strippare l’ammoniaca è l’aumento della temperatura. Questa si ottiene tramite il riscaldamento dell’aria, ad opera
delle soffianti, e dell’acqua ad opera del “trace heating” applicato alle tubazioni di ricircolo dell’acqua percolata. Quest’ultima pratica
comporta un onere aggiuntivo di gestione dovuto alla richiesta di energia elettrica per cui va messa in atto solo dopo aver valutato la
rimozione dell’ammoniaca operata dal processo anammox che non comporta alcuna spesa. Va comunque considerato che le acque
di scarico delle cantine, soprattutto quelle derivanti dal lavaggio delle botti, hanno una temperatura abbastanza elevata.
Appendice B
Griglia statica autopulente
La griglia statica autopulente, progettata dallo scrivente, è un dispositivo di nuova generazione (Wedge Wire Screen) che si sta
diffondendo negli ultimi anni all’estero, per le sue prerogative di semplicità e di efficienza.
1. Campo di applicazione
La griglia statica autopulente viene impiegata per la grigliatura fine delle acque di scarico (prevalentemente aziendali) e delle acque
di derivazioni da corpi idrici superficiali (opere di presa).
1.1 Grigliatura delle acque di scarico
La griglia statica autopulente viene impiegata prevalentemente per il pretrattamento di grigliatura fine delle acque reflue industriali
operato a monte dei relativi impianti di depurazione. L’apparecchiatura è particolarmente indicata per le seguenti attività produttive:
-
cantine, distillerie, birrerie;
-
salumifici, mattatoi, aziende di lavorazione del pesce;
-
caseifici, conservifici, allevamenti zootecnici;
-
aziende tessili, lavanderie industriali;
-
cartiere, concerie, falegnamerie, mobilifici;
-
industrie farmaceutiche, chimiche e petrolchimiche.
Oltre alle applicazioni elencate nella soprastante lista, peraltro non esaustiva, la griglia può essere impiegata anche per la grigliatura
fine delle acque reflue domestiche e per la filtrazione delle acque meteoriche di dilavamento ove si voglia recuperarle per usi irrigui.
In ogni caso, la griglia può essere installata fuori terra, alimentata da una stazione di sollevamento delle acque di scarico, oppure
all’interno di una vasca interrata a livello della condotta di scarico.
Griglia installata fuori terra
Griglia installata in vasca interrata
1.2 Grigliatura di acque superficiali
Un importante settore d’impiego della griglia statica autopulente è costituito
dalle opere di presa in torrenti con elevato carico di detriti trasportati dall’acqua
(foglie, rami, pietrame, …) dove viene applicata per la filtrazione dell’acqua di
processo delle turbine idrauliche e simili. In questa applicazione, questa
tipologia di griglia viene preferita anche per la sua capacità di preservare la
sopravvivenza della popolazione ittica.
Opera di presa
L’applicazione della griglia statica autopulente alle opere di presa non può essere generalizzata ma deve essere analizzata per ogni
singola installazione. Per tale motivo, la trattazione che segue verrà dedicata soprattutto alla descrizione della griglia impiegata per il
pretrattamento delle acque di scarico, in particolare quelle aziendali.
2. Caratteristiche costruttive
La griglia è completamente realizzata in acciaio inossidabile ed è costituita da una superficie
filtrante inclinata incassata in una struttura di sostegno. Nella configurazione più ricorrente, la
superficie filtrante è composta in senso longitudinale da un settore superiore inclinato di 75°, uno
intermedio inclinato di 60° cm ed uno inferiore inclinato di 45°. Tutti e tre i settori sono realizzati
con l’impiego di una serie di doghe trasversali con sezione a profilo triangolare, base 2,5 mm,
altezza 5 mm, distanziate fra di loro di 1 mm. Se la griglia deve funzionare con differenti portate di
alimentazione, lo strato superiore della superficie filtrante viene raccordato ad un piatto verticale
che, scorrendo in guide a tenuta, realizza uno stramazzo acceleratore di altezza variabile.
Griglia statica autopulente
La struttura di sostegno della superficie filtrante è conformata in modo da realizzare le costole laterali di contorno della griglia, il
plenum posteriore di raccolta e deflusso dell’acqua in entrata e il plenum inferiore di raccolta e deflusso dell’acqua filtrata con relativo
innesto alla condotta di scarico. Sulla parete posteriore della struttura è praticata una apertura che consente l’accesso alla superficie
filtrante per le operazioni di controlavaggio. Sulla stessa parete è innestato un tronchetto di tubo con relativo tappo per le operazioni
di pulizia del plenum di entrata dell’acqua. La griglia viene installata fuori terra ed è collegata in entrata alla tubazione di mandata
della pompa di rilancio delle acque di scarico e in uscita alla condotta di deflusso dell’acqua filtrata.
La griglia è accessoriata con una bacinella di raccolta del materiale grigliato
posizionata al fondo della superficie filtrante. La bacinella è munita di falso fondo
forato per il drenaggio dell’acqua di sgrondo ed è alloggiata in una seconda vaschetta
cieca su cui è innestato il tubo di deflusso dell’acqua. I due contenitori sono realizzati
in acciaio inossidabile e sono conformati in modo da agevolare l’estrazione della
bacinella per lo smaltimento del materiale grigliato.
Bacinella di raccolta del materiale grigliato
3. Modalità di funzionamento
Conformata come sopra descritto, la griglia statica autopulente opera con le seguenti modalità. L’acqua di scarico rilanciata dal
bacino di raccolta si immette nel plenum di entrata della griglia da cui tracima sulla superficie filtrante defluendo longitudinalmente
grazie alla inclinazione della superficie e alle costole laterali di contenimento. Nel ruscellamento dell’acqua lungo la superficie, i corpi
solidi di dimensione superiore a 1 mm vengono trattenuti dalle doghe trasversali mentre l’acqua passa attraverso gli interspazi e si
raccoglie nel plenum sottostante da cui defluisce nella tubazione di scarico. Al contempo l’acqua esercita una azione di dilavamento
che trascina i materiali trattenuti verso il bordo inferiore della griglia che di fatto si autopulisce. Tali materiali, unitamente ad un flusso
residuo di acqua bypassata, confluiscono nella bacinella di raccolta che trattiene i solidi mentre l’acqua drena attraverso il fondo
forato nella vaschetta sottostante e da questa defluisce nella tubazione di scarico.
4. Modalità di manutenzione
La griglia statica autopulente richiede sostanzialmente due operazioni di manutenzione periodica: la rimozione del materiale grigliato
e la pulizia della superficie filtrante.
Quando la bacinella di raccolta è piena, il materiale grigliato deve essere rimosso e conferito ad uno stoccaggio provvisorio in attesa
del prelievo per lo smaltimento finale che, ove consentito, può essere costituito anche da un cassonetto della immondizia. Questa
operazione viene effettuata estraendo la bacinella dalla vaschetta di alloggiamento a ciò facilitata dalla loro conformazione.
L’intasamento progressivo degli interspazi della superficie filtrante può provocare alla lunga un aumento abnorme del flusso residuo
di acqua bypassata. Quando tale aumento diventa eccessivo, la superficie filtrante deve essere ripulita dalle sostanze trattenute che
non sono state trascinate dall’acqua. Questa operazione può essere effettuata per via meccanica (tramite uno spazzolone) o per via
idraulica (tramite una lancia) accedendo al lato posteriore della superficie dall’apertura praticata sulla struttura di contenimento.
Contestualmente deve essere ripulito il plenum di entrata dell’acqua attraverso l’apposito tronchetto di accesso.
5. Elementi di innovazione
I principali elementi di innovazione della griglia statica autopulente riguardano la particolare conformazione della superficie filtrante la
quale, rispetto alla tradizionale rete o lamiera forata, comporta i vantaggi di seguito descritti.
La particolare forma a cuneo dell’interspazio fra due doghe successive provoca un
fenomeno, denominato effetto Coanda, per cui i filetti fluidi della corrente defluente
sulla superficie filtrante tendono a rimanere aderenti alle pareti frontali delle doghe
deviando il loro flusso all’interno degli interspazi. Tale fenomeno è amplificato nella
superficie in esame dove gli spigoli dorsali delle doghe sono opportunamente
arrotondati. Tutto questo si traduce in una maggiore capacità di filtrazione della
griglia statica autopulente rispetto a quelle tradizionali.
Effetto Coanda
L’acqua defluente sulla superficie filtrante attraversa gli interspazi delimitati dalle doghe disposte
trasversalmente al senso del deflusso per tutta la larghezza della griglia. Ne consegue che il
contatto fra ogni corpo solido trattenuto e la superficie si riduce teoricamente a due soli punti per
cui viene agevolata l’azione di dilavamento dell’acqua e quindi viene ottimizzata la capacità di
autopulizia della griglia. Nel contempo, i corpi solidi di minore dimensione intrappolati negli
interstizi riducono gradualmente la luce di passaggio dell’acqua fra gli interspazi migliorando la
Capacità di autopulizia
capacità di filtrazione della griglia.
6. Criteri di dimensionamento
Le griglie basate sull’effetto Coanda sono a tutt’oggi oggetto di studi
e sperimentazioni negli Stati Uniti presso il Water Resources
Research Laboratory di Denver, Colorado. Sulla base di tali
sperimentazioni, è stato messo a punto un programma di calcolo
che consente di analizzare le prestazioni di questa tipologia di griglia
al variare dei parametri di progetto (Design Guidance for CoandaEffect Screens, July 2003).
Laboratorio per prove sperimentali sull’effetto Coanda
L’impiego del suddetto programma di calcolo per il dimensionamento della griglia statica autopulente in ogni sua possibile
applicazione sarebbe troppo complicato e oneroso per cui, allo stato attuale delle conoscenze, si preferisce ricorrere a parametri
empirici di letteratura determinati sulla base dei dati di funzionamento di questa tipologia di griglia nelle installazioni sempre più
numerose che sono state effettuate negli ultimi anni soprattutto all’estero (per inciso attualmente negli Stati Uniti è in atto una
massiccia campagna di sostituzione delle esistenti griglie convenzionali con quelle basate sull’effetto Coanda).
Il principale parametro utilizzato per il dimensionamento della griglia è la velocità di filtrazione intendendo con tale termine il rapporto
fra la portata di alimentazione della griglia e l’area complessiva degli interspazi fra le doghe della superficie filtrante. Assegnato un
valore a tale parametro e stabilito l’interspazio fra le doghe sulla base delle dimensioni dei corpi solidi che devono essere rimossi è
possibile dimensionare la superficie filtrante della griglia in funzione della portata progettuale di alimentazione.
In un rapporto di rassegna delle principali installazioni effettuate negli Stati Uniti (T.L. Wahl et al. - Labor-Saving Debris and Fish
Screens, Water O&M Bulletin, June 2004) viene raccomandato un valore della velocità di filtrazione compreso fra 2 e 3 m/s.
Operando entro tale intervallo il deflusso dell’acqua lungo la superficie filtrante è sufficiente a sostenere il processo di dilavamento
dei corpi solidi rimossi contenendo al contempo entro limiti accettabili il flusso residuo dell’acqua bypassata.
Appendice D
Impianto di fitodepurazione
L’unità operativa preposta al trattamento di finitura dell’acqua biofiltrata rilanciata dal bacino del sistema EBAS® consiste in impianto
di fitodepurazione. Trattasi di un sistema naturale di disinquinamento delle acque basato sul principio della autodepurazione che
avviene negli ambienti acquatici e umidi. Questo sistema, conosciuto sin dall’antichità, si è diffuso negli ultimi anni come una vera e
propria tecnica di depurazione delle acque inquinate grazie ai minori costi di costruzione e di manutenzione e alla maggiore
affidabilità di funzionamento rispetto ai depuratori tradizionali. Nella fattispecie, l’impianto adottato nella presente applicazione è un
fitodepuratore a flusso sommerso orizzontale che si preferisce a quello verticale per la maggiore semplicità ed economicità di
costruzione e di gestione. L’impianto è costituito da un invaso ricavato sul terreno, naturalmente impermeabile o impermeabilizzato
artificialmente, con il fondo in leggera pendenza. All’interno dell’invaso è realizzato un letto di materiali inerti (mezzo filtrante) idoneo
a supportare la crescita di piante idrofite emergenti e al contempo caratterizzato da una conducibilità idraulica tale da assicurare il
deflusso orizzontale subsuperficale dell’acqua. Un esempio di invaso così conformato è raffigurato per le varie fasi di costruzione
nella sottostante composizione grafica.
Letto in fase di sbancamento
Schema costruttivo del letto di fitodepurazione
Letto in fase di piantumazione
Il mezzo filtrante ha una superficie libera in piano e una altezza dal fondo dell’invaso di 70 cm in corrispondenza del suo lato frontale
anteriore. L’altezza aumenta nel senso longitudinale del letto (ossia nel verso del deflusso dell’acqua) per via della inclinazione del
fondo. A partire da tale lato, nel verso del deflusso dell’acqua, il mezzo filtrante è composto da un vespaio di entrata, lunghezza 2 - 3
m, una zona di trattamento e un vespaio di uscita, lunghezza 1 - 2 m. I vespai di entrata e di uscita sono realizzati con ghiaione 32 64 mm, la zona di trattamento è coperta da uno strato superficiale di torba di 5 cm ed è realizzata con ghiaia grossa 16 - 32 mm.
Il fondo dell’invaso ha una pendenza compresa fra 0,5 e 1 % e, laddove il
terreno non sia naturalmente impermeabile (suoli con conducibilità
idraulica minore di 10- 8 m/s), viene impermeabilizzato tramite la posa in
opera di teli di plastica (in genere polietilene) aventi spessore di 0,5 - 1
mm e caratteristiche tecniche tali da risultare resistenti alla azione delle
radici delle piante e dei raggi UV.
Impermeabilizzazione del letto
Nella zona di trattamento sono trapiantate le macrofite acquatiche di
cui la più utilizzata è la cannuccia di palude (phragmites australis)
che viene preferita in virtù della sua capacità di trasportare ossigeno
atmosferico fino in profondità del mezzo filtrante grazie ai suoi lunghi
rizomi creando in tal modo delle microzone che vengono colonizzate
Letto piantumato con cannuccia di palude
da batteri aerobici.
La cannuccia di palude è una specie erbacea perenne a rapida crescita e moltiplicazione che non richiede particolari impegni di
manutenzione (le piante morte e i detriti vegetali non vengono rimossi in quanto costituiscono una lettiera in lenta decomposizione).
Questa specie è in grado di resistere per periodi anche lunghi senza alimentazione di refluo e per questo è particolarmente indicata
per applicazioni a utenze variabili.
L’impianto è completato dalla canaletta di entrata e di distribuzione dell’acqua biofiltrata e dal collettore di fondo per la raccolta e lo
scarico dell’acqua fitodepurata il quale è collegato con un pozzetto esterno equipaggiato con il dispositivo di regolazione del livello
dell’acqua nel letto (pozzetto livellatore) e comunicante con la condotta di scarico dell’acqua depurata nel corpo recettore.
Canaletta di entrata e distribuzione
Pozzetto livellatore
La canaletta di entrata e distribuzione dell’acqua è posizionata lungo il lato frontale anteriore del letto, realizzata con lamiere di
acciaio inossidabile e conformata con bordo di sfioro a profilo Thomson a garanzia della uniformità del flusso entrante nel letto.
Sul lato frontale opposto è installato il collettore di raccolta del flusso di acqua in uscita costituito da una canaletta metallica interrata
sul fondo dell’invaso che si estende trasversalmente per tutta la larghezza del letto ed è raccordata centralmente alla condotta di
uscita dell’acqua fitodepurata. La canaletta è ricoperta con una griglia anch’essa metallica avente una di luce inferiore a 3 cm e
quindi in grado di contenere i materiali di riempimento sovrastanti (ghiaione 32 - 64 mm). Nella posa in opera, la canaletta viene
accuratamente saldata ai teli impermeabili onde evitare ogni possibilità di infiltrazione di acqua nel terreno sottostante.
La condotta di uscita dell’acqua dal letto si immette in un pozzetto esterno dove si raccorda con un tronco di tubo verticale la cui
altezza, regolabile tramite una bocchetta avvitata sulla estremità filettata, determina il livello dell’acqua nel mezzo filtrante. Il pozzetto
è collegato alla condotta di scarico al corpo recettore ed è conformato in modo da consentire il campionamento dell’acqua depurata.
Le configurazioni della canaletta di entrata e distribuzione e del collettore di raccolta e uscita dell’acqua scongiurano qualsiasi
possibilità di cortocircuito idraulico all’interno del mezzo filtrante. Peraltro, il pozzetto determina un livello di pelo libero dell’acqua
nella sezione di entrata del mezzo filtrante maggiore della profondità (60 cm) delle radici sviluppate dalla cannuccia di palude.
Inoltre, la composizione e quindi la conducibilità idraulica del mezzo filtrante viene scelta sulla base di un calcolo dettagliato del moto
dell’acqua al suo interno (legge di Darcy). Pertanto viene evitato in ogni momento l’affioramento dell’acqua dalla superficie libera del
letto per cui vengono scongiurate situazioni potrebbero provocare l’insorgere di esalazioni maleodoranti e la proliferazione di insetti
(questi effetti sarebbero in ogni caso mitigati dall’abbinamento dell’impianto di fitodepurazione con il sistema EBAS® in quanto
l’acqua da questo rilanciata è abbondantemente depurata).
In via generale, il letto di fitodepurazione viene dimensionato principalmente sulla base del carico organico delle acque di scarico e
quindi del numero di abitanti equivalenti serviti (in genere le norme prescrivono 5 m2 per abitante equivalente). Nella applicazione in
esame, l’impianto di fitodepurazione opera sull’acqua biofiltrata rilanciata dal bacino del sistema EBAS® il cui grado di inquinamento
organico residuo è all’incirca il 20 % di quello originario. Pertanto, l’impianto di fitodepurazione è caratterizzato da un’area del letto
filtrante drasticamente minore (1/5) di quella che sarebbe necessaria per il trattamento delle acque di scarico tal quali.