Riferimenti classici nella divina commedia
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Transcript Riferimenti classici nella divina commedia
Alessia e Lorenza
E adesso da
dove
iniziamo?!?
Inferno canto III
Lasciate ogne speranza, voi ch’intrate
riferimento all’Eneide VI, 126-129
Facile la discesa all’Averno: notte e giorno la porta del nero Dite sta aperta:
ma riportare su il passo, uscire all’aria di sopra, questo è l’impegno, è qui la
fatica.
Questo misero modo tegnon l’anime triste di coloro
che visser sanza ‘nfamia e sanza lodo.
come insegnavano Cicerone e san Tommaso
“Tu non sei né freddo né caldo. Magari tu fossi freddo o caldo! Ma poiché sei
tiepido, non sei cioè né freddo né caldo, sto per vomitarti dalla mia bocca.”
(Ap.3, 15-16)
Le cose ti fier conte quando noi fermerem li nostri passi su la trista riviera
d’Acheronte
riferimenti Eneide VI, 295-297
Qui parte la via verso l’onde dell’Acheronte tartareo. Torbido qui di fango, ribolle in
vasta voragine il gorgo e tutta in Cocito erutta l’arena.
Un vecchio, bianco per antico pelo […] Quinci fuor quete le lanose gote al nocchier de
la livida palude , che ‘ntorno a li occhi avea di fiamme rote. […] Caron dimonio, con
occhi di bragia…
riferimenti Eneide VI, 298-301
Traghettatore orrendo, guarda quest’acque ed il fiume Caronte, irto, pauroso: a lui
Lunga dal mento, bianca scende la barba incolta, sbarra occhi di fiamma; sordido dalle
Spalle gli pende, annodato, il mantello.
riferimenti all’Apocalisse (1,14)
“ Gli occhi fiammeggianti come fuoco”.
Di trapassar parer sì pronte
riferimenti Eneide VI, 318-320
Dimmi , vergine, chiese, perché questo correre al fiume? Che cercano l’anime? Per che
Giudizio la riva queste devon lasciare, altre l’acque livide solcano?
Come d’autunno si levan le foglie l’una appresso de l’altra, fin che ‘l ramo vede a la
Terra tutte le sue spoglie, similemente il mal seme d’Adamo gittansi di quel lito ad una
ad una, per cenni come augel per suo richiamo.
riferimenti Eneide VI, 305-312
Qui tutta una folla ammassandosi sulle rive accorreva, donne e uomini, corpi liberi
ormai dalla vita, di forti eroi, fanciulli e non promesse fanciulle, giovani messi sul rogo
davanti agli occhi dei padri: tante così nei boschi, al primo freddo d’autunno,
volteggiano e cadono foglie, o a terra dal cielo profondo tanti uccelli s’addensano,
quando, freddo ormai, l’anno di là dal mare li spinge verso le terre del sole.
E tu che se’ costì, anima viva, pàrtiti da cotesti che son morti.
riferimenti Eneide VI, 388-391
Chiunque tu sia, che tendi armato alle nostre correnti, parla di costì subito, e di’
perché vieni, e ferma il tuo passo. Dell’Ombre qui è il luogo, del Sonno e della
soporifera Notte; vietato è portar corpi vivi sullo stigio traghetto.
Vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole, e più non dimandare.
riferimenti Eneide VI, 399-407
Non qui insidia simile, lascia andare il timore, non guerra portan quest’armi: il cane
gigante nell’antro, in eterno latrando, può l’ombre esangui atterrire, può
castamente Proserpina restar dello zio nella casa. Enea troiano, famoso per la pietà e
per le armi, al padre suo scende, sotto l’ombre dell’Erebo. Se non ti muove l’immagine
di una pietà così grande, almeno il ramo conosci!
E pronti sono a trapassar lo rio, ché la divina giustizia li sprona, sì che la tema si volve
in disio.
riferimenti Eneide VI, 313-314
Stavano là, pregando d’essere i primi a passare, e tendevan, per brama dell’altra riva,
le mani.
La terra lagrimosa
Riferimenti Eneide VI, 441
Campi del Pianto
Riferimenti preghiera mariana Salve Regina
In hac lacrimarum valle
in questa valle di lacrime
Inferno canto XIII
Quivi le brutte Arpie lor nidi fanno,
che cacciar de le Strofade i Troiani
Con tristo annunzio di futuro danno.
cfr Aen.III, 227-228
Le arpie straziano i cibi, infettano
tutto col loro contatto immondo:
Ali hanno late ,e colli e visi umani, cfr Aen.III 216-217 e 228 Virginei volti su corpi d’uccelli,
piè con artigli, e pennuto ‘l gran ventre;
puzzolentissima profluvie del
fanno lamenti in su li alberi strani.
ventre, adunchi artigli.
Però disse ‘l maestro: “Se tu trochi
qualche fraschetta d’una d’este piante,
li pensier c’hai si faran tutti monchi.”
Uomini fummo, e or siamo sterpi;
ben dovrebb’esser la tua man più pia,
se state fossimo anime di serpi.
cfr Aen. III, 13-68
Episodio di Polidoro, giovane
troiano ucciso dal re di Tracia.
Per le nove radici d’esto legno
vi giuro che già non ruppi fede
al mio segnor, che fu d’onor si degno.
Riferimenti al Mos Maiorum: concetti di pietas e fides.
Inferno canto XIII
Quivi le brutte Arpie lor nidi fanno,
che cacciar de le Strofade i Troiani
Con tristo annunzio di futuro danno.
cfr Aen.III, 227-228
Le arpie straziano i cibi, infettano
tutto col loro contatto immondo:
Ali hanno late ,e colli e visi umani, cfr Aen.III 216-217 e 228 Virginei volti su corpi d’uccelli,
piè con artigli, e pennuto ‘l gran ventre;
puzzolentissima profluvie del
fanno lamenti in su li alberi strani.
ventre, adunchi artigli.
Però disse ‘l maestro: “Se tu trochi
qualche fraschetta d’una d’este piante,
li pensier c’hai si faran tutti monchi.”
Uomini fummo, e or siamo sterpi;
ben dovrebb’esser la tua man più pia,
se state fossimo anime di serpi.
cfr Aen. III, 13-68
Episodio di Polidoro, giovane
troiano ucciso dal re di Tracia.
Per le nove radici d’esto legno
vi giuro che già non ruppi fede
al mio segnor, che fu d’onor si degno.
Riferimenti al Mos Maiorum: concetti di pietas e fides.
Inferno canto XIII
Quivi le brutte Arpie lor nidi fanno,
che cacciar de le Strofade i Troiani
Con tristo annunzio di futuro danno.
cfr Aen.III, 227-228
Le arpie straziano i cibi, infettano
tutto col loro contatto immondo:
Ali hanno late ,e colli e visi umani, cfr Aen.III 216-217 e 228 Virginei volti su corpi d’uccelli,
piè con artigli, e pennuto ‘l gran ventre;
puzzolentissima profluvie del
fanno lamenti in su li alberi strani.
ventre, adunchi artigli.
Però disse ‘l maestro: “Se tu trochi
qualche fraschetta d’una d’este piante,
li pensier c’hai si faran tutti monchi.”
Uomini fummo, e or siamo sterpi;
ben dovrebb’esser la tua man più pia,
se state fossimo anime di serpi.
cfr Aen. III, 13-68
Episodio di Polidoro, giovane
troiano ucciso dal re di Tracia.
Per le nove radici d’esto legno
vi giuro che già non ruppi fede
al mio segnor, che fu d’onor si degno.
Riferimenti al Mos Maiorum: concetti di pietas e fides.
Quando si parte l’anima feroce
cfr
del corpo ond’ella stessa s’è disvelta,
Minòs la manda a la settima foce.
Di rietro a loro era la selva piena
di nere cagne, bramose e correnti
Come veltri ch’ uscisser di catena
Aen. VI, 432-433
cfr Theb. Stazio
Inquisitore è Minosse, e scuote
l’urna: di muti egli aduna un
concilio,le colpe indaga e le
vite.
origine delle cagne dal mito di
Atteone, il cacciatore tramutato
in cervo e sbranato dai propri
cani.
Quando si parte l’anima feroce
cfr
del corpo ond’ella stessa s’è disvelta,
Minòs la manda a la settima foce.
Di rietro a loro era la selva piena
di nere cagne, bramose e correnti
Come veltri ch’ uscisser di catena
Aen. VI, 432-433
cfr Theb. Stazio
Inquisitore è Minosse, e scuote
l’urna: di muti egli aduna un
concilio,le colpe indaga e le
vite.
origine delle cagne dal mito di
Atteone, il cacciatore tramutato
in cervo e sbranato dai propri
cani.
Inferno canto XXVI
Fama di Firenze:
cfr. Aen. IV, 173-195
Godi, Fiorenza, poi che se’ sì grande
Che per mare e per terra batti l’ali,
E per lo ‘nferno tuo nome si spande!
Chi è ‘n quel foco che vien sì diviso
di sopra, che par surger de la pira
dov’ Eteòcle col fratel fu miso?
Fama nozze di Didone:
piccola prima, e timida: ma già
s’alza per l’aria,[…] celeri piedi,
e l’ali ha mobilissime[…]. Di notte
vola a mezzo fra cielo e terra
nell’ombra[…].
cfr Stazio Theb.XII, 429-432
Rispuose a me: “Là dentro si martira
Ulisse e Diomede, e così insieme
a la vendetta vanno come a l’ira;
Mito di Eteocle e Polinice
Cfr Lucano Phars I, 549-552
Ulisse e Diomede vengono conosciuti
mediante l’epica classica di Virgilio e
Stazio e la poesia latina di Ovidio.
Inferno canto XXVI
Fama di Firenze:
cfr. Aen. IV, 173-195
Godi, Fiorenza, poi che se’ sì grande
Che per mare e per terra batti l’ali,
E per lo ‘nferno tuo nome si spande!
Chi è ‘n quel foco che vien sì diviso
di sopra, che par surger de la pira
dov’ Eteòcle col fratel fu miso?
Fama nozze di Didone:
piccola prima, e timida: ma già
s’alza per l’aria,[…] celeri piedi,
e l’ali ha mobilissime[…]. Di notte
vola a mezzo fra cielo e terra
nell’ombra[…].
cfr Stazio Theb.XII, 429-432
Rispuose a me: “Là dentro si martira
Ulisse e Diomede, e così insieme
a la vendetta vanno come a l’ira;
Mito di Eteocle e Polinice
Cfr Lucano Phars I, 549-552
Ulisse e Diomede vengono conosciuti
mediante l’epica classica di Virgilio e
Stazio e la poesia latina di Ovidio.
Mito dell’inganno del cavallo di Troia preso da Aen. II, 13-249.
Figure di Deidamia e Achille riprese dall’Achilleide II, 15-396 di Stazio.
Furto della statua di Pallade presi da Aen.II, 162- 194 e dai Fasti VI di Ovidio.
“E dentro da la lor fiamma si geme
l ’agguato del caval che fè la porta
onde uscì de’ Romani il gentil seme.
Piangevisi entro l’arte per che morta,
Deidamia ancor si duol d’Achille,
e del Palladio pena vi si porta”.
Quando mi diparti' da Circe, che sottrasse
me più d'un anno là presso a Gaeta,
prima che sì Enea la nomasse,
né dolcezza di figlio, né la pieta
del vecchio padre, né 'l debito amore
lo qual dovea Penelopè far lieta,
vincer potero dentro a me l'ardore
ch'i' ebbi a divenir del mondo esperto
e de li vizi umani e del valore;
ma misi me per l'alto mare aperto
sol con un legno e con quella compagna
picciola da la qual non fui diserto
L'un lito e l'altro vidi infin la Spagna
fin nel Morrocco, e l'isola d'i Sardi,
e l'altre che quel mare intorno bagna
Io e ' compagni eravam vecchi e tardi
quando venimmo a quella foce stretta
dov'Ercule segnò li suoi riguardi,
acciò che l'uom più oltre non si metta;
da la man destra mi lasciai Sibilia,
da l'altra già m'avea lasciata Setta.
Folle volo d’Ulisse ripreso da Ovidio
Met. XIV e Aen. VII
Purgatorio canto III
Matto è chi spera che nostra ragione
possa trascorrer la infinita via
che tiene una sustanza in tre persone.
Rimando alla Scolastica: binomio
fede-ragione
io dico d'Aristotile e di Plato
e di molt'altri"; e qui chinò la fronte,
e più non disse, e rimase turbato.
Esempi di uomini classici che sono
collocati nel Limbo, in quanto in vita
avevano sperato invano di raggiungere
la verità con la forza della sola ragione
Per lor maladizion sì non si perde,
che non possa tornar, l'etterno amore,
mentre che la speranza ha fior del verde.
La scomunica di Manfredi, datagli per
odio e per ira politica, è ritenuta
ingiusta e di nessun effetto, come insegna
San Tommaso nella Summa Theologia
Se 'l pastor di Cosenza, che a la caccia
Tutta questa, che scorgi, è misera
di me fu messo per Clemente allora,
folla insepolta: traghettatore è
avesse in Dio ben letta questa faccia, cfr Aen VI, 325 -328 Caronte: questi, che l’onda porta,
i sepolti. Non è concesso le rive
l'ossa del corpo mio sarieno ancora
paurose, le rauche correnti
in co del ponte presso a Benevento,
passare, prima che l’ossa riposino
sotto la guardia de la grave mora.
nella loro dimora.
cfr Aen VI, 362-371
Ora mi ha sull’onda in balia, sul lido mi rotola il vento. Oh per la luce serena del cielo,
pei soffi dell’aria, pel padre ti prego, per la speranza di Iulo, che cresce, strappami a
questi mali, tu invitto: un pugno di terra gettami addosso (tu puoi): ricerca il porto
Velino, o, se c’è qualche via, la tua madre dea te l’insegna, (non credo, no certo, che
senza l’aiuto di numi t’accinga a passar tanto fiume e la Stigia palude), la tua destra dà
al misero, prendi anche me sulle onde, che ne la morte in pace finalmente riposi!
Purgatorio canto XXVIII
Un'aura dolce, sanza mutamento
avere in sé, mi feria per la fronte
Non di più colpo che soave vento
cfr Met I, 107-108
Era primavera eterna: con soffi tiepidi
gli Zefiri accarezzavano tranquilli i fiori
nati senza seme
tal qual di ramo in ramo si raccoglie cfr Aen I, 52-158 Eolo scatena la tempesta che travolge
per la pineta in su 'l lito di Chiassi,
Enea e lo porta lontano dalla meta
Quand'Eolo scilocco fuor discioglie
una donna soletta che si gia
cfr Met V, 392 In questo bosco Proserpina si divertiva
e cantando e scegliendo fior da fiore
a cogliere viole e candidi gigli
ond'era pinta tutta la sua via
Tu mi fai rimembrar dove e qual era
Proserpina nel tempo che perdette
la madre lei, ed ella primavera
cfr Met V, 391
Non credo che splendesse tanto lume
sotto le ciglia a Venere, trafitta
dal figlio fuor di tutto suo costume
cfr Met X, 525
Tre passi ci facea il fiume lontani;
ma Elesponto, là 've passò Serse, cfr Her XVIII, 1-186
ancora freno a tutti orgogli umani,
più odio da Leandro non sofferse
per mareggiare intra Sesto e Abido,
che quel da me perch'allor non s'aperse
Riferimenti al mito di Proserpina e
identificazione di questa nella figura
di Matelda
Si allude all’innamoramento di
Venere per Adone, quando cioè
Cupido, senza volerlo, colpì con una
delle sue frecce la madre
Rimando al mito di Ero e Leandro
Tu mi fai rimembrar dove e qual era
Proserpina nel tempo che perdette
la madre lei, ed ella primavera
cfr Met V, 391
Non credo che splendesse tanto lume
sotto le ciglia a Venere, trafitta
dal figlio fuor di tutto suo costume
cfr Met X, 525
Tre passi ci facea il fiume lontani;
ma Elesponto, là 've passò Serse, cfr Her XVIII, 1-186
ancora freno a tutti orgogli umani,
più odio da Leandro non sofferse
per mareggiare intra Sesto e Abido,
che quel da me perch'allor non s'aperse
Riferimenti al mito di Proserpina e
identificazione di questa nella figura
di Matelda
Si allude all’innamoramento di
Venere per Adone, quando cioè
Cupido, senza volerlo, colpì con una
delle sue frecce la madre
Rimando al mito di Ero e Leandro
e fa sonar la selva perch'è folta
cfr Aen VI, 704
e la percossa pianta tanto puote,
che de la sua virtute l'aura impregna,
e quella poi, girando, intorno scuote;
e l'altra terra, secondo ch'è degna
per sé e per suo ciel, concepe e figlia
di diverse virtù diverse legna.
Fra tanto Enea vede in fondo alla valle un
bosco appartato, folto sussurro di selva
cfr Summa Theol
Dante, seguendo San Tommaso,
pensa che tutte le piante siano
state create da Dio, in origine,
nell’Eden e di qui i semi si siano
diffusi sulla parte della terra
emersa, abitata dagli uomini.
Quinci Letè; così da l'altro lato cfr Aen VI, 714-715 L’anime cui per fato si deve un nuovo
Eunoè si chiama, e non adopra
corpo, qui, presso l’onda di Lete, linfe
se quinci e quindi pria non è gustato:
serenatrici e oblio lungo ne bevono
Quelli ch'anticamente poetaro
cfr Met I, 89 sgg
l'età de l'oro e suo stato felice,
forse in Parnaso esto loco sognaro
La prima età, quella aurea onorava
la fedeltà e la giustizia
Paradiso canto I
La gloria di colui che tutto move
per l'universo penetra, e risplende
in una parte più e meno altrove.
cfr Phars IX, 580
Nel ciel che più de la sua luce prende
fu' io, e vidi cose che ridire
né sa né può chi di là sù discende;
perché appressando sé al suo disire,
nostro intelletto si profonda tanto,
che dietro la memoria non può ire.
O buono Appollo, a l'ultimo lavoro
fammi del tuo valor sì fatto vaso,
come dimandi a dar l'amato alloro.
Giove è, comunque guardi,
dovunque vai
Dante né sa né può ridire ciò che ha
visto, a seguito di un excessus mentis
Invocazione ad Apollo, dio della poesia, e
rimando al mito di Dafne: l’alloro è amato
perché in esso fu trasformata la ninfa,
come racconta Ovidio nelle Met I, 452-567
Entra nel petto mio, e spira tue
sì come quando Marsïa traesti
de la vagina de le membra sue.
cfr Met VI, 382-400
Sì rade volte, padre, se ne coglie
per trïunfare o cesare o poeta,
colpa e vergogna de l'umane voglie
quando Beatrice in sul sinistro fianco
vidi rivolta e riguardar nel sole:
aguglia sì non li s'affisse unquanco.
Il satiro Marsia sfidò Apollo in una gara
di bravura musicale. Dopo che Apollo
ebbe vinto, lo scorticò.
Il lauro era usato per incoronare i vincitori,
come ricordano Lucano e Stazio
Beatrice è paragonata ad un’aquila, che
secondo l’opinione classica, come
ricordano Aristotele, Lucano e Brunetto
Latini, era solita fissare il sole a mezzogiorno
Nel suo aspetto tal dentro mi fei, cfr Met XIII, 898-968 Rimando alla figura del mitico
qual si fé Glauco nel gustar de l'erba
pescatore Glauco della Beozia
che 'l fé consorto in mar de li altri dèi.
novellamente, amor che 'l ciel governi,
frase ripresa da Boezio
e cominciò: "Le cose tutte quante
hanno ordine tra loro, e questo è forma
che l'universo a Dio fa simigliante.
Qui veggion l'alte creature l'orma
de l'etterno valore, il qual è fine
al quale è fatta la toccata norma.
Concetto tomistico: “ Questo mondo
si dice uno per l’unità dell’ordine:
secondo esso infatti alcune cose sono
ordinate ad altre cose, tutte infatti
procedono a Dio e sono ordinate da Lui
cfr Summa theol I
Tutte le cose tendono a Dio, come fine
Paradiso canto VI
«Poscia che Costantin l'aquila volse
contr' al corso del ciel, ch'ella seguio
dietro a l'antico che Lavina tolse,
Rimando al mito di Enea, che prese in
sposa Lavinia, figlia del re Latino
Cesare fui e son Iustinïano,
cfr Aen VI, 851-853 Tu ricorda, o Romano, di governare
che, per voler del primo amor ch'i' sento,
le genti: questa sarà l’arte tua, e di
d'entro le leggi trassi il troppo e 'l vano.
dar costumanze di pace, usar
clemenza a chi cede, ma sgominare
i superbi.
E prima ch'io a l'ovra fossi attento,
una natura in Cristo esser, non piùe,
credea, e di tal fede era contento;
Concetto ripreso dal Tresor: in Cristo ci
fosse solo una natura
Vedi quanta virtù l'ha fatto degno
di reverenza; e cominciò da l'ora
che Pallante morì per darli regno.
Dante è il continuatore di Virgilio: riprende
la vicenda di Pallante, simbolo del futuro
Impero Romano, che morì contro Turno.
Tu sai ch'el fece in Alba sua dimora cfr Aen I, 265-266 Fondazione di Albalonga da parte di
per trecento anni e oltre, infino al fine
Ascanio, figlio di Enea, e il regno dei
che i tre a' tre pugnar per lui ancora.
Suoi discendenti fino al
combattimento tra Orazi e Curiazi
E sai ch'el fé dal mal de le Sabine
al dolor di Lucrezia in sette regi,
vincendo intorno le genti vicine.
Storia del periodo regio da Romolo, con il ratto
delle Sabine, a Tarquinio il Superbo, la cui
cacciata fu a seguito dell’offesa a Lucrezia.
Poi, presso al tempo che tutto 'l ciel volle
redur lo mondo a suo modo sereno,
Cesare per voler di Roma il tolle.
Riprende il concetto di San Tommaso:
“ Era giusto che in quel tempo in cui un
solo principe dominava nel mondo
nascesse Cristo, che era venuto per
unificare i suoi ”.
Questo lavoro è stato
prodotto da
Alessia e Lorenza..