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POESIE E
CANZONI
RIFLESSIONI
IL PICENO E LA
SHOAH
SHOAH
CONTESTO
DA SAPERE…DOMANDE E RISPOSTE
MODI DI DIRE
GIORNATA
DELLA
MEMORIA
Come nasce il razzismo nell’età moderna
Il razzismo moderno, inteso come superiorità di una razza su un’altra razza considerata inferiore, nasce nel XVII secolo dopo le grandi conquiste coloniali
compiute dai popoli europei negli altri continenti, e soprattutto dopo la scoperta dell’America.
Fu allora che si perpetrò il genocidio degli indigeni americani, Indios e Pellirosse; fu allora che si dette inizio alla tratta degli schiavi neri africani per
utilizzarli nelle miniere e nelle piantagioni del Nuovo Mondo.
Si giustificò questo comportamento sostenendo che gli indigeni americani e neri appartenevano a razze subumane, e ci furono persino dotte
disquisizioni tecnologiche per stabilire se i neri avessero o no un’anima.
I neri d’America conservano memoria di quest’affronto nei loro canti e nella musica, particolarmente nella soul- music (musica dell’anima), la quale
esprime una religiosità aggressiva intenzionata a compiere la politicizzazione popolare per il riscatto della dignità umana e della parità dei diritti dei
popolo di colore.
Queste teorie troveranno spunto nell’erronea identificazione tra razza e cultura, ove per cultura si intendeva soltanto quella tecnica, scientifica e
letteraria avanzata, posseduta dagli Europei, e non quella determinata dalle forme di vita materiali e spirituali espresse da ogni singolo popolo in un
dato momento della sua storia.
A partire dall’Ottocento cominciò a farsi strada l’idea che la razza tedesca fosse particolarmente pura e incontaminata, perché non commista ad altri
popoli, e che pertanto le spettasse il compito di dominare il Mondo. Adolf Hitler , il fondatore del nazismo tedesco, sostenendo che ogni incrocio di razza
era responsabile del decadimento fisico e spirituale delle nazioni, decise di emendare la nazione germanica da ogni contaminazione, allontanando gli
stranieri e perseguitando gli Ebrei, i quali in particolare non godevano di buona considerazione perché erano ritenuti usurai e parassitari. Salito al potere
nel 1933, Hitler, insieme ai suoi seguaci fanatici nazisti, impegnò la scienza medica per selezionare esseri umani il più possibile puri, anche a costo di
eliminare gli individui malati o nati con carenze e difetti fisici. Poi prese a perseguitare gli Ebrei confinadoli nei lager (campi di concentramento) e
confiscando tutti i loro averi.
Durante la guerra del 1940/45, di fronte allo scarseggiare del cibo di cui soffriva tutta la nazione, i lager si trasformarono in campi di sterminio: là furono
ammassati uomini, donne, vecchi e bambini, per venire trucidati in massa e arsi nei forni crematori.
Ma sebbene tale forma di razzismo non trovi l’uguale nella storia moderna, questa piaga sociale è ancora molto diffusa a livello etnologico negli Stati
Uniti, ove convivono popolazioni bianche e di colore. Negli Stati Uniti d’America i neri rappresentano il 20% della popolazione. Essi sono in gran parte i
discendenti degli schiavi africani, e molti sono ancora oggi confinati nei ghetti, disoccupati, sottoccupati, mantenuti dai sussidi statali. Altri invece, più
fortunati, hanno potuto compiere la scalata sociale e si sono affermati nei campi della politica, dello sport, dello spettacolo, nella musica e nella
letteratura. Però, ricchi o poveri che siano, i neri sono emarginati rispetto ai bianchi, i quali si rifiutano di mischiarsi a loro nelle scuole, nei locali
pubblici, nelle abitazioni, nonostante molta strada sia stata fatta per raggiungere l’integrazione razziale.
Altrettanto può dirsi dello stato del Sudafrica, che ha continuato fino a poco tempo fa a privare i neri di ogni diritto umano, reprimendo nel sangue ogni
loro rivolta. Era stato qui sancito il principio dell’Apartheid (separazione) relegando i neri nei ghetti o in allucinanti città-satelliti, come le compounds di
Johannesburg, che accolgono i minatori delle miniere di diamanti e d’oro e le manovalanze nere delle numerose industrie di cui è ricca la città. Ai neri
non era riconosciuta la cittadinanza dello stato; per entrare nelle zone dei bianchi dovevano avere un lasciapassare, venivano segregati in scuole ed
ospedali riservati solo a loro; non avevano riconosciuto il diritto politico di riunirsi in patria, e i capi politici clandestini rischiavano o la condanna a morte,
o il carcere a vita. Il leader più prestigioso, Nelson Mandela, ha passato la vita in carcere. Oggi è libero perché l’Apartheid sta per finire in Sudafrica: sono
permessi i matrimoni misti, i neri possono comprare case e terreni ed insediarsi ovunque nel territorio; molte scuole si sono aperte e altre se ne aprono,
a tutte le razze; sono stati anche riconosciuti i diritti politici, a parità dei bianchi. È abolita la segregazione razziale come è abolita la legge che
prescriveva di registrare i bambini all’atto di nascita secondo il colore della pelle.
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CULTURA
• Dal latino “còlere”=coltivare
In senso specifico, cultura è l’arricchimento dello spirito e della mente
mediante il possesso del sapere. Si distinguono infatti persone di
grande o di scarsa cultura; si parla di persone incolte.
In senso più esteso, e socio-antropologico, la cultura è il complesso
delle tradizioni, del sapere, dei modi di vita di un dato popolo in un
certo periodo storico; e anche di un dato ambiente o di un certo
periodo. Vi sono una cultura greca, egiziana, rinascimentale,
popolare…
Ogni popolo, dal più avanzato al più arretrato, è portatore di una
propria cultura, intesa come il complesso di miti, delle tecniche di
lavoro, dei modi di produzione, delle dinamiche sociali che ha
potuto produrre. In tal senso anche i selvaggi sono portatori di
cultura.
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MODI DI DIRE
Essere come l’Ebreo errante: non trovar pace; non avere sede stabile in nessun
posto.
L’Ebreo errante è un personaggio leggendario condannato a vagare senza pace fino
alla fine dei secoli, spostandosi a piedi e con in testa cinque soldi che non si
esauriscono mai. La tradizione vuole che questo uomo, vedendo Gesù che durante
la salita al Golgota si era fermato un momento a riposare appoggiandosi al muro
della sua casa, l’abbia scacciato ingiungendogli “Cammina!”. Per questo è costretto
a camminare a sua volta fino al giorno in cui Cristo ritornerà al Mondo.
Essere un ebreo: essere molto avaro.
Originariamente significava essere un usuraio, poi uno strozzino.
Mescolare Ebrei e Samaritani: mettere insieme cose di natura molto diversa,
oppure contrastante, opposta. Il termine generico Ebrei indica qui gli abitanti della
Galilea, un popolo dell’antica Palestina, come i Samaritani. Fra Galilei e Samaritani
confinanti di territorio non ci fu mai possibilità di accordo.
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GIORNO DELLA MEMORIA
Il Giorno della Memoria è una ricorrenza istituita con la legge N° 211 del 20 luglio 2000 dal parlamento
italiano, che ha in tal modo aderito alla proposta internazionale di dichiarare il 27 gennaio come
giornata in commemorazione delle vittime del nazionalsocialismo e del fascismo, dell’Olocausto e
in onore di coloro che a rischio della propria vita hanno protetto i perseguitati.
Il testo dell’articolo 1 della legge così definisce le finalità del Giorno della Memoria:
“La Repubblica Italiana riconosce il 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz,
GIORNO DELLA MEMORIA, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi
razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subito la deportazione, la
prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al
progetto, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.”
La scelta della data ricorda il 27 gennaio 1045, quando le truppe sovietiche dell’Armata Rossa, nel corso
dell’offensiva in direzione di Berlino, arrivarono presso la città polacca nota con il nome tedesco di
Auschwitz, scoprendo il suo tristemente famoso campo di concentramento e liberandone i pochi
superstiti.
LA SCOPERTA DI AUSCHWITZ E LE TESTIMONIANZE DEI SOPRAVVISSUTI RIVELARONO
COMPIUTAMENTE PER LA PRIMA VOLTA AL MONDO L’ORRORE DEL GENOCIDIO NAZISTA.
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Da sapere…domande e risposte
Perché oggi si celebra il Giorno della Memoria?
Il Giorno della Memoria si celebra il 27 gennaio perché in questa data le Forze Alleate liberarono Auschwitz.
Al di là di quel cancello, oltre la scritta “Il lavoro rende liberi”, apparve l’inferno.
Il Mondo vide allora da vicino quello che era successo, conobbe lo sterminio in tutta la sua realtà.
Il Giorno della memoria non è una mobilitazione collettiva per una solidarietà oramai inutile. È piuttosto un atto di riconoscimento di questa storia: come se tutti, quest’oggi, ci
affacciassimo ai cancelli di Auschwitz a riconoscervi il male che è stato.
Che cosa è, che cosa rappresenta Auschwitz?
Auschwitz è il nome tedesco di Oswiecin, una cittadina situata nel sud della Polonia.
Qui a partire dalla metà del 1940, funzionò il più grande campo di sterminio di quella sofisticata “macchina” tedesca denominata “soluzione finale al problema ebraico”.
Auschwitz era una vera e propria metropoli della morte, composta da diversi campi ed estesa per chilometri.
C’erano camere a gas e forni crematori, ma anche baracche dove i prigionieri lavoravano e soffrivano prima di venire avviati alla morte.
Gli Ebrei arrivavano in treni merci e, fatti scendere sulla cosiddetta “rampa dei giudei”, subivano un’immediata selezione che li portava quasi tutti direttamente alle “docce”
(camere a gas).
Con il termine Shoah cosa si definisce?
Shoah è una parola ebraica che significa “catastrofe”. Essa è il frutto di un progetto di eliminazione di massa che non ha precedenti.
Nel gennaio del 1942 la Conferenza di Wansee approva il piano di “soluzione finale” del cosiddetto problema ebraico, che prevede l’estinzione di questo popolo dalla faccia della
Terra.
Lo sterminio degli ebrei non ha un motivazione territoriale, non è determinato da ragioni espansionistiche o da un strategia politica. È deciso sulla base del fatto che il popolo
ebraico non merita di vivere.
È una forma di razzismo radicale che vuole rendere il mondo “ripulito dagli ebrei”.
Quali sono gli antecedenti del “Piano di soluzione finale”?
L’odio antisemita è un motivo conduttore del nazismo. La Germania vara nel 1935 a Norimberga una legislazione antisemita che sancisce l’emarginazione. Tre anni dopo l’Italia
approva anch’essa un complesso ed aberrante sistema di “difesa della razza”, richiudendo gli ebrei entro un rigido sistema di esclusioni e separazione dal resto del Paese.
Ma questa terribile storia ha dei milionari precedenti.
Prima dell’emancipazione ottenuta in Europa nella seconda metà dell’Ottocento, gli ebrei erano vissuti per millenni come una minoranza appena tollerata, non di rado perseguitata
e cacciata e sempre relegata in ghetti. Visti con diffidenza e odio per la loro fede tenace, hanno sempre rappresentato il “diverso”.
Perché la Shoah è un evento unico?
Dopo la Shoah è stato coniato il termine “genocidio”. Purtroppo il mondo ne ha conosciuti tanti e ancora troppi sono in corso sulla faccia della Terra.
Riconoscere delle differenze non significa stabilire delle gerarchie nel dolore: come dice un adagio ebraico “Chi uccide una vita uccide il mondo intero”.
Ma mai nella Storia si è visto un progetto a tavolino con tale freddezza e determinazione: lo sterminio di un popolo studiando le possibili forme di eliminazione, le formule dei gas
più letali ed efficaci, allestendo i ghetti nelle città occupate, costruendo i campi, e tanto altro.
La “Soluzione finale” non è stata solo un atto di inaudita violenza, ma soprattutto un progetto collettivo, un sistema di morte.
Perché ricordare è commemorare?
Il Giorno della Memoria non vuole misconoscere gli altri genocidi di cui l’umanità è colpevole, né sostenere la superiorità del dolore ebraico.
Non è infatti un omaggio alle vittime, ma una presa di coscienza collettiva del fatto che l’Uomo è stato capace di questo.
Che cos’è il razzismo?
Il razzismo consiste nel pensare che una razza umana sia migliore e più pura delle altre e che pertanto essa vada difesa da ogni possibile contaminazione o contatto, perseguitando
o sterminando le razze ritenute inferiori.
In senso più ampio il razzismo viene esteso anche a tutti quei comportamenti di singoli o di gruppo che, con fanatismo e chiusura mentale, ritengono se stessi nel giusto e gli altri in
errore o pensano che alcuni gli siano loro inferiori sotto molti aspetti.
Espressioni quali:
-Sono terroni!
-Sei peggio di uno zingaro!
-Sembri un barbone!
-Cercati amici del tuo ambiente sociale…
sono altrettanto manifestazioni di razzismo.
Nella Storia possiamo rinvenire molte manifestazioni del razzismo con il quale i popoli dominanti hanno motivato e giustificato l’oppressione esercitata sui popoli dominati: i Greci
trattavano con disprezzo gli stranieri e li chiamavano barbari; tutti gli antichi popoli dominatori pensavano che gli schiavi fossero “cose” e non persone; molti popoli, nel corso della
Storia, per fanatismo religioso o ideologico, si sono autoproclamati detentori della Verità e hanno perseguitato quelli che non aderivano alla loro fede, cercando di “convertirli” o
di sottometterli.
Ma le peggiori manifestazioni di razzismo si sono avute forse a partire dall’Età Moderna e fino ai giorni nostri, quando gli Europei hanno conquistato gli altro continenti,
sottoponendo le popolazioni indigene a ogni violenza e sfruttamento fino a farle anche scomparire (genocidio). Essi hanno imposto a quelle popolazioni la propria civiltà, la propria
legge, la propria religione (colonialismo); spesso hanno fatto della ragione e della ideologia politica il pretesto per giustificare le loro aggressioni. Ricordiamo le persecuzioni
religiose dei Romani contro i Cristiani, ad esempio, e dei Cristiani contro coloro che ritenevano eretici.
Conosceremo le aberrazioni compiute nel nostro secolo dai regimi totalitari dittatoriali: dal Fascismo, al Nazismo, allo Stalinismo.
L’Italia ora nega e aborra il razzismo e ogni altra forma di discriminazione, come sancito dalla Costituzione:
Articolo 19
Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata; di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto,
purché non si tratti di riti contrari al buon costume.
Articolo 22
Nessuno può essere privato, per motivi politici, della capacità giuridica, della cittadinanza, del nome.
Che cos’è il genocidio?
Il genocidio consiste nella distruzione parziale o totale di un popolo o di un gruppo etnico, razziale o religioso.
Gli indiani d’America, i Pellirosse, furono sterminati dagli Europei bianchi durante la conquista delle Americhe. Essi ritenevano gli indiani primitivi, sanguinari, barbari e immeritevoli
del riconoscimento di qualsiasi diritto.
Alce Nero, grande capo degli indiani Sioux delle praterie del Nord America, oppose una lunga resistenza al genocidio del suo popolo, il quale infine, decimato e indebolito, venne
confinato nelle Riserve, dove ancora vive oggi. Ricordiamo la sua Preghiera.
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RIFLESSIONI
Venerdì 25 febbraio 2011, noi di quinta e gli alunni di quarta, abbiamo visitato la
mostra foto-documentaria all’Archivio di Stato di Ascoli Piceno.
Quest’uscita didattica ci ha fatto capire ancora meglio uno degli eventi più terribili
di tutta la Storia: il genocidio di circa 6 milioni di Ebrei da parte dei Tedeschi,
avvenuto nel corso della II guerra mondiale in Europa.
Ad Auschwitz, a partire dalla metà del 1940, cominciò a funzionare il più grande
campo di sterminio, chiamato dai Tedeschi “Soluzione finale del problema ebraico”.
Il campo di sterminio era una vera città della morte estesa per chilometri, dove
c’erano camere a gas, forni crematori e baracche dove i prigionieri lavoravano e
soffrivano prima di essere avviati alla morte.
Gli ebrei venivano portati nei campi di concentramento, poi scendevano sulle
“Rampe dei giudei” e subivano subito una selezione che li portava quasi tutti alle
“docce”, alla morte!
Questo sterminio non aveva né motivi territoriali, né motivi politici; i Tedeschi
volevano ripulire il Mondo dagli Ebrei: era una vera forma di razzismo crudele e
spietata. Ritenevano infatti che la loro razza, la razza ariana, fosse più forte e
migliore di tutti e volevano mantenerla pura e non contaminata da popoli da loro
considerati indigeni.
Nel corso della storia incontriamo molte manifestazioni di razzismo con il
quale i popoli dominanti esercitavano una forte oppressione sui popoli
dominati, per motivi territoriali, religiosi, politici, culturali … Per questo
motivo, anche se con il Giorno della Memoria che si celebra il 27 gennaio
(data in cui furono abbattuti i cancelli di Auschwitz da parte delle truppe
sovietiche), si vuole mettere in risalto la crudeltà dei nazisti che non trova
l’uguale nella storia moderna, non si vogliono dimenticare nemmeno tutte
le altre forme di razzismo che hanno sconvolto il Mondo e che ancora oggi
causano morte e distruzione.
Quest’anno, a scuola, con l’insegnante di storia abbiamo approfondito e potuto capire lo
sterminio ebreo con un lungo e interessante lavoro di ricerca: racconti, appunti, poesie,
canti, film che conservano la memoria di questo evento che ha quasi sterminato la razza
ebraica. Ha colpito la poesia “Un fascio di luce” che paragona i ricordi a ferite asciutte e
ancora aperte, a buchi di dolore nell’anima. Ma anche la poesia di Alce Nero.
Pure il musicista Giuseppe Verdi con l’opera lirica “Nabucco”, esprime il dolore del popolo
ebreo per l’oppressione straniera.
La canzone dei Nomadi “Il bambino nel vento” mette molta tristezza, pensando al bambino
che è stato bruciato e le sue ceneri volano nel vento.
Molti film sono stati girati per ricordare la piaga nazista, l’arroganza da parte dei Tedeschi e
mettere in risalto la bontà di alcune persone che hanno aiutato gli ebrei a rischio della
propria vita. Ricordiamo i film:
•“Monsieur Bautignole”,visto insieme ai compagni di Offida in occasione della Giornata della
Memoria (la storia di un macellaio che vuole a tutti i costi salvare un bambino insieme alle
sue due cugine; per salvarli li porta dalla Francia alla Svizzera e alla fine scappa anche lui con
loro , perché si è reso conto che per salvarli si è messo in pericolo anche lui)
•“Il bambino con il pigiama a righe” (che narra la storia di un bambino tedesco che era
diventato amico di un bambino ebreo e alla fine muoiono tutti e due per la cattiveria dei
Tedeschi)
•“La vita è bella”( che parla di un ebreo con il figlio e la moglie, portati in un campo di
concentramento; il papà rende il tutto come un gioco agli occhi del figlio, per non far vedere
la situazione tremenda in cui si trovavano).
Ci sono poi anche dei libri, come il Diario di Anna Frank.
In televisione anche il Capo dello Stato ha fatto un discorso proprio in merito a quest’evento
Infine la visita alla mostra “Il Piceno e la Shoah” ci ha fatto conoscere anche lo
sterminio nazista nel Piceno. Una guida ci ha mostrato un locale dedicato
all’argomento, dove ci sono sia sul muro, sia in tavoli protetti da vetri, documenti,
mappe, foto ed esperienze narrate dai testimoni, che ripercorrono gli anni dal 1938 al
1945, narrando le vicende delle persecuzioni degli Ebrei nel nostro territorio. Molti
ascolani sono stati prigionieri di guerra, rinchiusi nei campi di internamento, e pochi
sono sopravvissuti alla malvagità a cui erano sottoposti.
Ad una parete c’è una cartina dell’Italia dove vengono messi in evidenza i campi di
internamento, quei campi dove venivano portati gli Ebrei catturati nei rastrellamenti.
Nei campi di internamento gli Ebrei non erano trattati con violenza a differenza dei
campi di concentramento dove venivano uccisi nei forni crematori o nelle camere a
gas.
C’è un grande cartellone che raffigura il campo di internamento di Servigliano, il più
importante del Piceno. Accanto una mappa rappresenta i vari spazi del campo, che fu
costruito durante la prima guerra mondiale e fu definitivamente smantellato nel 1955:
qui gli ebrei italiani e stranieri furono tanti perché fu scelto come luogo per raccogliere
tutte le persone rastrellate del Piceno. Il campo aveva molte baracche di legno e
muratura, circondate da un muro di cinta, dove fuori si trovavano le casette per le
guardie. Dal 1916 al 1919 ci sono stati migliaia di prigionieri di guerra austriaci. Con la
seconda guerra mondiale, nel 1940, il campo viene riattivato come campo
d’internamento per i profughi ebrei anche stranieri. Fu poi occupato dai tedeschi. Per
gli ebrei le cose continuarono ad andare male, ma nel marzo 1944 un gruppo di
partigiani andò a liberarli. La maggior parte di loro non volle scappare, perché pensava
di non riuscire a trovare un rifugio sicuro fuori dal campo, ma il 3 maggio, con un
bombardamento dei tedeschi, quasi tutti gli ebrei scapparono.
Il campo è in disuso dal 1955. Dove c’erano le baracche il Comune ha costruito un
campo polisportivo.
Alla visita guidata ci hanno fatto notare il modo cruento di maltrattare gli ebrei e
anche quello di dargli delle leggi dure fatte solo per loro. Molti documenti originali
attestano questa cosa. La signora ci ha mostrato dei documenti inediti, presenti
solo lì, nell’Archivio di Stato. C’erano persino delle liste che riportavano tutti i dati
delle persone rastrellate.
C’è il ricordo in particolare di una famiglia che è stata internata e il loro figlioletto più
piccolo ha avuto molta fortuna rispetto agli altri, grazie al coraggio di una signora
tedesca che è entrata nel campo di internamento ed lo ha liberato nascondendolo
in una carrozzina. Abbiamo visto anche la foto della sua famiglia.
Le foto viste alla mostra hanno aiutato ad immaginare la situazione in quel periodo.
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Campo di prigionia di Servigliano
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Il campo di prigionia di Servigliano nacque per i prigionieri di guerra austriaci durante la Grande Guerra. In seguito all'entrata in guerra dell'Italia nel secondo conflitto mondiale, il governo fascista
lo usò come campo di internamento civile e militare (ottobre 1940-settembre 1943). La Repubblica Sociale Italiana ne fece poi un campo di concentramento provinciale, per radunarvi
civili stranieri ed ebrei in attesa di deportazione (ottobre 1943-giugno 1944).
Nel secondo dopoguerra il campo di prigionia fu riconvertito in un campo profughi per gli italiani provenienti dall'Istria, dalla Libia e dall'Etiopia. Cessò di funzionare nel 1955 e negli anni 1970 fu
definitivamente smantellato.
Storia
Durante la prima guerra mondiale fu costruito alla periferia, lungo la ferrovia, un grande Campo Prigionieri di Guerra. Era costituito da una quarantina di baracche di legno e muratura, circondate
da un alto muro di cinta, fuori del quale si trovavano le casette in murature per l'alloggio delle guardie. Dall'agosto 1916 al dicembre 1919 furono alloggiati nel campo diverse migliaia di
prigionieri austriaci.
Finita la guerra, con il rimpatrio dei prigionieri, il campo venne chiuso. Nel 1935 parte del campo fu smantellata e ceduta a Comune per la costruzione di un campo sportivo, parte venne adibita a
deposito di armi.
Con lo scoppio della seconda guerra mondiale le baracche ancora esistenti vennero riattivati dall'ottobre 1940 come campo di internamento per circa 20-25 profughi ebrei stranieri e dal 5
gennaio 1941 anche come campo per prigionieri di guerra, dapprima circa 3000 greci (dal febbraio al dicembre 1941) e quindi (a partire dal febbraio 1942) circa 2000 tra inglesi e
americani.
Il 14 settembre 1943, pochi giorni dopo l'armistizio, i prigionieri fuggirono alla notizia dell'imminente arrivo delle truppe tedesche approfittando della confusione, attraverso un foro praticato sul
muro di cinta e si dispersero nelle campagne circostanti. Tra il 3 e il 5 ottobre il campo fu occupato e saccheggiato dalle truppe tedesche.
Già il 30 ottobre 1943 tuttavia il campo fu riattivato dalle autorità fasciste per raccogliervi nuovamente i profughi ebrei presenti nella zona. Quando alla fine di novembre, il governo della
Repubblica Sociale Italiana promosse l'istituzione di una rete di campi di concentramento provinciali per gli ebrei catturati nei rastrellamenti, il campo di Servigliano fu scelto come luogo
di detenzione per le province di Ascoli Piceno e Frosinone. La gestione continuò ad essere affidata a personale di polizia italiano sotto la responsabilità del Ministero degli Interni della
Repubblica Sociale Italiana. Ai circa 200 ebrei internati si aggiunsero nel febbraio 1944 circa 300 maltesi-tripolini.
Nella notte del 24 marzo 1944 un gruppo di partigiani irruppe nel campo per liberare i prigionieri ebrei. La maggior parte di essi tuttavia non evasero nell'incertezza di poter trovare un luogo
sicuro di rifugio fuori del campo. Il 3 maggio invece, approfittando di un bombardamento del campo ed alla notizia dell'imminente arrivo dei tedeschi, quasi tutti gli ebrei presenti
fuggirono dal campo, I tedeschi, arrivati la mattina successiva, furono in grado di catturare e deportare un gruppo di 34 persone mentre altre 30 si salvarono nascoste da alcune famiglie
del luogo.
Passato il pericolo molti ebrei, di fronte alla difficoltà di reperire vitto e alloggio, rientrarono nel campo. il 29 maggio 1944 vi giunse un altro gruppo di 60 ebrei provenienti dal campo di
internamento di Corropoli (Teramo). Nella notte tra il 7 e 8 giugno un gruppo di partigiani irruppe nel campo ordinandone l'immediata e completa evacuazione. Il 14 giugno ebbe inizio il
passaggio per il paese delle truppe tedesche in ritirata. Il 16 giugno soldati tedeschi uccisero un profugo ebreo, scovato nascosto in un casolare a poca distanza dal paese, il 19 giugno
1944 Servigliano fu libera.
Dopo la Liberazione, il 22 giugno, il campo fu rioccupato dai maltesi-tripolini che il mese successivo, il 17 luglio 1944, potranno finalmente imbarcarsi a Bari e rientrare a Tripoli. E come Centro
raccolta profughi il campo restò attivo ancora per molti anni, dal settembre 1945 fino al 1955. Vi passarono tra i 40.000 e i 50.000 profughi italiani dall'Istria, dalla Libia e dall'Etiopia.
Il campo oggi
Dopo il 1955 il campo rimase in completo abbandono. Negli anni Settanta, le baracche, ormai fatiscenti, vennero abbattute e nell'area il Comune vi costruì un centro polisportivo. Al di fuori di
qualche rudere, del campo non resta oggi praticamente altro che l'imponente muro di cinta perimetrale e qualche casetta di quelle che all'esterno ospitavano le guardie, oggi adattate a
civile abitazione. Esiste il progetto di realizzazione di una Casa della Memoria con materiale documentario e fotografico relativo al campo.
Due lapidi ricordano in paese gli eventi relativi al campo; la prima fu posta dai prigionieri inglesi e americani fuggiti dal campo dopo l'8 settembre 1943; la seconda, più recente, è in memoria dei
deportati e di quanti trovarono scampo grazie all'aiuto loro offerto da alcune famiglie del luogo.
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MAPPA DEI CAMPI DI INTERNAMENTO
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CAMPO DI SERVIGLIANO
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I nostri pensieri
Penso che l’uscita didattica sia stata interessante per tutti e per me in particolare è stata bellissima e
interessantissima perché ci ha insegnato a rispettare gli altri. (Martina V.)
Durante il lavoro di ricerca ho provato dolore e compassione per quelle povere persone uccise con
crudeltà dai nazisti; non avevano fatto niente di male, erano solo Ebrei, un popolo pacifico e
sfortunato. Mi rattristano ancora di più i bambini costretti a lavorare come adulti, trattati come
oggetti e poi avviati alla morte senza pietà. Come i Nomadi nella loro canzone mi chiedo “come può
l’ uomo uccidere un suo fratello eppure siamo a milioni in polvere qui nel vento”. (Michele)
Io spero che questa strage non accadrà più e che finisca la guerra nel mondo (Giorgia)
Secondo me questa storia, seppur triste, fa commuovere un po’, per il coraggio di alcune persone; e
spero che ciò non si ripeta più. (Martina A.)
Di tutta questa storia penso che i tedeschi erano degli uomini spregevoli e mi sono rimaste nel cuore
tutte quelle povere persone che sono morte solo per cattiveria umana. (Alessandro)
Mi mette orrore pensare che delle persone possano aver compiuto atti così brutti verso altri uomini,
pensando addirittura di avere un giusto ideale (Emmanuel)
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POESIE E CANZONI
• La preghiera di Alce Nero
• Poesie dei ragazzi internati nel lager di
Terezin
• Un fascio di luce
• Auschwitz (Canzone del bambino nel vento)
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LA PREGHIERA DI ALCE NERO
Hey-a-a-hey! Hey-a-a-hey! Hey-a-a-hey! Hey-a-a-hey! Nonno, Grande Spirito, ancora una volta rivolgiti a me e guardami mentre ti imploro con voce flebile
da questa Terra. Hai vissuto per primo e sei più vecchio di ogni bisogno, di ogni preghiera. Tutte le cose ti appartengono: i bipedi, i quadrupedi, gli
esseri alati e tutte le cose verdi che vivono. Tu hai stabilito i poteri dei quattro angoli dell'universo in modo che si incontrassero. Tu hai fatto incontrare
la via buona e la via delle difficoltà; là dove si incontrano è un luogo sacro. Un giorno dopo l'altro, per sempre, sei la linfa vitale di ogni cosa.
Ecco perché lancio questa invocazione, Grande Spirito, Antenato, senza dimenticare nulla di quanto hai fatto, dalle stelle dell'universo alle erbe sulla Terra.
Quand'ro ancora giovane e nutrivo molte speranze, tu mi hai detto che in un momento di difficoltà avrei potuto chiedere aiuto quattro volte, un per
ogni angolo della Terra, promettendomi che mi avresti prestato ascolto. Oggi chiedo aiuto per un popolo disperato.
Mi hai dato la pipa sacra. Con questa dovrei fare la mia offerta. Ora la vedrai. Da Occidente, mi hai dato la coppa dell'acqua della vita e il sacro arco, il potere
di far vivere e distruggere. Mi hai dato un vento sacro e l'erba che provengono dal luogo in cui vive il gigante bianco: il potere della purificazione e
della guarigione. La stella del mattino e la pipa sono stati i doni dell'Oriente, e dal Sud ho ricevuto il cerchio sacro della nazione e l'albero che un giorno
sarebbe fiorito.
Mi hai condotto al centro del mondo e mi hai mostrato la bontà, la bellezza e l'incredibile varietà della Terra verdeggiante, l'unica madre. Là mi hai mostrato
le forme spirituali delle cose, così come dovrebbe essere; e io ho visto. Hai detto che avrei dovuto far fiorire l'albero sacro al centro del sacro cerchio.
Con le lacrime che scorrono sul mio viso, oh Grande Spirito, Grande Spirito, mio Antenato, con le lacrime che scorrono sul mio viso devo confessare che
quell'albero non ha mai prodotto alcun fiore. Ora guardami, sono un povero vecchio, sono ridotto allo stremo e non ho realizzato nulla. Qui, al centro
del mondo, dove mi hai condotto da giovane affinché io imparassi, qui, vecchio, me ne sto accanto all'albero, che è appassito.
Grande Spirito! Oh, Grande Spirito! Ancora una volta, forse per l'ultima volta su questa Terra, riporto alla memoria la grande visione che mi hai concesso.
Potrebbe essere che qualche radice dell'albero sacro sia ancora viva. Ti prego, nutrila, che possa dare foglie e fiori, che l'albero possa riempirsi di
uccelli che cantano. Ascoltami, non per me, ma per la mia gente: sono vecchio. Ascoltami affinché possano ancora una volta tornare al sacro cerchio e
ritrovare la buona via rossa, l'albero che concede protezione!
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Poesie dei ragazzi internati nel lager
di Terezin
... Siamo abituati a piantarci su lunghe file
... Siamo abituati a piantarci su lunghe file alle sette
del mattino, a mezzogiorno e alle sette di sera, con la
gavetta in pugno, per un po' di acqua tiepida dal
sapore di sale o di caffè o, se va bene, per qualche
patata. Ci siamo abituati a dormire senza letto, a
salutare ogni uniforme scendendo dal marciapiede e
risalendo poi sul marciapiede. Ci siamo abituati agli
schiaffi senza motivo, alle botte e alle impiccagioni.
Ci siamo abituati a vedere la gente morire nei propri
escrementi, a veder salire in alto la montagna delle
casse da morto, a vedere i malati giacere nella loro
sporcizia e i medici impotenti. Ci siamo abituati
all'arrivo periodico di un migliaio d'infelici e alla
corrispondente partenza di un altro migliaio di esseri
ancora piú infelici...
Estratto da un testo in prosa di un ragazzo di quindici
anni, Petr Fischl (nato il 9-9-1929), morto ad Auschwitz
nel 1944.
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Terezín
Pesanti ruote ci sfiorano la fronte
e scavano un solco nella nostra memoria.
Da troppo tempo siamo una schiera di maledetti che
vuole stringere le tempie dei suoi figli con le bende
della cecità.
Quattro anni dentro a una palude
in attesa che irrompa un'acqua pura.
Ma le acque dei fiumi scorrono in altri letti,
in altri letti,
sia che tu muoia o che tu viva.
Non c'è fragore d'armi, sono muti i fucili,
non c'è traccia di sangue qui: nulla,
solo una fame senza parole.
I bambini rubano il pane e chiedono soltanto
di dormire, di tacere e ancora di dormire...
Pesanti ruote ci sfiorano la fronte
e scavano un solco nella nostra memoria.
Neppure gli anni potranno cancellare
tutto ciò
1944 Mif
Una macchia di sporco dentro sudice mura
e tutt'attorno il filo spinato:
30.000 ci dormono e quando si sveglieranno
vedranno il mare del loro sangue.
Sono stato bambino tre anni fa.
Allora sognavo altri mondi.
Ora non sono più un bambino,
ho visto gli incendi
e troppo presto sono diventato grande.
Ho conosciuto la paura,
le parole di sangue, i giorni assassinati:
dov'è il Babau di un tempo?
Ma forse questo non è che un sogno
e io ritornerò laggiú con la mia infanzia.
Infanzia, fiore di roseto,
mormorante campana dei miei sogni,
come madre che culla il figlio
con l'amore traboccante
della sua maternità.
Infanzia miserabile, catena
che ti lega al nemico e alla forca.
Miserabile infanzia, che dentro il suo squallore
già distingue il bene e il male.
Laggiú dove l'infanzia dolcemente riposa
nelle piccole aiuole di un parco,
laggiù, in quella casa, qualcosa si è spezzato
quando su me è caduto il disprezzo:
laggiù, nei giardini o nei fiori
o sul seno materno, dove io sono nato
per piangere...
Alla luce di una candela m'addormento
forse per capire un giorno
che io ero una ben piccola cosa,
piccola come il coro dei 30.000,
come la loro vita che dorme
laggiú nei campi,
che dorme e si sveglierà,
aprirà gli occhi
e per non vedere troppo
si lascerà riprendere dal sonno...
Hanus Hachenburg
Terezín
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UN FASCIO DI LUCE
Sono fessure i ricordi,
ferite senza sangue,
asciutte e, ancora aperte.
Buchi di dolore nell’anima.
Sono fessure
attraversate da un fascio di luce:
la memoria.
Emergono a nuovo le follie,
come turbini, sollevano ancora
la polvere dei resti innocenti.
Fermo è lo sguardo e osa oltre:
schegge trafiggono gli occhi e,
al di là delle fessure,
è sangue … un’altra volta.
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GUARDA
Auschwitz
(Canzone del bambino nel vento)
ASCOLTA
Son morto con altri cento
Son morto ch'ero bambino
Passato per il camino
E adesso sono nel vento,
E adesso sono nel vento.
Ancora tuona il cannone,
Ancora non è contenta
Di sangue la belva umana
E ancora ci porta il vento,
E ancora ci porta il vento.
Ad Auschwitz c'era la neve
Il fumo saliva lento
Nel freddo giorno d'inverno
E adesso sono nel vento,
E adesso sono nel vento.
Io chiedo quando sarà
Che l'uomo potrà imparare
A vivere senza ammazzare
E il vento si poserà,
E il vento si poserà.
Ad Auschwitz tante persone
Ma un solo grande silenzio
È strano, non riesco ancora
A sorridere qui nel vento,
A sorridere qui nel vento
Io chiedo quando sarà
Che l'uomo potrà imparare
A vivere senza ammazzare
E il vento si poserà,
E il vento si poserà.
Io chiedo, come può un uomo
Uccidere un suo fratello
Eppure siamo a milioni
In polvere qui nel vento,
In polvere qui nel vento.
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NABUCCO
Nabucco è la terza opera (il titolo originale completo è Nabucodonosor) di Giuseppe Verdi e quella che
ne decretò il successo. Composta su libretto di Temistocle Solera, Nabucco fece il suo debutto il 9 marzo
1842 al Teatro alla Scala di Milano. Questi gli interpreti di quella prima: Nabucodonosor, Giorgio
Ronconi, baritono; Ismaele, Corrado Miraglia, tenore; Zaccaria, Prospero Derivis, basso; Abigaille,
Giuseppina Strepponi, soprano; Fenena, Giovannina Bellinzaghi, soprano; Il Gran Sacerdote, Gaetano
Rossi, basso.
È stata spesso letta come l'opera più risorgimentale di Verdi, poiché gli spettatori italiani dell'epoca
potevano riconoscere la loro condizione politica in quella degli ebrei soggetti al dominio babilonese.
Questo tipo di lettura è tuttavia incentrata soprattutto sul famosissimo coro Va', pensiero, sull'ali dorate,
intonato appunto dal popolo ebreo. Il resto del dramma è invece incentrato sulle figure drammatiche
del re di Babilonia Nabucodonosor II e della sua presunta figlia Abigaille.
Occorre inoltre ricordare che il librettista Solera aderì alla battaglia risorgimentale da posizioni
neoguelfe, circostanza che giustificherebbe la collocazione di un'autorità di tipo religioso, l'inflessibile
pontefice Zaccaria, a capo della fazione ebrea. Una prospettiva non condivisa da Verdi, la cui simpatia e
il cui interesse di drammaturgo vanno soprattutto verso le figure più complesse e tormentate del
tiranno babilonese e di Abigaille.
Pochi forse sanno che, in origine, il nome dato da Giuseppe Verdi alla sua opera fosse
"Nabuccodonosor" ma, data la lunghezza dello stesso sulla locandina, venne diviso in due righe e cioè
"Nabucco" e, a capo, "Donosor" ma la gente faceva caso solo alla prima riga. Da qui la diffusione del
nome dell'opera fino ad oggi come del "Nabucco"
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FONTI E RIFERIMENTI
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Riflessioni degli alunni della classe V di Castorano, a.s. 2010/2011
Materiali tratti dal web (Wikipedia, siti vari)
Materiali fotografati durante la mostra “Il Piceno e la Shoah”